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Capitolo II. L‟Alien Tort Claims Act e la tutela dei diritt

2. L‘applicazione della doctrine del forum non conveniens all‟Alien Tort

2.1. Il caso Wiwa v Royal Dutch Petroleum Co e il superamento de

superamento dei criteri fissati in Piper Aircraft: l‘interesse

internazionale

Il caso Wiwa v. Royal Dutch Petroleum Co.(2000) costituisce un fondamentale passo in avanti nella tutela dei diritti umani in relazione ai crimini operati dalle multinazionali.

La causa, presentata da tre attori nigeriani (tra cui una donna

identificata come Jane Doe), vede muovere accuse contro il governo nigeriano e contro la Royal Dutch Petroleum Company e la Shell Transport and Trading (multinazionali con sede rispettivamente in Olanda e in Inghilterra) , accusate di aver facilitato il primo, per mezzo di finanziamenti e di provviste di armi, nell‟organizzazione e nella realizzazione di crimini contro l‟umanità, gravi violazioni dei diritti umani, trattamenti inumani, crudeli e degradanti per sedare le rivolte promosse dalla popolazione contro gli impianti di petrolio (da notare che le due compagnie di cui sopra operano, in Nigeria, per mezzo dell‟affiliata Shell Petroleum Development Company of Nigeria, Ltd.).

In questo clima di repressione, inoltre, la Shell Nigeria si appropria di una porzione di territorio nel Delta del Niger facente capo al popolo degli Ogoni, senza alcun compenso verso la popolazione, e inizia la sua attività di estrazione causando un grave inquinamento dell‟aria e dell‟acqua.

Proprio quest‟ultimo avvenimento dà origine al Movimento per la

Sopravvivenza del Popolo Ogoni; il suo leader, Ken Saro-Wiwa, è

78

In re Union Carbide Corp. Gas Plant Disaster, 809 F.2d 195,202 (2d Circ.1987) in (www.casetext.com).

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stato imprigionato e torturato dalle forze militari nigeriane fino a quando, nel 1995, viene impiccato, insieme ad altri esponenti del movimento, a seguito di condanna emanata da un tribunale militare79.

La causa veniva introdotta nella corte distrettuale di New York ove, in effetti, nessuno dei due convenuti aveva particolari collegamenti commerciali o territoriali; lo stesso si può dire anche di una parte degli attori, tra cui il fratello di Ken Saro-Wiwa, Owens Wiwa, il quale, seppur residente negli Stati Uniti, non lo era a New York. I convenuti presentavano subito la richiesta di dismissal utilizzando sia l‟argomento della mancanza di giurisdizione personale del foro americano, sia quello del forum non conveniens che la corte distrettuale approva in favore dell‟Inghilterra e ne sottopone l‟operatività, al pari di In re Union Carbide Corp. Gas Disaster, a condizioni quali il rispetto di quanto successivamente deciso dalle corti inglesi.

L‟importanza di Wiwa si esplica durante l‟appello promosso dagli attori nel quale, per la prima volta, si ha un ribaltamento di quanto stabilito nella fase del trial.

Nel prendere la decisione la corte ha provveduto anche a delineare nuovi spunti di riflessione sul forum non conveniens, basandosi proprio sulle eccezioni mosse dal convenuto.

In primis, ha ripreso la giurisprudenza Piper Aircraft in base alla

quale la richiesta di giustizia mossa da un cittadino americano gode di maggior deferenza rispetto a quella di uno straniero.

A ben vedere qui l‟attore principale non è un cittadino americano, bensì solo un residente; tuttavia, come ha sottolineato la corte, la stessa deferenza utilizzata nei confronti di un cittadino deve esservi anche nei confronti di uno straniero residente, a maggior ragione quando vi è la seria possibilità che il rimando della trattazione in un

79 Wiwa v. Royal Dutch Petroleum Co. 226 F. 3d 88,92 ( 2d Cric. 2000), in

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altro foro, maggiormente affine al convenuto, gli rechi danni irreparabili80.

Il fatto poi che nel caso in questione l‟attore residente (Owens Wiwa) non sia residente a New York non ha importanza, in quanto la tutela accordata non obbliga il soggetto ad adire solo il tribunale del proprio distretto di residenza81.

In secondo luogo, continuando la sua disamina, la corte del Secondo Circuito contesta apertamente l‟analisi della doctrine effettuata in primo grado, affermando che la corte non aveva tenuto conto di tutti i fattori richiesti, in particolar modo dell‟interesse pubblico.

Ciò in quanto era mancata un‟adeguata considerazione dell‟interesse politico degli Stati Uniti nella decisione della causa, un interesse, per di più, di portata internazionale in quanto riscontrabile nella necessità avvertita dagli Stati Uniti di fornire un foro adeguato per le

violazioni degli standard imposti a livello internazionale per la tutela dei diritti umani: “the interest of the United States in furnishing a

forum to litigate claims of violations of the international standards of the law of human rights‖82

.

Abbiamo, quindi, l‟emersione dell‟interesse pubblico inteso come

interesse internazionale a cui la corte d‟appello giunge compiendo

una valutazione su un interesse politico della nazione come mai valutato prima da nessun‟altra corte.

Notiamo anche come, nell‟intraprendere questo nuovo cammino, la corte lasci da parte un altro aspetto fondamentale della

giurisprudenza Piper Aircraft che fino a questo momento aveva caratterizzato l‟esperienza americana della doctrine: il bilanciamento con l‟interesse privato.

80

Jhon F. Carella, Of Foreign Plaintiff and Proper Fora: Forum Non Conveniens and ATCA Class Action, in University of Chicago Legal Forum, Vol. 2003, p. 734.

81 Wiwa v. Royal Dutch Petroleum Co. 226 F. 3d 88,101 ( 2d Cric. 2000), in

(www.casetext.com).

82

Aaron Xavier Fellmeth, Wiwa v. Royal Dutch Petroleum Co.: A New Standard for the Enforcement of International Law in U.S. Courts?, in Yale Human Rights and Development Journal, 2014, Vol. 5, p. 247.

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La situazione che si viene a creare in riferimento ai diritti umani, quindi, è quella dell‟assoluta prevalenza dell‟interesse pubblico come interesse politico (potremmo dire quasi obbligo) affinché vi sia il rispetto da parte della comunità internazionale dei criteri dalla stessa posti per la tutela dei suoi individui.

Non è nuovo il richiamo al diritto internazionale, in quanto parte dello stesso federal law, come spiegazione e giustificazione dell‟ennesima imposizione internazionale da parte delle corti statunitensi, questa volta effettuato attraverso il TVPA: “the new

formulation of the Torture Victim Protection Act convey the message that torture committed under color of law of a foreign nation in violation of international law is our business, as such conduct not only violates the standards of international law but also as a consequence violates our domestic law‖83

.

Wiwa si sostanzia nella sempre più evidente affermazione che di sé

fa la giurisprudenza americana come giudice internazionale, come foro unico in grado di tutelare i diritti umani e di dar voce a chi difficilmente ne avrebbe altrove.

83 Wiwa v. Royal Dutch Petroleum Co. 226 F. 3d 88,106 ( 2d Cric. 2000), in

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2.2. La class action e i dubbi sulla doctrine del forum non

conveniens

La class action costituisce un altro elemento tipico dell‟esperienza americana attraverso la quale è possibile far aprire le porte dei tribunali a quelle cause che, per quanto meritevoli, non riuscirebbero ad entrarvi.

Questo perché molto spesso le cause che vi rientrano (principalmente a sfondo economico) prese singolarmente sarebbero troppo piccole sia per sostenere i costi di un processo, sia per suscitare un effettivo interesse da parte delle corti.

Per quanto riguarda i diritti umani, è stata proposta una tripartizione delle class actions che possiamo così schematizzare: (1) class actions contro i leader di regimi repressivi (cd. class actions under the

doctrine of commande responsability, tra le quali possiamo ricordare

il caso Karadzic); (2) class actions contro le multinazionali, soprattutto con riguardo ai loro comportamenti nei paesi in via di sviluppo; (3) class actions per i torti subiti in una determinata fase storica, tra cui ovviamente rientrano quelle riguardanti i crimini commessi durante la Seconda Guerra Mondiale84.

La class action è disciplinata, nel sistema americano, dalla Rule 23 del Federal Rules of Civil Procedure.

Esattamente come per l‟ATCA, la giurisprudenza Piper Aircraft ha stabilito che la mancanza di rimedi equiparabili alla class action non è di per sé idonea a far considerare quel foro come inadeguato e quindi a rifiutare un‟applicazione del forum non conveniens85

. Chi aderisce a tale impostazione tende a considerare la class action come mero strumento processuale.

84

Beth Van Schaack, Unfulfilled Promise: The Human Rights Class Action, in University of Chicago Legal Forum, Vol. 2003, p. 282.

85 Jhon F. Carella, Of Foreign Plaintiff and Proper Fora: Forum Non Conveniens

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Al contrario, vi è chi ritiene che la class action rientri nel diritto sostanziale basandosi soprattutto su quanto affermato dalla Rule 23 (b)(1)(B), ossia sul fatto che una class action vada sempre mantenuta quando si corre il rischio che, separando le cause, i suoi promotori non riescano a tutelare i propri interessi in egual misura: “a class

action may be manteined if… (B) adjudications with respect to individual class members that, as a practical matter, would be dispositive of the interests of the other members not parties to the individual adjudications or would substantially impair or impede their ability to protect their interests‖.

In una situazione del genere, infatti, come osservato dalla stessa Corte suprema, accordare il dismissal sulla base del forum non

conveniens lascerebbe i singoli attori privi della possibilità non solo

di adire il foro che ritengono più opportuno, ma anche di trovare rimedi altrove, il che sarebbe in contrasto anche con quanto affermato dalla giurisprudenza Wiwa e quindi alla necessità di garantire un foro per le controversie riguardanti i diritti umani alla luce del nuovo interesse internazionale86.

Proprio questa considerazione ha condotto, da una parte, a

considerare il forum non conveniens come un mezzo per ridistribuire tra le nazioni il carico delle controversie sui diritti umani, in quanto non compete ai soli Stati Uniti di adempiere agli obblighi

internazionali, bensì a tutti i membri della comunità; dall‟altra, tuttavia, ha fatto sorgere dubbi sulla stessa validità della doctrine che verrebbe ad essere (o dovrebbe essere) inapplicabile a tale tipologia di controversie.

A sostegno di tale ultima ipotesi vengono solitamente riportati tre argomenti: (1) il forum non conveniens è in contrasto con il

linguaggio dell‟ATCA e del TVPA; (2) l‟applicazione della doctrine ai diritti umani svuota di significato lo stesso ATCA: (3) l‟interesse

86 Jhon F. Carella, Of Foreign Plaintiff and Proper Fora: Forum Non Conveniens

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alla causa degli Stati Uniti in suddette controversie giustifica, per sé solo, l‟abolizione del forum non conveniens87

.

In realtà, tutte e tre le motivazioni a favore dell‟abolizione della

doctrine nell‟ambito dei diritti umani, sono facilmente superabili

come abbiamo già potuto notare con il caso Wiwa. La corte del Secondo Circuito ha, infatti, avuto modo di

puntualizzare che se bastasse affermare che una controversia non rientra negli interessi degli Stati Uniti per ottenere il dismissal, ben poco potrebbe essere fatto per rafforzare il diritto internazionale e la sua osservanza: ―If in case of torture in violation of international law

our coourts exercise their jurisdiction conferred by the 1789 Act only for as long as it takes to dismiss the case of forum non conveniens, we will have done little to enforce the standards of the law of nations.

This is not to suggest that the TVPA has nullified, or even

significantly diminished, the doctrine of forum non conveniens. The statute has, however, communicated a policy that such suits should not be facilely dismissed on the assumption that the ostensibly foreign controversy is not our business. The TVPA in our view expresses a policy favoring our courts‘ exercise of the jurisdiction conferred by the ATCA in cases of torture unless the defendant has fully met the burden of showing the the Gilbert factors tilt strongly in favor of trial in the foreign forum‖88

.

Con riguardo, invece, al secondo punto è la stessa applicazione pratica a smentire quanto detto89.

Questo perché il forum non conveniens non può essere generalizzato, ma richiede un‟analisi specifica caso per caso, che parta dalla

valutazione dell‟esistenza di un foro adeguato ed alternativo rispetto

87 Aric K. Short, Is the Alien Tort Statute Sacrosant—Retaining Forum Non

Conveniens in Human Rights Litigation,cit., p. 1027.

88

Wiwa v. Royal Dutch Petroleum Co. 226 F. 3d 88,106 ( 2d Cric. 2000), in (www.casetext.com).

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a quello americano, fino alla valutazione degli interessi di tutti le parti in gioco.

Ed è proprio con riferimento all‟analisi degli interessi in gioco che abbiamo visto come la giurisprudenza Wiwa venga a giocare a favore dell‟ATCA, grazie all‟introduzione dell‟interesse internazionale e quindi di un elemento totalmente sganciato dalle mere logiche delle nazioni ma, comunque, riconducibile a ciascuna di esse, così da lasciare in ogni caso aperta la possibilità del dismissal in favore di un altro foro che riesca a garantire gli standard imposti dalla e alla comunità internazionale.

Anche in riferimento al terzo argomento portato contro la doctrine, è l‟interesse internazionale a svelarne l‟irrisorietà; come detto sopra, nelle controversie inerenti ai diritti umani non si fa più riferimento al solo interesse pubblico così come individuato in Gilbert o Piper e, quindi, un interesse legato intimamente con il foro prescelto, ma, al contrario, diventa preminente un interesse che risponde all‟esigenza di adempiere agli obblighi internazionali e quindi non idoneo, preso singolarmente, a giustificare il dismissal.

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Capitolo III

I diritti umani e le corti regionali: la Corte Africana dei

diritti dell’uomo e dei popoli e la Corte Interamericana

dei Diritti Umani; la continua preminenza del foro

americano.

Introduzione

Ai fini di valutare al meglio la rilevanza acquisita a livello

internazionale da parte della giurisprudenza americana, può tornare utile un raffronto con le altre realtà regionali.

Come noto, infatti, sia l‟Unione europea sia l‟Organizzazione degli Stati Americani ( OAS ) hanno provveduto alla creazione di appositi organi giurisdizionali volti alla tutela dei diritti umani.

Tuttavia, una panoramica completa dei rimedi approntati dagli Stati per suddetta tutela non può prescindere dall‟analisi della Corte Penale Internazionale.

I lavori per la creazione di una corte sovranazionale e permanente di repressione dei crimini commessi da singoli individui, ha inizio fin dal 1948, quando l‟assemblea generale dell‟ONU affidò alla Commissione per il diritto internazionale il compito di studiare la convenienza e la possibilità di una sua instaurazione.

Solo nel 1998, tuttavia, ha luogo un Conferenza convocata dalle Nazioni Unite a Roma; fin da subito abbiamo la formazione di due gruppi contrapposti: da un lato Australia, Canada e Germania, favorevoli alla creazione di una corte forte ed indipendente da qualsiasi altra realtà; dall‟altra abbiamo, invece, Stati Uniti, India e Cina che, con l‟evidente scopo di non vedere menomata la propria sovranità, propendono per una corte maggiormente dipendente dalle Nazioni Unite, permanente sì, ma adoperabile solo in caso di

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effettivo bisogno e richiesta da parte dell‟Organizzazione e, nello specifico, del Consiglio di sicurezza che vi delega materie su cui non potrebbe altrimenti decidere90.

Con ciò non si vuol intendere che la Corte sia un organo delle NU, a differenza di quanto avvenuto in passato per altre corti, quali quella di Norimberga e di Tokyo, ad essa prodromiche.

Il 7 luglio 1998, viene emanato lo Statuto di Roma della Corte

Penale Internazionale, il quale entra in vigore solo nel 2002, una

volta raggiunto il numero di ratifiche necessarie.

Grandi assenti nel panorama dei firmatari risultano essere, fra gli altri, gli Stati Uniti d‟America e la Cina.

La Corte ha sede all‟Aja (Paesi Bassi), e la sua composizione è disciplinata agli articoli 34-52, Capitolo IV, dello Statuto.

Il numero dei giudici è fissato in 18 e gli organi della Corte, in base all‟art. 34, sono: la Presidenza; la Sezione degli appelli, la Sezione di primo grado e la Sezione preliminare; l‟Ufficio del Procuratore; la Cancelleria.

Il Presidente è eletto a maggioranza dei giudici e dura in carica tre anni; al suo ufficio spettano i compiti di una corretta

amministrazione della Corte e le altre funzioni stabilite dallo Statuto (art. 38).

Le Sezioni corrispondono all‟organizzazione interna dei giudici e del carico di lavoro della Corte; è possibile, infatti, la creazione di più sezioni preliminari o di primo grado e il relativo spostamento dei giudici, ad eccezione dei giudici applicati alla Sezione degli appelli che possono sedere solo in questa (art. 39).

Con riguardo all‟Ufficio di Cancelleria, questo è responsabile del corretto funzionamento della Corte e di tutti gli aspetti amministrativi che non siano di carattere giudiziale; anche il Cancelliere è nominato

90 Gerhard Werle, Diritto dei crimini internazionali, Bononia University Press,

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a maggioranza assoluta dei giudici e svolge le sue funzioni sotto il controllo e la direzione del Presidente (art. 43).

Infine, come detto, vi è l‟Ufficio del Procuratore.

Questo è disciplinato all‟articolo 42 dello Statuto ove è stabilita la sua indipendenza rispetto ai restanti uffici della Corte; vi si legge: “Esso è incaricato di ricevere le comunicazioni ed ogni informazione

debitamente valutata relativa ai reati di competenza della Corte, di esaminarle, di condurre le inchieste e di sostenere l'accusa dinanzi alla Corte. I membri di questo Ufficio non sollecitano né agiscono su istruzioni provenienti da fonti esterne‖ (art. 42, 1° comma, St. CPI).

L‟ufficio della pubblica accusa è retto dal Procuratore, il quale è eletto a scrutinio segreto dall‟Assemblea generale degli Stati parte. Intorno alla figura del Procuratore si è avuta, in sede di negoziati, una lunga diatriba che ha visto comunque l‟affermarsi, sebbene in maniera parziale, della posizione del primo gruppo di stati visto sopra: infatti, onde evitare una massiccia influenza delle Nazioni Unite all‟interno della Corte, la legittimazione ad iniziare le indagini spetta, oltre che al Consiglio di Sicurezza e agli Stati parte, al

Procuratore stesso (articoli 53-54, Capitolo V, St. CPI)91.

Come affermato nel preambolo dello Statuto, intento della Corte è quello di perseguire i crimini che “minacciano la pace, la sicurezza

ed il benessere del mondo‖.

È evidente il richiamo a quanto già affermato dalla Carta delle Nazioni Unite ma, in tale occasione, il concetto di pace assume una portata più ampia, andando non solo a ricomprendere scontri militari fra più Stati, ma anche situazioni di persistente e continua violazione dei diritti umani perpetrati all‟interno di un singolo Stato.

Vediamo, dunque, come sia l‟aggressione ai fondamentali interessi della comunità internazionale a rendere il reato un crimine di diritto internazionale.

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Grazie all‟esperienza maturata fin dai Tribunali di Norimberga e Tokyo, ma anche con le corti per il Ruanda e la Yugoslavia, si è giunti a classificare, all‟articolo 5 dello Statuto92

, i crimini

internazionali in quattro tipologie perseguibili dalla Corte, detti core

crimes: crimini di guerra, crimini contro l‟umanità, genocidio e

crimini contro la pace (all‟interno di quest‟ultimi si ritrova il crimine di aggressione).

Il nesso tra questi crimini e la tutela degli interessi internazionali elencati sopra è dato dall‟elemento internazionalistico che consiste nel contesto di sistematico o massivo uso della violenza di cui è responsabile un‟entità collettiva che si incarna solitamente in uno stato.

Ciascuna fattispecie di core crimes è connotata da un particolare contesto di violenza: per i crimini contro l‟umanità, questo è

riscontrabile in un esteso e sistematico attacco alla popolazione civile che possa portare a collegare una serie di singoli atti criminali; per il genocidio il contesto di violenza si ha nel totale o parziale sterminio di un gruppo etnico, nazionale, religioso o razziale tutelato, condotto dall‟autore in base ad una sua rappresentazione soggettiva; nei crimini di guerra si concreta nel conflitto armato all‟interno del quale devono porsi gli atti criminosi; infine, nei crimini contro la pace il contesto di violenza organizzata si manifesta come uso della violenza organizzata in quanto tale e, proprio per questo, il crimine

92

Statuto CPI, articolo 5: “1. La competenza della Corte é limitata ai crimini più gravi, motivo di allarme per l'intera comunità internazionale. La Corte ha competenze, in forza del presente Statuto, per i crimini seguenti: a) crimine di genocidio; b) crimini contro l'umanità; c) crimini di guerra; d) crimine di

aggressione. 2. La Corte eserciterà il proprio potere giurisdizionale sul crimine di aggressione successivamente all'adozione, in conformità agli articoli 121 e 123, della disposizione che definirà tale crimine e stabilirà le condizioni alle quali la Corte potrà esercitare il proprio potere giurisdizionale su tale crimine. Tale norma dovrà essere compatibile con le disposizioni in materia della Carta delle Nazioni Unite.‖