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La confisca dell’instrumentum sceleris e il problema della pericolosità reale

LA CONFISCA DI BENI “DETERMINATI”

1. La confisca dell’instrumentum sceleris e il problema della pericolosità reale

Le “cose che servirono o furono destinate a commettere il reato” costituiscono la prima categoria di oggetti di cui l’art. 240 c.p. dispone la confisca facoltativa: da essi prende le mosse, dunque, la nostra indagine.

Sebbene, presumibilmente, il referente fenomenico della previsione sia abbastanza intuitivo – e problematizzato forse oltre misura dalle controversie tra dottrine unitarie ed analitiche62 – è opportuno ricordare

62 Semplificando estremamente, il primo indirizzo non differenzia tra lo strumento e

la condotta che lo impiega, il secondo considera il mezzo esistente al di fuori dell’individuo ed idealmente distinto dall’azione. Per una rassegna delle relative posizioni dottrinali ed un più approfondito inquadramento del tema, v. DELOGU, Tullio, Lo “strumento” nella teoria generale del reato, in R.i.d.p.p, 1974, pag. 251 e ss.

la definizione formulata da Delogu nel suo studio specialistico sullo strumento del reato63:

In breve, per strumento del reato deve intendersi ogni entità, esteriore all’uomo, che possa da questo essere sfruttata per la commissione di un reato. È da tenere presente che il termine non deve essere assunto nel suo significato etimologico di qualcosa che è fatto, costruito o preparato per produrre un effetto (instruere: disporre, costruire) […]. Strumento è tanto il ferro acuminato espressamente preparato per uccidere la vittima, quanto il sasso occasionalmente raccolto sul luogo del delitto per fracassarle il cranio.

In particolare, dalla lettura della norma si ricava che sono confiscabili tanto i mezzi propriamente “impiegati nell’esplicazione dell’attività punibile (tentativo o consumazione)”64

, quanto quelli “predisposti dal colpevole per conseguire il suo scopo delittuoso, ma che non vennero effettivamente impiegati, perché esuberanti o relativamente inidonei o insufficienti, o perché impediti da forze estranee alla volontà del reo, o non posti in opera per qualsiasi altra causa”65

, sempre che il reato sia stato effettivamente commesso66. Non si può negare che la confisca dell’instrumentum sceleris rappresenti, almeno in linea teorica, “l’ipotesi con una più marcata

63 DELOGU, ivi, pag. 263. 64

Secondo ALESSANDRI, Confisca, op. cit., pag. 51, “sarà confiscabile l’arma del rapinatore, ma non l’auto usata per recarsi sul posto prescelto; le copie della lettera diffamatoria o predisposta per la truffa, non la fotocopiatrice impiegata per riprodurla”. Dello stesso avviso anche DE FRANCESCO, op. cit., pag. 1559 e FORNARI, Luigi, Sub art. 240, in CRESPI, Alberto – FORTI, Gabrio, ZUCCALÀ Giuseppe (a cura di), Commentario breve al codice penale, Padova, 2008, pag. 625; cfr. SPIZUOCO, Renato, L’interpretazione dell’art. 240 c.p. e la pericolosità, in La

giustizia penale, II, 1972, pag. 383, che ammette la confiscabilità delle cose

concernenti la “condotta extrareato”, “purché l’uso di esse abbia avuto stretta e diretta relazione causale con l’avvenuta commissione del reato”.

65 MANZINI, op. cit., pagg. 388-389. Cfr. TRAPANI, op. cit., pag. 2: “ i mezzi

effettivamente usati o anche soltanto predisposti per la realizzazione del reato, ma non impiegati per qualsiasi causa”.

66 MANZINI, ibidem, precisa che le cose predisposte a commettere un reato poi mai

commesso non sono confiscabili, per difetto del presupposto della condanna (e – aggiungiamo noi – anche per ragioni di irrilevanza penale degli atti meramente preparatori).

connotazione preventiva”67: “tutto ciò che, di fatto o nel semplice

programma del colpevole, ha avuto nell’economia del reato un’importanza strumentale”68

, più ancora del prodotto o del profitto, manterrebbe “viva l’idea e l’attrattiva del delitto”69

, avendo costituito – materialmente o anche solo idealmente – parte integrante della dinamica esecutiva dell’illecito. Si tratterebbe, dunque, di recidere la relazione tra la cosa e il reo, quando in essa si annidi il “germe” di un nuovo reato: questa, almeno, la ragione – ad onor del vero, comprensibile – che può giustificare l’inquadramento dell’istituto tra le misure di sicurezza.

Giova ribadire, però, che affinché la confisca assuma effettivamente un significato specialpreventivo, coerente con la sua qualificazione normativa, non si può prescindere da un presupposto di pericolosità, da valutare in rapporto al caso singolo – onde il senso del regime facoltativo – e da illustrare adeguatamente in sede di motivazione70.

Non sembra condivisibile, di conseguenza, l’interpretazione di certa dottrina71, che, evidenziando come la formulazione letterale della norma sembri richiedere una volontaria destinazione della cose al reato, nega l’applicabilità della confisca ai reati colposi, ‹‹perché l’autore di un delitto colposo non si “serve delle cose”, né le “destina” alla produzione di un evento dannoso››72. Piuttosto,a nostro avviso,se il reo ha dimostrato di non essere in grado di usare la cosa senza

67 ROMANO – GRASSO –PADOVANI, op. cit., pag. 611. Così anche

PADOVANI, Misure di sicurezza, op. cit., pagg. 147 e 151.

68 DE MARSICO, op. cit., pag. 964.

69 Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, cit., pag.

245.

70 Tant’è che secondo Cass., sez. VI, 25 settembre 2008, n. 42804, la sinteticità della

motivazione tipica del patteggiamento non riguarda anche le ragioni su cui si fonda l’applicazione della confisca.

71

GULLO, op. cit., pag. 45, il quale, però, ammette che “nella legge non si rinvenga alcuna limitazione”; MANZINI, op. cit., pag. 387; MASSA, op. cit., pag. 985. Precisiamo che la stessa conclusione è riferita alla confisca del prodotto e del profitto, con la motivazione che da un reato colposo non derivino vantaggi.

72

cagionare un danno, non si vede perché debba automaticamente escludersi che, in futuro, possa nuovamente “cadere in errore”73

. Nel silenzio della legge, la questione della pericolosità in materia di confisca non è, peraltro, di immediata soluzione74.

La dottrina prevalente75– non essendo previsto, in seno all’art. 236 c.p., con riferimento alla confisca, un collegamento alle norme sulla pericolosità sociale (art. 202 e ss.)76– propende per un concetto di “pericolosità reale”, da intendersi, ragionevolmente, in senso “relazionale”77

e, cioè, non come pericolosità intrinseca della cosa (c.d. “pericolosità oggettiva”), ma come “possibilità che la cosa, qualora sia lasciata nella disponibilità del reo, venga a costituire per lui un incentivo a commettere ulteriori illeciti”78

: una condizione, dunque,

73 MAUGERI, op. cit., pag. 127, parla di un “reo incapace di gestire il suo rapporto

con quella cosa”.

74 FORNARI, Criminalità del profitto, op. cit., pag. 23, definisce la pericolosità

‹‹come un vero e proprio “presupposto-ombra” della confisca: dotato di scarsa utilità interpretativa nei casi previsti dall’art. 240 II co. n. 2 c.p.; di assai problematica ricostruzione nelle ipotesi di confisca facoltativa››.

75 DE FRANCESCO, op. cit., pag. 1555; FIANDACA – MUSCO, op. cit., pag. 846;

FORNARI, Criminalità del profitto, op. cit., pag. 23, e ID., Sub art. 240, op. cit., pag. 624; FROSALI, op. cit., pag. 447, secondo cui è “sempre socialmente pericoloso che i delinquenti possano trarre dal reato un vantaggio”; MANTOVANI, op. cit., pag. 895; MASSA, op. cit., pag. 983; SABATINI, op. cit., pag. 347; SPIZUOCO, op. cit., pagg. 383-384.

76 Riferendosi non alla sola confisca facoltativa, bensì all’art. 240 c.p. nella sua

interezza, CARACCIOLI, op. cit., pag. 143, adduce, accanto a questa, altre ragioni a dimostrazione di come “lo scopo del legislatore non sia affatto quello di reagire contro la pericolosità soggettiva”: l’esclusione, per espresso disposto dell’art. 236 c. 2 c.p., dell’applicabilità alla confisca del principio di cui all’art. 200 c. 2 c.p. (“se la legge del tempo in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza è diversa, si applica la legge in vigore al tempo della esecuzione”); la previsione di ipotesi di applicabilità al di fuori della condanna (art. 240 cpv. n.2 c.p.) e nei confronti di terzi estranei (art. 240 c. 4 c.p.).

77

Molto chiaro, in proposito, GULLO, op. cit., pag. 44: ‹‹Un vecchio proverbio recita che “l’occasione fa l’uomo ladro”. Ciò non è sempre vero, ma, quando lo è il pericolo, ovverosia la determinazione del reato, non sta nell’uomo, ma nell’ occasione intesa come un incontro dell’agente con un quid, il più diverso, del mondo esterno. Affinché si elimini la possibilità di delinquere basterà in questi casi troncare l’occasione. […] La pericolosità è qui funzionale alla res, sta in un suo legame con l’individuo; non è inerente all’oggetto o al soggetto, perché al tempo stesso e della persona e della cosa insieme, non dell’una o dell’altra isolatamente considerate››.

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prodromica alla pericolosità sociale79, giacché potrebbe innescarla, “passando dalle cose al soggetto” 80

.

Una simile impostazione ci sembra, in realtà, solo parzialmente condivisibile.

Riteniamo, piuttosto, che la pericolosità rilevante ai fini della confisca segua un “flusso bilaterale”, passando dalla cosa al soggetto solo se e in quanto, contestualmente, passi dal soggetto alla cosa: in altri termini, la forza attrattiva delle cose può aver effetto solo su chi “si lasci attrarre”, non sul quivis de populo che, per qualche ragione, si sia determinato a delinquere una volta, ma non nutra interesse per il crimine. Di conseguenza, “una pericolosità oggettiva della cosa può essere affermata solo in rapporto alle caratteristiche individuali della persona che detiene o dispone della cosa” 81

: in altre parole, il giudizio sulla pericolosità oggettiva non deve prescindere dal giudizio sulla pericolosità soggettiva82. È pur vero, però, che il disinteresse del legislatore verso le istanze di pericolosità sociale – già più volte messo in luce83 – non incoraggia di certo una simile soluzione.

Ad ogni modo, al fine di conseguire un risultato applicativo quanto più possibile conforme alla qualificazione formale in termini di misura di sicurezza, occorre che la res costituisca, tra gli innumerevoli ulteriori fattori condizionanti, l’effettiva condicio sine qua non84

tanto

del reato commesso, quanto, presumibilmente, del reato “potenziale”: si rende necessario, pertanto, valutare se il rapporto di “asservimento”

79 Così CARACCIOLI, op. cit., pag. 147, che la definisce “antecedente eventuale

della pericolosità sociale”.

80 La notissima espressione “dalle cose la pericolosità passa al soggetto” si trova in

BETTIOL –PETTOELLO MANTOVANI, op. cit., pag. 990.

81 ROMANO – GRASSO –PADOVANI, op. cit., pag. 619, dove la pericolosità

oggettiva è definita una nozione ‹‹“inventata” per giustificare l’inquadramento della confisca tra le misure di sicurezza››.

82Di quest’avvisoBOSCARELLI, Marco, Compendio di diritto penale, III edizione,

Milano, 1980, pag. 344; contra, NOCETI, Aldo – PIERSIMONI, Mirko, Confisca e

altre misure ablatorie patrimoniali, Torino, 2011, pag. 11. In giurisprudenza, Cass.,

sez. III, 21 dicembre 1990, Scuffo, richiede che sia formulata una “prognosi sulla pericolosità sociale derivante dal mantenimento del possesso della cosa da parte del condannato”.

83

V. § Caratteri generali della confisca del corpo del reato.

84

della cosa rispetto al fatto sia tale da “rivelare effettivamente la possibilità futura del ripetersi di un’attività punibile”85

.

Si tratta, cioè, di verificare se la cosa sia collegata al reato da un nesso eziologico “effettivo, diretto e immediato”86

, che si atteggi in termini di “diretta strumentalità lesiva”: ovvero, lo strumento deve risultare ‹‹immediatamente significativo, sul piano lesivo, nei confronti del reato, o perché ultimo vettore materiale dell’azione tipica, o perché non altrimenti fungibile rispetto a “quel” tipo di realizzazione criminosa››87

.

La giurisprudenza maggioritaria88, dal canto suo, richiede un nesso strumentale “non meramente occasionale”89

e tale che la cosa risulti “indispensabile”90

per l’esecuzione del reato, nel senso che quest’ultimo non sarebbe stato, altrimenti, attuabile nella forma voluta dall’agente91

: è stata ammessa, di conseguenza, la confisca dell’autovettura che si sia rivelata necessaria per l’esecuzione di un furto o di una rapina, in ragione del numero e del peso degli oggetti

85

Cass., sez. VI, 10 febbraio - 3 maggio 1994, Rilande. Recentemente, Cass., sez. III, 6 marzo 2012, n. 11603, Criscuolo, Cass., sez. VI, 5 marzo 2013, n. 13049, Spinelli.

86 GULLO, op. cit., pag. 45, che, di conseguenza, esclude “le cose soltanto

indirettamente e non necessariamente agevolatrici”.

87 ALESSANDRI, Confisca, op. cit., pag. 51. Concorde MAUGERI, op. cit., pag.

119, che cita, come riferimento giurisprudenziale, Cass., 14 novembre 1988, Spampinato.

88 Si riscontra, infatti, anche un indirizzo “estensivo”, che prescinde da requisiti di

“indispensabilità oggettiva” e ritiene sufficiente che la cosa abbia in qualche modo agevolato la commissione del reato: v. Cass., 2 marzo 1989, Rivoli; Cass., 4 agosto 1993, Raia; Cass., sez. II, 3 dicembre 2003; Cass., sez. IV, 17 giugno 2004. Segnaliamo altresì Cass., sez. VI, 27 aprile 2012, che adotta una posizione “intermedia”, affrancandosi dal requisito dell’indispensabilità e ritenendo sufficiente la mera “esistenza di una strumentalità in concreto tra il bene e il reato, in ragione delle specifiche caratteristiche del primo e delle modalità e circostanze di commissione del secondo”; tuttavia, come ritiene PARODI, Carlo, Confisca ex art.

240 co. 1 c.p. dell’autoveicolo utilizzato per commettere una rapina: quale nesso deve sussistere tra l’instrumentum sceleris e il reato?, in

www.penalecontemporaneo.it, 28 giugno 2012, questa soluzione sembra potersi

ricondurre, di fatto, dall’orientamento “estensivo”.

89 Cass., sez. III, 11 febbraio 1993, Bertelli; Cass., sez. VI, 10 febbraio 1994,

Rilande, cit.; Cass., sez. VI, 29 febbraio 2000, Iliadis; Cass., sez. II, 27 ottobre 2009, n. 41285.

90 Cass., 21 maggio 1985, Magri; Cass., 6 giugno 1994, Violato; Cass., sez. VI, 29

ottobre 1996, Oliverio; Cass., sez. II, 14 dicembre 1997, Nobile.

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sottratti92, oppure, ancora, che, nel contesto di un reato di cessione di stupefacenti, sia servita ad occultare le sostanze illecite93; si è negata, di contro, la confisca del veicolo impiegato occasionalmente per il mero trasporto di stupefacenti94, nonché per commettere il reato di lesioni personali95 o di atti osceni in luogo pubblico96, come anche la confisca dell’appartamento dove si sia esercitata la prostituzione97

. Simili soluzioni interpretative sembrano, in fin dei conti, esprimere regole di comune buon senso: l’esperienza dimostra, da un lato, che uno strumento impiegato in via del tutto “estemporanea” o che non sia risultato determinante nello svolgimento della dinamica delittuosa difficilmente eserciterà sul reo una vis attractiva tale da determinare un pericolo di reiterazione; dall’altro, che, ove si tratti di un oggetto perfettamente sostituibile o di facile reperibilità, a nulla servirà sottrarlo al reo, potendo questi procurarselo di nuovo98.

È la stessa Corte Costituzionale, per di più, ad affermare – in riferimento all’ipotesi speciale di confisca del veicolo per il reato di guida in stato di ebbrezza, ma con argomentazioni a cui può essere riconosciuta una validità generale – che la confisca disposta su uno strumento “temporaneamente inutilizzabile (e, dunque, privo di attuale

92

Cass., 21 maggio 1985, cit.

93 Cass., sez. IV, 2 aprile 1990, n. 4525. In particolare, nel caso di autovettura usata

per il trasporto di sostanza stupefacente destinata allo spaccio, la giurisprudenza tende a richiedere un collegamento stabile con l’attività criminosa, che esprima con essa un rapporto funzionale (Cass., sez. IV, 20 settembre 2005, n. 4393, Curraj; Cass., sez. VI, 1 marzo 2007, n. 24756, Muro Martinez Losa), desumibile anche da manipolazioni o modifiche strutturali apportate al mezzo per meglio occultare la droga (Cass., sez. VI, 29 ottobre 1996, Oliverio, cit; Cass, sez. IV, 29 febbraio 2000, Iliadis, cit; Cass., sez. VI, 6 luglio 2003, Lomartire; Cass., sez. IV, 30 gennaio 2004, Pani; Cass., sez. VI, 29 marzo 2012, n. 13176, Hamr El Hank).

94 Cass., sez. III, 11 febbraio 1993, cit. 95 Cass., 26 settembre 1986, n. 20086. 96

Cass., 23 marzo 1993, n. 13403.

97 Cass., sez. III, 20 febbraio 1990, Napolitano. Contra Cass., sez. III, 13 giugno

1997, Olmi.

98 Secondo MASSA, op. cit., pag. 984, “la confisca non andrebbe applicata per il

coltello da cucina che servì a cagionare lesioni personali, o al bastone con il quale si intendeva percuotere, perché l’estrema facilità con la quale l’agente può venire in possesso di un altro strumento dello stesso genere esclude, almeno nella maggior parte dei casi, che quel determinato coltello o quel determinato bastone possa costituire un fattore di pericolosità”. V. anche MAUGERI, op. cit., pag. 516.

pericolosità oggettiva)”, o applicata anche quando “non impedisce in sé l’impiego di altri mezzi da parte dell’imputato, dunque un rischio di recidiva”, in quanto “non idonea a neutralizzare la situazione di pericolo per la cui prevenzione è stata concepita”, si risolve in una “misura sanzionatoria e meramente repressiva” 99

.

Infine, tenuto conto che il peggioramento della condizione patrimoniale del reo – esito sempre certo, a differenza dell’impedimento di future condotte illecite, che rimane meramente eventuale – è tanto più afflittivo quanto più è rilevante il valore economico dello strumento, sembra necessario, in sede di applicazione, attenersi ad un canone di proporzionalità tra il valore del bene e la gravità del fatto100: non si deve dimenticare, del resto, che anche per l’ipotesi in cui è più “credibile” l’ “apparenza” di misura di sicurezza, assumono rilievo i profili di irrilevanza della pericolosità che abbiamo evidenziato in sede di ricognizione dei caratteri generali, e che accentuano le asperità di quel “nucleo duro punitivo” presente in tutte le forme di confisca.

Certo, non v’è dubbio che la confisca dello strumento – essendo relativa a cose preesistenti (o tutt’al più concomitanti) rispetto al reato commesso, e che in esso hanno svolto un ruolo causale – abbia un cospicuo “vantaggio specialpreventivo” sulle altre forme di confisca del corpo del reato: il “giudizio sul futuro” può (rectius, deve), infatti, avvalersi degli apporti conoscitivi provenienti dal “giudizio sul passato”, trattandosi di comparare le concrete dinamiche esecutive di un fatto precedente e di un fatto potenziale, e non di congetturare una

99 La sentenza Corte Cost. n. 196/2010 (con nota di MANES, Vittorio, La confisca

“punitiva” tra Corte costituzionale e CEDU: sipario sulla “truffa delle etichette”,

in Cassazione penale, 2, 2011, pag. 76 e ss.) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 186 c. 2 lett. c d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (“Codice della strada”), come modificato dal d.l. 23 maggio 2008, n. 92, nella parte in cui rinvia all’art. 240 c.p., legittimando, dunque, l’applicazione retroattiva della confisca. Indichiamo, solo per completezza, che, comunque, la l. 29 luglio 2010, n. 120, richiamando la norma in materia di sequestro amministrativo, complica l’identificazione della natura giuridica della fattispecie.

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generica potenzialità incentivante – come avviene nel caso della confisca del prodotto o del profitto – non fondata su alcun dato empirico.

Tuttavia, i numerosi elementi di disciplina che mal si adeguano al

nomen juris inducono a sospettare che il legislatore, anche nell’unico

caso in cui delle potenzialità specialpreventive potrebbero esistere, ammetta – se non, addirittura, persegua – applicazioni repressive della misura, finalizzate a sottrarre al reo gli instrumenta sceleris non tanto perché potrebbero essere eziologicamente antecedenti ad un reato futuro, quanto, piuttosto, per il loro legame con un reato precedente.

In definitiva, pertanto, non sembra potersi affermare pacificamente che l’attuale configurazione normativa della confisca dello strumento risulti, de jure condito, pienamente conforme al nomen juris; tuttavia, come vedremo, date le innegabili potenzialità specialpreventive della fattispecie, la ricomposizione del divario tra forma e sostanza non pare, una volta tanto, una prospettiva ontologicamente irrealizzabile.