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I CONFINI DELL ’ HATE SPEECH : DALL ’ OFFESA IN SENSO STRETTO ALL ’ ISTIGAZIONE A DELINQUERE

Nell’ottobre del 1997, un bambino americano di appena dieci anni, Jeffrey Curley, venne rapito e brutalmente assassinato nella famosa città universitaria di Cambridge, Massachussetts, da parte di due giovani uomini, suoi vicini di casa378. I due assalitori,

Charles Jaynes e Salvatore Sicari, tentarono dapprima di indurre il bambino a concedersi sessualmente in cambio di una bicicletta nuova, che sostituisse quella che gli era stata da poco rubata. Alla strenua opposizione di Jeffrey, i due lo uccisero nei sedili posteriori della

376 GLANCY, Graham D., NEWMAN Alan W., POTASH Mordecai N., TENNISON John. 2007. op. cit.; BOCIJ, Paul. 2004. op. cit.

377 PITTARO, Michael L. 2007. op. cit.; DE FAZIO, Laura, SGARBI, Chiara. 2012. op. cit.

378 Per un approfondimento sulla vicenda, si veda il video pubblicato su YouTube dall’utente ThomasMoreLawCenter e intitolato “The Story of Jeffrey Curley”. http://www.youtube.com/watch?v=5KtaNRfvwM0 (ultima visita, 30.05.2017).

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Cadillac di Jaynes e per tale ragione vennero condannati all’ergastolo per omicidio volontario. Nelle more del processo, si scoprì che Jaynes, il giorno che precedette l’omicidio, visitò, presso la biblioteca di Boston, il sito web della North American Man-Boy Love Association (conosciuta anche con l’acronimo NAMBLA)379. Questa associazione

nordamericana, fondata nel 1978 e tuttora attiva, apertamente invoca una più libera visione delle relazioni tra uomini e ragazzi. Attraverso il suo sito e le sue pubblicazioni, tra le righe assolve e, anzi, incoraggia qualsiasi manifestazione d’amore tra uomini adulti e giovani ragazzi o bambini.

La famiglia Curley intentò, pertanto, un’ulteriore causa civile nei confronti della NAMBLA e richiesero il risarcimento di un danno quantificato in 200 milioni di dollari, sostenendo che la propaganda dell’associazione causò il comportamento predatorio violento sull’assassino del piccolo Jeffrey e lo invogliò ad avere rapporti sessuali (anche attraverso stupri) con giovani maschi. Vincere la protezione del Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che, come meglio si approfondirà successivamente, innalza la libertà di espressione a bene supremo, fu una prova troppo dura. Non fu dimostrato che il sito web della NAMBLA fungesse da canale per lo scambio di materiale pedopornografico o che istigasse allo stupro e alla violenza nei confronti di minori. Non fu ritenuto competente a testimoniare, inoltre, un testimone dedotto dagli attori, pronto a confermare che la NAMBLA avesse in qualche modo indotto Jaynes a commettere quell’atroce crimine. Non avendo chances di vittoria, la famiglia Curley abbandonò la causa.

Il caso, però, sottopose al grande pubblico, e dunque a dottrina e giurisprudenza, il dilemma sulla concreta offensività di espressioni impopolari – eventualmente profferite online – sui rapporti (anche sessuali) tra adulti e minorenni, e dunque sul loro controllo e limitazione. Benché la questione sia in realtà allargabile, più in generale, a tutti quei comportamenti di istigazione a compiere atti illeciti o delinquenziali, l’apologia della pedofilia online può essere considerata l’esempio paradigmatico.

Come meglio si approfondirà nel successivo capitolo, l’inquadramento di questo genere di condotte nell’alveo dell’hate speech, e dunque la loro concreta punibilità, dipendono dall’impostazione teorica seguita da giurisprudenza e legislatura in tema di libertà di espressione.

Nella controversia instaurata dalla famiglia Curley nei confronti di NAMBLA, difatti, il giudice richiamò espressamente il famoso precedente giudiziario di Brandenburg v. Ohio380,

in cui la Corte Suprema degli Stati Uniti sancì la non punibilità di espressioni “incendiarie”, a meno che non fossero dirette o idonee a istigare imminenti azioni illecite. In maniera del tutto similare, un Tribunale olandese riconobbe, nel 2006, la piena libertà di espressione, anche online, in favore al Partito Carità, Libertà e Diversità (Partij voor Naastenliefde, Vrijheid en Diversiteit, in olandese), meglio conosciuto come il “partito dei pedofili”381.

Premessa una incontestabile qualificazione della pedofilia come un delitto, il tema dirimente risiede nel valutare se effettivamente la diffusione in Rete di messaggi o idee a favore di tali condotte illecite concretizzi un’offesa nei confronti di determinati individui o quantomeno rappresenti un comportamento istigatorio verso la commissione di tali fatti, imminente o meno che sia.

Le conosciute peculiarità di Internet non permettono, innanzitutto, di sottovalutare gli aspetti di maggiore criticità, legati soprattutto alla diffusione potenzialmente capillare e globale di qualsiasi materiale pubblicato e dunque alle maggiori probabilità di catturare l’attenzione di malintenzionati o veri e propri pedofili. Non potrebbe che ritenersi pericoloso, in tal senso, un sito web che metta a disposizione degli utenti istruzioni per adescare minorenni, o che consenta agli stessi di scambiarsi consigli su questo genere di pratiche. Nella citata vertenza Curley v. NAMBLA, però, non emerse nient’altro che la pubblicizzazione di informazioni dell’associazione e di dichiarazioni di carattere filosofico, finalizzate per lo più alla sensibilizzazione della società e degli organi legislativi sul tema dell’amore tra uomini e ragazzi.

Il quesito principale che, conseguentemente, ci si pone – e che vede tutt’ora impegnati giuristi, giudici e legislatori – è se tali condotte possano integrare una indesiderabile fattispecie di hate speech (online o meno), da regolamentare ed eventualmente impedire.

Sotto questo profilo, ciascun ordinamento giuridico vanta un proprio differente grado di sensibilità: come sopra evidenziato, Stati Uniti e Olanda hanno ritenuto possibili e lecite determinate manifestazioni del pensiero dell’orgoglio pedofilo; un paese come l’Italia, invece, ha ritenuto doveroso impedire anche solo il diffondersi, su Internet, di idee e opinioni favorevoli ai rapporti tra adulti e minori. Esemplificativa, in tal senso, è stata l’operazione di blocco dell’accesso al sito web tedesco promotore del “BoyLove Day”

380 Brandenburg v. Ohio, 395 U.S. 444, 447 (1969).

381 BBC. 2006. “Dutch will allow paedophile group”. In BBC, 17.07.2006. http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/5187010.stm (ultima visita, 30.05.2017).

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(giornata di orgoglio pedofilo), compiuta nel giugno 2007 dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni con la collaborazione degli Internet Service Providers, dietro impulso del Ministero delle Comunicazioni382. In tale occasione, vennero in particolare attuati i dettami

della legge 6 febbraio 2006, n. 38, recante disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia, anche a mezzo Internet.

Se, in ogni caso, nei moderni stati democratici vi è unanimità di giudizio sull’assoluta illiceità penale della pedofilia, e le uniche non lievi sfumature riguardano la libertà di manifestare pensieri in linea con tali condotte, maggiori difficoltà si registrano in merito alla satira.

Si tratta di poli opposti della medesima materia, la libertà di espressione, che introducono irrisolte questioni sui confini dell’hate speech: da un lato, la pedofilia rappresenta senz’altro un crimine, ma sono state concesse aperture a espressioni di idee e opinioni a difesa di un non meglio approfondito orgoglio pedofilo; dall’altro lato, invece, la satira è una forma di manifestazione del pensiero critico che ciascuno stato liberale tutela a livello costituzionale, che però negli ultimi tempi – a causa di tragici fatti di cronaca – è stata oggetto di profonde riflessioni sul suo grado di offensività.

Lo spaventoso assassinio di fumettisti e giornalisti della rivista satirica francese Charlie Hebdo, avvenuto il 7 gennaio 2015, ha riacceso il dibattito sulla libertà di espressione e di satira, e ci si è chiesto se alcune vignette non si spingano troppo oltre fino a costituire vere e proprie espressioni di odio. Esiste un diritto di non essere offesi attraverso la satira? Qual è il confine tra offesa, insulto e incitamento all’odio?

Tradizionalmente, la satira colpisce le autorità, ridicolizza i potenti, non guarda in faccia a nessuno. L’ironia satirica è ottenuta attraverso l’inversione, la distorsione, il paradosso, la parodia, il dileggio, lo scherno e lo scherzo, e numerosi altri mezzi, il cui scopo è quello di sorprendere e, attraverso la sorpresa, divertire e creare consapevolezza. Si tratta, senza alcun dubbio, di una forma di espressione artistica, meritevole di tutela al pari delle altre forme di manifestazione del pensiero nonostante la sua intrinseca incompatibilità col parametro della verità383. La satira è esagerazione e alterazione della realtà per definizione.

382 Si vedano, in merito, i seguenti articoli: http://www.lastampa.it/2007/06/13/tecnologia/orgoglio- pedofilo-bloccato-il-sito-X4SLxD7023iasYgj2wAkVI/pagina.html (ultima visita, 30.05.2017); http://www.webnews.it/2007/06/14/bloccato-il-sito-dellorgoglio-pedofilo/ (ultima visita, 30.05.2017); http://www.repubblica.it/2007/06/sezioni/cronaca/orgoglio-pedofilo/orgoglio-pedofilo/orgoglio-

pedofilo.html (ultima visita, 30.05.2017).

383 Si veda, in tal senso, quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione: Corte di Cassazione, sezione V penale, 18 ottobre 2012 – 31 gennaio 2013, n. 5065.

Il 30 settembre 2005, il giornale danese Jyllands-Posten pubblicò dodici vignette raffiguranti, tra gli altri, anche il profeta Maometto. È noto che, secondo i dettami della religione islamica, sia considerato altamente blasfema la rappresentazione di Maometto. Il giornale precisò che si trattasse di un tentativo di contribuire alla critica sull’Islam e sul problema dell’autocensura. I gruppi musulmani danesi, però, si opposero fermamente, sentendosi offesi da tale espressione artistica384.

Le organizzazioni musulmane danesi adirono le autorità giudiziarie e invocarono provvedimenti da parte del governo danese e delle ambasciate dei paesi islamici. Il governo non diede seguito a tali richieste e, anzi, rifiutò incontri con rappresentanti diplomatici dei paesi musulmani. In reazione, molti imam danesi si recarono in Medio Oriente, verso la fine del 2005, per rendere ancor più forte l’attenzione della popolazione sulla controversia385. Ben presto la polemica e la protesta si diffusero in tutto il mondo,

sfociando in violente manifestazioni e disordini in alcuni paesi musulmani. L’escalation di violenza portò anche ad attacchi a danesi e a diplomatici europei, nonché contro chiese e cristiani386. Alle proteste si opposero gruppi di sostegno alle politiche danesi, in tutto il

mondo vennero ristampate, su giornali locali, le vignette controverse, sia per senso di solidarietà, sia per mera necessità giornalistica. Alla base di tale supporto, vi era la forte convinzione che la pubblicazione di tali vignette fosse stata un legittimo esercizio della libertà di espressione, indipendentemente dalla fondatezza, e che fosse legittimo e importante discutere apertamente sulla religione islamica, senza alcuna paura.

Da tale vicenda si accese un ampio dibattito sui limiti della libertà di espressione in tutte le società, con specifico riferimento alla satira, su tolleranza religiosa e rapporto tra minoranze musulmane con le società occidentali, e più in generale sulle relazioni tra il mondo islamico e l’Occidente. Molte opinioni critiche descrissero i fumettisti e i responsabili del giornale come islamofobi, razzisti, e blasfemi nei confronti dei musulmani,

384 HENKEL, Heiko. 2010. “Fundamentally Danish? The Muhammad Cartoon Crisis as Transitional Drama”. In Human Architecture. Journal of the Sociology of Self-Knowledge, 8, 2: 67-81; ROTHSTEIN, Michael. 2007.

“Weapons of Mass Defamation: Aspects of the 2006 ‘Cartoon Crisis’”. In Temenos, 43, 1: 115-134.

385 DER SPIEGEL. 2006. “Alienated Danish Muslims Sought Help from Arabs”. In Spiegel Online, 01.02.2006. http://www.spiegel.de/international/crisis-in-denmark-alienated-danish-muslims-sought-help- from-arabs-a-398624.html (ultima visita, 30.05.2017).

386 CNN. 2006. “Embassies torched in cartoon fury”. In CNN, 05.02.2006. http://edition.cnn.com/2006/WORLD/meast/02/04/syria.cartoon/ (ultima visita, 30.05.2017); CNN. 2006. “16 die in cartoon protests in Nigeria”. In CNN, 19.02.2006. http://edition.cnn.com/2006/WORLD/africa/02/18/cartoon.roundup/index.html (ultima visita, 30.05.2017); BBC. 2006. “Muslim cartoon fury claims lives”. In BBC, 06.02.2006. http://news.bbc.co.uk/2/hi/4684652.stm (ultima visita, 30.05.2017); BBC. 2006. “Iran and Syria ‘incited violence’”. In BBC, 08.02.2006. http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/4694876.stm (ultima visita, 30.05.2017).

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aventi forse lo scopo di umiliare la loro minoranza danese387. I disegni vennero anche

interpretati come un segno di una profonda ignoranza sull’Islam, in Danimarca e in Occidente388. Vi fu, in dottrina, chi rivendicò l’assenza di assolutezza della libertà di parola,

così come la possibilità e la necessità di imporre dei limiti per evitare nocumenti agli individui, secondo le già esistenti previsioni in materia di diffamazione e incitamento all’odio389. Venne sostenuto che tali vignette creassero, in realtà, un ambiente sociale di

conflitto e intimidissero una comunità già emarginata e vulnerabile. Secondo tale impostazione, dunque, sarebbe stato ragionevole considerare le vignette come espressioni di odio minanti l’integrazione della minoranza musulmana e rientranti nella più ampia concezione che ricollega tutti i musulmani al terrorismo e alla barbarie.

Sull’altro versante, si affermò con forza il diritto di critica non solo sull’Islam, ma sulla religione in generale390, pretendendo rispetto, più in generale, per la libertà di espressione, la

ragione e l’umorismo391. Le stesse reazioni si sono levate, d’altronde, anche dopo i tragici

fatti di Charlie Hebdo precedentemente richiamati: l’ormai celebre frase “Je suis Charlie” (“Io sono Charlie”) è stata adottata come vessillo dai sostenitori della libertà di espressione in contrapposizione all’attentato. Paradossalmente, a distanza di poco più di un anno, l’attenzione su Charlie Hebdo e sulla portata offensiva della sua satira si è rinvigorita per motivi del tutto opposti. A seguito del sisma che ha sconvolto i paesi del centro Italia il 24 agosto 2016, il giornale francese ha pubblicato due vignette satiriche, ritraenti italiani sotto le macerie, nella prima delle quali paragonati a tre piatti tipici della cultura italiana: le penne all’arrabbiata, illustrate come un uomo ricoperto di sangue, le penne gratinate, identificate da una donna impolverata, e le lasagne, raffigurate come strati di pasta sfoglia alternati a cadaveri sotto le macerie392. Il vespaio di polemiche e indignazione emerso

nell’immediatezza è, poi, sfociato nella denuncia sporta dal sindaco del comune di Amatrice, il più colpito in termini di vite umane, nei confronti del direttore della rivista per

387 SARI, Aurel. 2006. “The Danish Cartoons Row: Re-Drawing the Limits of the Right to Freedom of Expression?”. In Finnish Yearbook of International Law, 16: 365-398.

388 SOAGE, Ana Belen. 2006. “The Danish Caricatures Seen from the Arab World”. In Totalitarian

Movements and Political Religions, 7, 3: 363-369.

389 PEETUSH, Ashwani K. 2009. “Caricaturizing Freedom: Islam, Offence, and The Danish Cartoon Controversy”. In Studies in South Asian Film and Media, 1, 1: 173-188.

390 HITCHENS, Christopher. 2012. “Cartoon Debate: The Case for Mocking Religion”. In Slate, 04.02.2012. http://www.slate.com/articles/news_and_politics/fighting_words/2006/02/cartoon_debate.html (ultima visita, 30.05.2017).

391 MIKICH, Sonia. 2006. “Was nun, ferner Bärtiger?”. In Die Tageszeitung, 06.02.2006. http://www.taz.de/1/archiv/?dig=2006/02/06/a0132 (ultima visita, 30.05.2017.

392 http://www.corriere.it/cronache/16_settembre_02/terremoto-all-italiana-vignetta-scandalo-charlie-hebdo-2be8fb84-70f4- 11e6-82b3-437d6c137c18.shtml (ultima visita, 30.05.2017).

il reato di diffamazione a mezzo stampa, avendo ritenuto tale forma espressiva del tutto esorbitante il diritto di critica proprio dell’espressione satirica.

In tutti i casi particolarmente aspri, il limite è spesse volte soggettivo, dipendente dal grado di sensibilità della singola persona, o dal suo coinvolgimento diretto o indiretto. Come nel caso delle vignette incentrate sulla religione, da non sottovalutare sono altresì l’aspetto culturale, i costumi e la tradizione anche e soprattutto religiosa. Basti osservare come uno stato profondamente laico come la Danimarca, d’altronde, non abbia accolto alcuna istanza proveniente dalla minoranza islamica più accesa, o dai paesi musulmani più ortodossi.

Allo stato attuale, dunque, vige tutt’ora un diverso approccio al fenomeno, che pone in rilievo una contrapposizione non solamente tra ordinamenti giuridici occidentali e medio orientali, ma, come si è già sottolineato per tutte le forme di espressione d’odio e come meglio si approfondirà nel capitolo a seguire, anche tra l’impostazione liberale americana e quella europea.

5. L’

INQUADRAMENTO GIURIDICO DELLE ESPRESSIONI DI