• Non ci sono risultati.

LA CONFISCA DI BENI “DETERMINATI”

5. Spunti de jure condendo

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, è possibile proiettarsi in una prospettiva de jure condendo, tentando di formulare talune soluzioni normative (già anticipate, perlopiù, nel corso della trattazione) in grado di realizzare un accettabile bilanciamento tra garanzie ed efficienza.

In particolare, si proverà a ragionare sulla “riconfigurazione” delle fattispecie generali: l’odierna elefantiasi dello strumento ablatorio –

ormai tale da disorientare anche l’interprete più attento –, infatti, induce a propendere per la soppressione delle innumerevoli ipotesi speciali presenti nell’ordinamento.

Cominciando dalla confisca dello strumento – la sola, come si è visto, non ontologicamente incompatibile con una qualificazione in termini di “misura di sicurezza”349–, è auspicabile che il legislatore

provveda ad un adeguamento della disciplina normativa all’attuale

nomen juris. Si tratterebbe, cioè, di svilire, il più possibile, i connotati

punitivi e di esaltare, di contro, le potenzialità specialpreventive della fattispecie, sciogliendo quell’“intreccio di contraddizioni”– precedentemente lumeggiato350 – che ne offusca, attualmente, la reale natura giuridica, e delineando una chiara ed inconfutabile caratterizzazione di “misura di sicurezza”.

L’attuale assetto normativo andrebbe “corretto”, pertanto, nei punti – già più volte indicati – in cui esso non si mostra confacente ad un’autentica ratio specialpreventiva: assunta la pericolosità – come si è visto, primariamente “soggettiva” – a baricentro della figura ablatoria, la confisca dello strumento dovrebbe risultare, ad esempio, all’occorrenza esperibile anche nei confronti dei non imputabili, incompatibile con la sospensione condizionale, revocabile e, in generale, modellabile in rapporto alle attuali esigenze specialpreventive; all’interprete andrebbe imposto, conseguentemente, di vagliare in maniera rigorosa l’indispensabilità dell’intervento ablatorio rispetto all’obiettivo della prevenzione (tenendo conto di aspetti quali la possibilità che il reo sia in grado di procurarsi, in seguito, un bene identico o comunque ugualmente idoneo allo scopo).

Con riguardo alla confisca delle res eziologicamente derivanti dal reato – di cui si è dimostrata la strutturale inidoneità ad un’esclusiva

349 V. § 1. La confisca dell’instrumentum sceleris e il problema della pericolosità

reale.

350

V. § 0.1. Caratteri generali della confisca del corpo del reato: un intreccio di

funzionalizzazione specialpreventiva351 – la soluzione più ragionevole,

de jure condendo, sembra l’abbandono dell’opzione definitoria attuale,

in favore di un’espressa qualificazione della fattispecie in termini di pena352 (probabilmente accessoria, a meno di voler cimentarsi in una “titanica” opera di riformulazione delle singole comminatorie edittali).

In particolare, non cogliendosi l’utilità di una disarticolazione della fattispecie in ipotesi distinte – inerenti singolarmente il prodotto, il profitto, il prezzo – si tratterebbe di modellare un’unitaria figura – in quanto pena, necessariamente “obbligatoria”, in presenza dei presupposti per la sua irrogazione – di “confisca dei proventi” del reato, tanto diretti, quanto indiretti, a patto che l’accusa riesca a ricostruirne la derivazione delittuosa. Tuttavia, posto che, come si è detto, “la pertinenzialità è misura della proporzione”353

, se nel caso dei proventi c.d. “diretti” la proporzionalità dell’intervento punitivo rispetto alla gravità del fatto può ritenersi implicita, quanto ai surrogati e alle utilità indirettamente derivanti dal reato occorrerebbe imporre una più puntuale commisurazione dell’intervento punitivo in sede giudiziale, secondo i parametri di cui all’art. 133 c.p.354

351 V. § 2. La confisca del prodotto e profitto.

352 Segnaliamo che nel progetto di riforma del c.p. proposto dalla “Commissione

Nordio” (2001-2006) si delineano due forme di confisca, entrambe espressamente configurate come “pene”: da un lato, la confisca c.d. “riparatoria” (art. 72 prog.), annoverata tra le pene principali – accanto alla pena pecuniaria – e finalizzata alla riparazione del danno da reato; dall’altro, la confisca obbligatoria dello strumento, del prodotto, del profitto, del prezzo e delle cose c.d. “intrinsecamente illecite” (art. 77 prog.), ricompresa tra le pene accessorie. Per approfondimenti sulle proposte elaborate, in materia di confisca, dalle Commissioni ministeriali per la riforma del c.p. avvicendatesi nell’ultimo ventennio (in particolare, “Commissione Pagliaro” “Grosso”, “Nordio” e “Pisapia”), v. gli scritti di NUNZIATA, Massimo, La confisca

penale: dal Codice Rocco al progetto della “Commissione Nordio” in Cass. pen.,

2006, pag. 1216 e ss., e ID., La confisca penale e il recente progetto della

“Commissione Pisapia”, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2008, pag. 430 e ss.

353

Supra, § 3.La confisca per equivalente.

354 Richiedono la “proporzione” tra il valore della res oggetto di ablazione e la

gravità del fatto – con riguardo, però, alla confisca dello strumento – il progetto di riforma licenziato dalla “Commissione Grosso” (1998-2001), nonché quello proposto dalla “Commissione Pisapia” (2006-2008).

Rebus sic stantibus, dovrebbe assicurarsi l’indefettibilità della pena

attraverso la generalizzazione della confisca per equivalente355, per i casi di “improcedibilità”, come pure di “impossibilità ontologica” dell’ablazione diretta (ove si tratti cioè, di un bene immateriale, purché non “futuro”356

).

D’altra parte, ragioni di sussidiarietà dovrebbero determinare l’inapplicabilità della confisca quando questa non si renda necessaria né efficace alla realizzazione dei fini repressivi: tale, ad es., è il caso in cui il provento assuma valore insignificante357. Di contro, qualora la portata dell’intervento ablatorio sia tale da compromettere gravemente le condizioni di vita del destinatario o dei suoi familiari, sarebbe auspicabile – sebbene il nostro ordinamento non sia aduso a simili ipotesi di absehen von Strafe – prevedere una “clausola dell’onerosità” che dia al giudice facoltà di attenuare o, addirittura, di escludere del tutto il ricorso alla misura358.

Da ultimo, sembra opportuno che i casi di concorso tra restituzioni al danneggiato e confisca – ove l’oggetto della pretesa civilistica coincida, anche solo nel valore, con quello della pretesa statale – siano regolati normativamente in modo da tutelare le ragioni del danneggiato, ma, al tempo stesso, da scongiurare una duplice lesione della sfera economica del reo: si potrebbe prevedere, a tal fine, una forma di sospensione condizionale della pena ablatoria, tale da consentirne l’estinzione a seguito dell’adempimento dell’obbligazione risarcitoria.

355 Così i progetti indicati nella nota precedente.

356 V. § 2.1. Delimitazioni concettuali (e applicative) del profitto criminale. 357

Cfr. i progetti delle Commissioni “Grosso”e “Pisapia”.

358

CAPITOLO III