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Il recepimento della direttiva 2007/66/CE nel nostro

3. La direttiva 2007/66/CE ed il suo recepimento tramite la legge

3.2. Il recepimento della direttiva 2007/66/CE nel nostro

La direttiva Ricorsi ha avuto recepimento nel nostro sistema interno secondo un iter particolare. Innanzitutto, di essa si dispone il recepimento attraverso la legge 7 luglio 2009, n. 88 (c.d. Legge comunitaria 2008) che delega il Governo affinché provveda al recepimento della direttiva attraverso una disciplina frutto dell'esercizio del potere legislativo delegato effettuato in base ai principi e criteri direttivi contenuti all'articolo 44 della stessa legge. Si prevede tuttavia che prima della emanazione del decreto legislativo delegato venga acquisito il Parere del Consiglio di Stato. La l. n. 88 del

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2009 struttura la delega su vari punti. Innanzitutto, si prevede che la disciplina sul contenzioso relativo agli appalti pubblici che sarà contenuta nel decreto delegato si applichi a tutti i contratti di appalto pubblico di lavori, servizi e forniture, indipendentemente dalla loro rilevanza comunitaria; peraltro, come segnalato da alcuno63, non si fa

alcun riferimento alla applicabilità o meno di detta disciplina ai contratti pubblici che non consistano nell'appalto di lavori, servizi e forniture, questione che rimane quindi insoluta.

Per quanto riguarda poi la privazione di effetti del contratto pubblico in presenza delle ipotesi contemplate dalla direttiva, l'articolo 44 della l. n. 88 del 2009 afferma che essa possa essere disposta dal giudice amministrativo, in quanto tali questioni rientrano nell'ambito della sua giurisdizione esclusiva e di merito: la sorte del contratto non è più quindi materia rimessa alla competenza incontestabile del giudice ordinario, come avevano affermato le Sezioni Unite nel 2007, ma essa viene ricondotta nell'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, il quale può avvalersi per le controversie di tal specie dei poteri connessi alla giurisdizione di merito. Oltre a quanto illustrato, però, la legge delega appare quanto mai laconica, non prendendo posizione né sulla qualificazione dell'effetto che si produce sul contratto a seguito dell'annullamento dell'aggiudicazione, il quale viene indicato con la generica formula “privazione di effetti” usata nella traduzione della direttiva Ricorsi ma che non trova riscontri nel nostro ordinamento, né tanto meno sui caratteri della azione e sulle modalità di esercizio dei poteri del giudice amministrativo.

L'articolo 44, III comma, lettera h) prosegue poi nell'individuazione delle 3 categorie di vizi ai quali si dovrà accompagnare una risposta

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dell'ordinamento, relativamente al contratto nato dalla procedura da questi colpita, la cui disciplina dovrà essere strutturata secondo i seguenti principi e criteri direttivi.

In relazione ad una prima categoria di vizi della procedura pubblicistica, nello specifico quelli contemplati all'articolo 2-quinquies, paragrafo 1, lettere a) e b) della direttiva 89/665/CEE e all'articolo 2-

quinquies, paragrafo 1, lettere a) e b) della direttiva 92/13/CEE, dovrà

operare la privazione di effetti del contratto sorto da tale procedura. Si tratta di casi in cui si è avuto o un affidamento diretto del lavoro, servizio o procedura, ed è quindi mancato completamente lo svolgimento della procedura concorsuale, o di casi in cui si è avuta la violazione dei termini dilatori per la stipulazione del contratto, ma solo nel caso in cui la violazione abbia “privato l'offerente che presenta ricorso della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipula del contratto quando tale violazione si aggiunge ad una violazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, se quest'ultima violazione ha influito sulle opportunità dell'offerente che presenta ricorso di ottenere l'appalto”. In tali ipotesi, al giudice amministrativo che annulla l'aggiudicazione verrà lasciata “la scelta, in funzione del bilanciamento degli interessi coinvolti nei casi concreti, tra privazione di effetti retroattiva o limitata alle prestazioni da eseguire” (citato dalla disposizione). E' previsto tuttavia che la privazione degli effetti non operi qualora il rispetto di esigenze imperative connesse da un interesse generale imponga che gli effetti del contratto siano mantenuti.

Viene poi individuata una seconda categoria di vizi, corrispondenti a quelli indicati all'articolo 2-sexies, paragrafo 1 della direttiva 89/665/CEE e all'articolo 2-sexies, paragrafo 1, della direttiva 92/13/CEE; si tratta di altre ipotesi di violazione del termine dilatorio.

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In relazione a questi casi si dovrà prevedere che sia il giudice amministrativo che annulla l'aggiudicazione a scegliere, “in funzione del bilanciamento degli interessi coinvolti nei casi concreti, tra privazione di effetti del contratto e relativa decorrenza, e sanzioni alternative”. In tali ipotesi, quindi, la mancata privazione di effetti del contratto non deve discendere necessariamente dalla presenza di esigenze imperative connesse ad un interesse generale, ma si ritiene giustificata dalla necessità di operare un bilanciamento di interessi.

Infine, viene poi individuata una categoria residuale, composta da tutti i vizi che possono colpire la procedura concorsuale e che non rientrano nelle categorie precedentemente menzionate: in relazione a tali vizi, si dovrà prevedere in capo al giudice che annulla l'aggiudicazione il potere di scelta, in funzione del bilanciamento degli interessi coinvolti nei casi concreti, fra privazione di effetti del contratto sorto dalla procedura viziata e relativa decorrenza, ovvero risarcimento per equivalente del danno subito e comprovato.

La disciplina data dal decreto legislativo delegato dovrà inoltre definire i limiti edittali di quelle che vengono definite “sanzioni alternative”, da irrogare in capo alla stazione appaltante nel caso in cui vi sia un vizio contemplato nelle 3 categorie di cui sopra, ma non si sia avuta la privazione di effetti del contratto. Si afferma inoltre che il giudice competente ad irrogare dette sanzioni dovrà essere il giudice chiamato a decidere sulla sorte del contratto.

A ben vedere, la norma di delega non offre una traduzione in termini civilistici della formulazione “privazione di effetti” che sia capace di collegare tale istituto con quelli di diritto comune conosciuti dal nostro ordinamento, limitandosi anzi a riprodurre quanto detto

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nella direttiva. La sorte del contratto pubblico la cui aggiudicazione sia stata dichiarata illegittima sembra migrare dall'ambito di applicazione degli schemi civilistici, sì da non poter risultare confermata dalla direttiva nessuna delle tesi (nullità, annullabilità, caducazione o inefficacia) precedentemente espresse in ordine al destino del contratto stesso. Tuttavia, la laconicità sul tema del Legislatore delegante pare avere una ratio chiara: arrivare ad inquadrare il fenomeno che si produce sul contratto pubblico nel momento in cui l'aggiudicazione viene meno fra le conseguenze, di carattere squisitamente processuale, della sentenza di annullamento dell'aggiudicazione stessa. Ciò ha una sua logica specifica: nel momento in cui si ritiene che la sorte del contratto sia un fenomeno estraneo alle dinamiche disciplinate dallo statuto contrattuale di diritto civile, si arriva a inquadrare la questione in un ambito in cui il giudice amministrativo opera senza incontrare limiti al suo potere di cognizione e di decisione. Il giudice amministrativo riceve in tal ottica i poteri necessari per procedere ad una rimodulazione dell'assetto contrattuale una volta venuta meno l'aggiudicazione, rimodulazione che non opera in modo rigido, ma che può essere calibrata dal giudice in base ai diversi interessi che entrano in gioco nel singolo caso concreto, e ciò per garantire anche un maggior apprezzamento dell'interesse pubblico (nella sua nuova formulazione di cui si è dato conto precedentemente). Seguendo questo

iter argomentativo si spiega perché il giudice amministrativo riceva nel

contenzioso relativo ad appalti pubblici i penetranti poteri propri, oltre che della giurisdizione esclusiva, anche di quella di merito. Come si avrà modo di analizzare più oltre, la questione relativa al mantenimento in vita o meno del contratto pubblico viene calata in una dimensione “pan-processuale” o anche “giudice-centrica” 64 ,

funzionale a ricondurla entro il perimetro di competenza del giudice che annulla l'aggiudicazione, in modo che esso possa declinare gli

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effetti concreti della sua decisione alla luce dei diversi interessi in gioco nel caso concreto e decidere eventualmente sulla opportunità di optare per la conservazione del contratto o per la sua privazione di effetti, ed in tal caso se retroattivamente o meno.

3.3. L’attuazione della legge delega 7 luglio 2009, n. 88 ad opera