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Le conseguenze della decisione della Cassazione del 2007 in

2. I risvolti processuali delle diverse impostazioni in ordine alla

2.5. Le conseguenze della decisione della Cassazione del 2007 in

La nuova linea di pensiero dei Giudici di legittimità non mancò di animare un vivo dibattito in dottrina, in quanto si era in presenza della affermazione di un modello di tutela che, basandosi sulla riedizione dello sdoppiamento dei plessi giurisdizionali, si mostrava poco conforme allo schema del “giusto processo” come delineato dagli articoli 24, 103, 111 e 113 della Costituzione, sia in punto di effettività della tutela giurisdizionale del cittadino, sia in punto di ragionevolezza e contenimento della durata dei processi, dilatata per il contraente illegittimamente escluso, il quale poteva ricevere pieno riconoscimento delle sue prerogative ottenendo prima l'annullamento dell'atto viziato della procedura pubblicistica da parte del giudice amministrativo e poi l'annullamento o la declaratoria di inefficacia o di nullità (a seconda della tesi adottata) con l'instaurazione di un autonomo giudizio di fronte al giudice ordinario. Risultava a tal proposito dotata di particolare forza icastica l’affermazione, che in dottrina fu formulata in un saggio di commento alla sentenza n. 27169 del 2007 della Corte di Cassazione, secondo cui “la soluzione delle Sezioni Unite non persuade”49.

Lo sdoppiamento dell’organo giudicante che doveva essere adito

49 TARULLO S., La giurisdizione sulla sorte del contratto a seguito

dell’annullamento dell’aggiudicazione: la soluzione delle Sezioni Unite non persuade, in Giustizia amministrativa, 2007.

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per poter arrivare al superamento del contratto nato da procedura viziata rischiava nel contesto sopra descritto di frustrare l'esigenza di garantire la piena ed effettiva tutela del concorrente illegittimamente escluso. Una volta ottenuto l'annullamento dell'atto amministrativo, infatti, egli avrebbe visto nelle more del giudizio avviato presso il giudice ordinario per ottenere il travolgimento del contratto accrescersi il danno cagionato dal permanere in vita del negozio, e consistente nella perdita economica dovuta al mancato conseguimento dell'appalto. L'esecuzione del contratto pubblico concluso con l'aggiudicatario illegittimo sarebbe infatti proseguita durante lo svolgimento del processo civile, senza possibilità per il concorrente illegittimamente escluso di opporsi prima della statuizione del giudice ordinario.

Giurisprudenza amministrativa e dottrina tentarono quindi di configurare nuove vie attraverso cui il giudice amministrativo adito per l'annullamento dell'aggiudicazione potesse arrivare a conoscere almeno in via incidentale sul mantenimento o meno dell'assetto negoziale, onde “delimitare l'ambito di rilevanza della pronuncia delle Sezioni Unite”50 e garantire una piena tutela giurisdizionale al concorrente

illegittimamente escluso. La sentenza della Cassazione del 2007 precludeva al giudice amministrativo di incidere sul contratto attraverso la sua dichiarazione di nullità o di inefficacia o tramite la sentenza costitutiva di annullamento, poteri rimessi ora al giudice ordinario. Tuttavia, due soluzioni potevano essere prese in considerazione per far sì che il giudice chiamato ad esprimersi sulla legittimità dell'aggiudicazione potesse assicurare al ricorrente una soddisfazione piena delle proprie ragioni processuali: valorizzare il potere del giudice amministrativo, riconosciutogli dalla l. n. 205 del 2000, di decidere anche sulle domande di carattere risarcitorio

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connesse alla presentazione del ricorso avverso l'aggiudicazione, ovvero far leva sui poteri che spettano a tale giudice in sede di giudizio di ottemperanza. Per quanto riguardava la prima soluzione, un primo problema ermeneutico si poneva in sede di definizione della ammissibilità del subentro del ricorrente nel caso in cui il contratto avesse avuto una parziale esecuzione al momento dell'annullamento dell'aggiudicazione. Infatti, nessuna questione si poneva nel caso in cui l'annullamento dell'aggiudicazione fosse intervenuto quando il contratto era stato già completamente eseguito: in tal caso, il ricorrente vittorioso che avesse presentato domanda risarcitoria collegata al ricorso avrebbe ottenuto un risarcimento per equivalente, che poteva essere disposto dal giudice amministrativo. Egualmente nessun dubbio esisteva in presenza di ipotesi in cui fosse venuta meno l'aggiudicazione di un contratto di cui non si era ancora avviata l'esecuzione: in tal caso era possibile per il ricorrente vittorioso ottenere il soddisfacimento delle proprie ragioni tramite il subentro, poiché egli avrebbe potuto diventare parte contraente di un appalto non ancora eseguito, e quindi il bene della vita connesso all'interesse legittimo pretensivo fatto valere in sede di annullamento dell'aggiudicazione sarebbe stato pienamente conseguibile con il subentro. Il problema si poneva nelle ipotesi in cui il contratto pubblico avesse avuto, nel momento in cui veniva annullata l'aggiudicazione, una esecuzione parziale: in tali casi non era chiaro se potesse configurarsi ancora per il contraente illegittimamente escluso una possibilità di subentrare nel negozio. Sul punto intervennero i Giudici di Palazzo Spada: Cons. Stato, Sez. VI, 25 gennaio 2008, n. 21351, affermò che nel caso in cui il contratto avesse avuto parziale

esecuzione, il concorrente illegittimamente escluso avrebbe goduto di piena libertà nello scegliere di optare per una tutela risarcitoria, comprensiva di tutto il danno cagionato con il mancato affidamento del

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lavoro, servizio o fornitura, incluso il mancato ricavo per la parte del contratto non ancora eseguito ed in teoria conseguibile dal concorrente, ovvero per il subentro nel contratto attraverso l'attivazione della tutela conformativa data dal giudizio di ottemperanza. Si riteneva infatti che solo il concorrente ricorrente potesse valutare se la parte del contratto ancora da eseguire potesse essere in grado, se eventualmente a lui attribuita tramite il subentro, di realizzare il bene della vita oggetto del suo interesse legittimo pretensivo. Una volta ammesso (ma non concesso) che il subentro potesse essere chiesto anche in presenza di una esecuzione seppur parziale del contratto, si poneva un secondo quesito interpretativo: il subentro doveva essere inquadrato fra le conseguenze della conformazione della attività giuridica sostanziale (inclusiva quindi anche del contratto pubblico) della P.A. alla sentenza di annullamento dell'aggiudicazione ovvero come una forma di risarcimento in forma specifica del concorrente escluso in modo illegittimo? Nel caso in cui si fosse optato per la seconda impostazione, era lecito chiedersi se il giudice amministrativo, indiscutibilmente competente a decidere sul risarcimento per equivalente domandato dal ricorrente che avesse impugnato e ottenuto l'annullamento dell'aggiudicazione, risultasse competente anche a decidere sulle domande di risarcimento in forma specifica, e cioè, abbiamo detto, di subentro. La risposta affermativa a questo interrogativo avrebbe permesso al giudice amministrativo di incidere sull'assetto negoziale come sorto dalla procedura concorsuale viziata. In tal caso si sarebbe tuttavia eluso il principio della decisione della Cassazione del 2007, ossia l'impossibilità per il giudice amministrativo di incidere su un negozio squisitamente privatistico. Tuttavia, accogliere la critica testé illustrata comportava disegnare un modello di tutela risarcitoria per il concorrente escluso che avesse ottenuto l'annullamento dell'aggiudicazione paradossale 52, in quanto egli avrebbe potuto

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ricevere il risarcimento per equivalente grazie ad una statuizione del giudice amministrativo, mentre per il risarcimento in forma specifica (ossia il subentro, secondo l'orientamento qui in analisi) avrebbe dovuto rivolgersi al giudice ordinario. Sul punto, si sviluppò però un interessante orientamento53, in base al quale “ogniqualvolta il giudice

amministrativo ritenga che la condanna al risarcimento in forma specifica sia possibile e non eccessivamente gravosa per l'amministrazione (articolo 2058 c.c.), la sorte del contratto già concluso dalla p.a. rilevi nel giudizio amministrativo (sia pure

incidenter tantum) solo quale fatto impeditivo fatto valere dal terzo”54;

il giudice amministrativo veniva ritenuto competente a pronunziarsi, anche se in via incidentale, sui diritti nascenti dal contratto se quest'ultimo costituisce un ostacolo alla realizzazione del diritto del ricorrente. Anche la giurisprudenza amministrativa intervenne sul punto: Cons. Stato, Sez. V, ord., 28 marzo 2008, n. 1328 ritenne che, se fosse stato chiesto al giudice amministrativo il risarcimento in forma specifica da parte del ricorrente contro l'aggiudicazione e non fosse stata presentata domanda di declaratoria di nullità o inefficacia del contratto o di annullamento dello stesso al giudice ordinario, il giudice amministrativo avrebbe avuto giurisdizione su tutte le questioni legate alla valutazione della “fondatezza della pretesa” risarcitoria. In tal caso, tuttavia, nuovi problemi si ponevano, legati alla necessità di definire i limiti di questa giurisdizione del giudice amministrativo.

Più appagante risultò per certa dottrina55 valorizzare la capacità del

giudice amministrativo di incidere sull'assetto negoziale nato da procedura viziata in virtù della attivazione della tutela conformativa,

53 Si veda sul tema TARULLO S., op. cit.. 54 BECCARI D., op. cit., p. 755, nota n. 37. 55 In tal senso BECCARI D., op. cit., pp. 756 e ss.

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prodotta dal giudizio di ottemperanza. Il giudice amministrativo è infatti capace di attivare non solo una tutela caducatoria, consistente nell'annullamento dell'aggiudicazione, ma anche una tutela conformativa, consistente nella rimozione della attività di diritto sostanziale della P.A. che non risulti conforme alla sua decisione, con obbligo per il soggetto pubblico di rinnovare gli atti al fine di conformarsi ad essa. Alcuni56ritennero che il giudizio di ottemperanza

fosse un procedimento giurisdizionale in cui al giudice amministrativo fossero attribuiti poteri non solo di esecuzione, ma anche di cognizione; ciò risulta a ben vedere coerente con quella impostazione, affermatasi anche in giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. VI, 3 marzo 2008, n. 796), in base alla quale il giudicato nel processo amministrativo sarebbe a formazione progressiva e, in caso di genericità o astrattezza della decisione nel giudizio di cognizione, spetterebbe al giudice dell'ottemperanza declinare in concreto la decisione, definendo in tal sede il giudicato, che solo in questo momento verrebbe quindi ad esistenza. In tale contesto, è ragionevole pensare che al giudice dell’esecuzione siano riconosciuti anche poteri di cognizione. Inoltre, l'articolo 8 della l. n. 1034 del 1971 citata prevedeva che il giudice amministrativo, e quindi anche quello dell'ottemperanza, avesse il potere di conoscere in via incidentale, senza efficacia di giudicato, di tutte le questioni preliminari e pregiudiziali alla principale, ed eventualmente quindi anche della efficacia o validità del contratto connesso alla aggiudicazione annullata nel giudizio di annullamento. Non bisogna inoltre dimenticare che il giudizio di ottemperanza può portare alla nomina di un commissario

ad acta che si sostituisca nelle funzioni del soggetto pubblico inerte al

fine di esercitarle e produrre effetti giuridici conformi alla sentenza di annullamento; nel caso in esame, era da ritenersi plausibile che il

56 In tal senso NIGRO M., Giustizia amministrativa, a cura di CARDI E., NIGRO A.,

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commissario, in luogo della P.A., avrebbe potuto ritenere, a seguito dell'annullamento dell'aggiudicazione, nullo o inefficace o caducato in via automatica il contratto stipulato e avrebbe quindi potuto procedere alla stipula di un nuovo contratto con il concorrente illegittimamente escluso. Sarebbe spettato eventualmente all'aggiudicatario illegittimo adire il giudice ordinario affinché accertasse che il contratto precedente non era venuto meno. Più difficoltoso sarebbe stato arrivare al superamento da parte del commissario ad acta del contratto stipulato nel caso in cui si fosse adottata la teoria dell'annullabilità del contratto a seguito dell'annullamento dell'aggiudicazione: in tal caso sarebbe stato difficile trovare una via alternativa alla domanda di annullamento da presentare al giudice ordinario.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato non si mostrò impermeabile alla eventualità di ricorrere al giudizio di ottemperanza per garantire tutela giurisdizionale effettiva e piena al ricorrente che avesse ottenuto l'annullamento dell'aggiudicazione: Cons. Stato, Ad. Plen., 30 luglio 2008, n. 957, ricondusse la pronunzia di subentro del

concorrente illegittimamente escluso nell'ambito della giurisdizione del giudice amministrativo, ma solo quando egli si fosse avvalso dei poteri della giurisdizione di merito che risultano di sua titolarità nel giudizio di ottemperanza.

In conclusione, il quadro così definito portava ad una affermazione della natura puramente privatistica del contratto pubblico, tendenzialmente insensibile e scollegato dai vizi della procedura pubblica che lo aveva preceduto, sì da giustificare una sottrazione delle questioni ad esso inerenti alla competenza del giudice amministrativo e

57 Estratta da www.giustamm.it., con nota di LIGUORI F.- AULETTA G., La

Plenaria, il “dialogo” tra le giurisdizioni e la motivazione che non c’è (annotazioni a margine dell’Adunanza Plenaria n. 9 del 2008).

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una loro collocazione nella giurisdizione del giudice ordinario. Vedremo che gli sviluppi, di input comunitario, della disciplina processual-amministrativistica interna, di cui si darà conto nel prossimo paragrafo, sembreranno invece convergere sulla definizione di un contratto pubblico che, visto come sede di regolazione di plurimi interessi metaindividuali, difficilmente potrà continuare ad essere ricondotto fra i negozi sottoposti allo statuto contrattuale di diritto comune.

3. La direttiva 2007/66/CE ed il suo recepimento tramite