dato che la perdita di massa avviene dalle regioni superciali, questo determina anche una diminuzione delle abbondanze superciali degli elementi leggeri, in particolare del Li.
Le stelle con Tef f ∼ 6800 K sarebbero quelle in cui questo fenomeno è particolarmente
eciente, e quindi causa la deplezione superciale maggiore.
Nei lavori citati viene ssato anche un limite del rate di perdita di massa di queste stelle, che vale circa 10−10M
¯/anno, circa 103÷104 volte maggiore della perdita di massa
del Sole ad esempio.
1.8 Confronto tra le varie classi di modelli teorici.
I modelli descritti nei paragra precedenti riescono in parte a riprodurre le abbondanzedi 7Li osservate negli ammassi aperti. Come ho discusso in genere si distinguono in
due classi: modelli standard, in cui le stelle sono approssimate come strutture sferiche non rotanti in cui i campi magnetici sono trascurati, e modelli non standard, che invece includono alcuni dei meccanismi sici trascurati nei modelli standard. In particolare nei paragra precedenti tra i modelli non standard ho discusso quelli con inclusione di rotazione. Riassumiamo brevemente le principali caratteristiche dei modelli standard e di quelli con rotazione, in particolare i risultati per le previsioni sulle abbondanze superciali di litio.
Per quanto riguarda gli ammassi giovani, sia i modelli standard che quelli con rotazio- ne riescono a riprodurre in modo soddisfaciente le osservazioni; questo sembra indicare che per le stelle giovani (età inferiori a circa 200 Myr) la deplezione sia dovuta essen- zialmente alla combustione del litio nella fase di pre-sequenza quando le stelle hanno inviluppi convettivi molto estesi. L'estensione della zona convettiva sembra essere, co- me mostrerò anche nell'ultimo capitolo, il principale meccanismo di deplezione attivo in PMS. Il disaccordo teoria-osservazione si ha per ammassi con età superiore a circa
250 ÷ 300 Myr, cioè per stelle che osservativamente sembrano indicare una deplezione
del litio in sequenza principale, indicato sia dalla formazione del dip per le stelle calde, sia dalla minore abbondanza di litio superciale anche nelle stelle più fredde.
Nel caso di modelli standard la deplezione in MS è dovuta essenzialmente alla dif- fusione, quindi a un processo lento e poco eciente, visto che a parte le stelle meno massicce la convezione non riesce ad interessare regioni sucientemente calde da rende- re eciente la combustione del litio. La particolare forma del dip può essere spiegata all'interno della teoria standard attraverso la diusione/levitazione radiativa. Il vantag- gio dei modelli standard risiede nel fatto di non dover assumere parametri liberi oltre all'ecienza della convezione superciale. Tuttavia tali modelli presentano delle proble- matiche, in primo luogo prevedono una rapida discesa delle abbondanze superciali per
stelle con temperature superciali superiori a quelle del lato caldo del dip (Tef f > 7200
K), contrariamente a quanto osservato, in secondo luogo la diusione non è suciente a gusticare la deplezione del litio osservata negli ammassi di età intermedia e antica per le stelle più fredde di quelle del dip. Come discuterò nei prossimi capitoli, la diusione è
un processo che sembra essere troppo poco eciente per riprodurre le osservazioni. Un ulteriore problema sembra essere la dispersione del litio: nei modelli standard ssata la composizione chimica e l'età, l'abbondanza superciale dipende solamente dalla massa. La presenza di stelle con la stessa composizione chimica, età e temperatura ecace, ma abbondanza di litio diversa sembra invece contraddire questa ipotesi. Per questo motivo la dispersione è di dicile interpretazione nei modelli standard.
Per quanto riguarda i modelli con rotazione, la forma del dip viene spiegata attraverso la particolare estensione delle zone convettive negli interni stellari dovute ai mescolamen- ti indotti dalla rotazione. Questi modelli sembrano essere in grado anche di riprodurre la corretta evoluzione temporale della deplezione per stelle più fredde, e assumendo una distribuzione di velocità di rotazioni iniziali in stelle con la stessa massa (composizione chimica e età), riescono anche a giusticare la presenza della dispersione. Tuttavia è necessario notare alcuni punti importanti. Per prima cosa i modelli con rotazione si basano su dei parametri liberi (velocità di rotazione, trasporto di momento angolare) che non possono essere ricavati dalle osservazioni, oltre poi all'ecienza della convezione superciale. Tali parametri vengono aggiustati in modo da riprodurre al meglio le ab- bondanze osservate; nonostante ciò i modelli non sono comunque in grado di riprodurre simultaneamente le osservazioni per le stelle del dip e le stelle più fredde, mostrando che anche i modelli con rotazione non sono sucienti a giusticare in modo soddisfaciente le osservazioni. Inoltre va osservato che in genere i modelli standard sono in ottimo accordo con le caratteristiche superciali delle stelle, riuscendo a riprodurre con ottima precisione i diagrammi colore-magnitudine degli ammassi osservati, e che in genere la velocità di rotazione delle stelle, almeno per i rotatori lenti, dovrebbe essere un eetto secondario.
Secondo alcuni autori in futuro dovrebbe essere possibile discriminare osservativa- mente le diverse previsioni dei modelli standard da quelli con rotazione: il metodo di analisi è noto come metodo delle sub-giganti (vedere ad esempio Deliyannis et al. (2000)), e si basa sulla possibilità di osservare le abbondanze di litio superciale in quelle stel- le del dip che escono dalla sequenza principale, e in particolare nelle fasi precedenti al
primo dredge-up15. Nella fase di sub-gigante infatti l'atmosfera si espande e raredda, e
questo favorisce una maggiore estensione degli inviluppi convettivi, che quindi possono aondare maggiormente nella struttura stellare no a quelle regioni che in MS non erano interessate dalla convezione, e mescolare la materia superciale con quella più interna. Ogni meccanismo proposto (diusione, rotazione, perdita di massa) crea un particolare andamento delle abbondanze degli elementi all'interno della stella in MS, per cui, in linea di principio, andando ad osservare stelle di diversa temperatura ecace, cioè inviluppi convettivi più o meno profondi, si può ricostruire il prolo dell'abbondanza di Li all'in- terno della struttura, e per questo identicare le particolari indicazioni dei processi che causano la deplezione.
La diusione tende a concentrare il Li in una regione di accumulo, intermedia tra le zone più interne dove viene distrutto e le regioni esterne dove diminuisce; quindi nella struttura stellare si ha un massimo nell'abbondanza di Li in una particolare regione. In
1.8 Confronto tra le varie classi di modelli teorici. 37 sub-gigante la convezione aonda, e al diminuire della temperatura ecace, cioè della
massa della stella, aonda maggiormente, quindi si dovrebbe avere una crescita di ALi
no a quando la convezione non oltrepassa la zona di accumulo, mentre per stelle ancora più fredde, l'abbondanza superciale decresce rapidamente con la temperatura. Nel caso di modelli con rotazione invece non esiste la zona di accumulo visto che la deplezione superciale avviene principalmente per eetto dei mescolamenti di materia; in questo caso quindi l'abbondanza di litio nelle sub-giganti dovrebbe diminuire costantemente con la temperatura ecace della stella. Un andamento analogo si ha nel caso di perdita di massa, dove il litio viene preservato solo in un sottile strato superciale; quando la stella in sub-gigante estende gli inviluppi convettivi, la deplezione superciale diventa molto eciente. Dai modelli si prevede una rapida diminuzione del Li al diminuire della massa, molto più pronunciata che nel caso descritto dai modelli con rotazione.
Attualmente in letteratura sono poche (purtroppo) le osservazioni di Li corrispon- denti a stelle nella fase di sub-gigante con progenitori nel dip per ammassi aperti; solo nel caso degli ammassi più popolati infatti si ha a disposizione un campione di stelle signicativo in sub-gigante, come ad esempio M67, che però è problematico a causa della forte dispersione presente. Dalle poche osservazioni sembrerebbe emergere comunque che i modelli privi di rotazione prevedono valori di Li superciale per queste stelle troppo grandi rispetto a quanto osservato, mentre l'accordo migliora nel caso di modelli con ro- tazione, anche se in questo caso come ho discusso è necessario calibrare il valore di alcuni parametri liberi nei modelli per ottenere accordo on le osservazioni. Tuttavia la scarsezza di dati e le grandi incertezze osservative rendono dicile un confronto signicativo.
Capitolo 2
Codice evolutivo FRANEC:
aggiornamenti e confronti.
I modelli calcolati in questo lavoro sono stati ottenuti utilizzando il codice evolutivo franec (Frascati RAphson Newton Evolutionary Code); in questo capitolo verrà data una breve descrizione dei principali input sici utilizzati, e degli aggiornamenti relativi alle tabelle di equazione di stato (eos) da me eettuati. Per una descrizione più dettagliata del codice evolutivo, vedere ad esempio Chie & Straniero (1989) e Degl'Innocenti et al. (2007).
2.1 Equazioni di una struttura stellare.
Per costruire i modelli numerici, faremo l'ipotesi plausibile per la gran parte delle struttu- re stellari di corpi autogravitanti a simmetria sferica con velocità di rotazione trascurabili, in assenza di campi magnetici signicativi. Le approssimazioni di strutture sferiche con velocità di rotazione basse sono ben vericate almeno nell'intervallo di masse che tratte-
remo in questo lavoro (0.6 ÷ 1.4 M¯), dal momento che i rotatori veloci sembrano essere
principalmente stelle massicce di temperature ecaci elevate. Dato che viene utilizza- ta la simmetria sferica, ciascun punto della stella è univocamente identicato dalla sua coordinata radiale r.
Come già detto, le stelle sono strutture gassose autogravitanti, in condizioni quasi stazionarie. Le equazioni base per avere una struttura in equilibrio possono essere ri-
cavate facilmente1: intanto la stella deve essere in equilibrio idrostatico, cioè la forza
gravitazionale che spinge la struttura ad un collasso, deve essere bilanciata dalla forza dovuta alla pressione del gas, che si oppone alla contrazione.
L'equazione che garantisce l'equilibrio idrostatico è, dP
dr = −
GM(r)ρ(r)
r2 (2.1)
1Per le equazioni che deniscono la struttura stellare vedere ad esempio Castellani (1985), oppure Cox & Giuli (1968).
dove M(r) è la massa contenuta dentro la sfera di raggio r, e ρ(r) è la densità. Una ulteriore equazione si ottiene direttamente dalla relazione che lega tra loro massa raggio e densità valida per un sistema a simmetria sferica,
dM
dr = 4πρ(r)r
2 (2.2)
La stella poi deve essere anche in equilibrio termico: la perdita di energia dovuta al- l'irraggiamento deve essere controbilanciata da una sorgente interna per garantire il bilancio energetico. Più in dettaglio, in ciascun punto della stella deve valere l'equazione di continuità per il usso di energia;
dL
dr = 4πε(r)ρ(r)r
2 (2.3)
In altre parole il usso energetico che esce da un dato guscio sferico a distanza r dal centro della stella è uguale a quello che entra sommato all'energia eventualmente prodotta nel guscio stesso. L'ecienza dei meccanismi di produzione di energia può dipendere da diversi contributi, e cioè dalle reazioni di fusione nucleare (la principale fonte di energia di
una stella durante la sua evoluzione) εnuc, da energia rilasciata/assorbita per contrazione
o espansione gavitazionale εgra, o energia persa per eetto della produzione di neutrini
εneu, che, data la loro bassa sezione d'urto con la materia sfuggono dalle regioni interne
portando via una frazione dell'energia. Quindi la produzione di energia totale è la somma dei vari processi ε = εnuc+ εgra− εneu.
L'energia prodotta deve poi essere trasportata attraverso la struttura della stella: il meccanismo, o meglio i meccanismi che determinano il trasporto energetico, deniscono una ulteriore equazione, che può essere espressa come una relazione che lega il gradiente della temperatura che si instaura nella struttura al usso di energia da trasportare.
dT
dr = f (κ, L, T ρ, r) (2.4)
In questa espressione generale ho introdotto la quantità κ denita opacità della materia, che rappresenta l'ecienza per unità di massa e mediata sulla distribuzione in frequenza dei fotoni dei processi di interazione fotone-materia che tolgono energia al usso di fotoni uscente isotropizzandolo: l'opacità è legata al cammino libero medio dei fotoni (λ) nel plasma stellare dalla seguente relazione;
κ = 1
ρλ (2.5)
Nel caso in cui il usso di energia sia trasportato esclusivamente dai fotoni, l'espressione (2.4) assume la forma:
dT
dr = −
3κradρL
16πacr2T3 (2.6)
dove a = 4σSB/c, c è la velocità della luce, e σSB è la costante di Stefan-Boltzmann che
2.2 Opacità. 41