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Le oscillazioni dello spazio relazionale: dinamiche identitarie e mobilità territorial

2.1 Confini incerti: identità in discussione

La transizione “progettuale”, nel segnare il passaggio da una condizione di territorializzazione, in cui lo stato nazione risulta essere centrale nel governo del proprio territorio, ad una situazione dicotomica di deterritorializzazione e contestuale riterritorializzazione, comporta una ristrutturazione del potere alla cui base è dato rinvenire l’esistenza di una serie di “disgiunture” (Appadurai, 2001) che rimodellano nuovi confini tra globale e locale e che producono una costante e decisiva ristrutturazione dello spazio e dell’agire sociale.

In tale contesto, le diverse forme di dislocazione di sovranità sin qui trattate presentano quindi caratteristiche non solo di natura strettamente politico-economica, ma anche più strettamente culturale, dal momento che tendono a basarsi sul fattore della costante produzione di incertezza, in cui l’elemento della “differenza”, o per meglio dire, del “gap di differenza”, trova nei costrutti discorsivi, la possibilità di attivazione di diversificati meccanismi di inclusione/esclusione proprio all’interno degli spazi in via di ricomposizione.

Il processo di costruzione della differenza avviene, in particolare, attraverso la delimitazione di un confine che non risponde necessariamente a criteri oggettivi, basati su elementi di diversità ben riconoscibili ma piuttosto attraverso pratiche di distinzione per opposizione.

I processi di ridimensionamento e di ridefinizione dei confini territoriali tendono infatti a basarsi su articolate costruzioni di confini simbolici22 in cui il meccanismo di distorsione/ritorsione dell’immagine delle Alterità, proprie dei costrutti discorsivi non rappresenta solo l’esito di cambiamenti nei rapporti di forza ma anche il principale fattori di ridefinizione degli spazi relazionali, alla base della selezione di individui e territori:

«In un’ottica di analisi politica, l’identità svincolata dalla fissità geografica ed in grado di crearsi e di rappresentarsi lontano dal luogo d’origine suggerisce l’assunzione di un paradigma interpretativo delle logiche spaziali contemporanee fondato sulla crisi delle istituzioni statuali moderni e degli stessi scenari artificiali di esercizio delle sovranità» (Amodei, 2009: 9).

22 Tale genere di confini costituisce un tema sociologico ampiamente dibattuto in letteratura. Per una

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La materializzazione della differenza che ne consegue, fondata sul riconoscimento fittizio di spazi antitetici, risulta essere non solo uno spazio di potere, ma anche paradossalmente spazio indeterminato, in cui tende a mancare l’elemento di determinazione dato dall’elemento “invisibile”.

Il concetto analitico del confine si rivela a tal proposito ancora una volta alquanto efficace nello studio di tali dinamiche: a partire dallo studio di Barth (1969), inserito in contesti in cui l’etnicità e la cultura rivestivano un ruolo centrale di regolamentazione nell’interazione economico e sociale tra gruppi, è possibile attualizzare la sua analisi rendendola più coerente con gli scenari della globalizzazione, in cui peraltro come si vedrà la mobilità umana tende a rivestire un ruolo fondamentale nei cambiamenti a livello di interazioni, focalizzando l’attenzione non solo sull’elemento della “separazione”, che il concetto di confine reca originariamente con sé, ma anche individuando le possibili connessioni “relazionali” in diversi ambiti del sociale (Herzfeld 2006).

Uno dei primi campi di applicazione è quello dei processi di costruzione identitaria. A tal proposito, Cohen (1985), ha illustrato in modo emblematico come l’esperienza del confine, vissuta collettivamente, comporti una concretizzazione di quelli che sono riconosciuti essere i confini astratti dello stato nazionale, proprio attraverso operazioni di riappropriazione simbolica che si fondano sulle trasformazioni che avvengono a livello di esperenzialità individuale e che si riverberano sulla comunità a cui si ritiene di appartenere.

Il tutto è reso possibile da meccanismi di visibilità di ciò che è o è divenuto Altro, mediante la fissazione di confini che, di volta in volta, si prestano appunto ad essere reali o simbolici. In particolare, è dato osservare come la ridefinizione del senso di appartenenza o di differenza ad una data comunità, intesa quale costrutto politico- sociale, sia da ricondurre a specifiche pratiche e esercizi di potere che consentono la produzione/riproduzione delle relazioni sia tra individui sia tra territori.

Le dinamiche di tipo identitario, non ascrivibili a processi di natura ascritta o fondate biologicamente, e quindi non “dati di fatto”, definiscono, da sempre appartenenze, tracciando linee di differenziazione in cui il Noi viene ad essere contrapposto inevitabilmente all’Altro (Aime, 2006; Fabietti, 1995; Remotti, 1997). Tuttavia la differenza rispetto al passato può essere rintracciata attraverso le parole di Appadurai:

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«Anche se nel corso della storia umana la linea tra “noi” e “loro” è sempre stata sfumata lungo i confini e confusa in caso di vasti territori e grandi numeri, la globalizzazione esaspera queste incertezze e produce un nuovo impulso alla purificazione culturale, mano a mano che un numero crescente di nazioni perde l’illusione della sovranità economica nazionale o del benessere» (Appadurai, 2005: 11).

Le logiche di costruzione identitaria, siano esse individuali che collettive, all’interno della cornice delimitatoria fornita dal confine, implicano diverse forme di appropriazione e resistenza che innescano meccanismi in grado di restituire significato e di fissare ideologicamente e culturalmente, sensi di appartenenza a dati luoghi e comunità, in cui il confine, anche in contesti in cui tende a perdere centralità fisica, viene il più delle volte vissuto in termini simbolici.

Nell’attuale fase di globalizzazione, a processi di generazione dell’omogeneità e di annullamento delle differenze culturali, derivanti dall’impatto delle nuove tecnologie di comunicazione, trasporto e informazione e dall’accentuata mobilità di merci e persone su scala globale, si affianca un’intensificazione delle eterogeneità di carattere etnico e culturale, che concorre, come si è visto, a determinare processi di frammentazione e disordine territoriale e il conseguente aumento di fenomeni di esasperazione delle differenze.

Si assiste a processi di drammatica riscoperta delle differenze, in cui la ridefinizione delle identità finisce col trascendere il rapporto concreto con i luoghi, quali specifici spazi territoriali di appartenenza:

«più la vita sociale diventa mediata dal mercato globale degli stili, dei luoghi e delle immagini, per mezzo dei viaggi internazionali, e dalle immagini delle reti mediatiche globali e dei sistemi di comunicazione, più le identità si staccano, si disaggregano da tempi, luoghi, storie e tradizioni specifiche e appaiono fluttuanti» (Hall,1992: 303).

Questo rafforzamento identitario e l’esasperazione dei conflitti culturali che ne derivano è all’origine di nuove forme di opposizione e resistenza (Appadurai, 1996; Clifford, 1999), che riguardano non solo le dinamiche relazionali tra soggetti che interagiscono in un dato spazio ma finisce col determinare conseguenze anche in termini economico- politici.

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La costruzione dell’identità, nella sua natura di costrutto processuale, con particolare riferimento a quella nazionale, non sottende un processo di falsificazione della realtà, quanto piuttosto ciò che Anderson (2006) definisce le “comunità immaginate”, che rimandano ad una serie interrelata di rapporti di potere alla base della ri/produzione del senso di appartenenza (Hobsbawm, 2002), in cui risultano centrali le dinamiche relazionali oltre che la condivisione di specifiche forme di identità che richiamano, a livello di memoria collettività, dei miti connessi alle proprie origini (Smith, 1998)

Un’altra prospettiva da cui è possibile approcciare le problematiche oggetto di studio è quella di prendere in considerazione la materialità del confine, in termini di linea separazione tra stati che si sostanzia sia nelle procedure di controllo sempre più diffuse sia in meccanismi di riproduzione della stessa idea di “identità nazionale” (Donnan Wilson, 1999) che possono rendere pienamente conto delle situazioni di interscambio e di porosità mettendo costantemente in discussione il discorso sull’effettiva possibilità di realizzare stati nazione “omogenei”.