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Come molti approcci teorici in contesti didattici e non, anche il CL non è immune da critiche. Abbiamo già visto come i suoi studiosi e sostenitori lo applichino in maniera differente, vediamo ora nello specifico quali sono i suoi presunti punti deboli, facendo riferimento alle analisi svolte da studiosi e sperimentatori del CL e soprattutto riportando le risposte alle critiche avanzate nei confronti dell’utilizzo di questo approccio didattico.

Robert E. Slavin (1990) nel suo articolo Research on Cooperative learning:

Consensus and Controversy mette l’accento sul fatto che i ricercatori sono

d’accordo sugli effetti positivi del CL, ma non sono d’accordo sulle condizioni necessarie affinché questo tipo di approccio sia veramente efficace. Gli studi su cui l’autore basa le sue analisi sono compiuti almeno su quattro settimane di lavoro con classi di controllo che hanno effettuato lo stesso test per la verifica dei risultati. Le sperimentazioni alle quali lo studioso fa riferimento sono numerose, tuttavia:

«the areas of agreement among cooperative learning researchers far outweigh the areas of disagreement. Yet there remain several keys of controversy among researchers and reviewers that concern the conditions under which cooperative learning is instructionally effective» (Slavin 1990:52).

La mancanza di accordo, quindi, sembra essere più su come il CL debba essere applicato che sull’efficacia dell’approccio in sé. La controversia, sottolinea l’autore, nascerebbe quindi dall’individuazione delle condizioni specifiche da rispettare per ottenere effetti positivi.

Il dubbio che il CL possa essere efficace a qualsiasi livello di scolarizzazione è stato uno degli argomenti più dibattuti (Newman et al. 1987). Sono infatti numerosi gli studi che ne confermano l’efficacia nei cicli di studio primari, ma non altrettanto numerosi per quanto riguarda quelli secondari.

Un’altra questione discussa è l’efficacia del CL applicato all’insegnamento di materie più specifiche (definite high-order skill come ad esempio la scrittura creativa, in contrapposizione alle basic-skills come la matematica, le lingue e la lettura). Davidson (1985) mette in dubbio che la responsabilità individuale sia una condizione necessaria, la sua posizione viene condivisa anche a livello universitario da diversi studi accademici.

Questi dubbi sembrano legati soprattutto alla parte relativa ai risultati prettamente scolastici. Per quanto riguarda invece gli effetti sulle relazioni in gruppi assortiti dal punto di vista etnico, si riscontra un’efficacia pressoché unanime: il CL abbatte le differenze e favorisce l’inclusione (Slavin 1990).

Un’altra analisi sulle contraddizioni del CL possiamo trovarla in un’intervista a George M. Jacobs (Kimura 2009), insegnante a Singapore, che si è sempre occupato di CL e di altre ricerche pedagogiche student-centered. Le risposte alle domande che gli vengono poste infatti aiutano a capire su cosa si basi il CL e ad affrontare alcuni dei problemi che si potrebbero presentare durante il suo utilizzo. In questa sede si è pensato di riportare alcune domande e risposte dell’intervista ritenute più significative.

Come fa il CL a essere simile ma non uguale al semplice lavoro di gruppo o al lavoro di coppia?

Ciò che distingue l’apprendimento cooperativo è che sia studenti che docenti compiono uno sforzo speciale nel creare un ambiente di lavoro dove tutti sono importanti e dove il “Tutti per uno, uno per tutti” è lo spirito motore di tutto il gruppo. Nei gruppi normali solitamente stanno semplicemente seduti insieme non in cooperazione ma addirittura in competizione l’uno con l’altro. L’apprendimento cooperativo offre invece diversi modi per promuovere la cooperazione.

La risposta a questa domanda pone l’accento su un aspetto fondamentale da non sottovalutare soprattutto in ottica di programmazione da parte del docente. Non si tratta di gruppi “normali”, gruppi competitivi, ma di gruppi che funzionano veramente solo se lavorano insieme, non nel senso temporale ma nel senso del fine comune raggiungibile esclusivamente con l’apporto di tutti. Per ottenere ciò il CL propone diversi principi.

Quali sono alcuni di queste principi?

Il principio fondamentale è quello della interdipendenza positiva in altre parole il sink or swim together. Un esempio di questo tipo di interdipendenza è fornito quanto si sottopone un test da completare dove non tutti hanno tutte le informazioni ma ognuno è in possesso di una parte di informazioni che dovrà condividere con gli altri in modo che tutto il gruppo funzioni. Non possiamo sicuramente fare affidamento su questo tipo di cooperazione in gruppi normali in cui tutti hanno le informazioni e il materiale di cui ha bisogno per affrontare il compito anche da solo.

Perché l’interdipendenza è così importante?

Uno degli errori che si fa più spesso è quello di pensare che l’interdipendenza esista già nella testa delle persone. L’apprendimento cooperativo fornisce agli insegnanti gli strumenti per cercare di regolare la percezione degli studenti della loro interdipendenza con gli altri. Utilizzando una metafora sportiva, se alcuni nuotatori sono nello stesso team in una gara a squadre, sarebbe nell’interesse di ognuno dei nuotatori che il loro compagno di squadra faccia una buona gara e quindi, se necessario, sarebbe ancora di più nel loro interesse aiutarlo ad ottenere questo risultato. Gli insegnanti possono promuovere e rafforzare l’interdipendenza positiva in modo che gli studenti siano più disposti ad aiutarsi a vicenda. Ad esempio, partecipanti dello stesso gruppo possono essere incoraggiati a capire che il loro compito rimane incompleto anche se hanno finito la loro parte, e rimarrà incompleto fino a quando ognuno non avrà acquisito le capacità necessarie per completarlo da soli. Inoltre, una volta che un gruppo ha finito un compito così vasto, la speranza è che loro si sentano positivamente interdipendenti con gli altri gruppi e vogliano aiutare anche loro se necessario.

Il lavoro preventivo del docente dovrà essere quello di spiegare e rendere chiara l’importanza dell’interdipendenza. Senza interdipendenza positiva nessuno degli studenti raggiunge i risultati. Questo deve servire come elemento necessario

per stimolare il lavoro degli alunni ma non come ulteriore elemento di pressione sulle aspettative nei loro confronti, in quanto potrebbe comportare l’effetto contrario compromettendo il lavoro di tutto il gruppo.

Qual è un altro principio dell’apprendimento cooperativo? Una delle preoccupazioni maggiori degli insegnanti è la paura che all’interno dei gruppi alcuni studenti possano approfittare dell’impegno dei compagni lasciando agli altri la maggior parte del lavoro. Il principio della responsabilità individuale che vede ogni singolo studente impegnato a mostrare e a dire cosa ha imparato e cosa non ha imparato ci aiuta in questo senso. Una tecnica utile potrebbe essere quella di verificare le singole competenze degli studenti chiamandoli seguendo un ordine casuale.

Come si può procedere quando gli studenti non vanno d’accordo tra loro?

Questo può succedere ma si può comunque intervenire anche in questo senso. Si può fare leva infatti sull’interdipendenza positiva creando delle attività di team-building e insegnando delle capacità cooperative.

Cosa si intende per capacità cooperative?

La capacità cooperative sono quelle che utilizziamo per cooperare con gli altri, come ad esempio: chiedere aiuto, obbiettare

in maniera educata, esprimere ammirazione etc.

Come si possono insegnare le capacità cooperative?

La risposta a questa domanda è in una procedura in sei passi elaborata al Cooperative Learning Center dell’Università del Minnesota.

• Discutere con gli studenti sul perché queste capacità sono importanti.

• Aiutare gli studenti a capire gli aspetti verbali e non verbali dell’utilizzo di queste capacità.

• Permettere agli studenti di utilizzare queste capacità in contesti diversi rispetto a quelli specifici del corso.

• Incoraggiare gli studenti ad usare le proprie capacità mentre lavorano insieme per imparare i contenuti del corso.

• Coinvolgere gli studenti nel discutere sul come e sul quanto bene stiano usando le loro capacità, magari con l’aiuto dell’insegnante e le osservazioni degli studenti.

• Aiutare gli studenti anche per un lungo periodo di tempo nell’utilizzare le loro capacità regolarmente.

Responsabilità individuale, disaccordo tra gli studenti e capacità

cooperative sono argomenti strettamente interconnessi tra loro. Le risposte ci offrono degli spunti su come operare sia per garantire il primo e il terzo elemento ed evitare il secondo. Probabilmente la soluzione offerta per il secondo (attività di

team building), potrebbe portare via un po’ di tempo alla didattica vera e propria

ma aiuterebbe a rendere il gruppo più funzionale sia dal punto di vista didattico che sociale.

Alcuni studenti sono più timidi di altri e il fare delle domande anche ai loro compagni potrebbe essere un problema. Come si può promuovere un ambiente di fiducia anche per questo tipo di studenti? Questo è un problema molto comune e molto importante. Alcuni accorgimenti utili atti ad evitare questo tipo di situazione potrebbero essere i seguenti:

- Preparare gli studenti con un pre-insegnamento. Permettendo l’accesso alle risorse, insegnando le capacità cooperative, formando dei gruppi misti in termini capacità e dando degli obiettivi fattibili. - Enfatizzare l’interdipendenza positiva.

- Includere brevi attività di team-building.

Quando gli studenti imparano insieme, non c’è il rischio che si possano indurre all’errore a vicenda?

Il rischio è presente, a volte gli insegnanti stessi possono farlo. Il CL però costringe gli studenti a produrre di più facilitando il lavoro di verifica delle competenze degli insegnanti e

permettendogli conseguentemente di intervenire in tempo nella correzione dell’errore.

Le difficoltà legate alla creazione di un ambiente di fiducia che favorisca l’intervento anche degli studenti più timidi, nonostante le valide soluzioni proposte dallo studioso, è un rischio che potrebbe comunque presentarsi all’interno dei gruppi che lavorano in CL. Le insicurezze degli studenti potrebbero manifestarsi non solo nel macro contesto della classe, ma anche nel micro contesto del gruppo. In tal senso l’integrazione del BYOD con il CL potrebbe venire incontro a questo problema. Questi strumenti permetterebbero infatti agli studenti di non dover esporsi direttamente ma di farlo invece utilizzando il proprio dispositivo portatile- Sarebbero così aiutati ad esprimersi nonostante la loro timidezza. Stesso discorso si potrebbe fare per il rischio di commettere un errore e di indurre gli altri componenti del gruppo a fare lo stesso. Interfacciarsi con un dispositivo potrebbe facilitare sia il lavoro di autoverifica degli studenti che il lavoro di correzione dell’insegnante.

Altre domande pongono dell’intervista l’accento sul ruolo del docente, Jacobs si limita a consigliare un approccio lento e graduale così da permettere agli studenti di capire ed entrare in un contesto cooperativo.

È chiaro che le risposte date sono relative a dubbi generici sull’utilizzo del CL, non possiamo pretendere una soluzione precisa per ogni tipo di gruppo di apprendimento (si fa spesso riferimento a gruppi assortiti di studenti ma non è detto che i docenti si confrontino sempre con questo tipo di contesto). La forza del CL risiede anche nella sua versatilità. Le indicazioni date nelle risposte possono offrirci un metodo generico, applicabile a diverse realtà. Una di queste, come accennato, è l’insegnamento con strumenti multimediali, che segue l’evoluzione della nostra era anche dal punto di vista tecnologico.

Lasciamo all’ultima parte di questo lavoro lo studio e i risultati dell’interazione tra CL e i dispositivi portatili multimediali. Prima di valutare le potenzialità dell’interazione di CL e BYOD è necessaria infatti un’analisi di questi ultimi a prescindere dal loro utilizzo in apprendimento cooperativo.

Capitolo Terzo