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Capitolo II. L‟Alien Tort Claims Act e la tutela dei diritt

3. Un confronto tra le corti

Nel porre l‟attenzione sulla Corte Europea, la Corte Africana e la Corte Interamericana, risulta difficile non notare la diversità di scenario in cui si collocano.

La prima, infatti, si è trovata calata in un contesto socio-culturale, politico ed economico tale che difficilmente possano avervi luogo gravi e reiterate violazioni dei diritti umani; proprio per questo, la sua opera è stata sovente quella di andare ad uniformare le varie legislazioni interne, a volte finanche portando all‟assunzione di determinati provvedimenti legislativi agli stati parte (ad esempio, paesi come Austria e Germania hanno apportato modifiche ai propri codici di procedura penale).

Viceversa, le altre due corti si compongono di regioni caratterizzate, spesso, da regimi autoritari che hanno posto in essere disegni

criminosi in violazione dei diritti umani, come atrocità di massa e persecuzioni di parte delle popolazioni112, ma, anche, da zone povere con prevalenza di popolazione autoctone che difficilmente riescono a far sentire la propria voce contro i comportamenti illeciti attuati da altri e, sempre più, da imprese multinazionali

Non possiamo, inoltre, sottovalutare l‟importanza dei rapporti intercorrenti tra le corti regionali e quelle domestiche; invero, nonostante il fiorire di tribunali internazionali volti alla tutela di tali diritti possa far ritenere che l‟attenzione mondiale nei loro riguardi sia cresciuta, la realtà ci mostra come vi siano al contrario numerose discrepanze fra ciò che tali tribunali regionali ordinano e ciò che invece accade all‟interno dei singoli stati.

La forza di tali corti, come accennato poc‟anzi, risiede, da un lato, nel loro luogo di insediamento e nei paesi che ricadono sotto la loro

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James Cavallaro, Stephanie Erin Brewer, Reevaluating Regional Human Rights Litigation in the Twenty-First Century: The Case of the Inter-American Court, in American Journal of International Law, 2008, Vol. 102, pp. 771-774.

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giurisdizione; invero, negli stati in cui è stata raggiunta una stabilità istituzionale, l‟influenza di suddette corti sarà pressoché inesistente e promotori dei diritti umani e di una maggiore attenzione nel loro confronti saranno gli stessi governi, movimenti sociali o attivisti dei diritti umani.

Dall‟altro, è importante per le corti avere piena conoscenza della situazione politica e sociale dei territori sottoposti alla loro

giurisdizione, per far sì che le loro decisioni in merito alla violazione dei diritti umani possano essere effettivamente incisive tanto a livello interno, quanto, eventualmente, a livello internazionale.

Quanto appena detto, che risulta ovvio per le corti domestiche, non risulta tuttavia essere di pronta attuazione per le corti regionali le quali, spesso, sono situate in luoghi lontani rispetto a dove è

avvenuta la violazione e quindi, difficilmente, riescono ad entrare in contatto con la realtà che la caratterizza; inoltre, sono connotate da un impianto con forti tendenze internazionalistiche, il che porta ovviamente ad allontanarle sempre più dalle particolari realtà che si trovano a fronteggiare113.

Tutti gli ostacoli che abbiamo appena visto, hanno di certo

contribuito a far sì che gli Stati Uniti d‟America e, per essi, le loro corti federali, mantengano la supremazia a livello internazionale. Entrambe le corti regionali che abbiamo visto, infatti, presentano delle problematiche che portano il soggetto ad adire le corti statunitensi, invocando l‟ATCA.

Partendo dalla Corte Interamericana, questa presenta, a differenza della CEDU e della Corte africana, un aggravio della propria procedura essendo prevista, come accennato sopra, una doppia fase di valutazione: la prima consistente nell‟analisi della causa da parte

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James Cavallaro, Stephanie Erin Brewer, Reevaluating Regional Human Rights Litigation in the Twenty-First Century: The Case of the Inter-American Court, cit., pp. 776-778.

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della Commissione, la seconda, eventuale e dipendente da questa, innanzi alla Corte; entrambe le fasi possono richiedere anni. Senza contare il fatto che le corti regionali richiedono che l‟attore abbia esaurito tutti i rimedi interni ( e che attenda sei mesi), mentre l‟ATCA può essere invocato direttamente114

.

Tale modo di operare è la conseguenza dell‟aver adottato il principio di sussidiarietà, per cui il ruolo dell‟autorità internazionale è

subordinato a quello dell‟autorità domestica115

.

Ulteriore elemento di cui tenere conto, è che quasi sempre gli Stati Uniti si sottraggono alla giurisdizioni di queste corti.

Se per quanto riguarda la Corte africana questo sembra ovvio soprattutto con riferimento all‟articolo 5 del Protocollo (così come per la Corte europea, in quanto, la stessa, afferma di aver

giurisdizione solo per i fatti accaduti nei territori da essa controllati), quanto detto è meno intuibile per la Corte interamericana e per la Corte penale internazionale.

Con riguardo alla prima, abbiamo visto come essa sia un organo indipendente dell‟Organizzazione degli Stati Americani a cui anche gli Stati Uniti partecipano.

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Nicola Ronzitti, La giustizia penale internazionale nei rapporti transatlantici, in Documentazione per le Delegazioni presso Assemblee internazionali, Senato della Repubblica, Servizio Affari Internazionale, 2004, p.2: quanto visto per le due corti regionali, lo ritroviamo anche nel funzionamento della Corte Penale

Internazionale: questa fa suo l‟uso del principio di complementarietà, in base al quale la Corte può attivarsi qualora uno stato non voglia o non possa procedere alla punizione del reato, prevedendo quindi, almeno inizialmente, la partecipazione del tribunale nazionale.

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Jenny Bounngaseng, , Adjudication of International Human Rights Claims in the European Court of Human Rights and the Inter-American Court of Human Rights: Why ATCA Suits in U.S. Courts are the Better Alternative for Claims Against American Multinational Corporation, cit., pp. 489-490 : ―The machinery of protection established by the European Convention is subsidiary to the national systems safeguarding human rights. The Convention leaves to each Contracting State, in the first place, the task of securing the rights and freedoms it enshrines. The institutions created by it make their own contribution to this task but they become involved only through contentious proceedings and once all domestic remedies have been exhausted..‖. Così si è espresso la Corte europea nel caso Handyside v. United Kingdom (1976).

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Il dato rilevante, tuttavia, è che gli Stati Uniti non hanno firmato la

Convenzione Interamericana sui Diritti Umani, pur avendo invece

ratificato la Dichiarazione Americana dei Diritti e dei Doveri

dell‘Uomo; non avendo aderito alla prima, si sono difatti estromessi

dalla giurisdizione della Corte Interamericana, la quale quindi non potrà pronunciarsi su controversie che li vedono come parte in causa. Discorso simile può farsi per la Corte Penale Internazionale.

Come riferito nell‟introduzione al capitolo, gli Stati Uniti hanno partecipato alle trattative di Roma per la creazione della Corte, fino a giungere durante la presidenza Clinton, nel 2002, alla sottoscrizione dello Statuto.

Sennonché, con la successiva Amministrazione, quella del Presidente George W. Bush, tale firma è stata ritirata, cosa mai successa prima nel panorama internazionale.

A sostegno di tale scelta sono state addotte ragioni come l‟eccessiva ampiezza dei poteri assegnati alla Corte e al Procuratore116, tuttavia è difficile pensare che un ruolo decisivo ai fini di tale scelta non sia da attribuire anche al fatto che fra le prime denuncie arrivate alla Corte Penale Internazionale, vi sia stata proprio quella contro il Presidente Bush per la politica criminale posta in essere tramite l‟uso della “extraordinary rendition”117

.

116 Gerhard Werle, Diritto dei crimini internazionali, cit., p. 29. 117

Indica una pratica illegale di cattura, deportazione, torture e altre violenze fisiche poste in essere nei confronti di un gruppo di persone in maniera clandestina. Gli Stati Uniti d‟America ne hanno intensificato l‟uso soprattutto dopo gli attentati de l‟11 settembre 2001 ai fini della lotta al terrorismo, tanto che tali accuse sono state mosse di recente anche nei confronti dell‟Amministrazione Obama.

L‟accusa contro Bush è stata depositata da Francis A. Boyle presso la Procura della CPI, la quale è stata ritenuta competente, nonostante non possa esercitare la propria giurisdizione su stati non firmatari, in quanto la maggior parte di tali crimini sono stati commessi in stati parte dello Statuto (art. 12, St. CPI: ―1. Lo Stato che diviene parte del presente Statuto accetta con tale atto la competenza della Corte sui crimini di cui all'articolo 5. 2. Nell'ipotesi- preveduta dall'articolo 13, lettere a) o c) la Corte può esercitare il proprio potere giurisdizionale se uno dei seguenti Stati, o entrambi, sono Parti del presente Statuto o hanno accettato la competenza della Corte in conformità delle disposizioni del paragrafo 3: a) lo Stato nel cui territorio hanno avuto luogo l'atto o l'omissione in oggetto o, se il crimine é stato commesso a bordo di una nave o di un aeromobile, lo Stato della bandiera o di

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Come se non bastasse, gli USA hanno più volte provato a contrastare l‟operato della Corte, sia in quanto membro permanente del

Consiglio di Sicurezza ONU (e, quindi, attraverso l‟esercizio del potere di veto), sia concludendo accordi con paesi firmatari dello Statuto, i quali si impegnano a non denunciare né affidare alla Corte cittadini americani che abbiano commesso crimini che la stessa persegue, anche allorquando tali crimini siano stati commessi nel loro territorio118.

A conferma della forte indipendenza delle corti americane da ogni struttura sovranazionale e della loro internazionalizzazione, la Corte Suprema si è pronunciata, il 20 aprile 2016, sulla richiesta di

risarcimento dei parenti delle vittime di atti terroristici posti in essere dall‟Iran, materia, quella del terrorismo, sulla quale, come abbiamo visto, la Corte penale internazionale non esercita alcun controllo. La sentenza in questione è la Bank Markazi v. Peterson.

La possibilità per la Corte di obbligare uno stato straniero a risarcire vittime americane si fonda su un‟eccezione prevista per il Foreign

Sovereign Immunities Act del 1976, ossia dalla legge 28 U.S.C. §1605A la quale, appunto, nega l‟immunità a quegli stati che siano

finanziatori del terrorismo: ―(a) In General: (1) NO IMMUNITY.— A

foreign state shall not be immune from the jurisdiction of courts of the United States or of the States in any case not otherwise covered by this chapter in which money damages are sought against a foreign state for personal injury or death that was caused by an act of

torture, extrajudicial killing, aircraft sabotage, hostage taking, or the provision of material support or resources for such an act if such act or provision of material support or resources is engaged in by an

immatricolazione di tale nave o aeromobile; b) lo Stato del quale la persona accusata ha la nazionalità. 3. Se é necessaria, a norma delle disposizioni del paragrafo 2, l'accettazione di uno Stato non Parte del presente Statuto, tale Stato può, con dichiarazione depositata in Cancelleria, accettare la competenza della Corte sul crimine di cui trattasi. Lo Stato accettante Corte coopera con la Corte senza ritardo e senza eccezioni, in conformità al capitolo lX.‖).

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official, employee, or agent of such foreign state while acting within the scope of his or her office, employment, or agency.

(2) CLAIM HEARD.—The court shall hear a claim under this section if—(A)(i)(I) the foreign state was designated as a state sponsor of terrorism at the time the act described in paragraph (1) occurred, or was so designated as a result of such act, and, subject to subclause (II), either remains so designated when the claim is filed under this section or was so designated within the 6-month period before the claim is filed under this section;…‖119.

La causa ha origine nel 1983, quando dei kamikaze inviati dagli Hezbollah si sono fatti esplodere presso un accampamento americano in Beirut provocando centinaia di morti, e si è conclusa nel 2016 con l‟obbligo per la Bank Markazi, la Banca Centrale Iraniana (accusata, inoltre, di aver finanziato Hamas), di risarcire le vittime per un valore di 1,75 miliardi dollari120.

Possiamo quindi vedere come la giurisprudenza americana continui ad affermarsi anche fuori dai suoi confini.

Se nel paragone con le corti regionali esce vittoriosa grazie ad un più ampio spettro di diritti umani tutelabili sotto l‟ATCA, alla possibilità di adire subito le sue corti senza dover esperire i rimedi del proprio ordinamento con le relative tempistiche che questi comportano e al fatto che il risarcimento ottenibile è maggiore, a livello

internazionale è proprio la sua capacità di colmare anche gravi mancanze di tutela (come nel caso del terrorismo) che le permette, ancor oggi, di presentarsi come il foro più autorevole e ambito in cui i diritti umani possano trovare affermazione.

Ovviamente questo non sarebbe possibile senza l‟appoggio di una politica estera e monetaria che, sebbene non più come un tempo, si conferma tra le più forti al mondo e, soprattutto, ad un apparato

119

La cd. ―terrorism exception‖ che è stata appunto sollevata dagli attori.

120Bank Markazi v. Peterson U.S. Court No. 14-770 (U.S. April 2016), in

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istituzionale solido in grado, pur nell‟interesse proprio e dei propri cittadini, di modificare gli assetti internazionali tramite una

legislazione e una giurisprudenza sempre più globalizzate.

Il 28 settembre 2016, infatti, nonostante il veto posto del Presidente Obama, il Congresso degli Stato Uniti ha approvato il Justice Against

Sponsors of Terrorism Act (JASTA), il quale permette ai parenti

delle vittime dell‟11 settembre di citare in giudizio per risarcimento danni l‟Arabia Saudita che, fino ad oggi, continua a negare la propria responsabilità121.

Tale atto ha come conseguenza quella di far venire meno l‟immunità sovrana per quegli stati che si provi essere coinvolti in attacchi terroristici contro gli Stati Uniti d‟America.

Gli Stati Uniti, quindi, sempre più giudice unico a fronte di

istituzioni sempre più inermi e spettatrici della loro scarsa riuscita.

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La prima causa è stata proposta due giorni dopo l‟approvazione del JASTA, il 30 settembre, da Stephanie Ross De Simone moglie di un comandante della US Navy, Patrick Dunn, il quale ha perso la vita a seguito dell‟attacco al Pentagono. La causa si sta attualmente svolgendo innanzi alla corte di Washington DC..

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