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L’ IMPOSTAZIONE DELLA C ORTE DI G IUSTIZIA DELL ’U NIONE E UROPEA

EUROPEO E QUELLO STATUNITENSE

5.3. L A LEGISLAZIONE NEI P AESI EUROPEI E IN I TALIA

5.5.3. L’ IMPOSTAZIONE DELLA C ORTE DI G IUSTIZIA DELL ’U NIONE E UROPEA

Parallelamente alla CEDU, depositaria della piena competenza sulla valutazione di vio- lazioni al diritto fondamentale della libertà di espressione da parte degli Stati contraenti, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha in più occasioni affrontato questioni afferenti al- la compatibilità delle norme nazionali dei singoli Stati membri con i diritti fondamentali ri- conosciuti dai trattati e, più in generale, dalla normativa comunitaria.

In principio, presso la Corte di Lussemburgo, la libertà di espressione è stata soprattut- to inquadrata in operazioni di bilanciamento con i valori propri del settore commerciale. Gli esempi più citati, divenuti oramai casi di scuola, sono rappresentati da Schmidberger v. Austria512 e Commissione CE v. Francia513. In quest’ultimo, la Corte di Giustizia riscontrò una

violazione delle disposizioni del mercato interno attraverso un abuso delle libertà di parola e di associazione (sotto forma di proteste di massa e blocchi da parte degli agricoltori fran- cesi contro l’importazione di fragole e pomodori, che furono tollerate dal governo naziona- le). Al contrario, nella prima controversia, le libertà di espressione e di associazione preval- sero sulle disposizioni del mercato interno riguardo a una protesta di ambientalisti contro la tratta di materiali contaminati attraverso il territorio austriaco.

In altre vertenze della Corte di Giustizia, la libertà di espressione è (esplicitamente o implicitamente) entrata in gioco in relazione a svariati settori, quali la pubblicità514, l’accesso

alle informazioni (in particolare i diritti dei consumatori alle informazioni)515, le trasmissioni

televisive516, l’industria cinematografica517, i funzionari pubblici e le procedure dell’UE518, i

problemi di moralità pubblica519 e le questioni di armonizzazione520.

512 Eugen Schmidberger, Internationale Transporte und Planzüge v. Austria (2003) C-112/00, Corte di Giustizia UE.

513 Commissione v. Francia (1997) C-265/95, Corte di Giustizia UE. http://eur-lex.europa.eu/legal- content/IT/TXT/?uri=CELEX:61995CJ0265 (ultima visita, 30.05.2017).

514 Vereinigte Familiapress Zeitungsverlags- und vertriebs GmbH v. Heinrich Bauer Verlag (1997) C-368/95, Corte di Giustizia UE (sulla proibizione dell’inclusione di competizioni a premi nei giornali); Konsumentombudsmannen

(KO) v. Gourmet International Products AB (GIP) (2001) C-405/98, Corte di Giustizia UE (riguardante la

proibizione di pubblicità di bevande alcoliche); Konsumentombudsmannen (KO) v. De Agostini (Svenska) Förlag AB (C-34/95) e TV-Shop i Sverige AB (C-35/95 e C-36/95) (1997), Corte di Giustizia UE (sulla proibizione di pubblicità fuorviante e pubblicità mirata per i bambini); Karner Industrie-Auktionen GmbH v. Troostwijk GmbH (2004) C-71/02, Corte di Giustizia UE (in tema di restrizioni sulla pubblicità di merci); Société d'Importation

Edouard Leclerc-Siplec v. TF1 Publicité SA and M6 Publicité SA. (1995) C-412/93, Corte di Giustizia UE (relativa

a restrizioni alle pubblicità televisive).

515 GB-INNO-BM v. Confédération du commerce luxembourgeois (1990) C-362/88, Corte di Giustizia UE (in tema di pubblicità in Lussemburgo sulla riduzione dei prezzi nei negozi belgi); François De Coster v. Collège des

bourgmestre et échevins de Watermael-Boitsfort (2001) C-17/2000, Corte di Giustizia UE (in materia di ostacoli alla

ricezione dei programmi televisivi diffusi via satellite).

516 TV1O SA v. Commissariaat voor de Media (1994) C-23/93, Corte di Giustizia UE (chiamata a decidere se le emittenti stabilite in un altro Stato membro, miranti a trasmettere in Olanda, dovessero essere conformi alla

L’INQUADRAMENTO GIURIDICO DELLE ESPRESSIONI DI ODIO IN RETE

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La logica di queste pronunce ha suggerito l’emergere di un obbligo positivo per gli Stati membri di facilitare la libertà di espressione quanto a requisiti e facoltà di accesso. Il suo ri- conoscimento come valore fondante dell’Unione Europea ha inevitabilmente posto le que- stioni della necessaria convergenza delle varie tradizioni costituzionali dei singoli Stati membri e dell’opportunità di stabilire principi generali per il bilanciamento e l’armonizzazione della libertà di espressione con le regole del mercato interno.

Il più celebre leading case è rappresentato dalla c.d. controversia Feryn521, del 2008, in cui

la Corte è stata chiamata, per la prima volta, a pronunciarsi, in via pregiudiziale, sull’interpretazione della già citata direttiva 2000/43/CE, volta ad attuare il principio della parità di trattamento indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica.

In particolare, Pascal Feryn, uno degli amministratori di Firma Feryn NV, impresa spe- cializzata nella vendita e nell’installazione di porte basculanti e sezionali, dichiarò che non avrebbe impiegato immigrati dal Marocco presso i clienti, perché presumibilmente questi ultimi si sarebbero opposti. Il Centro per le pari opportunità e l’opposizione al razzismo ri- tenne che tale politica violasse la direttiva comunitaria sulla parità razziale, costituendo una diretta discriminazione. Il tribunale locale di Bruxelles ritenne, al contrario, che le dichiara- zioni pubbliche non fossero discriminatorie, rappresentando meri indizi di una potenziale discriminazione.

Nel giudizio dinanzi alla Corte di Giustizia, l’Avvocato Generale Maduro introdusse le proprie conclusioni dichiarando che “contrariamente al senso comune, le parole possono far male”, e dunque ricollegando apertamente il potenziale performativo delle espressioni degradanti alla già analizzata teoria degli atti linguistici522, con un chiaro riferimento ad Au-

normativa olandese; la Corte ritenne che la libertà di espressione comprendesse anche la libertà di informazione).

517 Cinéthèque SA e altri v. Fédération nationale des cinémas français (1985) Cause riunite 60 e 61/84, Corte di Giustizia UE (sul divieto di far circolare videocassette di un film contemporaneamente alla sua proiezione nelle sale cinematografiche).

518 Montecatini S.p.A. v. Commissione CE (1992) C-235/92 P, Corte di Giustizia UE (in tema di cartello tra società); Connolly v. Commissione (2001) C-273/99 P, Corte di Giustizia UE (sulla diffusione di informazioni da parte di un funzionario pubblico della Commissione).

519 The Society for the Protection of Unborn Children Ireland Ltd v. Grogan e altri (1991) C-159/90, Corte di Giustizia UE (sul divieto di diffusione di informazioni su cliniche che praticano interruzioni volontarie della gravidanza in altri Stati membri); R v. Hann and Darby (1979) C-34/79, Corte di Giustizia UE (in tema di pornografia e di morale pubblica).

520 Germania v. Parlamento Europeo (1998), C-376/98, Corte di Giustizia UE (sulla pubblicità in favore dei prodotti del tabacco).

521 Centrum voor gelijkheid van kansen en voor racismebestrijding v. Firma Feryn NV. (2008) C-54/07, Corte di Giustizia UE.

stin e Searle. Suggerì, quindi, ai giudici della Corte di attribuire alle scoraggianti dichiarazio- ni di Pascal Feryn un effetto direttamente discriminatorio.

Nella propria decisione, la Corte ribadì che l’esistenza di una discriminazione diretta non dovesse dipendere dalla necessaria individuazione di un denunciante che sostenesse di esserne stato vittima. Il carattere pregiudiziale delle espressioni era dunque sufficiente a di- mostrare la concreta discriminazione sul lavoro.

Questa pronuncia è stata definita come un importante catalizzatore della cosiddetta “teoria critica della razza europea”523, facente eco alla teoria critica della razza emersa nella

dottrina americana e implicitamente richiamata dallo stesso A.G. Maduro con il riferimento alle “parole che feriscono”524. La sentenza Feryn invia un segnale incoraggiante in merito al-

la compiuta applicazione dell’anzivista direttiva sulla razza, che promuove il dialogo tra le parti sociali in favore della parità di trattamento. Come è stato sottolineato in dottrina, essa va al di là dei fatti che l’hanno costituita, non si esaurisce nella storia di un datore di lavoro che ha manifestato osservazioni frivole e discriminatorie contro una comunità emarginata e minoritaria525. Il caso Feryn evidenzia soprattutto il fallimento di uno Stato membro nella

salvaguardia di un dialogo sociale adeguato, in grado di illuminare aspetti altrimenti nascosti di segregazione etnica all’interno del mercato del lavoro nazionale.

5.5.4. IL PERCORSO GIURISPRUDENZIALE DELLA CORTE DI CASSAZIONE ITALIANA