• Non ci sono risultati.

Condizioni di esodo in emergenza

2 Concetti generali dell’Analisi di Rischio Quantitativa

2.4 La stima del danno

2.4.7 Condizioni di esodo in emergenza

Il comportamento individuale che si può riscontrare in situazioni di emergenza, raramente si traduce in un comportamento collettivo somma dei singoli comportamenti individuali. In particolari situazioni (disastri, sommosse, cortei) la folla, legata ad un preciso ambito spazio temporale, diventa una sorta di “organismo autonomo” dotato di un comportamento peculiare rispetto agli individui che lo compongono.

Di frequente i singoli individui assumono nella folla atteggiamenti imprevedibili influenzati dal comportamento altrui.

Non è possibile, però, individuare una regola generale che sovraintenda al comportamento della folla sia perché sono diversi i motivi che hanno indotto l’affollamento degli individui sia per la diversità dei caratteri sociali, religiosi, politici.

Ai fini della definizione di un modello comportamentale rappresentativo della condotta dei singoli impegnati nell’autosalvamento è preliminarmente necessario rappresentare i fattori psicologici coinvolti nella gestione emotiva di situazioni di emergenza.

Nella popolazione generale (escludendo quindi la quota clinica, affetta cioè da disturbi che potrebbero compromettere una reazione funzionale ed adattiva alla sollecitazione di specifici stressors) si assiste ad una attivazione generalizzata dello stato neuropsicofisiologico, che si caratterizza nello stato di ansia e di paura. E’ bene ricordare che questi due termini, spesso usati nel linguaggio comune in modo interscambiabile, si riferiscono in realtà a due distinte componenti del processo di risposta ad una condizione di pericolo percepito.

L’ansia si riferisce all’ambito emotivo di reazione ad una minaccia, mentre la paura concerne il livello di elaborazione cognitiva della minaccia stessa.

I due livelli retroagiscono reciprocamente costituendo il quadro complessivo della gestione dell’emergenza. Se in condizioni naturali la paura ha costituito e costituisce la difesa portante, filogeneticamente selezionata ed ereditata, ai fini della sopravvivenza intraspecifica, alcune varianti di questo meccanismo reattivo di tutela rappresentano d’altro canto variabili disadattive e disfunzionali. Questo è il caso, ad esempio, delle reazioni di panico.

Si potrebbe dire, in sostanza, che il panico rappresenta il versante insano della paura.

D’altra parte, bisogna considerare che questo processo di degenerazione della paura in panico non è strettamente correlato alla gravità dell’evento esterno, ma si ingenera da un lato in relazione alle pressioni del contesto fisico e interpersonale (reazione degli altri individui, condizioni di affollamento, rumore…) e dall’altro in rapporto alle capacità di coping e quindi alla messa a punto di strategie di risposta adeguate. In situazioni di pericolo, sia esso presunto che reale, e in presenza di molte persone, il panico può manifestarsi tramite:

• la partecipazione delle persone all’ansia generale;

106

Le reazioni emotive che si accompagnano al panico (timore, oppressione, manifestazioni isteriche e reazioni psicosomatiche) comportano una generale perdita di alcune capacità fondamentali per la sopravvivenza, quali l’attenzione, la capacità del corpo di rispondere ai comandi del cervello e la facoltà di ragionamento. Le cause scatenanti sono ravvisabili in:

• ansia diffusa conseguente al disastro; • mancanza di un’informazione autorevole; • veloce e progressiva chiusura delle vie di fuga; • fattore di precipitazione.

Fra queste riveste particolare importanza la presenza di vie di fuga: nello scatenarsi del panico è determinante la convinzione di un possibile intrappolamento che si manifesta quando viene avvertita l’imminente chiusura di una via d’uscita. Il risultato è che tutti si accalcano istintivamente ed in modo disordinato alle uscite di sicurezza, impedendo ad altri individui, meno capaci fisicamente, di portarsi in salvo. Anche il verificarsi di un fattore di precipitazione può essere motivo di comportamento collettivo di panico. Questo avviene dopo che si è creato uno stato di ansietà diffusa, quando, senza un motivo apparente, avviene un movimento precipitoso in assenza di informazioni autorevoli.

La percezione di una scarsa controllabilità di un evento, il grado di imprevedibilità e una bassa self-efficacy percepita, un locus of control esterno e altri aspetti concernenti gli stili attribuzionali del soggetto, concorrono ad aumentare la probabilità che si verifichino fenomeni ansiosi e attacchi di panico.

Considerando lo scenario di emergenza atteso, oggetto di studio, date le condizioni ambientali caratteristiche altamente sfavorevoli di un incendio in galleria (calore, fumo, agenti tossici e rumore), considerando il breve tempo di latenza per la valutazione cognitiva come presa d’atto del repentino mutamento della condizione ambientale e quindi per l’approntamento di strategie reattive,

è prevedibile un iniziale declino delle prestazioni di efficacia anche nella popolazione non affetta da disturbi d’ansia. Questa prima fase si caratterizza nella discesa dal treno e nell’allontanamento iniziale del gruppo compatto.

Al raggiungimento di una distanza minima stimabile in 50-100 metri dal treno esodato le condizioni ambientali tendono a normalizzarsi, la distanza fisica interpersonale aumenta (diminuendo quindi l’aggressività latente) e si realizza il primo essenziale rinforzo positivo sull’autoefficacia percepita.

A questo punto il singolo passeggero è in grado di esprimere le proprie capacità psicofisiche di autotutela. Ai fattori individuali si affianca l’influenza dei fattori sociologici rilevati anche attraverso gli studi sulla psicologia delle masse. Il fenomeno più consistente è quello della diffusione della responsabilità, per effetto del quale si assiste ad una deresponsabilizzazione del singolo in virtù di una dispersione della sfera della responsabilità individuale con una propensione a un discontrollo degli impulsi.

Dalla panoramica presentata risulta critica soprattutto la prima fase dell’esodo, sia per le ovvie condizioni critiche prossimali, sia per gli aspetti psicologici evidenziati. Soprattutto in questa prima fase è prevedibile in alcuni soggetti un irrigidimento della motricità, contrastato tuttavia dalle condizioni di flusso degli esodanti, e soprattutto l’evidenziarsi di episodi di panico paralizzanti per il singolo e di ostacolo per i soggetti prossimi. In assenza di direzione e coordinamento tale tendenza può portare a fenomeni di schiacciamento e di violenza diretta fra i passeggeri.

Al fine di scongiurare tali evoluzioni e contenere reazioni dannose, risulta utile progettare e realizzare un piano di evacuazione che contribuisca a controllare comportamenti irrazionali creando uno stimolo alla fiducia di superare un eventuale condizione di pericolo e che induca un sufficiente autocontrollo.

107

La previsione impiantistica della ripetizione audio in galleria, la formazione e l’addestramento alla gestione dell’emergenza del personale di bordo in tal senso responsabile, la predisposizione di cartellonistica indicativa del comportamento elementare da tenere (direzione da seguire, distanza da percorrere…) minimizza il rischio che si determini uno scenario drammatico come quello descritto.

Sulla base delle valutazioni presentate, e introducendo opportune quote di soggetti clinici rappresentativi affetti da disturbi d’ansia e altre patologie psichiche inabilitanti, si è tarato il modello di simulazione dell’esodo introducendo effetti di disturbo e di ritardo dovuti al realizzarsi di episodi di trascinamento e condizionamento negativo sui soggetti prossimali, la cui influenza è stata stimata in 5 secondi medi, con tendenza amplificativa al ridursi della distanza interpersonale.