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Il BYOD come strumento per la didattica

3 Il BYOD: Bring Your Own Device

3.2 Il BYOD come strumento per la didattica

L’utilizzo del BYOD non si è fermato al solo contesto aziendale ma ha trovato spazio anche in contesti didattici. Prima di utilizzarlo in questo studio sperimentale, ho ritenuto opportuno consultare studi e sperimentazioni condotte sia in Italia sia all’estero.

Tra le analisi effettuate avrà molto peso per il nostro studio la sperimentazione condotta nel Corso di Glottodidattica dalla prof. Daria Coppola, durante la quale mi è stato possibile sia sperimentare indirettamente questo metodo, sia approfondirlo dal punto di vista teorico attraverso ricerche, approfondimenti e dibattiti.

Il primo caso di studio sui BYOD a cui facciamo riferimento però è quello dell’esperto in tecnologie mobili per la didattica Mal Lee (2015). Il Professor Lee è una figura di riferimento nella ricerca e nella documentazione dell’evoluzione tecnologica nelle scuole, esperto degli effetti della tecnologia sull’insegnamento, nella collaborazione casa scuola, ed esperto di BYOD e dei suoi benefici educativi. Nelle sue ricerche, in realtà, l’acronimo utilizzato dallo studioso è BYOT, bring

your own technology. La differenza fondamentale sarebbe nel fatto che il BYOD è

un dispositivo specifico indicato dalla scuola da far acquistare agli studenti, mentre il suo acronimo farebbe riferimento a dispositivi che gli studenti scelgono da soli e vengono già utilizzati al di fuori di un contesto didattico da integrare in classe e da utilizzare come strumenti per l’apprendimento4.

Lee sostiene che l’utilizzo di questo tipo di tecnologie è di fondamentale importanza in una scuola moderna e in continua evoluzione digitale. Tuttavia, la

4 Per gli scopi della nostra ricerca con l’acronimo BYOD ci riferiamo al caso descritto con

situazione attuale presenta alcuni paradossi. Nonostante questa evoluzione digitale infatti sia presente in quasi tutte le scuole e nel “mondo reale” e la digitalizzazione abbia già investito studenti e docenti, sono ancora poche le scuole che fanno affidamento su questi dispositivi per agevolare i processi di apprendimento e di insegnamento. Le ragioni sembrano essere diverse e non banali.

Innanzitutto, l’utilizzo dei BYOT richiederebbe un cambiamento nel modo di concepire l’insegnamento, quindi il passaggio da un approccio basato sulla “carta” a uno digitale, dove la scuola sia in costante adattamento ai frequenti cambiamenti del mondo digitale e che possa quindi affrontare i rischi di tale approccio. La maggior parte dei dirigenti scolastici, degli accademici e dei coordinatori didattici vedono questi dispositivi come un semplice sviluppo tecnologico con l’unico vantaggio di un risparmio sull’acquisto degli strumenti da parte dell’istituto. La parte operativa viene delegata ai tecnici del settore e il responsabile della didattica si limiterebbe ad avere una conoscenza superficiale degli strumenti. Questo tipo di approccio si traduce in una segmentazione dell’organizzazione del lavoro parallela a quella delle scuole con un’organizzazione didattica basata su carta. Il risultato quindi non sarebbe altro che un risparmio sulla spesa di strumenti che, comunque, non verrebbero utilizzati al pieno delle loro potenzialità.

Lee ritiene necessari tre elementi chiave dai quali non si può prescindere nel momento in cui ci accingiamo ad utilizzare il BYOD in un contesto didattico. Il primo è il motivo che ci spingerebbe ad utilizzarli. il secondo è la disponibilità da parte della scuola, o di qualsiasi contesto didattico dove lo si voglia applicare, ad accettare questo tipo di cambiamento, il terzo è ciò di cui si ha bisogno per favorire il processo di cambiamento dal modello “cartaceo” a quello BYOD.

La definizione di BYOD inteso come strumento per la didattica proposta dallo studioso ne riassume le sue caratteristiche e le sue potenzialità chiarendo anche il punto di vista dello studioso a riguardo:

Bring your own technology (BYOT) is an educational development and a supplementary school technology resourcing model where the home and the school collaborate in arranging for

the young’s 24/7/365 use of their own digital technology/ies to be extended into the classroom to assist their teaching and learning and the organisation of their schooling and where relevant the complementary education outside the classroom. (Lee 2016:23)

Uno strumento atto quindi allo sviluppo delle competenze, che funge da risorsa di sostegno per gli studenti essendo sempre a loro disposizione anche fuori dalla classe, e, soprattutto, uno strumento che gli studenti sanno già utilizzare.

Estrema importanza viene data anche all’ambiente in cui il BYOD opera. Nell’utilizzare questi dispositivi, infatti, bisogna tenere in considerazione il mondo digitale, estremamente interconnesso e in continua evoluzione, nel quale gli studenti vivono. È in questo contesto più collaborativo e integrato che l’apprendimento non è più ristretto a uno spazio fisico limitato ma si espande a nuovi contesti e a nuovi ambienti.

Per capire meglio cosa comporterebbe per gli istituti e per il modus operandi dei docenti questo cambiamento, Lee (2016:30)5 propone una tabella (Tab.2) di paragone tra la scuola “cartacea” e la scuola con il BYOD. In questa sede sono riportate solo alcune delle differenze più importanti anche alla luce della sperimentazione di cui parleremo in seguito.

5 Trad. mia.

Modello scuola “cartaceo” Modello BYOD

Costanza e continuità. Sempre in evoluzione, cambiamento, trasformazione.

Modo di pensare analogico Modo di pensare digitale e interconnesso

Insegnamento solo a scuola all’interno delle ore standard

Insegnamento possibile a tutte le ore e in qualsiasi luogo

L’insegnamento possibile solo per una percentuale bassa del tempo dello studente

Insegnamento possibile per un’alta percentuale del tempo dello studente

Un unico insegnamento per tutti gli studenti

Insegnamento più personalizzato e mirato alle singole esigenze degli studenti.

Apprendimento di tipo individuale. Facilitazione all’apprendimento cooperativo

Tabella 2. Differenze modello scuola cartaceo e modello BYOD.

L’argomentazione avanzata dall’autore è strettamente legata non solo al rapporto tra studente, preso nel senso generico del termine (sia esso uno studente universitario, di una scuola primaria o uno studente di una scuola di lingue), ma soprattutto a un contesto scolastico nel senso di istituto. Il cambiamento proposto da Lee è un cambiamento strutturale di tutto il mondo scolastico in generale che

coinvolge docenti, studenti e organismi scolastici. Una proposta sicuramente ambiziosa e probabilmente non attuabile nell’immediato nonostante, come già sostenuto dall’autore stesso, la digitalizzazione sia un fenomeno ormai affermato e globale.

Sempre in ottica BYOD e scuola è utile esaminare anche il punto di vista di Alessandro Bencivenni (2013), docente ed esperto di tecnologia digitale e di strumenti per l’innovazione didattica. Riportiamo l’elenco dei punti a favore e dei punti contro riscontrati dallo studioso che ci aiutano a capire il suo punto di vista riguardo l’utilizzo del BYOD.

Punti a favore:

- risparmio per le scuole;

- maggiore dimestichezza con il dispositivo da parte degli studenti/utenti; - gli studenti stessi possono offrire spunti di utilizzo all’insegnante;

- utilizzando un loro dispositivo, gli studenti sono ancora più protagonisti del loro processo educativo;

- può essere fornito un volano per l’apprendimento indipendente una volta fornito il know-how;

- ormai i software sono creati per funzionare nella maggior parte dei sistemi operativi esistenti;

Punti contro:

- non tutti i dispositivi degli studenti potrebbero essere compatibili tra loro; - potrebbe, in alcuni contesti scolastici, essere discriminante (gli studenti si

troverebbero con dei device di diverso costo e qualità); Possibilità di furto; - si presuppone una cura da parte dei giovani proprietari, specie quando si tratta

il caricare la batteria il giorno prima;

- pianificare lezioni su devices che non si possiedono è decisamente più difficoltoso per l’insegnante;

- ci si potrebbe ritrovare a dettare istruzioni diverse per ogni tipo di dispositivo, sprecando tempo prezioso;

- i genitori potrebbero non essere d’accordo sull’utilizzo del BYOD a scuola; - alcuni alunni potrebbero non essere entusiasti di usare i propri dispositivi

tecnologici a scuola, ritenendolo un’invasione della privacy;

- potrebbero esserci problemi a livello di connessione se tutti decidessero di connettersi al Wi-Fi e la rete della scuola non fosse preparata ad accettare un numero elevato di connessioni contemporanee (Bencivenni 2013);

Analizzato l’elenco possiamo notare che lista dei punti negativi è più lunga di quelli positivi. Tuttavia, se per alcuni aspetti negativi non sembra esserci una soluzione immediata, come per i furti, l’autorizzazione dei genitori, la discriminazione legata al tipo di dispositivo, per altri si potrebbe intervenire facilmente come per il problema della batteria. Oggi infatti anche le scuole non digitalizzate possiedono una presa per la corrente alla quale attaccare un caricatore, accessorio che non comporta dei costi particolarmente elevati. Per quanto riguarda la compatibilità, il web fornisce numerosissimi strumenti per lavorare online compatibili con tutti i dispositivi, funzionali e gratuiti come Google drive, per citarne uno. Preparando la lezione con strumenti online compatibili per tutti si eliminerebbe il rischio di incompatibilità, di istruzioni diverse e di pianificazione multipla. Per quanto riguarda il pericolo di invasione della privacy, sempre con riferimento a Google drive, si potrebbero facilmente creare due account separati con credenziali di accesso diverse.

Un problema un po’ più difficile da risolvere è invece quello legato alla presenza di una connessione Internet senza fili a scuola che sia stabile e che possa gestire facilmente un grande numero di connessioni. Anche in questo caso, tuttavia, la creazione di un hotspot ad hoc potrebbe dimostrarsi una soluzione che non comporterebbe costi altissimi per l’istituto scolastico. Il furto stesso è scoraggiato da numerosissimi sistemi di sicurezza che permettono di bloccare il dispositivo o comunque di rintracciarlo una volta riacceso in seguito al furto. L’autorizzazione da parte dei genitori rimane un’incognita. Si potrebbe intervenire in questo senso con dei corsi per i genitori (come nel caso del progetto di Prato citato precedentemente) mirati ad aumentare la consapevolezza di rischi e punti di forza del BYOD. Tuttavia ciò probabilmente comporterebbe un’ulteriore complicazione con conseguente allungamento delle tempistiche di lavoro, nonché la necessità della

creazione di un budget dedicato a sostenere le spese per questo tipo di corsi. In ogni caso, tale problema si potrebbe presentare solo in classi composte da studenti minorenni.

Tra i punti a favore non viene invece menzionato l’aspetto cooperativo che questi strumenti possono agevolare, soprattutto grazie all’utilizzo di piattaforme virtuali o tramite connessioni in sicurezza ed applicazioni che lavorano in cloud. Queste, come vedremo, consentono di lavorare contemporaneamente sullo stesso file a più persone garantendo l’accesso solo alle persone autorizzate tenendo alta l’usufruibilità senza sacrificare la sicurezza.