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Il confronto tra partner e la pratica di mutual learning

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3. C ARATTERISTICHE , CRITICITÀ E NUOVE PROSPETTIVE PER LA PROGETTAZIONE EUROPEA : UN ’ ANALISI QUALITATIVA

3.4 Il confronto tra partner e la pratica di mutual learning

In considerazione del fatto che i progetti sono realizzati e condotti sempre in modo collaborativo e partecipato da parte dei diversi membri dei consorzi o dei comitati, si è deciso di approfondire il tema chiedendo quale significato avesse questa dimensione di cooperazione.

Per quanto riguarda STAGES e TRIGGER, la comunicazione tra partner progettuali e attori dei sister projects finanziati dal Settimo programma quadro è fondamentale; l’idea della Commissione europea è proprio quella di incentivare una collaborazione tra istituti di ricerca, affinché essi possano imparare da chi è più avanti di loro e risolvere così determinati problemi che magari anche altri hanno dovuto affrontare; la realizzazione della dinamica di cambiamento è difficile da comprendere prima della realizzazione del progetto e la pratica del mutual learning è fondamentale soprattutto per quanto riguarda l’analisi delle resistenze che si troveranno in fase di implementazione. Inoltre le riunioni e i brainstorming tra esperti provenienti da mondi così diversi aiutano a interpretare il problema a trecentosessanta gradi e a trovare quindi con maggiore efficacia le relative soluzioni.

Per STAGES e TRIGGER l’esperienza di mutual learning tra membri del consorzio e tra progetti gemelli è molto importante proprio perché, siccome i bandi del Settimo programma quadro sono tutti uguali e tutti stiamo facendo più o meno le stesse cose anche se in contesti diversi, capire da chi è più avanti di te o da chi ha avuto problemi prima di te come risolverli e quindi come interpretare la dinamica di cambiamento, così difficile da concepire prima della realizzazione del progetto, quando non sai che resistenze troverai, è importantissima. Per quanto riguarda l’analisi delle resistenze il mutual learning è fondamentale (Di Nardo, Falcomatà; DPO).

Quando i partner collaborano positivamente, le pratiche di mutual

learning funzionano (…) [Questa pratica] è stata utile per

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situazioni (…). Lì per lì, ciascun partner si è potuto ispirare a quello che facevano gli altri (Declich; ASDO).

Certo è che comunque a volte tra gli istituti di ricerca ci sono variabili che possono rivelarsi molto importanti, in termini di grandezza dell’istituto, di approccio e filosofia di lavoro, di disponibilità monetaria; e ciononostante, se un partner è in grado di presentare la propria esperienza attraverso una buona pratica di benchmarking, spiegando cosa l’ha resa di successo, allora gli altri partner non avranno difficoltà a comprendere quali condizioni possono rispettare, gli elementi che dovranno invece riadattare e così via.

Tra gli istituti di ricerca ci sono ovviamente variabili di ricerca che possono essere molto importanti (…) ma alla fine, se tu sei in grado di presentare quella che è stata la tua esperienza e quelli cose l’hanno resa un’esperienza di successo, poi gli altri sono in grado di comprendere quali condizioni possono rispettare o come possono cambiare determinati elementi e così via (Declich; ASDO).

Non mancano comunque voci critiche, che pensano che le semplici buone pratiche offrano una visione riduttiva di scambio; il mutual learning dà sì la possibilità di presentare le problematiche riscontrate e gli strumenti utilizzati, ma il suo apporto si limita comunque ai termini di suggestione e di spunti, perché le istituzioni sono diverse tra loro e attivano meccanismi e tempistiche specifiche che difficilmente potranno essere riproposte altrove, soprattutto in considerazione dei vincoli contrattualistici troppo rigidi cui si deve sottostare. Ad ogni modo, lo scambio con altri soggetti non perde la sua validità; in una prospettiva politica è sempre importante costruire una rete solida di persone che lavorano in un certo modo e che condividono una linea d’azione comune.

Io non credo alle buone pratiche (…), sono utili soprattutto per capire quali sono stati i processi e i meccanismi che sono stati messi in campo ma non la struttura. La buona pratica mi serve per capire quali sono le risorse, come sono state attivate e quale

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risultato hanno prodotto, ma non il percorso compiuto (…). Le istituzioni, in particolare di ricerca, sono profondamente diverse da Paese a Paese, ma anche all’interno dello stesso Paese. I meccanismi che un’istituzione può attivare sono profondamente diversi dai nostri, i tempi che possono seguire sono diversi dai nostri. Per me lo scambio è utile in termini di suggestioni (…) anche per avere degli spunti (…), ma non in termini riduttivi come lo scambio di buone pratiche (…). Anche lo scambio con altri soggetti (…) io lo considero in una prospettiva più politica, nel senso che ritengo sia importante costruire una rete solida di persone che lavorano in un certo modo e che condividono una linea d’azione comune (Cervia; UNIPI).

In FIVE MEN la collaborazione tra partner progettuali ha invece avuto un diverso significato. Il processo di incontro e di scontro, in senso positivo, ha permesso di confrontare una pluralità di punti di vista; uno stesso concetto, la tolleranza zero verso la violenza sulle donne, si può declinare in molti modi, attraverso le esperienze e le prospettive del mondo istituzionale e di quello associazionistico. Il valore aggiunto è stato quello di riuscire a condensare e sintetizzare molte opinioni in un unico ed efficiente messaggio.

(…) si è trattato piuttosto di capire come uno stesso concetto, uno stesso messaggio che tutti avevamo in testa, poteva diventare il messaggio con la M maiuscola a seguito di un brainstorming che ha coinvolto un soggetto istituzionale, chi si occupava prettamente di comunicazione e quindi non sapeva niente di pari opportunità, chi invece di violenza ne parla tutti i giorni sul campo come D.i.Re e chi invece aveva quell’approccio che nessuno di noi poteva immaginare, Maschile Plurale, quell’approccio di come si parla agli uomini, cosa vogliono sentirsi dire gli uomini e cosa vogliono dire gli uomini (Di Nardo, Falcomatà; DPO).

La collaborazione tra le associazioni D.i.Re e Maschile Plurale ha consolidato la loro relazione sul piano nazionale, là dove prima il rapporto si era sempre limitato al livello locale, cioè tra il centro antiviolenza di una data città e il gruppo di uomini del posto. Inoltre l’esperienza di FIVE MEN ha

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anche rafforzato la collaborazione con il DPO, invertendo le consuete relazioni in qualche modo gerarchizzate e di conseguenza arricchendo i rapporti, aiutando a condividere linguaggi e fiducia e generando nuove idee progettuali per il futuro.

In genere i rapporti tra le associazioni e il Dipartimento sono basati su una distinzione di ruoli; il DPO è erogatore di finanziamenti o promotore di norme che le associazioni seguono. In questo caso si è invertita un po’ la relazione, nel senso che il DPO è stato partner con le associazioni in cui il finanziatore era invece la Commissione europea. E questo ha portato i funzionari del Dipartimento ad avere un ruolo molto diverso. Il funzionario solitamente è abituato a svolgere un ruolo di valutazione e di verifica delle attività del progetto, stando alla sua posizione istituzionale, mentre questa volta si è messo in gioco andando anche a discutere nelle scuole con gli studenti o condividendo i contenuti nella fase di elaborazione (Ciccone; MP).