2.3 IVAN ILLICH: IL TEORICO DELLA CONVIVIALITÀ
2.3.3. Il rapporto con la sociologia classica
“La definizione del termine “convicialità” – affiancato sempre per contrasto a quello di “produttività” – serve ad Illich per evidenziare la contraddizione tra l’azione delle istituzioni produttive e assistenziali delle moderne società industriali – mirando ad appiattire le risposte e i comportamenti individuali – e il bisogno di autonomia del mondo sogettivo.”66 Lo iato che il Nostro individua
65 Ivan Illich, la convivialità, Mondadori, cit., p. 9.
66 Raffaello Ciucci, la società industriale, la profezia post-industriale di Ivan Illich, ets, Pisa, 1984, p.
tra sfera conviviale e produttiva richiama prepotentemente uno dei terreni più battuti dalla sociologia classica: quello del rapporto tra impersonalità dei rapporti all’interno del terreno del mercato, e personalità del rapporto inter-‐ soggettivo.67 Celebre è la differenza che stabilisce Tonnies per definire la
diversità che persiste tra la formazione della comunità e quella della società: mentre la prima risulta fondata (e fondante verrebbe da dire, forti del movimento dialettico sartriano che abbiamo analizzato poc’anzi) sulla volontà naturale, sul consenso e sulla comprensione, la seconda viene caratterizzata da scelte di tipo preordinate e arbitrarie. Un legame naturale viene sostituito senza soluzione di continuità da uno artificiale. All’interno dei due campi, i rapporti subiscono inevitabilmente delle variazioni: all’interno della società, stando ai fondamenti sopra descritti, i rapporti non possono che caratterizzarsi di impersonalità e orientati alla sola fungibilità. Ne consegue che la naturalezza e la spontaneità soggettiva vengono soppiantate dal calcolo razionalistico. La base dell’agire razionale, nell’ambito della sociologia classica, è lo scambio di beni all0interno del mercato; questo è indirizzato esclusivamente all’interesse verso lo scambio di beni, e risponde solamente a queste dinamiche. Il risultato pare evidente ad Illich e a chi scrive: il mercato, se lasciato alla autonormatività68,
“conosce solamente la dignità della cosa e non della persona”69. In questa
situazione ogni aspetto della vita del soggetto viene ricondotto al mero interesse economico e all’arricchimento personale, visualizzato come unica
67 Cfr. paragrafo 2.2.
68 Celebre a questo riguardo la teoria economica della scuola austriaca, e di uno dei suoi principali
esponenti su tutti: Friederic August Von Hayek. Insignito del premio Nobel per l’economia nel 1974, fu il teorico principe della “catallassi”. Questa teoria applicata in economia si struttura come una situazione ordinata di mercato, nata dall’interazione spontanea di agenti economici che seguono ciascuno le proprie finalità.
direzione possibile per il raggiungimento della libertà e soddisfacimento dei bisogni personali.
In questo quadro, la convivialità illchiana si inserisce perfettamente nelle pennellate dell’assetto comunitario tracciato dalla sociologia classica. La prospettiva conviviale di Illich è volontariamente orientata verso una esaltazione dell’azione individuale, atta al raggiungimento della libertà soggettiva. In questo senso, partendo da una riscoperta poderosa del ruolo della intenzionalità individuale, il filo di sviluppo della teoria sembra non trascurare nessuna delle due direttrici che abbiamo segnalato come fondanti la nuova teoria convivialista: l’asse orizzontale di natura inclusiva e quello verticale tutelante l’espressione e il raggiungimento dei bisogni del singolo.
2.3.3.1. Individuo, istituzioni e società.
La megamacchina: questo è uno dei concetti chiave più conosciuti dell’Illich pensiero. Egli si riferisce alla burocrazia imperante (che profetizzò durante gli anni della sua attività intellettuale sarebbe cresciuta ulteriormente nel proseguio dell’era dell’industrialismo) che attanaglia il soggetto e gli impedisce di sviluppare una propria progettualità fine alla soddisfazione dei suoi bisogni.
I suoi critici più accaniti leggono in questi passaggi dello sviluppo del pensiero illichiano una frattura irrecuperabile tra soggetto ed istituzione; una bilancia totalmente pendente verso il piatto del soggetto e dell’azione personale indirizzata all’ottenimento della soddisfazione personale ed egoistica. Purtroppo le teorie del Nostro, in molti passaggi, non lasciano spazio ad interpretazioni morbide: uno dei maggiori critici di questi aspetti nella fattispecie è stato H. Hannoun; definisce stoicismo illichiano lo sbilanciamento di cui sopra, che porterebbe irrimediabilmente alla impossibilità di convivenza (e quindi di convivialità) tra soggetti ed istituzioni di qualsiasi natura. In realtà il progetto conviviale di Illich parla di un riequilibrio70 tra le due parti: tra
soggetto ed istituzione valutati in stretta connessione come detto pocanzi alle categorie di produttività e convivialità; l’istituzione deteriorante per il soggetto di cui parla Illich è quindi quella venuta a crearsi all’interno della società industriale della mercificazione totale. All’interno di questa perde di significato la categoria istituzionale dal momento in cui non svolge la funzione di sostegno nel raggiungimento della soddisfazione dei bisogni soggettivi.
La visione sociologica illichiana è dunque caratterizzata da un doppio movimento: il soggetto non da considerarsi atomisticamente ed egoisticamente inserito all’interno della società di cui risulta parte non integrante; allo stesso tempo la società deve necessariamente farsi strumento per il soggetto e
70 Del concetto di equilibrio si parlerà approfonditamente nella prossima sezione di questo lavoro,
partendo da questo concetto nel pensiero di un altro pensatore precursore delle nuove teorie convivialiste: Marcel Mauss. Prendendo in esame la sua idea di equilibrio relazionale anche la concezione Illichiana di rapporto tra soggetto ed istituzione appare più lineare.
coadiuvare la sua ricerca di libertà e soddisfazione personale.71 Come abbiamo
visto trattando del concetto di bisogni, il postulato che muove teoricamente il pensatore austriaco, e dal quale si dissocia aprioristicamente è il nesso logico che caratterizza la società industriale: quello tra soddisfacimento dei bisogni individuali e crescita economica. Questo si collega con un processo di riduzione quantitativa dei bisogni e aumento qualitativo degli stessi, sia sul piano soggettivo che collettivo; aumento qualitativo che significa non imposto in maniera eteronoma dall’esterno, ma sono frutto di un processo di presa di coscienza personale. Nelle società industriale, l’identificazione con l’istituzione è pressochè totalizzante a livello esperienziale per il soggetto, e ciò porta l’individuo a non considerare minimamente forme di crescita personali ed interiori72.
Vi è tutta una scuola che ha fatto del rapporto tra società ed individuo il terreno di evoluzione del proprio pensiero: la cosiddetta scuola di Budapest. A parere di chi scrive, il retroterra culturale da cui prendono le mosse i suoi esponenti è il medesimo che ha permesso l’evoluzione del pensiero illichiano: una critica serrata alla società industriale capitalistica e la ricerca di una rivoluzione necessaria all’interno del rapporto tra soggetto-‐i e bisogni. La sua massima esponente, Agnes Heller, analizza queste tematiche a partire da una rilettura critica del marxismo. Ella svincola la sola classe proletaria dall’azione protagonista nella rivoluzione come unico atto politico necessario, e vi ingloba
71 Siamo ancora una volta a sottilineare la concordanza assoluta tra questo passaggio e la doppia
direttrice della teoria convivialista trattata nel primo paragrafo formata da piano orizzontale e verticale.
72 In molti passaggi del pensiero di Illich, nella vocabolario che utilizza, si coglie la formazione di tipo
qualsiasi soggetto73. All’interno della sua opera più conosciuta, dopo aver
sciorinato varie categorie di bisogno con l’intento di smontare qualsiasi pregiudizio sulla naturalità (intesa in senso giusnaturalistico) della tappa storica del capitalismo, arriva ad introdurre una nuova categoria, che appare molto simile a quella convivialità che abbiamo qui analizzato, quella di comunità, descrivendola come l’unico campo all’interno del quale si rende possibile una esperienza rivoluzionaria nei confronti delle dinamiche capitaliste de-‐ soggettivanti – direbbe Sartre – ad una condizione: che queste non si compongano di soli caratteri di esclusività74 , ma siano di possibile
generalizzazione all’interno dell’intero corpo sociale.
73 Agnes Heller, la teoria dei bisogni in Marx, Feltrinelli, Milano, 1974.
74 Torna in questo passaggio l’apertura a tutti i soggetti alla rivoluzione dei bisogni, rispetto alla sola