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Oscillazioni: dalla lista dei cattivi a quella dei buon

SESTO CAPITOLO Lo Spazio Schengen

6.2 Oscillazioni: dalla lista dei cattivi a quella dei buon

Il percorso che ha consentito il passaggio dalla lista nera alla lista bianca, per molti dei nuovi stati dell’area, è stato decisamente lungo. Il fattore economico, alla base della logica discriminatoria verso la regione balcanica rappresenta una delle possibili chiavi di lettura dell’applicazione di logiche di tipo asimmetrico. La retorica discorsiva contenuta nei cd. Criteri di Copenaghen (1993) sembrerebbe apportare spiegazioni e

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soprattutto giustificazioni diverse in rapporto alla tenuta a distanza dei paesi “slavi” dal resto dell’Unione Europea176.

L’iter di transizione ha inizio nel 2003, in occasione del summit di Salonicco177, in cui vengono stabiliti i criteri necessari per “riottenere” un diritto alla libertà di movimento; solo a partire dal 2006, si incomincia però a concretizzare la possibilità di una totale eliminazione dei controlli alle frontiere, processo che si protrae fino al 2008, anno in cui vengono redatte le cd. “roadmap”, linee guida che contengono l’elenco di tutte le riforme da attuare per rendere possibile la definitiva liberalizzazione dei visti.

La definitiva liberalizzazione, avvenuta nel dicembre del 2009 in Serbia, Montenegro e Macedonia e quasi un anno dopo in Bosnia178 ha sancito di fatto la conclusione di una fase di forzata immobilità: tuttavia, a fronte di un tale importante cambiamento di scenario, gli elementi di problematicità continuano a persistere179.

176 I cd. Accordi di Stabilizzazione e Associazione (ASA) prevedono, quali presupposti di base per

l’acquisizione dello status di potenziale candidato all’Unione Europea, una serie di misure che fanno genericamente riferimento alla messa in atto di processi di democratizzazione, al rispetto dei diritti umani, dello stato di diritto e delle minoranze, a riforme economiche volte a favorire la transizione verso un’economia di mercato. Nel caso particolare degli Stati della ex Jugoslavia due risultano essere le misure ulteriori: la prima riguarda la piena cooperazione con il Tribunale internazionale per la consegna dei criminali di guerra e il rispetto di ciò che è stato previsto nei diversi accordi di pace; la seconda fa riferimento alla cooperazione reciproca tra gli stati (che va dagli accordi di libero scambio alla collaborazione nei campi di giustizia e affari interni).

177 Sempre in quella sede gli stati membri dell’UE avviano il processo di apertura a una prospettiva di

adesione dei paesi dell’Europa sud-orientale (in particolare: Albania, Bosnia Erzegovina, Croazia, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Serbia e Turchia). Vengono fissati i criteri di ammissione che devono essere rispettati (generici riferimenti al rispetto delle libertà e dei diritti, di promozione della democrazia, ecc.). Tali criteri sono in linea con quelli di Adesione previsti nel 1993 (i cd. Criteri di Copenhagen), in cui veniva stabilito che condizioni indispensabili erano la stabilizzazione istituzionale, l’apertura all’economia di mercato, il rispetto di precisi obiettivi politici, economici e monetari in linea con le regole UE.

178 Uno dei vantaggi di tale liberalizzazione consiste indubbiamente nella possibilità dei soggetti che ne

volessero usufruire, o quanto meno siano in condizioni tali da poterselo permettere, di viaggiare nell’Area Schengen e rimanere per un massimo di 90 giorni e nell’arco di sei mesi, per motivi turistici o similari. È preclusa comunque la possibilità di lavorare che richiede un altro iter procedurale sulla base delle leggi vigenti in materia di immigrazione.

179 Infatti, nel 2011, la proposta da parte della Commissione Europea di introdurre la cd. “clausola di salvaguardia”, con l‘obiettivo di conservare la facoltà, di recedere dall’accordo, ha stabilito il principio

secondo il quale è possibile procedere alla revoca non in termini assoluti dalle misure prese, ma garantire la possibilità, per i singoli paesi dell’Unione Europea, di continuare a richiedere un visto, quale condizione di ingresso sul proprio suolo nazionale, a particolari categorie di individui provenienti da quelle aree.

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Il venir meno di quello che è da considerarsi l’ennesimo muro eretto a simbolo dell’affermazione di una diversità, che sostanzialmente, riafferma, rimarcando, il dualismo Europa-Balcani, attraverso la liberalizzazione dei visti non ha comportato automaticamente la scomparsa dell’asimmetrico rapporto esistente tra l’Unione Europea e i Balcani, ma anzi ha messo in luce le contraddizioni insite nelle pratiche di “concessioni condizionate” dietro la richiesta di generiche “riforme”. I lunghi anni di transizione dalla “lista nera” alla “lista bianca” sembrano in effetti conclusi180. Con il passaggio è avvenuto il contestuale accesso allo strumento di preadesione IPA, condizione per aspirare a entrare nell’Unione Europea181.

Una parte dei Balcani Occidentali rischia comunque di stabilizzarsi in periferia di Europa, rischiando di trasformarsi in un vero e proprio ghetto: con la continua preclusione e disattesa in termini di prospettiva di adesione all’interno dell’Unione Europea vi è infatti il forte rischio di assistere alla moltiplicazione di spazi sempre più autoreferenziali.

Ciò oltre a costituire un forte ostacolo nell’implementazione di politiche di riconciliazione tra i diversi frammenti che compongono il mosaico della Ex-Jugoslavia, potrebbe comportare un’ulteriore marginalizzazione di vaste aree della regione, con ripercussioni soprattutto nelle nuove generazioni.

«[..] the European Union provided some prism for people’s identification, positive or negative, with a stronger implicit overlap between the EU and Europe on the western side and a more ambivalent and explicit double vision on the eastern side. Underlying all these narratives about the future of the EU, especially for those who live on its current eastern margins, are threads of insecurity and fear mixed with some sense of promise of a better economic existence. [..] People discoursively construct implicit in groups of “us” at those points when explicit out-grouping devices against “them” are most prevalent. Europeans east and west seem to feel a sense of belonging to some vague notion of Europe most actively when they draw a line against less privileged outsiders who have not quite earned the right of an entry ticket» (Armbruster-Rollo-Meinhouf, 2003: 897-898).

180 Alla base del passaggio, vi era il rispetto di 50 rigidi criteri imposti dall’UE.

181 Interventi previsti nell’ambito IPA: 1) sostegno alla transizione e rafforzamento delle istituzioni; 2)

cooperazione transfrontaliera (con gli Stati membri dell’UE e con gli altri paesi ammissibili all’IPA); 3) sviluppo regionale (trasporti, ambiente e sviluppo economico); 4) risorse umane (valorizzazione del capitale umano e lotta contro l’esclusione); 5) sviluppo rurale.

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