3 L’incidente come fenomeno e la sua stima
3.3 Un contributo indirizzato alla generalizzabilità dei costrutti predittivi: gli Accident Prediction
Gli APM (Accident Prediction Models) sono in genere costituiti da strutture algebriche più o meno complesse nelle quali un set di variabili indipendenti (generatrici o condizionanti l’incidentalità) determina una stima del numero o del tasso incidentale di interesse, in genere qualificato in termini di tipologia di incidente e/o di gravità delle conseguenze.
La fonte di principale interesse per avere una larga panoramica dello stato dell’arte in materia è costituita dal manuale AASHTO del 2010 (Aashto, 2010).
Gli APM possono essere sviluppati come un'unica equazione regressiva (Safety Performance Function, SPF) sostanzialmente riconducibile ad una costante di pericolosità specifica moltiplicata per le variabili di esposizione corretti con funzioni esponenziali, o come combinazione tra un SPF di base sviluppato per una configurazione stradale standard e un insieme di fattori modificativi denominati CMF, Crash Modification Factor, che consentono di regolare la previsione per tenere conto di caratteristiche locali specifiche. I CMF corrispondono, quindi, al contributo di varianza spiegata dal singolo fattore esaminato nel complesso del modello stocastico previsionale. Definiti i CMF risultano individuati i CRF, Crash Reduction Factor, complemento ad 1 del CMF corrispondente, che definiscono l’effetto specifico di una misura di prevenzione incidentale sul valore atteso in assenza della sua adozione.
È ormai evidente in letteratura che i CMF (e cioè l’incidenza dei fattori generativi dell’incidentalità nel complesso del modello previsionale adottato) non possono essere assunti identici per ambiti di studio diversi, sia con riferimento alle tipologie di strade, che alla topologia, che ai vari Paesi.
È, tuttavia, egualmente condiviso che evidenze statistiche ottenute da valutazioni locali e sufficientemente validate in approcci analoghi e studi condotti in diversi ambiti, possono consentire generalizzazioni parziali, sotto la condizione di introdurre fattori correttivi di aggiustamento.
Tipicamente gli APM proposti dall’Aashto sono strutturati in Base Safety Performance Functions (BSPF) specifici per tipologie di strada; i BSPF propongono stime di prima approssimazione e legano il tasso di incidente (variabile dipendente) con poche caratteristiche strutturali o di traffico, attraverso relazioni statistiche - in genere di regressione multipla - calibrate su base dati specifica. Il set di variabili indipendenti è in genere poco numeroso, e costituito essenzialmente dalla misura di traffico (AADT, Average Annual Daily
Traffic) e dalla lunghezza delle tratte. Tali variabili sono, in effetti, generalmente utilizzate per la
normalizzazione delle occorrenze incidentali, e il loro prodotto costituisce il principale fattore di esposizione all’incidentalità nella gestione statistica degli eventi di incidente.
La stima ottenuta attraverso l’applicazione dell’opportuna BSPF alla tratta oggetto di indagine è suscettibile di essere corretta attraverso l’applicazione di CMFs, che introducono correttivi (riduttivi o amplificativi) del valore di prima approssimazione con riferimento a specifiche strutturali o gestionali presenti nella tratta di indagine. Il valore dei CMFs è ottenuto attraverso la stima dell’Odds Ratio ottenuta dall’applicazione della singola misura (quindi considerando, in genere, effetti isolati) a casi studio disponibili in letteratura (cfr
http://www.cmfclearinghouse.org/results.cfm). Attualmente i CMFs censiti (costituiti da quelli citati nel manuale AASHTO del 2010 e da quelli successivamente proposti) ammontano a oltre 7000, specializzati per tipologie di strade, tipologia delle misure di prevenzione, livello di affidabilità della stima proposta. Sono inoltre disponibili metodi empirici di stima dell’effetto complessivo conseguente alla contemporanea adozione di più misure gestionali.
Per i segmenti autostradali la funzione SPF di base proposta dall’Aashto ha la forma: N spf = (0,001 x AADT)b x (L) x e(a)
142
dove a e b sono una funzione del tipo di incidente (incidente a veicolo isolato o incidente tra veicoli) e la gravità delle conseguenze (incidente mortale e/o feriti, incidenti con soli danni materiali).
Si evidenzia che nel caso autostradale la funzione predittiva introduce un fattore esponenziale sulla misura del flusso di traffico, restituendo un modello nonlineare con la misura del traffico medio.
La promettente capacità di adattamento di questo tipo di modelli ai dati disponibili non dovrebbe portare tuttavia alla sottovalutazione delle vulnerabilità intrinseche alle stime proposte con approccio Odds Ratio (Hirst, 2004). Il problema della regressione verso la media è quello, intrinseco, di maggiore evidenza (Hauer, Observational before-after studies in road safety, 1997). L'entità dell'effetto è variabile ma nei casi, peraltro frequenti, di adozione delle misure in tratte ad incidentalità critica, si sono verificati effetti di regressione alla media dell’ordine del 20-30% (Mountain, 1998).
Ma le vulnerabilità sono anche modellistiche e non soltanto legate all’incertezza statistica. A questo proposito è importante focalizzare che l’ipotesi forte sottostante all’approccio, e cioè che l’unico motivo di variazione dell’incidentalità sia costituito proprio dalla modifica introdotta, è in generale non verificato. A questo proposito è importante evidenziare che alcune modifiche, e in particolare quelle riconducibili alla gestione della velocità massima di percorrenza di una tratta, determinano un adattamento del traffico e alternative di tragitto (Webster, 1996). In tale ottica, interventi puntuali possono determinare, come dimostrato in alcuni casi, effetti perversi su più vasta scala con complessivo incremento dell’incidentalità dell’area (McCarthy, 2001). Ulteriori debolezze dell’ipotesi sono legate all’incidenza degli altri fattori, contestuali e concausali, dell’incidentalità, tra i quali si ricorda l’effetto di trend generale di miglioramento costruttivo dei veicoli, l’incidenza di campagne di sensibilizzazione di guida sicura o similari.
Al fine di contenere i difetti di stima, Hauer (1997) consiglia quindi di effettuare verifiche pre - post associate ad analisi su campioni di controllo, in modo da contenere le descritte vulnerabilità riconducibili agli effetti statistici e modellistici.
Importanti filoni di ricerca corrente sono indirizzati alla individuazione di migliori metodi di taratura che consentano il miglior adattamento degli APM AASHTO ad ambiti applicativi diversi dall’ambiente americano (Martinelli F, 2009) (la Torre et al, 2014, 2016, 2019).
Diversi ricercatori italiani hanno proposto APM per varie tipologie stradali, differenziato per livelli di gravità incidentale, sulla base dati dei gestori e utilizzando GLM con struttura dell’errore binomiale negativa. Caliendo ha sviluppato tale approccio per la previsione del numero di incidenti in tratte autostradali applicando in particolare un test di verifica della verosimiglianza del risultato ottenuto, verificando il fitting tra quanto previsto e quanto misurato sulle categorie di intensità del traffico delle varie tratte (Caliendo C, 2007). Dal punto di vista modellistico, il lavoro di Caliendo merita una attenzione specifica, avendo proposto un modello previsionale degli incidenti autostradali sulla base di un data set piuttosto ampio, ed ottenuto significative correlazioni tra incidenti e alcune caratteristiche geometriche la cui rilevanza è tanto dibattuta quanto poco verificata (come il raggio di curvatura, ad esempio). Caliendo ha inoltre applicato un analogo modello di regressione a incidenti avvenuti in galleria, riconoscendo la rilevanza delle variabili di esposizione (lunghezza e traffico), oltre al numero di corsie e alla composizione del traffico per categoria (la percentuale di mezzi pesanti, in particolare) (Caliendo C. &., 2014).
Altri (Cafiso S, 2010) hanno applicato il modello a data set di incidenti su strade a due corsie. Lo studio di Cafiso ha proposto un APM base, utile alla prequalificazione della pericolosità della rete, nel quale la stima dell’incidentalità è determinata unicamente dalle variabili di esposizione (lunghezza della tratta e traffico), e ulteriori APM di migliore raffinatezza statistica, con l’applicazione di variabili geometriche e di contesto, il cui uso è raccomandato solo ove la qualificazione della pericolosità della strada sia supportata da dati dettagliati, affidabili e protratti nel tempo.
143
3.4
L’incidentalità stradale nelle gallerie
Le analisi relative all’incidentalità in galleria stradale riconducibile ad ordinari incidenti – e cioè con l’esclusione degli incendi – che sono state condotte negli ultimi anni hanno evidenziato alcune specifiche caratteristiche del fenomeno incidentale nelle tratte sotterranee. La guida nei tunnel è infatti condizionata da fattori psicologici e sensoriali, e comporta una modificazione rilevante della strategia di guida rispetto alle tratte a cielo aperto, sia per effetto della sensazione di confinamento che per visione condizionata dalle pareti (Caliendo, 2013). Ciò detto, ai fini dell’inquadramento comparativo del fenomeno, l’incidentalità stradale in galleria può, con l’esclusione degli incendi, essere oggetto di studio con strumenti analoghi a quelli visti applicati per i dataset delle generiche tratte.
Il report Road Safety in Tunnel del PIAC (1995) evidenzia che i tunnel sono in generale più sicuri delle tratte a cielo aperto al netto di effetti anomali di allineamento verticale o orizzontale; il Piarc indicava, inoltre, una media di incidentalità severa per tunnel monodirezionalie e bidirezionali pari a 8 e 10 eventi per 10^8 veicolikm.
Il confronto con l’incidentalità stradale, e specialmente delle tratte contigue ai tunnel, ha in genere evidenziato che l’ambiente galleria determina un effetto di riduzione del tasso incidentale nel confronto col tasso di incidente generico nelle tratte esterne (Lemke, 2000, Mashimo, 2002, Amundsen e Engebretsen, 2009).
A conclusioni diverse è peraltro giunto il rapporto SAFESTAR (2002), nel quale è verificato che il tasso incidentale di gallerie unidirezionali è talvolta superiore e talvolta inferiore a quello delle tratte a cielo aperto in adiacenza, concludendo che non è possibile sostenere in generale che alle gallerie sia associato un effetto riduttivo dell’incidentalità delle tratte a cielo aperto.
Tale effetto sembra, tuttavia, specificamente riferito alla componente degli incidenti lievi, essendo risultato, seppure in misura varia, che la gravità media degli incidenti stradali in galleria è significativamente maggiore rispetto a quelli generici sul resto delle tratte (Mashimo, 2002; Caliendo e De Guglielmo, 2017; Santos-Reyes and Beard, 2017).
In particolare, Caliendo, sulla base di analisi condotte nel 2012, calcola un tasso di incidenti totali pari a 0.25x10^-6 veicolikm, e un tasso di incidenti gravi pari a 0.12x10^-6 veicolikm. Sulla quota degli incidenti gravi la generalità della rete per periodi omologhi presenta invece un valore pari a 0.09 x10^-6 veicolikm. Ne deriverebbe quindi un tasso di incidenti gravi in galleria più elevato di circa il 38% rispetto alla stessa tipologia di incidenti a cielo aperto. Lemke (2000) seppure sulla base di un dataset meno ricco, aveva in effetti proposto analoghe considerazioni.
L’effetto congiunto di tali tendenze porta all’autocompensazione, ed è discusso se, con riferimento alla categoria degli incidenti più gravi, la galleria sia un ambiente caratterizzato da maggiore o minore sicurezza rispetto alla generalità della tratta. I dati proposti da Caliendo qualificherebbero le gallerie come ambienti a probabilità accresciuta di incidenti gravi rispetto al resto della rete, coerentemente a quanto verificato nel Rapporto SWOV del 2009.
Tali considerazioni si pongono in antitesi a valutazioni ufficiali e correnti, proposte, ad esempio, nelle Relazioni periodiche della Commissione Permanente delle Gallerie presso il CSLLPP al Parlamento (2012, 2013, 2018).
In questo quadro, un contributo importante alla verifica della gravità degli incidenti in galleria si deve ad uno studio condotto sulle gallerie di rete autostradale italiana, nella quale, con riferimento agli anni 2006-2009, è stato verificato che il tasso incidentale degli incidenti gravi (frequenza incidentale su periodo annuale) e il
144
livello di danno medio associato al singolo evento incidentale grave sono entrambi maggiori in galleria rispetto ai corrispondenti indicatori calcolati nel resto della rete (Caliendo, 2012).
Un contributo alla migliore interpretazione del fenomeno può essere individuato nell’evidenza che le zone a maggior probabilità di incidente nella galleria sono costituite dalle zone di ingresso (Nævestad e Meyer, 2012); in particolare (Sun et al, 2019), il tasso di incidente nelle zone di transizione è tra 3 e 4 volte più alto, e in questa zona l’incidentalità incrementale è riferita in particolare, come ragionevole, ad incidenti tra veicoli. La causa è da ricercarsi nell’effetto “buco nero” come suggerito, per induzione, già da Rinalducci nel 1979, con l’effetto di modifica di velocità e traiettoria (Amundsen,1994; Sagberg et al., 1999, Caliendo, 2013, PIARC 2008); Questo effetto determina una incidenza più elevata, rispetto a quanto non avviene a cielo aperto, dei tamponamenti tra veicoli marcianti nella stessa direzione, determinati da frenatura in ingresso di alcuni utenti per effetto buco nero (Amundsen e Ranes, 2000).
Nel Rapporto PIARC 249 05.16.B del 2006 è proposta una stima del tasso di incidente (su milioni di veicolikm) per le tratte comprese tra 50 metri prima dell’imbocco e fino all’uscita. Il PIARC propone in particolare i valori riportati nella seguente tabella.
Zona Lunghezza zona Tasso d’incidente [mln di veicoliKm]
Zona 1 Da 50 metri prima all’imbocco 30 Zona 2 Primi 50 metri della galleria 23 Zona 3 Ulteriori 100 metri della galleria 16 Zona 4 Ulteriore tratta in galleria e fino all’uscita 10
Tabella 21: tasso d’incidente nelle diverse zone delle gallerie [Rapporto PIARC 249 05.16.B]
L’effetto di accresciuta probabilità incidentale nelle zone singolari del tunnel (e specificamente agli imbocchi) potrebbe essere alla base dell’osservazione proposta da Amudsen e Ranes (2000), Salvisberg (2004) e Nussbaumer (2007), i quali evidenziano una controintuitiva correlazione negativa tra incidentalità e lunghezza del tunnel.
Secondo Amudsen e Ranes (2000)l’incidentalità sarebbe inoltre correlata negativamente a TGM (fatto, anche questo, controintuitivo) e alla larghezza del tunnel.
Le zone del tunnel sembrano inoltre essere associate in modo diverso anche in relazione alla gravità degli incidenti (Amundsen ed Engebretsen, 2009), e il rischio relativo al singolo evento è massimo nella parte centrale del tunnel (Amundsen e Ranes, 2000).
Nel complesso gioco di relazioni tra i fenomeni descritti, alcune osservazioni proposte dai ricercatori meritano una citazione, seppure non sostanziate da evidenze statistiche. In particolare, considerata la condizione singolare agli imbocchi, sembra, per logica interna, assolutamente condivisibile l’osservazione di Caliendo (2013) secondo il quale la pendenza del tracciato in galleria dovrebbe comportare un incremento proporzionale dell’incidentalità, visto che i mezzi pesanti tendono ad accodarsi in salita e a determinare vincoli di traiettoria maggiori sui veicoli leggeri.
Nel quadro più ampio del modello di regressione proposto, con riferimento all’incidentalità in galleria con l’esclusione degli incendi, Caliendo e coll. (2013) propongono una funzione predittiva ottenuta dall’applicazione di un modello di regressione con funzione Binomiale Negativa, nella quale intervengono, con coefficienti differenziati in ragione del livello di gravità degli incidenti, oltre alle variabili di esposizione, anche la percentuale di mezzi pesanti e il numero di corsie. Lo studio ha inoltre evidenziato una rilevante dipendenza della stima dal tempo, essendo l’incidentalità (registrata su 4 anni) caratterizzata da un pronunciato trend (in riduzione). Lo studio evidenzia, in analogia a quanto verificato nella generalità degli studi sviluppati sulla rete in genere, che la correlazione positiva tra numero di corsie e incidentalità potrebbe
145
essere dovuto all’aumento della possibilità di cambio traiettoria offerta ai guidatori in caso di aumento delle corsie, essendo le interferenze tra le traiettorie veicolari uno dei precursori rilevanti dell’incidentalità. Circa la relazione tra lunghezza e incidentalità, il modello proposto da Caliendo evidenzia una correlazione positiva, opposta quindi a quella controintuitiva precedentemente formulata da Amudsen e Ranes (2000).
In analogia a ciò, e ancora in opposizione alle osservazioni di Amundsen e Ranes (2000), nel modello predittivo proposto da Caliendo gli incidenti sono positivamente correlati al TGM per corsia; tuttavia lo studio evidenzia l’esistenza di una relazione non lineare tra valori bassi, medi ed elevati di TGM, rendendo opportuna l’introduzione di coefficienti modificativi per i range 0-5000, 5000-13000 e oltre 13000 (TGM per corsia). Questa evidenza è d’altronde coerente alle risalenti osservazioni di Ceder (1982) proposte per analisi sulla generalità della rete.
Ulteriori evidenze, in particolare in relazione all’incidenza della quota di traffico pesante sull’incidentalità, sono proposte da Salvisberg et al (2004), i quali indicano in merito una correlazione positiva; Caliendo (2013) ottiene analoghe evidenze.
In analogia a quanto verificato in altri studi nelle tratte a cielo aperto, e a maggior ragione in questo caso, è evidente l’influenza dell’illuminazione e, nel caso dei tunnel, della finitura delle pareti del tunnel sul confort di guida, e quindi, ragionevolmente, sull’incidentalità (Kircher et al., 2012, Domenichini et al., 2017).
Una ultima osservazione di Caliendo (2013) si riferisce alla relazione tra incidentalità e tempo: nello studio è infatti verificata una tendenza alla diminuzione del tasso di incidentalità negli anni; tale effetto potrebbe essere dovuto a misure di prevenzione normative (patente a punti, introdotta in Italia nel 2003) o tecniche (introduzione dei sistemi Tutor). Ulteriori fonti (Relazioni al Parlamento della Commissione Permanente per le Gallerie presso il CSLLPP) evidenziano tuttavia che il tasso incidentale in galleria è diminuito più che proporzionalmente rispetto ai corrispondenti incidenti nella generalità della rete autostradale, lasciando aperta l’ipotesi che i primi lavori realizzati introdotti a seguito del piano di adeguamenti ex D. Lgs. 264/2006 abbiano significativamente incrementato la sicurezza dei tunnel compresi nel campione di studio.