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La dichiarazione d'inefficacia del contratto pubblico a seguito dell'annullamento dell'aggiudicazione.

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La dichiarazione d’inefficacia del contratto

pubblico a seguito dell’annullamento

dell’aggiudicazione

Relatore

Candidato

Prof. Salvatore Vuoto

Massimo Pieri

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INDICE SOMMARIO

CAPITOLO I

LA GENESI DELLA DISCIPLINA CODICISTICA ... 5

Introduzione: la longevità della questione e la sua attualità nonostante gli interventi dei legislatori italiano ed eurounitario. 5 1. Le teorie di dottrina e giurisprudenza prima della direttiva 2007/66/CE (c.d. Direttiva Ricorsi)... 8

1.1. La teoria dell’annullabilità ... 8

1.2. La teoria della nullità ... 13

1.3. La teoria della caducazione automatica ... 16

1.4. La teoria dell’inefficacia ... 21

2. I risvolti processuali delle diverse impostazioni in ordine alla sorte del contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione ... 28

2.1. Le implicazioni processuali della teoria dell’annullabilità ... 28

2.2. Le implicazioni processuali della teoria dell’inefficacia ... 32

2.3. Le implicazioni processuali delle teorie della nullità e della caducazione automatica ... 33

2.4. La presa di posizione della Corte di Cassazione in ordine all’individuazione del giudice competente a decidere sulla sorte del contratto ... 35

2.5. Le conseguenze della decisione della Cassazione del 2007 in dottrina e giurisprudenza ... 39

3. La direttiva 2007/66/CE ed il suo recepimento tramite la legge n. 88/2009 e il decreto legislativo n. 53/2010 ... 46

3.1. Gli ambiti di intervento della riforma comunitaria ... 48

3.2. Il recepimento della direttiva 2007/66/CE nel nostro ordinamento ad opera della legge delega 7 luglio 2009, n. 88 ... 49

3.3. L’attuazione della legge delega 7 luglio 2009, n. 88 ad opera del Governo ... 54

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CAPITOLO II

LA DISCIPLINA DELL’INEFFICACIA NEL CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO ... 58

1. Dal decreto legislativo n. 53/2010 alla disciplina dettata dal Codice del processo amministrativo ... 58

1.1. Le nuove norme in punto di giurisdizione sulle questioni relative alla sorte del contratto pubblico ... 58

2. La disciplina codicistica dell’inefficacia del contratto pubblico ... 62

2.1. L’inefficacia del contratto nelle ipotesi di violazioni gravi .. 63 2.2. Le ipotesi di mantenimento del contratto pur in presenza di gravi violazioni ... 70 2.3. Le conseguenze prodotte dal mantenimento giudiziale del contratto e la speciale ipotesi di salvezza del negozio prevista dall’articolo 121, V comma, c.p.a. ... 75 2.4. L’inefficacia del contratto nelle ipotesi di violazioni ordinarie ... 79

3. Le altre norme dell’ordinamento connesse a livello sistematico con la disciplina dell’inefficacia del contratto ... 84

3.1. La disciplina codicistica relativa alle sanzioni alternative .... 84 3.2. La disciplina codicistica relativa al risarcimento del

concorrente illegittimamente escluso ... 91 3.3. La disciplina della sorte del contratto pubblico nella Legge sul procedimento amministrativo ... 97

CAPITOLO III

LA FUNZIONALIZZAZIONE DELLA DICHIARAZIONE D’INEFFICACIA DEL CONTRATTO PUBBLICO ALLA TUTELA DELL’INTERESSE PUBBLICO ... 100

1. La vocazione pragmatica della disciplina codicistica ... 100 2. Il superamento dei modelli tradizionali di contratto e di

interesse pubblico ... 103

2.1. La destrutturazione dell’unicità del modello contrattuale di diritto comune ... 103

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2.2. La frammentazione del concetto di interesse pubblico ... 108

3. L'inefficacia come nullità-sanzione, conseguenza della violazione di norme imperative sostanziali ... 112

3.1. La conversione dell’interesse pubblico in presupposto di validità del contratto pubblico ... 113

3.2. L’azione per far valere la nullità-sanzione costituita dall’inefficacia del contratto pubblico ... 116

3.3. Le implicazioni sul piano processuale della teoria dell’inefficacia come nullità-sanzione ... 119

4. L'inefficacia come istituto processuale volto alla realizzazione del subentro del ricorrente ... 124

4.1. La “tensione” dell’inefficacia alla realizzazione di una tutela effettiva per il ricorrente ... 126

4.2. L’inefficacia: misura processuale satisfattoria ovvero strumento per la realizzazione di una tutela “utile”? ... 130

4.3. Le implicazioni processuali della teoria dell’inefficacia come istituto processuale teso alla realizzazione di una tutela effettiva per il ricorrente ... 133

CONCLUSIONI ... 137

BIBLIOGRAFIA ... 144

Siti web correlati agli argomenti presenti nella tesi ... 149

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CAPITOLO I

LA GENESI DELLA DISCIPLINA

CODICISTICA

Introduzione: la longevità della questione e la sua

attualità nonostante gli interventi dei legislatori italiano

ed eurounitario

La qualificazione della sorte del contratto pubblico a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione ha stimolato un animoso dibattito fra gli operatori del settore, dibattito che si è arricchito degli interventi di tutte le principali Corti italiane, dalla Corte di Cassazione al Consiglio di Stato, dai Tar al Consiglio di Giustizia Amministrativa Siciliana. La difficoltà sta nel trovare un fondamento giuridico che permetta di giustificare come una vicenda processuale (l’annullamento da parte del giudice amministrativo) relativa ad un provvedimento amministrativo, quale è quello di aggiudicazione, possa produrre effetti su di un (all’apparenza) autonomo assetto negoziale di diritto comune, quale è invece il contratto pubblico.

Il confronto si è sviluppato attraverso i tentativi di voler inquadrare la vicenda in esame dapprima nell’ambito di operatività dei distinti istituti negoziali tipici dello statuto contrattuale di diritto comune (nullità e annullabilità), poi attraverso le statuizioni di quella parte prevalente della giurisprudenza amministrativa che, sostenuta anche da parte della dottrina1, agli inizi del terzo millennio ha tentato di

1 STICCHI DAMIANI E., Annullamento dell’aggiudicazione e inefficacia funzionale

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6

risolvere la questione attraverso l’affermazione della applicazione di un meccanismo, quello della caducazione automatica, che pur offrendo una soluzione all’apparenza semplice, stride con le regole di diritto comune relative alla validità ed efficacia del contratto e con la natura negoziale del contratto pubblico.

Parallelamente, a partire da rilevanti decisioni del Consiglio di Stato del 2003 (si veda Cons. Stato, Sez. V, 5 maggio 2003, n. 2332,; Sez. VI 30 maggio 2003, n. 2992), si è cercato di risolvere il problema relativo alla sorte del contratto pubblico la cui aggiudicazione sia andata incontro ad annullamento spostando il focus dell’analisi dalla validità del contratto alla sua efficacia, e compiendo poi un ulteriore sviluppo della suddetta impostazione, con la decisione di Cons. Sato, Sez. IV, 27 ottobre 2003, n. 6666: si strutturava così la c.d. Tesi dell’inefficacia del contratto pubblico2 a seguito dell’annullamento dell'aggiudicazione.

La speranza della soluzione di questa vexata quaestio fu quindi riposta nel Legislatore comunitario, che interveniva pochi anni dopo nella materia in esame con la direttiva 2007/66/CE, c.d. direttiva Ricorsi, nella cui disciplina di recepimento venivano riposte le attese di chi attendeva una soluzione di diritto positivo del dibattito.

Tali attese venivano tuttavia in parte tradite, poiché la disciplina dettata dal decreto legislativo 20 marzo 2010, n. 53 di recepimento della direttiva Ricorsi e poi confluita negli articoli 121 e 122 del nuovo Codice del processo amministrativo (decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104), oltre a tradurre la formulazione ‘privazione di effetti’ , indicata dalla direttiva Ricorsi quale conseguenza dell’annullamento dell’aggiudicazione, nella generica “inefficacia” contemplata appunto

2 CARPENTIERI P., Annullamento dell’aggiudicazione e contratto, in Giornale Dir.

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dalle disposizioni del decreto, non definendo quindi a livello teorico l’inquadramento degli effetti che si producono sul contratto a seguito dell’annullamento giurisdizionale della aggiudicazione, poneva tuttavia anche nuovi interrogativi. Tali interrogativi hanno portato certa dottrina3 a riflettere sulla possibilità che la disciplina ex artt. 121 e 122

debba la sua peculiarità, che la rende difficilmente inquadrabile nell’ordinamento dettato dai nostri principi generali di diritto comune sostanziale e processuale, al fatto di avere ad oggetto un nuovo modello contrattuale, di cui quindi ella testimonierebbe la nascita; altri4

hanno visto in detta disciplina la creazione di un meccanismo di tutela del ricorrente per l’annullamento dell’aggiudicazione straordinariamente efficace, e vi hanno individuato la funzionalizzazione della inefficacia all’accoglimento della domanda di subentro nel contratto da parte del ricorrente, così da parlare di “inefficacia funzionale”5. Tali impostazioni hanno riflessi anche sulla

determinazione di altri aspetti collegati alla normativa ex artt. 121 e 122 c.p.a., quali per esempio l’officiosità o meno del potere del giudice amministrativo di dichiarare l’inefficacia del contratto, i limiti della cognizione del giudice amministrativo stesso, l’individuazione dell’interesse la cui esigenza di tutela deve guidare il giudice nell’esercizio delle prerogative ad esso attribuite dagli artt. 121 e 122 c.p.a., la natura sanzionatoria o meno di detto potere.

Poiché la riposta ai quesiti da ultimo esposti dipende proprio dalla comprensione della natura e struttura dei poteri attribuiti al giudice amministrativo nell’ambito in questione, la presente trattazione avrà ad

3 LOPILATO V., Categorie contrattuali, contratti pubblici e i nuovi rimedi previsti

dal decreto legislativo n.53 del 2010 di attuazione della direttiva ricorsi, in Dir. Proc. Amm.-4/2010.

4VACCARI S., La dichiarazione di inefficacia del contratto ex artt. 121 e 122 c.p.a.

come misura processuale satisfattoria, in Dir. Proc. Amm.-1/2015.

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oggetto la storia della genesi e dello sviluppo della disciplina oggi confluita negli articoli 121 e 122 c.p.a., al fine di determinare dapprima i contenuti e i modi di esercizio di tali poteri e, quindi, la ratio delle disposizioni che li disciplinano, onde tentare di fare luce su un panorama che, nonostante gli interventi di diritto positivo del 2010, presenta ancora non secondari interrogativi.

1. Le teorie di dottrina e giurisprudenza prima della

direttiva 2007/66/CE (c.d. Direttiva Ricorsi)

Mancando una chiara presa di posizione da parte del legislatore, furono dottrina e giurisprudenza a tentare di inquadrare giuridicamente la vicenda del contratto pubblico la cui aggiudicazione fosse stata annullata e, conseguentemente, i poteri del giudice in relazione ad essa.

1.1. La teoria dell’annullabilità

L’orientamento più risalente circa gli effetti che si producono sul contratto pubblico a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione fu definito a suo tempo da alcune prese di posizione della Corte di Cassazione, la quale ritenne di poter ricondurre la vicenda entro il perimetro di operatività della annullabilità di diritto comune. In alcuni casi si ritenne di poter far rientrare la dichiarata illegittima aggiudicazione fra le ipotesi di “errore” che, insieme alla “violenza” e al “dolo”, costituiscono causa del vizio del consenso (in tal caso della P.A.) ai sensi dell'articolo 1427 c.c.. L’errore veniva ritenuto “essenziale” in base all’articolo 1429, n. 3, c.c. in quanto errore che “cade sull’identità dell’oggetto della prestazione ovvero sopra una qualità dello stesso che, secondo il comune apprezzamento o in relazione delle circostanze, deve ritenersi determinante del consenso”; in tale fattispecie si riteneva infatti sussumibile il caso dell’errore sulla qualità di legittimo aggiudicatario dell’altro contraente. Essendo

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inoltre tale errore oltre che essenziale anche riconoscibile dall’altro contraente, si riteneva possibile chiedere l’annullamento del contratto pubblico facendo leva sull’articolo 1428 c.c.. In tal senso si espresse Cass. Civ. Sez. II, 8 maggio 1996, n. 4269 e, prima ancora, Cass. Civ. Sez. II, 14 febbraio 1964, n. 337. Come evidenziato dalla dottrina che si soffermò sull’analisi di dette decisioni, la massima su cui poggiava tale tesi era che “in tema di vizi concernenti l’attività negoziale degli enti pubblici, sia che questi si riferiscano al processo di formazione della volontà dell’ente, sia che si riferiscano alla fase preparatoria ad essa precedente, il negozio stipulato -salvo particolari ipotesi di straripamento di potere- è annullabile ad iniziativa esclusiva di detto ente”6. Nello specifico, nella citata sentenza n. 4269 del 1996 si

affermava che “gli atti amministrativi adottati nella procedura di evidenza pubblica, che precedono la stipulazione dei contratti jure

privatorum, sono considerati mezzi di integrazione della capacità e

della volontà dell’ente pubblico, sicché i loro vizi, traducendosi in vizi attinenti a tale capacità e a tale volontà, non possono che comportare l’annullabilità del contratto, deducibile, in via di azione o di eccezione, soltanto da detto ente”7.

Altre volte la Corte di Cassazione ricondusse l’annullamento dell’aggiudicazione fra le cause di incapacità legale delle parti (in questo caso la P.A.) a contrarre che, ai sensi dell’articolo 1425 c.c., costituiscono motivo di annullabilità del contratto, il quale rimaneva quindi sempre soggetto al regime della annullabilità ex articolo 1441 c.c: in tal senso Cass. Sez. I, 28 marzo 1996, n. 28428e Cass. Civ. Sez.

6 CARPENTIERI P., op. cit., p. 16.

7 La citazione dell’estratto di sentenza è riportata da BECCARIA M. L.,

Annullamento dell’aggiudicazione ed effetti sul contratto di appalto, in Urbanistica e appalti, 2007, 6, p. 746.

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10 I, 24 gennaio 2002, n. 8239.

Una terza impostazione, sempre riconducibile alla Corte di Cassazione (si veda sul punto Cass., Sez. II, 21 febbraio 1995, n. 1885 10 ), che vedeva nell’annullamento dell’aggiudicazione il

presupposto per chiedere l’annullamento del contratto, faceva leva sul difetto di legittimazione negoziale della P.A.: si trattava non di una generica incapacità a contrarre, come quella concepita dalla giurisprudenza che ricollegava l’annullabilità del contratto al fatto che l’annullamento dell’aggiudicazione integrasse una delle ipotesi contemplate dall’articolo 1425 c.c., bensì di una incapacità specifica della P.A in relazione a quello specifico negozio, cioè il contratto pubblico.

La teoria dell’annullabilità soffriva tuttavia due critiche: una fortemente connessa al funzionamento dell’istituto disciplinato dagli articoli 1441 e ss c.c., l’altra di carattere più concettuale.

La prima critica che si poteva muovere alla teoria dell’annullabilità era che, facendo riferimento direttamente all’articolo 1441 c.c, importava anche in sede di annullamento del contratto pubblico il sistema di legittimazione chiusa: solo la P.A., ritenuta “parte nel cui interesse (l’annullamento) è stabilito dalla legge”, ai sensi dell'articolo 1441 c.c., avrebbe potuto chiedere l’annullamento del contratto, tramite azione od eccezione. Ciò arrivava a frustrare tuttavia la tutela giurisdizionale della posizione del ricorrente il quale, nonostante avesse ottenuto l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione illegittimo, non poteva ottenere il pieno soddisfacimento sostanziale delle proprie ragioni, attraverso l’annullamento del contratto pubblico

9 Citata da VACCARI S., op. cit., p. 257, nota n. 7. 10 Citata da VACCARI S., op. cit., p. 258, nota n. 8.

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nato da quella aggiudicazione illegittima, poiché ciò poteva avvenire solo con l’attivarsi dell’unico soggetto legittimato a farlo, cioè l’ente pubblico. Pur essendo vero, come correttamente rilevato da alcuno11,

che il ricorrente non avrebbe avuto bisogno di attendere l’attivarsi dell’ente pubblico per ottenere l’annullamento del contratto, potendo egli ottenere tale effetto tramite il giudizio di ottemperanza, nel quale il giudice amministrativo avrebbe potuto anche a nominare un commissario ad acta il quale, sostituendosi alla P.A. nell’esercizio delle sue funzioni, ben avrebbe potuto esercitare l’azione di annullamento ai sensi dell'articolo 1441 c.c. in luogo del soggetto pubblico, non si poteva fare a meno di notare come il sistema così concepito finisse per creare un “ingiustificato privilegio”12 per l'organo

pubblico, che riceveva così un potere quasi arbitrario sulla sorte del contratto pubblico la cui aggiudicazione fosse stata reputata illegittima, nonostante il fatto che, proprio nel giudizio sull’illegittimità dell’atto, si fosse tale organo ritrovato perdente. Si veniva quindi a creare un percorso decisamente tortuoso per il ricorrente che avesse voluto far valere la sentenza di annullamento dell’aggiudicazione sul piano sostanziale, e ciò palesemente in contrasto con l’effettività della tutela giurisdizionale, garantita dall’articolo 111 Cost..

La seconda critica, di carattere sistematico, che veniva mossa a tale impostazione era che essa presupponeva che le norme relative alla procedura ad evidenza pubblica, le quali si ritenevano violate in quanto il provvedimento di aggiudicazione era stato dichiarato illegittimo e annullato, fossero poste a salvaguardia del solo interesse della P.A., in guisa tale che essa e solo essa potesse essere il soggetto nel cui

11 COMMANDATORE C., Effetto espansivo della sentenza di appello e sorte del

contratto-il commento, in Urbanistica e appalti, 2015, 4, p. 437.

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interesse era garantita la possibilità di richiedere l’annullamento, ai sensi dell’articolo 1441 c.c.. Tale presupposto teorico risultava smentito a livello concettuale da quella riformulazione della disciplina del procedimento amministrativo che, culminata nella legge 7 agosto 1990, n. 241, aveva strutturato un nuovo paradigma ancorato agli innovativi principi della parità fra le parti e della consensualità, paradigma posto ora alla base del rapporto giuridico amministrativo, che diventava adesso tutt’altro che insensibile rispetto alle esigenze in gioco diverse ed ulteriori rispetto a quella di tutela della posizione del solo soggetto pubblico. La disciplina della procedura ad evidenza pubblica risultava quindi strutturata anche per tutelare le posizioni degli altri attori della vicenda, garantendo il rispetto della pars

condicio ed “i valori costituzionalmente protetti di buona

amministrazione e di concorrenzialità costituenti principi del diritto pubblico dell’economia”13, valori ai quali si sarebbe interessato anche

il Legislatore eurounitario padre della direttiva 2007/66/CE. La teoria dell’annullabilità aveva tuttavia il merito di soddisfare l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici nati e disciplinati dal contratto pubblico, il quale poteva essere travolto attraverso l’esercizio di una azione, quella di annullamento, che era però soggetta ad un termine di prescrizione stabilito dalla legge (articolo 1442 c.c.), pari a 5 anni a partire dal giorno in cui è stato scoperto il vizio del consenso o è cessata l’incapacità a contrarre. Tale esigenza, come si dirà più avanti, non era invece garantita dalla teoria della nullità.

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1.2. La teoria della nullità

La tesi della nullità fu elaborata dalle successive dottrina e giurisprudenza (in particolar modo quella amministrativa) al fine di fornire un modello più corretto per inquadrare la serie di effetti che possono riverberarsi sul contratto pubblico a seguito dell’annullamento della aggiudicazione. La teoria della nullità si caratterizzava per essere stata sviluppata in due forme: la tesi della c.d. nullità strutturale e la tesi della c.d. nullità virtuale o extra-testuale. La tesi della nullità strutturale faceva leva sul concepire la fase della procedura ad evidenza pubblica e quella della stipula del contratto all’interno di una stessa matrice unitaria, come elementi cioè di una fattispecie complessa, a formazione progressiva, composta da atti amministrativi, provvedimenti di aggiudicazione ed infine la stipula del contratto pubblico. In tale ottica, il provvedimento di aggiudicazione poteva essere visto come un particolare strumento con cui la P.A. rilasciava la propria dichiarazione di volontà affinché fosse perfezionato l’accordo e quindi il contratto pubblico, poiché in esso si riteneva contenuta l’accettazione della proposta contrattuale dell’aggiudicatario. In tal ottica, l’annullamento giurisdizionale del provvedimento era da considerarsi come il venir meno dell’accordo delle parti che, insieme alla causa, all’oggetto e alla forma (quando risulta che è prescritta dalla legge), costituisce requisito essenziale del contratto ai sensi dell’articolo 1325 c.c. e la cui mancanza è causa di nullità del contratto ai sensi dell’articolo 1418, II comma, c.c.. Tale impostazione, oltre ad essere esposta alle critiche che saranno illustrate fra breve, diveniva comunque non condivisibile in modo assoluto in base all’entrata in vigore del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 il quale, come ebbe acutamente a rilevare certa dottrina14, all’articolo 11, XI comma

recita inequivocabilmente che “l’aggiudicazione definitiva non

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equivale ad accettazione dell’offerta”. Essa inoltre presupponeva che l’aggiudicazione fosse un singolo atto di una fattispecie complessa che si ultimava solo con la stipula del contratto, mentre non si poteva fare a meno di notare come il procedimento amministrativo di scelta dell’aggiudicatario venisse completato con l’aggiudicazione, che è quindi non un atto all’interno di una sequenza procedimentale con cui la P.A. aderisce all’accordo ma il provvedimento amministrativo che chiude tale sequenza, al quale segue quindi la stipula del contratto, momento in cui la P.A. manifesta un autonomo consenso capace di integrare l’accordo delle parti, che non può quindi ritenersi mancante se l’aggiudicazione è annullata. Ad ogni modo, tale soluzione venne sostenuta da Cass. Civ., Sez. III, 9 gennaio 2002, n. 193, in cui si affermò che il contratto di locazione stipulato dalla P.A. fosse affetto da nullità per radicale assenza del requisito dell’accordo delle parti, in caso di annullamento, da parte del Co.re.co. (comitato regionale di controllo), della delibera a contrattare15. Un’altra via con cui un

orientamento minoritario arrivò a inquadrare la sorte del contratto nell’ambito di applicazione dell’articolo 1418, II comma, c.c. fu ricondurre l’annullamento ex tunc dell’aggiudicazione fra le ipotesi di violazione del principio della necessaria copertura finanziaria, in quanto l’aggiudicazione veniva intesa come autorizzazione della P.A. a contrarre: in tal caso veniva quindi a mancare non l’accordo fra le parti ma un altro requisito essenziale del contratto ai sensi dell’articolo 1325 c.c., e cioè la causa .

La seconda corrente della teoria della nullità, cioè quella sostenitrice della tesi della nullità c.d. virtuale o extra-testuale, faceva leva invece sul fatto che l’annullamento dell’aggiudicazione da parte del giudice amministrativo certificava l'avvenuta violazione delle norme disciplinanti la procedura ad evidenza pubblica, norme poste a

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“salvaguardia di valori meta-individuali quali la tutela del mercato degli appalti pubblici, della libera concorrenza e dell’imparzialità e buon andamento della P.A.”16. Se si arrivava a considerare tali norme

come norme imperative, la loro violazione si traduceva inevitabilmente nella nullità del contratto ai sensi dell’articolo 1418, I comma, c.c.. Tale impostazione, sostenuta, come rileva chi ha analizzato la questione17, in particolare dalla giurisprudenza amministrativa di primo

grado (vedasi T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 29 maggio 2002, n. 3177), oltre che alle critiche generali mosse alla teoria della nullità, delle quali si darà conto fra breve, era esposta anche alle contestazioni di chi18 faceva giustamente notare come l’applicazione della nullità ex

articolo 1418, I comma, c.c. passasse dalla violazione di norme di natura inderogabile, la cui violazione doveva essere espressamente sanzionata dalla legge con la nullità. Questo non era il caso delle norme relative alla procedura ad evidenza pubblica, che prevedono specifiche deroghe dipendenti dall’importo del contratto da stipulare e in considerazione dei soggetti affidatari e la cui violazione è accompagnata non dalla nullità ma dall’annullamento del provvedimento viziato.

Al di là delle puntuali osservazioni fatte in relazione ad ogni sviluppo di questa, la teoria della nullità soffriva due pesanti obiezioni, l’una dommatica, l’altra di carattere operativo. L’obiezione dommatica è costituita dalla osservazione che la nullità disciplinata all’articolo 1418 c.c presuppone sempre un vizio originario del negozio, mentre nel nostro caso siamo di fronte ad un vizio che origina solo con l’annullamento dell’aggiudicazione, annullamento che costituisce un fatto successivo ed esterno al perfezionamento del contratto, il quale ha

16 VACCARI S., op. cit., p. 259.

17 CARPENTIERI P., op. cit., p. 19, nota n. 27. 18 COMMANDATORE C., op. cit., p. 439.

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quindi una fase genetica valida: difficile di conseguenza, in presenza di una genesi valida del negozio, parlare di nullità ai sensi dell’articolo 1418 c.c.. Da un punto di vista operativo, l’azione di nullità si caratterizza per avere un sistema di legittimazione attiva aperto (“può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse”, recita l’articolo 1421 c.c) e per essere imprescrittibile (articolo 1422 c.c.): ciò significa che ritenere il contratto pubblico, la cui aggiudicazione sia stata annullata, nullo, legittima in ogni tempo chiunque vi abbia interesse a chiedere giudizialmente la dichiarazione di nullità e se, per quanto riguarda il sistema di legittimazione aperto, un freno fu messo dal Consiglio di Stato (ordinanza 21 maggio 2004, n. 3355, in cui si riteneva legittimato a far valere la nullità del contratto pubblico la cui aggiudicazione fosse stata annullata soltanto chi avesse presentato il ricorso al giudice amministrativo contro l’aggiudicazione, mostrando così quell’interesse a cui si riferisce l’articolo 1421 c.c 19 ),

l’imprescrittibilità dell’azione per la declaratoria di nullità rendeva il contratto pubblico esposto alla possibilità di poter essere dichiarato nullo con effetto retroattivo anche a distanza di decenni, arrivando a minare il principio di certezza dei rapporti giuridici.

1.3. La teoria della caducazione automatica

Come già annunciato in precedenza, successivamente la giurisprudenza amministrativa sembrò cercare una soluzione che, anziché muoversi fra le categorie di invalidità, ponesse l'attenzione sugli effetti che l'annullamento della aggiudicazione produce non sul piano della validità ma della efficacia del contratto pubblico. La teoria della caducazione automatica, sviluppata in tale contesto, si basava sul

19 Il provvedimento dei Giudici di Palazzo Spada è citato da BECCARIA M.L., op.

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semplice assunto per cui l’annullamento della aggiudicazione portava alla caducazione degli effetti del contratto pubblico in modo automatico, senza bisogno cioè di una pronuncia costitutiva del giudice amministrativo o di una sentenza dichiarativa del giudice ordinario. Era sufficiente che si dichiarasse l’annullamento dell’aggiudicazione per neutralizzare gli effetti del contratto pubblico. Fondamento di tale meccanismo, di cui inizialmente non si fornì nemmeno un supporto argomentativo, era la massima affermata da Cons. Stato, Sez. VI 14 gennaio 2000, n. 244 e 19 dicembre 2000, n. 6838, ossia che “l’annullamento dell’aggiudicazione di una gara pubblica elide il vincolo negoziale sorto con l’adozione del provvedimento rimosso, con la conseguenza che restituisce in pieno alla potestà di diritto pubblico della stazione appaltante la scelta fra l’avvalersi della procedura espletata, ovvero procedere ad una nuova gara previa revoca degli atti che vi hanno dato luogo, a fronte della quale non sono rinvenibili posizioni di diritto soggettivo in capo agli altri partecipanti alla gara, ancorché costoro si trovino in posizione utile per subentrare all’aggiudicatario rimosso”.

Tale impostazione, di cui la giurisprudenza fece, come ebbe a dire alcuno20, “ un uso acritico e assiomatico”, trovava conferma anche in

un dato di diritto positivo, e cioè nell'articolo 14, II comma del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, di attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, nella parte in cui si affermava che “la sospensione o l'annullamento giurisdizionale della aggiudicazione di prestazioni pertinenti alle infrastrutture non determina la risoluzione del contratto eventualmente già stipulato dai soggetti aggiudicatori”. Il termine “risoluzione” veniva interpretato in modo non letterale, in quanto usato nell’ambito di un decreto atto a tradurre in diritto positivo

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interno una direttiva comunitaria (la direttiva 89/665/CEE). Secondo i sostenitori dell’impostazione in esame, con “risoluzione” il legislatore italiano aveva semplicemente voluto escludere che l’effetto che l’annullamento dell’aggiudicazione produce sul contratto pubblico fosse la sua annullabilità: con ciò sembrando quindi confermare la teoria della sua caducazione automatica. Poiché tale regola veniva dettata per i contratti pubblici relativi alla realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale, si riteneva, ragionando a contrario, che per tutti gli altri contratti pubblici la cui aggiudicazione venisse sospesa o annullata dal giudice amministrativo si verificasse la risoluzione menzionata dalla disposizione testé illustrata, e cioè la privazione di effetti del contratto stesso. Il fondamento giustificativo giuridico di tale teoria venne meglio sviluppato da Cons. Stato, Sez VI, 5 maggio 2003, n. 2332, in cui si affermava che il contratto pubblico la cui aggiudicazione fosse stata annullata sarebbe andato incontro ad una inefficacia dovuta alla sopravvenuta “carenza del presupposto legale costituito dal legittimo procedimento concorsuale”21: il principio che veniva ad applicarsi, e

che giustificava l’idea della inefficacia del contratto pubblico, era quello del simul stabunt simul cadent, ossia quello per cui si ha il venir meno di un atto per il venir meno dell’atto a monte. Il principio si riteneva applicabile anche nelle vicende in esame per la convinzione che la procedura di scelta del contraente e la successiva stipula del contratto pubblico potessero essere assimilati a distinti negozi privati “inscritti in operazioni contrattuali più ampie”22, vicende nella quali

appunto opera detto principio. Si strutturava quindi un “rapporto di presupposizione necessaria”23 fra aggiudicazione e contratto, in cui

l’annullamento della prima operava come “illegittimità derivata ad

21 CARPENTIERI P., op. cit., p. 17. 22 CARPENTIERI P., op. cit., p. 17. 23 VACCARI S., op. cit., p. 260.

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effetto caducante”24 sul secondo, che risultava privato di un suo

presupposto, l'aggiudicazione. La teoria, anche se si presta alle critiche che fra poco verranno illustrate, aveva il merito di offrire per la prima volta una soluzione alla domanda relativa alla sorte del contratto pubblico a seguito dell’annullamento della aggiudicazione che fosse fuori dai normali schemi di diritto comune. Tale impostazione, elaborata per la prima volta in modo compiuto nella citata sentenza n. 2332 del 2003 dal Consiglio di Stato, venne confermata anche da Cons. Stato, sez. VI, 30 maggio 2003, n. 2992.

Tale tesi venne criticata dalla dottrina, in quanto si minimizzava la diversità di natura di due atti, quali l'aggiudicazione e il contratto, che rendeva abbastanza improponibile l'idea che fra i due potesse essere ravvisata una omogeneità tale da ritenerli ricollegabili ad un rapporto di presupposizione e quindi sottoponibili alla operatività del principio

simul stabunt simul cadent, anche se a tale osservazione si sarebbe

potuto obiettare facendo notare che anche fra regolamento (atto normativo) e atto amministrativo attuativo è ritenuto pacificamente sussistente un rapporto di presupposizione necessaria. Inoltre, ritenere l’aggiudicazione unico presupposto del contratto sembra errato, dato che presupposti di esso possono essere considerati anche altri atti del procedimento quali per esempio “la programmazione annuale o pluriennale degli acquisti e dei lavori, la deliberazione di contrattare, l’approvazione del progetto (omissis), il capitolato speciale dell’appalto e lo schema del contratto”25 ecc. Infine era da notare come

nel nostro ordinamento l'inefficacia caducante non fosse una “categoria dogmatica a sé stante”26 ma la conseguenza che la legge fa discendere

24 CARPENTIERI P., op. cit., p. 17. 25 CARPENTIERI P., op. cit., p. 17. 26 VACCARI S., op. cit., p. 261.

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dall'accertamento di determinati vizi (nullità, annullabilità) o vicende (risoluzione). Fra i critici27, vi fu chi cercò di trovare un'altra chiave di

lettura della teoria della caducazione automatica del contratto pubblico la cui aggiudicazione fosse stata annullata giurisdizionalmente. La diversità dell'approccio in questione si basava sulla possibilità di superare l'elemento più debole di tale impostazione, e cioè il fatto che si concepisse un rapporto di presupposizione fra atti di cui pure si ammetteva la diversa natura rispettivamente di provvedimento e di negozio. La via per arrivare a considerare i due atti di natura omogenea poteva essere inquadrare il contratto pubblico non fra i negozi civilistici ma fra quegli atti di natura pubblicistica (e quindi paragonabili ai provvedimenti, quale appunto è l'aggiudicazione) che prendono il nome di “accordi amministrativi”, disciplinati dall'articolo 11, legge 7 agosto del 1990, n. 241 come accordi con cui l'amministrazione, sempre nel perseguimento del pubblico interesse, definisce con altre parti private il contenuto discrezionale che dovrà avere un certo provvedimento, arrivando a volte non solo ad integrare questo ultimo, ma a sostituirlo con l'accordo stesso, il quale arriva quindi ad avere una natura quasi provvedimentale. A deporre a favore di tale intuizione era l'osservazione che la P.A. conservava sia nella fase genetica che in quella esecutiva del contratto pubblico una serie di poteri di carattere autoritativo non propri dello schema contrattuale di diritto comune. Inoltre, l'articolo 11 legge 7 agosto 1990, n. 241 inserisce la stipulazione fra le “fasi delle procedure di affidamento”, quasi a suggerire uno svolgimento del momento genetico del contratto pubblico tutto interno al procedimento, e quindi un inserimento del contratto dentro e non fuori rispetto alla procedura ad evidenza pubblica. Veniva quindi a palesarsi uno scenario in cui il contratto pubblico, in quanto accordo sostitutivo di provvedimento, e non

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l'aggiudicazione, costituiva il vero “provvedimento” conclusivo della procedura. Il contratto pubblico poteva così essere inquadrato fra gli accordi sostitutivi di provvedimento e quindi inserito in un ipotetico rapporto di presupposizione con atti amministrativi a monte, quale appunto l'aggiudicazione, rapporto sottoposto al principio di presupposizione fra atti amministrativi, al pari di qualsiasi altro rapporto fra atti aventi fra loro natura omogenea (per esempio anche fra bando e aggiudicazione). In questa ottica, la tesi della caducazione automatica trovava un più valido fondamento giustificativo. Tale argomentazione sembrò trovare conferma normativa in una disposizione contenuta nel Codice degli appalti pubblici del 2006. Come argutamente fatto notare in dottrina28, l'articolo 246 del decreto

legislativo 12 aprile 2006, n. 163 escludeva solo per le infrastrutture strategiche la “caducazione” del contratto a seguito dell'annullamento della aggiudicazione, ponendo quindi una norma che aveva a ben vedere tutti i caratteri della specialità. In tal caso quindi, sempre con un ragionamento a contrario, al pari di quanto sopra visto in relazione all'articolo 14, II comma del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, era da ritenersi regola generale che i contratti pubblici non riguardanti le infrastrutture strategiche la cui aggiudicazione fosse andata incontro ad annullamento fossero destinati alla caducazione.

1.4. La teoria dell’inefficacia

Un altro tentativo di ancorare a basi più solide la teoria dell'inefficacia in chiave caducante del contratto pubblico la cui aggiudicazione fosse stata annullata fu compiuto dalla giurisprudenza amministrativa di Cons. Stato, Sez. IV, 27 ottobre 2003, n. 6666. Tale decisione contiene una critica al fondamento razionale posto, dalle sentenze n. 2332 e 2992 citate, a base della teoria dell'inefficacia come

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caducazione automatica: pur condividendo l'idea di partenza di tali statuizioni, e cioè che gli effetti che l'annullamento della aggiudicazione produce sul contratto sono da rintracciarsi sul piano della efficacia dello stesso e non su quello della sua validità, si rigettava il principio per cui l'inefficacia del contratto pubblico derivasse in via di caducazione automatica dal venir meno del presupposto legale del contratto costituito dalla procedura ad evidenza pubblica, venir meno realizzatosi con l'annullamento della aggiudicazione, in quanto tale ragionamento può essere condivisibile se lo si cala in una vicenda relativa alla efficacia di un contratto, ma non se lo si riferisce ad una vicenda relativa ad una fase procedurale di evidenza pubblica. L'impostazione criticata dalla sentenza n. 6666 del 2003, al netto del fatto che l'annullamento dell’aggiudicazione non potesse (in base a quanto detto sopra) considerarsi sintomo della carenza di un presupposto legale del contratto, e che quindi si dovesse rigettare l'idea di una inefficacia derivante da un elemento in qualche modo interno al contratto, si riassumeva nel considerare il contratto pubblico, la cui aggiudicazione fosse stata annullata, come affetto da una inefficacia in senso stretto, cioè da una inefficacia che colpisce dall'esterno un contratto che ha avuto una valida fase genetica. L'annullamento dell'aggiudicazione, evento causa di invalidità nel mondo degli atti amministrativi, si convertiva nel mondo degli atti negoziali di diritto comune in una causa di inefficacia in senso stretto, capace, al pari dell'avverarsi di una clausola risolutiva o del decorrere di un termine di efficacia, di far cessare dall'esterno la produzione di effetti di un contratto nato valido, attraverso la produzione di propri effetti. In ciò stava quindi la critica più grande alla impostazione della giurisprudenza amministrativa del 2003 precedente alla sentenza n. 6666: aver tradotto una causa di invalidità di un atto in una causa di inefficacia del contratto, istituto quest’ultimo privo di un giudizio di disvalore, che è ciò che invece ha portato a dichiarare l'atto

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amministrativo invalido e quindi ad annullarlo. Infatti, in tale contesto “la causa efficiente della risoluzione del contratto (per adoperare la terminologia non perspicua del d. lgs. n. 190/2002) non risiede più nel venir meno del presupposto di legalità (del procedimento concorsuale), ma nella pronunzia della sentenza di annullamento quale condizione risolutiva del contratto”29. In luogo quindi di tale orientamento, la

confutazione delle cui basi abbiamo testé illustrato, il Consiglio di Stato nella sentenza n. 6666 del 2003 affermava che il contratto pubblico la cui aggiudicazione fosse stata annullata andava comunque incontro ad inefficacia, che non si traduceva però in una caducazione automatica, per cui il contratto veniva meno anche in assenza di apposita sentenza costitutiva, ma in una “inefficacia sopravvenuta relativa”, che “può essere fatta valere solo dalla parte che abbia ottenuto l'annullamento dell'aggiudicazione” 30 . Tale inefficacia

deriverebbe dal fatto che, in presenza di un annullamento amministrativo o giurisdizionale di un atto del procedimento ad evidenza pubblica (non solo l'aggiudicazione, ma anche per esempio la delibera a contrattare, il bando di gara ecc.), verrebbe meno la legittimazione a negoziare della P.A.. Secondo quanto riportato nella sentenza infatti l'annullamento della aggiudicazione “dà luogo alla conseguenza di privare l'amministrazione stessa, con efficacia ex tunc, della legittimazione a negoziare. (omissis). In sostanza l'organo amministrativo che ha stipulato il contratto, una volta che viene a cadere, con effetto ex tunc, uno degli atti del procedimento costitutivo della volontà dell'amministrazione, come la deliberazione di contrattare, il bando o l'aggiudicazione (si supera quindi l'elemento criticato della teoria della caducazione automatica, ossia il configurare un rapporto di presupposizione necessaria fra la sola aggiudicazione e il contratto), si trova nella posizione di aver stipulato injure, privo della

29 CARPENTIERI P., op. cit., p. 19. 30 BECCARIA M.L., op. cit., p. 748.

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legittimazione che gli è stata conferita dai precedenti atti amministrativi”31. Si configura quindi per il contratto pubblico una

inefficacia che non consegue automaticamente dalla sentenza di annullamento della aggiudicazione, ma sembra dover discendere da una apposita sentenza costitutiva32. Tale inefficacia opererebbe ex tunc,

con due importanti limiti33: innanzitutto, sono fatte salve le posizioni

che abbiano acquisito i terzi in buona fede, in applicazione analogica degli articoli 23, II comma e 25, II comma (ai cui sensi “l'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima”) del c.c., applicabili alla P.A. in quanto persona giuridica ai sensi dell'articolo 11 c.c., e quindi destinataria anche delle norme dedicate dal Codice alle associazioni e fondazioni, fra cui appunto gli articoli citati. Inoltre, l'inefficacia non travolge tutte le prestazioni contrattuali già eseguite al momento della pronuncia giudiziale. L'inefficacia può inoltre, come accennato, essere fatta valere dal solo soggetto che abbia ottenuto l'annullamento dell'aggiudicazione.

Anche la teoria dell'inefficacia come risultante dalla sentenza n. 6666 del 2003 non mancò di essere sottoposta alle critiche della dottrina del tempo34, che si incaricò di far notare come considerare

l'illegittimità del provvedimento di aggiudicazione causa del difetto di legittimazione non trovasse riscontro nella concezione di legittimazione al negozio propria del diritto civile. Inoltre, a ben vedere, il Consiglio di Stato qualificava il difetto di legittimazione a

31 Il frammento della citata sentenza n. 6666 del 2003 è riportato da CARPENTIERI

P., op. cit., p. 20.

32 In tale senso BECCARIA M. L., op. cit., pp. 747 e ss. 33 Sul punto VACCARI S., op. cit., p. 262.

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negoziare derivante dal venir meno della aggiudicazione (ma non solo) come motivo di inefficacia del contratto, mentre nella citata sentenza n. 1885 del 1995, la Sezione II della Corte di Cassazione aveva sì qualificato l'annullamento della aggiudicazione come causa del difetto di legittimazione a negoziare, ma aveva collegato ad esso come conseguenza l'annullabilità del contratto, non la sua inefficacia. La contraddizione fu in parte giustificata dai Giudici di Palazzo Spada, che nella stessa sentenza n. 6666 del 2003 affermarono di aver ricollegato al difetto di legittimazione negoziale conseguente al venir meno di uno degli atti della procedura ad evidenza pubblica la sanzione della inefficacia perché “nei contratti ad evidenza pubblica gli atti della serie pubblicistica e quelli della serie privatistica sono indipendenti quanto alla validità; i primi condizionano, però, l'efficacia dei secondi, di modo che il contratto diviene ab origine inefficace se uno degli atti del procedimento viene meno per qualsiasi causa”. Tale risposta risultò tuttavia debole e poco convincente; prova ne furono alcune sentenze del giudice amministrativo di primo grado, che offrirono letture del fenomeno diverse rispetto a quella data dal Consiglio di Stato. Ne è un esempio la posizione presa da T.A.R. Piemonte Torino, Sez. II, 30 gennaio 2007, n. 464. In tale decisione, il giudice amministrativo, giudicando “ammissibili i motivi aggiunti presentati da un concorrente avverso l'aggiudicazione definitiva della gara, (omissis), gli atti correlati ed il contratto stipulato dall'aggiudicatario”, ed accogliendo la domanda di annullamento dell'aggiudicazione definitiva, si esprimeva sul destino del contratto pubblico in modo affatto peculiare. Il giudice amministrativo in questo caso infatti qualificava l'annullamento dell'aggiudicazione come vizio della volontà della P.A. di stipulare il contratto: inquadrata in tal modo la fattispecie dedotta in giudizio, si riteneva applicabile in via analogica l'articolo 1441 c.c., e quindi si ricollegava al contratto non la sanzione della inefficacia ma quella della annullabilità. Sembrava di

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assistere alla affermazione di uno schema già visto; senonché il giudice amministrativo piemontese aveva colto un aspetto ulteriore rispetto a quelli già individuati dalle precedenti (e citate) dottrina e giurisprudenza che avevano affrontato la questione del possibile inquadramento della sorte del contratto nell'ambito dell'annullabilità: il T.A.R. di Torino ritenne infatti che legittimato a far valere l'azione ai sensi dell'articolo 1441 c.c. fosse non solo la P.A., ma anche il privato che abbia interesse alla partecipazione alla gara d'appalto e che ottenga l'annullamento dell'aggiudicazione illegittima (si parlò di annullabilità assoluta, cioè con un sistema di legittimazione attiva non chiuso35). A

favore di tale opinione giocavano gli argomenti che facevano leva sulla garanzia costituzionale della effettività della tutela giurisdizionale dei privati ai sensi dell'articolo 24 Cost. e sulla risarcibilità dell'interesse legittimo sancita in Cass. Civ., SS. UU., 22 luglio 1999, n.500, in cui si qualificava per la prima volta anche l'interesse legittimo (e non solo il diritto soggettivo) come situazione giuridica soggettiva dotata di un proprio contenuto sostanziale, cioè un concreto bene della vita. In tal ottica, poteva configurarsi l'idea che l'annullamento potesse essere previsto dalla legge nell'interesse anche dei privati ricorrenti che avessero ottenuto l'annullamento dell'aggiudicazione, i quali, avendo interesse ad un bene della vita alla cui relativa posizione soggettiva bisognava assicurare tutela giurisdizionale effettiva, diventavano legittimati ai sensi dell'articolo 1441 c.c. ad esercitare la relativa azione. Si superava in tal modo la principale obiezione mossa alla teoria dell'annullabilità, e cioè che in base ad essa l'annullamento del contratto sarebbe potuto essere chiesto in giudizio solo dalla P.A., in quanto ritenuto l'unico soggetto legittimato ai sensi dell'articolo 1441 c.c.. La soluzione ora presentata aveva anche il merito di mostrarsi sensibile alla incidenza che le norme comunitarie avevano e hanno, tramite le norme interne di loro recepimento, sul nostro ordinamento:

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esse infatti fanno parte di quella “legge” che stabilisce, ai sensi dell'articolo 1441 c.c., chi sia il soggetto nel cui interesse sia prevista l'azione di annullamento, e sia quindi legittimato ad esercitarla. Si vedrà che sarà proprio un input del Legislatore comunitario a determinare la struttura della disciplina che ora regola la sorte del contratto pubblico la cui aggiudicazione sia stata annullata. Si può quindi notare come, nonostante prese di posizione, talvolta dai toni perentori, da parte degli organi vertice del nostro ordinamento giudiziario, si assistesse anche al termine del primo decennio del terzo millennio, ad una Babele di soluzioni e teorie in ordine alla sorte del contratto colpito dalla vicenda in esame.

Una ultima soluzione per inquadrare la vicenda nell'ambito di applicazione di un istituto civilistico fu fornita da autorevole ma risalente dottrina 36 , che qualificò il contratto pubblico la cui

aggiudicazione fosse andata incontro ad annullamento come inefficace, in quanto l'aggiudicatario illegittimo veniva paragonato al rappresentante senza potere e il contratto da lui concluso al negozio sottoponibile al regime dettato dall'articolo 1398 c.c, qui applicato in via analogica, ai sensi del quale “colui che ha contrattato come rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto”.

Queste sono state le teorie elaborate da giurisprudenza e dottrina circa la sorte del contratto pubblico a seguito dell'annullamento della sua aggiudicazione. Nel paragrafo successivo si tenterà di definire il

36 Si veda sul tema SANDULLI A. M., Deliberazione di negoziare e negozio di

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panorama di competenze e prerogative che spettavano ai giudici ordinario e amministrativo in relazione alle ipotesi in esame.

2. I risvolti processuali delle diverse impostazioni in

ordine

alla

sorte

del

contratto

a

seguito

dell’annullamento dell’aggiudicazione

Le teorie testé illustrate hanno tutte una particolarità in comune: con esse si tenta sempre di trovare una via che consenta di creare un collegamento, un “ponte”, fra la sorte degli atti e provvedimenti amministrativi e quella del contratto pubblico. La conseguenza, come forse si sarà notato ma come certamente non mancò di far notare parte della dottrina37, era che, attraverso un inquadramento da un punto di

vista di diritto sostanziale della vicenda, si cercava di determinare anche quali fossero le norme processuali applicabili al contratto nato da un procedimento viziato. Tali norme processuali variavano a seconda della tesi sostenuta.

2.1. Le implicazioni processuali della teoria dell’annullabilità

La teoria della annullabilità, come formulata dalla giurisprudenza della Cassazione (vedasi le citate sentenze n. 1885 del 1995 e n. 4269 del 1996), affermava che il contratto sorto da una procedura ad evidenza pubblica culminata in un provvedimento viziato fosse annullabile attraverso l'azione disciplinata dall'articolo 1441 c.c., al cui esercizio risultava legittimato il soggetto nel cui solo interesse si ritenevano dettate le norme disciplinanti il procedimento concorsuale,

37 BECCARI D., La sorte del contratto a seguito dell'annullamento

dell'aggiudicazione: questioni di giurisdizione, in Urbanistica e appalti, 2008, 6, pp. 751 e ss.

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cioè l'ente pubblico; ciò aveva come corollario processuale l'affermazione di quello che fu definito uno “sdoppiamento dei plessi giurisdizionali”38; infatti, il concorrente escluso dall'affidamento del

lavoro, servizio o fornitura avrebbe dovuto far valere le proprie ragioni attraverso due passaggi, dapprima dinanzi al giudice amministrativo, che avrebbe annullato l'aggiudicazione illegittima, e successivamente confidare che la P.A. che aveva stipulato il contratto si presentasse innanzi al giudice ordinario, per chiedere l'annullamento del contratto, adducendo come fondamento dell'esercizio dell'azione ai sensi dell'articolo 1441 c.c. la sentenza di annullamento della aggiudicazione del giudice amministrativo. Senza dimenticare che il ricorrente avrebbe potuto comunque trovare tutela immediata nel giudizio di ottemperanza relativo alla sentenza di annullamento dell'aggiudicazione, si assisteva in generale ad uno sdoppiamento dei passaggi attraverso cui il ricorrente trovava tutela giurisdizionale effettiva; tale modello risultava tuttavia non pienamente conforme con gli sviluppi normativi e giurisprudenziali di quegli anni relativi alla risarcibilità dell'interesse legittimo, di cui si darà immediatamente conto.

I Giudici di Cass. Civ., SS.UU., 22 luglio 1999, n. 500 si erano infatti mostrati propensi al superamento del meccanismo di tutela basato sul c.d. “sistema del doppio binario”39, che si sviluppava nel

preventivo annullamento dell'atto amministrativo illegittimo da parte del giudice amministrativo e poi nel riconoscimento del diritto al risarcimento del danno cagionato dall'atto illegittimo, ad opera del giudice ordinario. La Corte di Cassazione, nella decisione in commento, nel riconoscere in generale la risarcibilità della lesione di

38 BECCARI D., op. cit., p. 753. 39 CARPENTIERI P., op. cit., p. 15.

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tutti gli interessi legittimi (e non solo quindi di quelli oppositivi), arrivava infatti a concentrare le forme di tutela ripristinatoria e risarcitoria in capo ad uno stesso organo giudicante, cioè al giudice ordinario, il quale quindi acquisiva la competenza a decidere non solo sulla fattispecie costitutiva del diritto al risarcimento del danno cagionato dall'atto amministrativo la cui legittimità era contestata ma, in presenza di determinati interessi legittimi pretensivi lesi, anche sulla legittimità dell'atto amministrativo stesso (in via di cognizione incidentale), eventualmente procedendo, nel caso in cui vi avesse ravvisato un vizio, alla sua disapplicazione.

L'impostazione coniata dal Giudice di legittimità, imperniata sulla individuazione di un unico giudice capace di attivare sia la tutela propria del giudice amministrativo, consistente nell'annullamento dell’atto, che quella propria del giudice ordinario, consistente nell'accoglimento delle pretese risarcitorie relative ai danni cagionati dall'atto impugnato, fu tradotta dal Legislatore in un intervento normativo immediatamente successivo alla sentenza citata, e cioè nella l. 21 luglio del 2000, n. 205, il cui articolo 7 provvide a riformare l'articolo 7 della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, attraverso la riscrittura dell'articolo 33, II comma, lett. d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, collocando nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (non quindi in capo al giudice ordinario, come suggerito dalle Sezioni Unite) “tutte le controversie aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti comunque tenuti alla applicazione delle norme comunitarie o della normativa nazionale e regionale di disciplina di dette procedure”40, e quindi a prescindere dalla situazione

soggettiva oggetto di tali controversie. Nel medesimo senso si

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esprimeva l'articolo 6 della stessa legge, poi confluito nell'articolo 44 del Codice dei contratti pubblici del 2006. Il giudice amministrativo quindi veniva adesso a trovarsi titolare sia di un potere giurisdizionale di carattere ripristinatorio, attivabile di fronte alla illegittimità di un atto inerente alla procedura ad evidenza pubblica, sia di un potere relativo alla definizione delle controversie di carattere risarcitorio connesse ai danni cagionati dagli atti procedimentali viziati, sia per equivalente che in forma specifica. Da notare che è da collocarsi in questo periodo la nascita di quella corrente di pensiero che riteneva che il risarcimento in forma specifica del ricorrente che avesse vittoriosamente impugnato l'aggiudicazione si traducesse nel suo subentro nel contratto che a tale aggiudicazione viziata era seguito, e poiché tale subentro presupponeva il travolgimento del contratto così come nato dalla procedura viziata, le controversie relative alla sorte del contratto pubblico finivano per essere strettamente collegate a quelle rese oggetto della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, così come determinata dalla l. n. 205. Si vedrà successivamente (Cap. II) come tale impostazione abbia continuato ad influenzare il Legislatore e nella stesura del decreto legislativo 20 marzo 2010, n. 53 e nell'articolo 124 c.p.a., ma come anche essa appaia inesatta in virtù delle considerazioni da taluno espresse41. La teoria dell'annullabilità del

contratto sorto da aggiudicazione annullata sembrava quindi essere esposta, oltre che alle critiche viste, anche alla contestazione del fatto che essa portava al trasferimento della competenza di statuire circa la sorte del contratto pubblico in capo al giudice ordinario mentre tale competenza risultava, nel quadro normativo vigente, devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in quanto la caducazione del contratto poteva costituire oggetto di domanda accessoria a quella di risarcimento, su cui era chiamato ad esprimersi il

41 Sul punto si veda FOLLIERI E., I poteri del giudice amministrativo nel decreto

legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120-124 del codice del processo amministrativo, in Dir. Proc. Amm.-4/2010, pp. 1109 e ss.

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32 giudice amministrativo appunto.

2.2. Le implicazioni processuali della teoria dell’inefficacia

Più in linea con il nuovo accentramento di poteri cognitivi e decisori in capo al giudice amministrativo risultava essere la teoria espressa dal Consiglio di Stato nella citata sentenza n. 6666 del 2003, secondo cui il venir meno del contratto pubblico era addebitato al fatto che l'annullamento dell'aggiudicazione determinava la carenza ex tunc della legittimazione a contrarre della Amministrazione, e quindi l'inefficacia sopravvenuta e relativa del negozio, travolto “dall'incidenza esterna di interessi giuridici preminenti”42. Il ricorrente

vittorioso avrebbe potuto quindi chiedere la declaratoria di inefficacia del contratto, anche se non era pacifico che tale potere giurisdizionale spettasse effettivamente al giudice amministrativo, pur essendo invece certi sul fatto che esso fosse attivabile solo su istanza di parte. Sul punto si espresse tuttavia un orientamento di parte della giurisprudenza amministrativa, per esempio Cons. Stato, Sez. VI, 6 luglio 2006, n. 4295, che appunto riteneva che la declaratoria di inefficacia del contratto pubblico andasse domandata al giudice amministrativo. Come si sarà notato, la teoria dell'inefficacia del contratto pubblico, presupponendo che l'annullamento dell'aggiudicazione produca sul contratto pubblico un vizio che definiremmo speciale, il quale esula da qualsiasi stretto inquadramento civilistico, e facendo sì che la sorte del contratto venga rimessa al potere decisorio del giudice amministrativo, si traduceva in un superamento completo del pensiero espresso da Giannini43 e basato su una separazione netta fra la fase della procedura

concorsuale (le cui patologie erano di competenza del giudice

42 BECCARI D., op. cit., p. 753.

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amministrativo) e la stipula del contratto pubblico, considerata come una tradizionale vicenda privatistica completamente sganciata dalla precedente procedura pubblicistica, di competenza quindi del giudice . Per i sostenitori di tale impostazione, “il contratto è stato tradizionalmente ritenuto un limite invalicabile all'effetto conformativo della sentenza amministrativa di annullamento”44.

2.3. Le implicazioni processuali delle teorie della nullità e della caducazione automatica

Anche per quanto riguardava la teoria della nullità (sia nella versione della nullità virtuale che in quella della nullità strutturale) del contratto pubblico, fu compiuta una complessa attività, di matrice soprattutto giurisprudenziale, rivolta a determinare i corollari che a livello processuale avrebbe determinato l'accettazione di tale teoria. Come si ricorderà, i difetti della tesi in questione erano due: da una parte si creava un meccanismo per far venire meno il contratto pubblico la cui aggiudicazione fosse stata annullata che non era soggetto a prescrizione, e che poteva essere azionato a distanza di decenni; dall'altra, si strutturava tale meccanismo come dotato di un sistema di legittimazione per attivarlo aperto, senza preclusioni. Per rispondere alla debolezza di questi due aspetti dell'impostazione, i Giudici di Palazzo Spada, nell'ordinanza n. 3355 del 2004 (citata), e il Consiglio di Giustizia Amministrativa siciliano, nell'ordinanza n. 104 del 2005, ritennero che dal punto di vista processuale, la nullità del contratto derivante dall'annullamento della sua aggiudicazione potesse essere azionata in giudizio ma solo secondo le regole procedurali previste per le controversie innanzi al giudice amministrativo. Come affermato dalla dottrina che si trovò ad analizzare tali ordinanze, “non è possibile applicare per intero la disciplina civilistica all'ipotesi de quo,

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ma (omissis) occorre coordinarla con il rito processual amministrativistico”45. La nullità del contratto poteva essere quindi

chiesta innanzi al giudice amministrativo in via accessoria al ricorso presentato per ottenere l'annullamento del ricorso, e quindi si applicava a tale domanda la disciplina prevista per il ricorso stesso, sia in tema di legittimazione (non è più “chiunque vi abbia interesse” a poter chiedere la nullità del contratto, ma soltanto il ricorrente che impugni l'aggiudicazione, dimostrando con l'impugnazione quell'interesse che è base della legittimazione per poter esercitare l'azione disciplinata dagli articoli 1418 e ss. c.c.), sia in tema di termini per la presentazione della stessa (si applicava anche alla domanda di nullità il termine di 30 giorni a partire dalla comunicazione del provvedimento previsto per poter presentare ricorso contro lo stesso). L'affermazione del termine decadenziale per la presentazione della domanda di declaratoria della nullità escludeva inoltre che il giudice potesse rilevare ex officio la nullità (come invece è previsto dall'articolo 1421 c.c.), in quanto altrimenti si sarebbe eluso il rispetto del termine stesso. Ad ogni modo, anche in questo caso, gli organi di vertice della Giustizia Amministrativa ritenevano che competente a decidere sulla sorte del contratto fosse il giudice amministrativo.

Per quanto riguarda infine la tesi della caducazione automatica del contratto pubblico, essa consentiva di contemplare in capo al giudice amministrativo che annullava l'aggiudicazione il potere di carattere officioso (differente quindi da quello che riceveva nella impostazione basata sulla inefficacia sopravvenuta e relativa) di dichiarare l'avvenuto effetto caducante sul contratto. Tale orientamento, e i corollari da esso derivanti sul piano processuale, parvero trovare conferma, come già detto, nell'articolo 246 del decreto legislativo 12

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aprile 2006, n. 163, in cui si faceva appunto riferimento, seppur in termini esclusivi, alla caducazione del contratto pubblico la cui aggiudicazione fosse stata annullata.

Come visto, optare per una diversa soluzione relativamente alla sorte del contratto pubblico aveva dei risvolti da un punto di vista processuale non indifferenti, incidendo sulla officiosità o meno del potere del giudice in ordine al contratto, sulla definizione dei termini e sulla individuazione dei soggetti legittimati ad eventualmente chiamare in causa il giudice su tale questione. Un punto sembrava tuttavia fuori discussione, e cioè la competenza del giudice amministrativo a decidere sul mantenimento o meno del contratto pubblico; tale unica certezza venne tuttavia meno nel 2007.

2.4. La presa di posizione della Corte di Cassazione in ordine all’individuazione del giudice competente a decidere sulla sorte del contratto

Con l'intervento di Cass. Civ., SS. UU., 28 dicembre 2007, n. 27169 infatti, il Giudice di legittimità prese posizione, “con effetti dirompenti” 46 , relativamente al riparto delle giurisdizioni

amministrativa e civile nella materia inerente alla sorte del contratto pubblico nato da una procedura concorsuale viziata: come ebbe a dire la dottrina, il nuovo orientamento fatto proprio dalla Corte di Cassazione avrebbe riportato indietro l'orologio del tempo47. Le

Sezioni Unite infatti rifiutavano qualsiasi teoria fin qui esposta in ordine alla qualificazione della sorte del contratto, a prescindere dalla soluzione via via prospettata (annullabilità, nullità, caducazione

46 BECCARI D., op. cit., p. 753.

47 In tal senso MARTINO S., Annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto

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