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LA CONFISCA DI BENI “DETERMINATI”

1. La confisca del prezzo

L’art. 240 c. 2 n. 1 c.p. dispone, come già anticipato, che è “sempre” ordinata la confisca delle “cose che costituiscono che il prezzo del reato”.

Che, agli occhi del legislatore, il “prezzo” del reato sia altro dal “profitto” è fuor di dubbio, e le ragioni sono abbastanza evidenti: anzitutto, i termini ricorrono entrambi nella norma, e, per di più, “topograficamente”, in commi distinti; ma è certamente la contrapposizione tra facoltatività ed obbligatorietà a “sancire” in maniera perentoria l’eterogeneità tra le due categorie concettuali, fondata sull’apodittica convinzione che

Se il prezzo o corrispettivo del reato commesso dovesse essere lasciato al colpevole, è fin troppo prevedibile che da questo “guadagno” potrebbe venire la spinta a commettere ulteriori reati.

Si può legittimamente supporre che chi commette un illecito al solo fine di conseguirne un prezzo, qualora quest’unico fine dovesse raggiungere, conservando il denaro o comunque il vantaggio materiale che si era ripromesso, potrebbe essere stimolato a portare a compimento altri “negozi” del genere176.

Nel silenzio della legge e dei Lavori preparatori in merito a cosa debba intendersi come “prezzo del reato”, non mancano interpretazioni giurisprudenziali piuttosto “osmotiche”, che, allo scopo di beneficiare del regime dell’obbligatorietà e dell’applicabilità in caso di

176

patteggiamento (fino alla l. 12 giugno 2003, n. 134, riservata dall’art. 445 c. 1 c.p.p alla sola confisca obbligatoria177 ), riconducono alla sfera semantica della nozione di prezzo vantaggi economici che costituirebbero, piuttosto, profitto178.

Dottrina e giurisprudenza prevalenti, ad ogni modo, convergono su un’interpretazione “in senso tecnico”179

, che, considerando il prezzo

species del profitto, lo identifica, precisamente, con il “compenso dato

o promesso per indurre, istigare, o determinare un altro soggetto a commettere il reato, […] quindi, un fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l’interessato a commettere il reato”180

: un’accezione, questa, prettamente “penalistica”, che nulla ha a che vedere con quella propria dell’ambito “economico-civilistico”181

, secondo cui il prezzo è una prestazione corrispettiva nel quadro di una struttura negoziale sinallagmatica.

Ponendo mente, dunque, al fatto che si ha propriamente “prezzo” quando “è piuttosto il reato a derivare dallo scambio economico o dalla promessa di esso, e non viceversa”182

, devono considerarsi profitto, e

177 Sul punto, ALESSANDRI, Criminalità economica, op. cit., pag. 2125.

178 Cass., SS.U., 27 settembre 1995, Serafino; Cass., sez. IV, 7 febbraio 1995,

Medefai; Cass., sez. VI, 21 novembre 1996, Jobran.

179 Cass., sez. VI, 17 marzo 2010, n. 12819, Magliocchetti.

180 Così Cass., SS.UU., 3 luglio 1996, Chabni, cit, anticipata da Cass., sez. III, 30

giugno 1980, Cass., sez. III, 2 giugno 1981, Cass., 30 giugno 1987, n. 12385, Cass., 22 aprile 1992, n. 6271, Cass., 3 febbraio 1993, n. 19306, e Cass., SS.UU., 24 febbraio 1993, n. 1811, Bissoli. In dottrina, ALESSANDRI, Confisca, op. cit., pag. 52; FORNARI, Sub art. 240, op. cit., pag. 628; FURFARO, op. cit, pag. 205; GUARNERI, op. cit., pag. 42; MANZINI, op. cit., pag. 391; MAUGERI, Le

moderne sanzioni patrimoniali, op. cit., pag. 112, che, in riferimento alla fattispecie

di cui all’art. 630 c.p., completa la definizione di prezzo del reato includendovi ciò che incide sulla motivazione “a farlo cessare”.

181 Distingue tra le due accezioni di prezzo EPIDENDIO, op. cit., pag. 109. 182

Così FORNARI, Criminalità del profitto, op. cit., pag. 36, il quale, ove si tratti di reati comunque caratterizzati da prestazioni corrispettive, per distinguere se l’arricchimento conseguito costituisca prezzo o profitto, suggerisce di guardare “al ruolo che la prestazione patrimoniale riveste all’interno della dinamica delittuosa”: si ha “profitto” quando “il guadagno è tratto dall’attività illecita in quanto inserita in un mercato tendenzialmente impersonale (ed è proprio il caso del corrispettivo della vendita di stupefacenti)”, mentre costituisce “prezzo” la controprestazione economica promessa da un soggetto “determinato” interessato ad una specifica utilità (ad esempio, all’atto del funzionario corrotto).

non prezzo del reato, il denaro esposto nel gioco d’azzardo183

, il ricavato della vendita di terreni abusivamente lottizzati184, il corrispettivo della vendita di stupefacenti185, le utilità ricevute per effetto della concussione186, il denaro ottenuto dalla prostituta a fronte delle prestazioni sessuali187 o quello da lei consegnato al suo sfruttatore188.

Una simile lettura ha certamente il pregio di chiarire le profonde ragioni politico-criminali su cui si fonda la differenza di regime tra la confisca del profitto e la confisca del prezzo, celate dietro una controversa nozione di pericolosità presunta che, oltre ad essere incompatibile con un’impostazione autenticamente specialpreventiva, non avrebbe ragione di valere solo per il prezzo, e non anche per il profitto, giacché, se ciò che conta è la forza incentivante, quest’ultima deve ritenersi presente allo stesso modo in tutti i tipi di vantaggi economici derivanti dal reato.

Si possono formulare, in effetti, due considerazioni: da un lato, la “compravendita di opera delittuosa”, per richiamare un’antica dottrina189, rappresenta uno schema negoziale indirettamente tipizzato (scambio di denaro contro commissione di un reato), avente causa intrinsecamente illecita190; dall’altro, il prezzo, in quanto fattore incidente sulla motivazione, sembra indice di una maggiore rimproverabilità del reo, in quanto quest’ultimo si è determinato a commettere il reato – si potrebbe dire, riecheggiando la norma in tema

183

Cass., S.U., 15 dicembre 1992, n. 1811, Bissoli, cit.

184 Cass., 29 maggio 1985 e Cass., 6 aprile 1988, n. 6644, Grasso.

185 Cass., 22 aprile 1992, cit., Cass., 3 febbraio 1993, Cass., sez. VI, 22 marzo 1994,

Sellem, Cass., 3 luglio 1996, Chabni, cit., Cass, sez. VI, 4 aprile 2003, Cannata, Cass., SS.UU., 6 marzo 2008, Miragliotta, cit., Cass., sez. III, 19 gennaio 2010, n. 8312. Contra, per tutte, Cass., sez. VI, 9 luglio 1993, Persichetti, secondo cui la nozione di prezzo “merita di essere ricondotta al suo significato tecnico ed inestensibile, a livello giuridico, di corrispettivo per l’acquisto di un’utilità”.

186 Cass., SS.UU., 6 marzo 2008, Miragliotta, cit. 187

Cass., sez. III, 21 gennaio 1997, n. 147, Urcion Castro.

188 Cass., sez. III, 10 febbraio 2000, n. 661, Brunetti.

189 DE MARSICO, op. cit., pag. 966, secondo cui il termine “prezzo” è “espressivo

della particolare figura del venditore di opera delittuosa”.

190

di circostanze aggravanti – semplicemente per il “motivo abietto e futile” di ricevere un immediato tornaconto economico191

.

L’impressione, dunque, è che il prezzo, agli occhi del legislatore, risulti espressivo di un disvalore maggiore rispetto al profitto, e, poiché, come ampiamente evidenziato, la confisca ha una funzione punitiva, proporzionalmente alla gravità del disvalore si accentuano i connotati repressivi – e stigmatizzanti – dell’istituto; tanto più che, rappresentando il prezzo, nella maggioranza dei casi, “un quid non riconsegnabile all’autore della dazione patrimoniale, normalmente concorrente nel reato”, l’intervento ablativo costituisce l’unica chance per impedire che il reo goda del provento illecito192.

Stante la natura punitiva (e penale) della confisca del prezzo, ammetterla anche in assenza di condanna193, sulla base del mero accertamento dell’elemento oggettivo del reato, deve ritenersi illegittimo194 per più di una ragione: da una parte, infatti, come insegna

191 Contra, tuttavia, FORNARI, Criminalità del profitto, op. cit., pagg. 24-25,

secondo cui “siffatte valutazioni su base etica […] devono comunque rimanere estranee, fin dove è possibile, alla spiegazione del messaggio giuridico”.

192 FORNARI, ivi, pag. 27.

193 Che dovrebbe essere, per di più, definitiva, altrimenti, come avverte MANES,

Vittorio, L’ultimo imperativo della politica criminale: nullum crimen sine

confiscatione, in R.i.d.p.p., 3, 2015, pag. 1274, si finirebbe per ‹‹strutturare una

misura di sicurezza per una nuova ipotesi - “generale” di “quasi-reato” (un qualsiasi reato lucrativo “quasi provato”), perpetrando – in ogni caso – una violazione della presunzione di innocenza […]››.

194 Negano che la confisca del prezzo possa prescindere dalla condanna:

ALESSANDRI, Confisca, op. cit., pag. 47; CACCIAVILLANI- GIUSTOZZI, op.

cit., pag. 472; DE FRANCESCO, op. cit., pag. 1563; GULLO, op. cit., pag. 47, che,

tuttavia, limita la validità di una simile conclusione ai soli casi di proscioglimento nel merito, ritenendo, invece, applicabile la confisca del prezzo ove la condanna sia impedita da cause estintive del reato (perdono giudiziale, aministia, prescrizione), ma sussista un accertamento del fatto (similmente, anche se non expressis verbis, SPIZUOCO, Rilievi sulla confisca obbligatoria, in La giustizia penale, 1971, pag. 766); SERIANNI, op. cit., pag. 977-978; più recentemente, FORNARI, Sub art. 240,

op. cit., pag. 629; NOTARO, Domenico, Le singole misure di sicurezza, in DE

FRANCESCO, Giovannangelo (a cura di), Le conseguenze sanzionatorie del reato, Torino, 2011, pag. 530; ROMANO – GRASSO – PADOVANI, op. cit., pag. 623; in giurisprudenza, Cass., SS. UU., 25 marzo 1993, n. 5, Carlea, Cass., sez. VI, 19 febbraio 2008, n. 27043, Console e Cass., SS.UU., 10 luglio 2008, n. 38834, De Maio. Contra, DE MARSICO, op. cit., pag. 967, GUARNERI, op. cit., pag. 42 e MANZINI, op. cit., pag. 391; in giurisprudenza, per tutte, Cass., Sez. I, 25 settembre 2000, Todesco, Cass., sez. II, 25 maggio 2010, n. 32273, Pastore (con nota di PANZARASA, Marco, Sulla (ancora) controversa possibilità di disporre la confisca

la dottrina processualpenalistica, tanto l’immediata declaratoria di una causa di non punibilità ai sensi dell’art. 129 c.p.p., quanto la sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato ex art. 531 c.p.p. precludono, per condivisibili ragioni di economia processuale, qualunque ulteriore cognizione195, e, per di più, sono radicalmente inidonee a costituire accertamento (tanto da non formare giudicato nei confronti dei processi civili, amministrativi e disciplinari aventi ad oggetto il medesimo fatto)196; dall’altro, si impongono insuperabili esigenze di conformità al principio di legalità, prima ancora che a quello di colpevolezza.

Invero, benché la norma nulla dica in merito alla necessarietà della condanna in caso di confisca del prezzo – a differenza di quanto avviene, invece, per le ipotesi di cui al c. 1 – la precisazione “anche se non è stata pronunciata condanna” è apposta al solo n. 2 del c. 2, cosicché un’interpretazione che la riferisse anche al n. 1 si risolverebbe, inevitabilmente, in un’analogia in malam partem; per di più, vero è che l’art. 236 c. 2 c.p. esclude la confisca dall’ambito di operatività dell’art. 210 c.p. (secondo cui “l’estinzione del reato impedisce l’applicazione delle misure di sicurezza e ne fa cessare l’esecuzione”), ma va considerato prevalente, per il principio di specialità, l’art. 240 c.p197

.

obbligatoria in caso di estinzione del reato, in www.penalecontemporaneo.it., 25

novembre 2010) e Cass., SS.UU., 26 giugno 2015, Lucci, cit. Per approfondimenti sul contrasto giurisprudenziale in materia, v. PANZARASA, Confisca senza

condanna? Uno studio de lege lata e de iure condendo sui presupposti processuali dell’applicazione della confisca, in R.i.d.p.p., 2010, pag. 1691 e ss.

195 Sui limiti cognitivi del giudice in caso di dichiarazione di estinzione del reato ex

art. 129 c.p.p, tuttavia, non c’è concordanza di opinioni: v., ad es., Cass., sez. II, 25 maggio 2010, cit., che ammette espressamente un’ulteriore e “ben più pregnante valutazione delle analitiche risultanze processuali” ai fini della confisca.

196 TONINI, Paolo, Manuale di procedura penale, XVI ed., Milano, 2015, pagg. 759-

760.

197 Cfr. PADOVANI, Tullio, L’estinzione del reato e della pena, Lezioni tenute a

Pisa nell’a.a. 2013-2014, Lezione IV, secondo cui che la confisca si applichi in presenza di condanna è principio generale, da ritenersi valido quando non espressamente derogato dalla legge.

L’avverbio “sempre”, collocato in apertura del c. 2, dunque, deve intendersi riferito semplicemente all’obbligatorietà, o, tutt’al più, all’applicabilità in sede di esecuzione198

.

Del resto, si ha motivo di pensare che se il legislatore avesse ritenuto la confisca del prezzo applicabile in assenza di condanna già in forza dell’art. 240 c.p., presumibilmente, in sede di recepimento della decisione quadro 2005/212/GAI con l. delega 25 febbraio 2008, n. 34 (si badi bene, mai attuata), non si sarebbe preoccupato di disporla in maniera espressa – accanto a quella del profitto e del prodotto – “nel caso di proscioglimento per mancanza di imputabilità o per estinzione di un reato, la cui esistenza sia accertata con la sentenza che conclude il giudizio dibattimentale o abbreviato”.

2. Due significative ipotesi speciali di confisca obbligatoria (senza