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La natura giuridica della confisca “allargata”

LA CONFISCA DI PATRIMON

1. Un modello “intermedio”: caratteri generali della confisca di cui all’art 12 sexies d.l 306/

1.2. La natura giuridica della confisca “allargata”

Delineati gli elementi strutturali della confisca c.d. “allargata” di cui all’art. 12 sexies d.l. 306/1992, si tratta, adesso, di astrarre dalla disciplina normativa la natura sostanziale della fattispecie, secondo il metodo bifasico tracciato nel capitolo precedente68: ovvero, ricercando, tra le pieghe della norma, i profili di irrilevanza della pericolosità – incompatibili con una ratio autenticamente specialpreventiva –, si valuteranno, in primo luogo, gli eventuali connotati lato sensu punitivi della figura e, in subordine, la sua riconducibilità ad un concetto di “pena criminale” stricto sensu intesa.

Com’è facile immaginare, se già le fattispecie tradizionali di confisca, che abbiamo definito “di beni determinati”, inducono ad interrogarsi circa la loro effettiva funzione – specialpreventiva o punitiva – al di là della qualificazione normativa, fare luce sul sostrato ontologico della fattispecie appare quanto mai necessario quando, come nel caso in esame, si accresce – e, per di più, potenzialmente senza limiti – l’invasività dell’intervento ablatorio.

Si può osservare, anzitutto, che, essendo l’art. 12 sexies rubricato semplicemente “ipotesi particolari di confisca”, apparentemente il legislatore si astiene da una scelta definitoria espressa; tuttavia, poiché il carattere di “particolarità” – verosimilmente, cioè, di “specialità” – non può apprezzarsi che in rapporto alla fattispecie generale, mancando un’esplicita qualificazione formale derogatoria, la norma sembra dare per presupposta la validità del nomen juris tradizionale di “misura di sicurezza”69

.

In effetti, secondo la Suprema Corte – almeno in un primo momento – “la confisca prevista dall’art. 12 sexies […], così come, in linea generale, la confisca prevista dall’art. 240 c.p., ha natura di

68 Cap. II, § 0. Premessa metodologica.

69 Cfr. FORNASARI, Strategie sanzionatorie, op. cit., pag. 764, secondo cui “se è

pur vero che rubrica non est lex, non se ne può disconoscere il valore almeno indiziante in sede interpretativa”.

misura di sicurezza patrimoniale e non di pena sui generis o pena accessoria”70

, dovendo applicarsi, di conseguenza, non il principio di irretroattività, valido per le pene, bensì l’opposta regola sancita dall’art. 200 c.p.

È soltanto negli anni Duemila che la Corte di Cassazione prende coscienza delle criticità classificatorie della confisca “allargata”, senza però mai giungere a formulare definizioni perentorie: nella consapevolezza che “la confisca va vieppiù acquisendo una utilizzazione più ampia che nel passato, anche in funzione generalpreventiva-dissuasiva”71, la si considera, tutt’al più, una “misura di sicurezza atipica con funzione anche dissuasiva, parallela all’affine misura di sicurezza antimafia introdotta dalla legge 575/65”72

, o vi si scorge una “natura ambigua sospesa tra funzione specialpreventiva e vero e proprio intento punitivo”73

, ma, anche in anni recenti, se ne ribadisce la “natura di misura di sicurezza patrimoniale e non di pena sui generis o pena accessoria”74, negando che per essa operi il principio di irretroattività.

In particolare, si esclude che alla fattispecie interna sia riferibile la qualificazione in senso “penale” che la Corte Edu75

assegna alla confisca – anch’essa di carattere “patrimoniale” – prevista,

70 Cass., sez. VI, 28 febbraio 1995, Nevi; conformi Cass., sez. I, 29 marzo 1995,

Gianquitto e altri, Cass., sez. VI, 17 novembre 1995, Borino Marchese, Cass., sez. V, 10 novembre 1996, Sibilia. In dottrina, di quest’avviso, FORNASARI, ivi, pag. 763.

71 Cass., sez. VI, 15 aprile 1996, Berti, cit. 72

Cass., SS.UU., 19 gennaio 2004, Montella. Già in precedenza, in termini di “misura di sicurezza atipica”, anche Cass., SS. UU., 31 maggio 2001, Derouach, cit., e Cass., sez. V, 10 gennaio 2002, n. 6301, Amelio.

73 Cass., SS.UU., 2 luglio 2008, Fisia Italimpianti, cit.

74 Così, ad es., Cass., sez. I, 15 gennaio 2009, n. 8404, Bellocco e altri e Cass., sez.

VI, 6 marzo 2009, n. 25096, Nobis e altro.

75 C. edu, 9 febbraio 1995, Welch c. Regno Unito, secondo cui “la

formulazione dell’art. 7, par. 1, seconda frase, indica che il punto di partenza di ogni valutazione sull’esistenza di una pena consiste nello stabilire se la misura in questione sia stata irrogata in seguito ad una condanna per un ‘reato’. Altri elementi possono essere ritenuti pertinenti in proposito: la natura e lo scopo della misura in contestazione; la sua qualificazione in diritto interno; i procedimenti connessi alla sua adozione ed esecuzione, nonché la sua severità.”. Sulla giurisprudenza della Corte Edu in tema di “materia penale”, si rimanda a Cap. II, nota 13.

nell’ordinamento inglese, in materia di traffico di stupefacenti76

, “stante la assoluta incomparabilità degli istituti posti a confronto”77

: una conclusione, quest’ultima, a dire il vero piuttosto approssimativa, in quanto gli elementi di disciplina della fattispecie inglese che inducono la giurisprudenza convenzionale ad affermarne la natura punitiva – tra i quali, il presupposto della condanna per un reato, le “ampie presunzioni legali”, l’efficacia “non limitata all’arricchimento o al profitto effettivi” – si riscontrano anche nella “nostrana” confisca “allargata”.

La soluzione ermeneutica tendente ad inquadrare la fattispecie tra le misure di sicurezza, evidentemente, si spiega guardando alla condanna come ad un “indice sintomatico” di pericolosità sociale del reo78

, o, piuttosto, estendendo ai beni non pertinenziali al reato contestato, ma di origine illecita – certa o anche solo “sospetta” –, la generica presunzione di “pericolosità” in re ipsa su cui l’art. 240 c.p. fonda la confisca dei proventi diretti del reato79.

Sulla base di queste premesse, la misura ablatoria opererebbe, in fin dei conti, come ‹‹baluardo dell’“abuso” del diritto di proprietà››80

, impedendo la futura utilizzazione del patrimonio a fini criminosi, certamente contrastanti con la “funzione sociale” della proprietà privata sancita dall’art. 42 Cost.

Tuttavia, si può osservare, anzitutto, che una singola condanna – secondo l’attuale portata applicativa dell’art. 12 sexies, ad esempio, anche per un reato contro la P.A., non necessariamente indicativo di un

76 Si tratta della fattispecie introdotta dal Drug Trafficking Offences Act nel 1986 e

rivolta ad aggredire – secondo un regime presuntivo – tutto il patrimonio accumulato dal condannato per un reato di traffico di stupefacenti nei sei anni precedenti la commissione del fatto: per approfondimenti, si segnala, in particolare, MAUGERI,

Le moderne sanzioni patrimoniali, op. cit., pag. 207 e ss.

77 Cass., sez. II, 28 gennaio 2003, Scuto, cit.

78 In questi termini, Cass., sez. VI, 15 aprile 1996, Berti, cit. Si segnala, nell’ambito

della giurisprudenza di merito, Trib. Lecce, 27 marzo 1997, secondo cui “l’art. 12

sexies si fonda sul giudizio di pericolosità del soggetto titolare dei beni, presunta iuris tantum dalla legge per il solo sol fatto che l’interessato sia stato riconosciuto

penalmente responsabile di uno dei delitti previsti dalla norma”.

79

Sul punto, in particolare, v. Cap. II, § La confisca del prodotto e del profitto.

80

comportamento delittuoso costante e “professionale” – nulla dice circa gli eventuali trascorsi criminali del reo, e, in generale, sulla sua dedizione – in passato e pro futuro – all’illecito81; eppure, il giudice risulta esonerato dal verificarli, cosicché – come nota la dottrina – “l’ipotesi particolare di confisca garantisce un’elasticità applicativa sconosciuta all’omologa misura di prevenzione”82

di cui all’art. 2 ter (nel suo originario assetto normativo83), non richiedendosi, quale condizione di applicabilità della confisca “allargata”, la sottoposizione del reo ad una misura preventiva personale84, che, in quanto necessariamente fondata su un giudizio di pericolosità, conferirebbe alla fattispecie ablatoria una più “credibile” caratterizzazione specialpreventiva.

Di fatto, l’accertamento della responsabilità penale “scolora all’interno della norma in esame nella mera occasione di un intervento totalmente emancipato dai contorni del fatto”85

, operando quasi alla stregua di una “condizione obiettiva di punibilità”86

.

Per di più, come si è dimostrato in sede di ricognizione della natura giuridica della confisca del prodotto e del profitto87, l’ablazione delle

res che nella catena cronologica-eziologica si collocano in una

posizione successiva al fatto risulta – in ragione dell’elevata “ipoteticità” della prognosi – “strutturalmente” inidonea ad una funzionalizzazione specialpreventiva, se non in via del tutto eventuale

81 Sull’insufficienza di una singola condanna quanto ad “implicazioni prognostiche”,

v. FORNARI, op. cit., pag. 229.

82

BERNASCONI, Alessandro, La “speciale”confisca introdotta dal d.l. 20 giugno

1994, n. 339, conv. dalla l. 8 agosto 1994, n. 501, in Dir. pen. e proc., 1996, 1420,

secondo cui la misura di prevenzione patrimoniale ‹‹per quanto non circoscritta ad un numero chiuso di delitti, sembra comunque scontare alcuni “pregi garantistici” - o, per meglio dire, una maggiore rigidità applicativa - a fronte del congegno di cui all’art. 12-sexies››.

83 Come si vedrà, inizialmente, infatti, l’applicazione della misura di prevenzione

patrimoniale è subordinata alla previa o contestuale applicazione di una misura di prevenzione personale; nel tempo, tuttavia, si realizza una progressiva disgiunzione tra i due rami della prevenzione: sul punto, v., infra, il relativo paragrafo.

84 FONDAROLI, op. cit., pag. 222. 85 FORNARI, op. cit., pag. 67. 86

FORNASARI, L’ultima manifestazione, op. cit., pag. 17.

87

ed “accessoria”. Peraltro, già la disciplina generale della confisca – con le previsioni in tema di irrevocabilità, di inapplicabilità a seguito di proscioglimento per non imputabilità, o, al contrario, di applicabilità in sede di sospensione condizionale – tradisce un malcelato disinteresse verso le effettive condizioni di pericolosità del destinatario della misura.

A fortiori, dunque, trattandosi di beni di cui non solo la pericolosità è presunta, ma anche le ragioni su cui tale pericolosità dovrebbe fondarsi – ovvero, l’origine illecita –, sembra alquanto arbitrario scorgere un’idoneità incentivante nella loro permanenza nelle mani del reo e proclamare, di conseguenza, che confiscarle serva ad impedire la reiterazione delle – non meglio identificate – condotte illecite da cui, presumibilmente, tali res deriverebbero88; tanto più che, in mancanza di prova sui trascorsi criminali del soggetto, si corre il rischio di prospettare la ripetizione di qualcosa che, in realtà, non si è mai verificato.

In ogni caso, a ben vedere, se davvero si mirasse a scongiurare la futura commissione di reati, non vi sarebbe ragione di limitare l’ablazione ai soli beni di derivazione illecita, potendo il reo avvalersi, con finalità delittuose, dell’intero suo patrimonio89

.

Si può, dunque, concordare con la dottrina più avvertita90 che, evidentemente,

il legislatore non persegue esclusivamente una finalità preventiva, ma vuole punire dei reati che non riesce a provare, o, comunque, vuole impedire che il reo possa beneficiarne; si finisce per ammettere, insomma, che tale

88

PADOVANI, op. cit., pag. 190, osservando che “qui la cosa non potrebbe essere pericolosa, visto che si tratta di cose che non hanno nessun rapporto con il reato e quindi con la condanna”, nega che sia possibile formulare un giudizio di pericolosità, intesa come probabilità della commissione di futuri reati.

89

Di quest’avviso – in riferimento, però, alla confisca come misura di prevenzione – MANGIONE, Angelo, La misura di prevenzione patrimoniale fra dogmatica e

politica criminale, Padova, 2001, pag. 389.

90

MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali, op. cit., pagg. 519-520. In termini simili, PADOVANI, op. cit., pag. 190.