Il consenso del paziente, per poter essere considerato presupposto imprescindibile dell’attività medica, deve essere legittimamente e validamente espresso. Ѐ opinione ormai diffusa quella per cui il consenso del paziente debba rispondere ad alcuni caratteri; in particolare, il consenso deve essere informato, personale, libero, specifico e revocabile162.
Il consenso informato.
Analizzando il primo requisito, si può affermare che l’informazione consente al paziente di acquisire consapevolezza della propria condizione così da renderlo partecipe del processo terapeutico e protagonista attivo di esso.
Quest’ultimo, per orientare consapevolmente le proprie scelte, deve poter disporre di quelle informazioni rilevanti per decidere. Informare significa dare al paziente la possibilità di scegliere, consapevole dei rischi e delle conseguenze cui va incontro; perciò, il malato deve essere posto nella condizione di poter conoscere il suo stato di salute, le caratteristiche evolutive della sua malattia, le possibilità terapeutiche, mediche e/o chirurgiche, i risultati prevedibili di ciascuna di esse e gli effetti collaterali.
Il consenso personale.
Particolarmente delicato è il tema della capacità del soggetto di consentire al trattamento medico, tema che è stato ed è tuttora oggetto di discussione in dottrina163.
Ѐ opinione ormai unanime che il consenso del paziente, per essere valido, deve provenire direttamente dall’avente diritto, cioè dal soggetto che dovrà subire l’intervento o, comunque, il trattamento sanitario.
Il consenso al trattamento sanitario si configura, dunque, come atto personale: unico destinatario del flusso informativo ed unico soggetto legittimato ad acconsentire è il paziente; l’espressione del consenso al trattamento medico è un diritto personalissimo e, come tale, non può ch spettare all’avente diritto, ossia al paziente. La persona è il centro unitario di interessi la cui tutela deve essere affidata ad un sistema che tenga conto delle esigenze e delle peculiarità del corpo umano. Ciò premesso, si deve tuttavia chiarire se debba sussistere, come condizione necessaria affinché si possa discorrere di consenso valido, la capacità legale (o capacità d’agire) del soggetto o se sia, invece, sufficiente la capacità naturale (o capacità di fatto).
Da tempo si assiste ad un ripensamento delle condizioni dei minori e, più in generale, degli incapaci nel rapporto medico-paziente, reso a valorizzare autonomia e consapevolezza.
Secondo l’orientamento tradizionale, si ritiene necessaria la capacità di agire e, quindi, la maggiore età164; altri, invece, affermano che si debba riconoscere piena libertà di scelta al minore che abbia raggiunto una certa maturità di giudizio165.
Altri, ancora, attribuiscono un rilievo preminente alla capacità di fatto del soggetto, da accertarsi in base a parametri uniformi, utili anche per tutelare l’attività del medico volta a formulare un giudizio circa la maturità e la ponderatezza della decisione sulla base di presunzioni facilitate da questi parametri valutativi166.
La natura del criterio presuntivo implica che esso valga soltanto a condizione che il grado di maturità e di equilibrio acquisito dal soggetto e percepibile in base a una normale conoscenza rispecchi quello presuntivamente ricollegato al singolo standard; ove, invece, il concreto soggetto presenti evidenti caratteri di singolarità, sia cioè riconoscibilmente caratterizzato da immaturità o da super-maturità rispetto allo standard, al criterio presuntivo si sostituirà il rilievo dell’incapacità di
162 GUERINONI E., Attività sanitarie e responsabilità civile, cit., p. 44.
163PRINCIGALLI A., La responsabilità del medico, cit., p. 211; E. GUERINONI, Attività sanitarie e responsabilità
civile, cit., p. 45.
164 CATTANEO G., Il consenso del paziente al trattamento medico-chirurgico, in Riv trim. dir. proc. civ., 1957, p. 955,
riportato da GUERINONI E., Attività sanitarie e responsabilità civile, cit., p. 45.
165 PRINCIGALLI A., La responsabilità del medico, cit., p. 211. 166 NANNINI U.G., Il consenso al trattamento medico, cit., p. 414.
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fatto del paziente ad acconsentire, con conseguente invalidità del consenso, oppure quello della capacità di fatto anticipata, con relativa validità del consenso medesimo167.
In questa prospettiva, si è proposto di individuare tre diverse fasce d’età168.
Nella prima fascia, che comprende il periodo di tempo che va dalla nascita fino al raggiungimento del quattordicesimo anno d’età, non si pone, in linea di massima, il problema della libertà di decisione del soggetto riguardo ad un tipo di scelta che investe il destino del suo corpo.
In tal caso, la ‟disponibilità” del corpo del minore di quattordici anni spetterà ai genitori la cui decisione, però, dovrà intendersi in stretta correlazione con i principi generali in materia di diritto- dovere di cura dei genitori verso il minore; questo potere decisionale è strettamente vincolato all’esclusivo interesse del figlio.
Con il compimento del quattordicesimo anno, con l’affermazione della capacità penale del minore, cessa la presunzione iuris et de iure di una completa immaturità ed inizia a delinearsi una sua autonomia, sia pure entro certi limiti. Da ciò si evince che si possa riconoscere al minore il diritto di opporsi all’intervento medico (tranne nei casi in cui sussistono i presupposti dello stato di necessità), poiché si ritiene che l’interessato abbia raggiunto quella minima capacità di discernimento che lo rende consapevole e cosciente della propria individualità e della propria dignità di uomo169.
Analizzando, infine, la terza fase corrispondente al periodo che va dai sedici anni ai diciotto, si rileva nel soggetto un più accentuato sviluppo delle capacità fisiche ed intellettive, che permettono di attribuire maggiore rilevanza alla sua volontà.
In siffatte situazioni, ai fini del giudizio di liceità dell’intervento medico, secondo autorevole dottrina170, non basterà né il consenso del solo minore né quello dei genitori in assenza di un’accettazione dell’incapace, ma sarà, invece, necessaria la concorde manifestazione di assenso di entrambi i genitori e del loro figlio.
Solo in ipotesi di incapacità del paziente, l’espressione del consenso spetta al suo legale rappresentante. Sebbene il consenso al trattamento sanitario concernente il minore o l’infermo di mente sia validamente espresso dal legale rappresentante, ossia l’esercente la responsabilità genitoriale o il tutore, precise disposizioni prevedono, comunque, che anche l’incapace debba essere, per quanto possibile, coinvolto nel processo decisionale attinente alla propria salute.
Per quanto riguarda la capacità a consentire dell’interdetto, si profila una linea di tendenza volta a riconoscere al maggiorenne interdetto zone di autonomia non solo in relazione a posizioni costituzionalmente garantite, ma anche ad atti che implicano la disposizione, da parte del soggetto, dell’integrità della propria sfera fisica o psichica.
Si ritiene, autorevolmente, che il riconoscimento, in capo al paziente interdetto, di una più o meno ampia capacità ad autodeterminarsi dipenda dall’accertamento dell’idoneità del medesimo a provvedere ai propri interessi. Inoltre, se si escludesse tale rilievo, si dovrebbe legare la liceità dell’intervento al consenso espresso da chi possa sostituire l’incapace nella gestione della propria salute171.
Si è detto, inoltre, che non risulti possibile configurare, in capo al tutore, un potere di sostituzione nella sfera degli interessi personali dell’interdetto, o meglio, è possibile riconoscere un compito di cura della persona rientrante tra i suoi doveri di tutore, soggetto, però, ad alcuni limiti. Infatti, il potere di sostituzione va escluso, anzitutto, quando il soggetto interdetto sia provvisto della capacità di fatto adeguata alla natura della decisione che egli è chiamato ad assumere172.
Il consenso libero.
167 GUERINONI E., Attività sanitarie e responsabilità civile, cit., p. 46. 168 GUERINONI E., Attività sanitarie e responsabilità civile, cit., p. 46. 169 NANNINI U.G., Il consenso al trattamento medico, cit., p. 415. 170 NANNINI U.G., Il consenso al trattamento medico, cit., p. 416. 171 GUERINONI E., Attività sanitarie e responsabilità civile, cit., p. 47. 172 NANNINI U.G., Il consenso al trattamento medico, cit., p. 430.
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Un altro requisito essenziale affinché il consenso possa dirsi valido è quello relativo alla spontaneità e alla libertà della sua formazione, cioè esso deve formarsi senza l’influsso di fatti ed elementi esterni che inducano il soggetto ad operare un tipo di scelta che egli, in caso di normalità, si sarebbe sicuramente astenuta dal compiere. Il consenso del paziente può valere come forma di legittimazione del trattamento medico-chirurgico soltanto allorché si formi liberamente e spontaneamente: come tale, esso deve essere immune da violenza, dolo o errore.
L’errore può manifestarsi sia nella forma dell’errore-motivo, cioè come ignoranza o falsa conoscenza della realtà, che in quella di errore-ostativo, come nel caso di errore nell’indicazione del terapeuta o l’uso improprio della terminologia medica173.
L’errore, per poter essere rilevante, in grado cioè di invalidare il consenso del paziente, deve essere essenziale e riconoscibile.
Quanto alla essenzialità, questa può essere verificata sotto due aspetti: nella sua astrattezza e nella sua concretezza. Per quanto riguarda il primo profilo, essa attiene a quegli aspetti la cui conoscenza permette al malato di verificare e di appurare se l’atto in questione, tenuto conto delle sue condizioni personali e delle sue peculiari esigenze, costituisca o meno il mezzo idoneo per realizzare questo obiettivo; e così assumerà rilievo l’ignoranza o la falsa conoscenza di elementi soggettivi od oggettivi del trattamento quali, ad esempio, l’identità dell’operatore, la sua qualificazione professionale, la specializzazione, il tipo di intervento e le sue principali caratteristiche o i suoi riflessi sul benessere fisico e psichico del paziente174.
Perché si possa parlare, invece, di essenzialità dell’errore in concreto, è necessario verificare il peso che l’ignoranza o la falsa conoscenza ha avuto sulla decisione del paziente di acconsentire all’atto curativo175.
Il consenso specifico.
Ulteriore requisito è quello della specificità del consenso: se, da un lato, infatti, la richiesta di uno specifico intervento chirurgico avanzata dal paziente può ritenersi idonea a comprendere il consenso alle operazioni preparatorie e successive ad esso connesse, dall’altro, qualora le tecniche di esecuzione siano molteplici, e per di più comportanti rischi diversi, è dovere dei sanitari accertare la presenza di uno specifico consenso in relazione alle singole fasi e a tutti gli aspetti rilevanti dell’intervento176 .
Non può, in tali casi, così come in ipotesi di attività medica d’équipe che dia luogo a suddivisione dell’operazioni in fasi distinte, ritenersi sufficiente un consenso generico all’operazione chirurgica nel suo complesso, oppure un consenso prestato senza l’esatta coscienza della tipologia di intervento prescelta.
Il consenso è riferito ad uno specifico trattamento ed è sempre relativo ad una determinata situazione; se il sanitario, nei casi di difficile diagnosi, si viene a trovare nella necessità di chiedere un consenso più ampio trovandosi ad operare in una situazione di incertezza medica, risolvibile solo all’atto del trattamento, egli dovrà prospettare al paziente le ipotesi di intervento prevedibili onde ottenere il consenso ad attuare, in concreto, quella più opportuna; altrimenti, dovrà limitarsi ad un intervento puramente esplorativo, ovviamente consentito in quanto tale dal malato. Nelle ipotesi, invece, in cui insorgano fatti nuovi, non previsti nel corso di un trattamento sanitario, il medico dovrà raccogliere un nuovo consenso preceduto da un’accurata informazione177.
Il consenso revocabile.
Per costante insegnamento dottrinale e giurisprudenziale, il consenso informato può essere revocato dal paziente in qualsiasi momento, fino all’inizio dell’intervento. Tale principio non è mai stato contestato: infatti, se si escludesse la possibilità di revocare il consenso si imporrebbe un
173 CATTANEO G., Il consenso del paziente al trattamento medico-chirurgico, cit., p. 964, riportato da GUERINONI E.,
Attività sanitarie e responsabilità civile, cit. p. 49.
174 NANNINI U.G., Il consenso al trattamento medico, cit., p. 445. 175 NANNINI U.G., Il consenso al trattamento medico, cit., p. 445. 176 GUERINONI E., Attività sanitarie e responsabilità civile, cit., p. 49. 177 GUERINONI E., Attività sanitarie e responsabilità civile, cit., p. 51.
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trattamento sanitario come obbligatorio, al di fuori dei necessari presupposti ex art. 32, comma 2, Cost., e si entrerebbe in contraddizione con la stessa ratio del consenso informato, ciò in quanto, poiché il paziente ha il diritto di scegliere consapevolmente se e a quale trattamento medico sottoporsi, sarebbe incoerente ed illogico impedirgli di revocare il consenso dato.
Qualche problema può suscitare il fatto che, come la validità del consenso presuppone l’informazione del paziente, così la revoca, per essere valida e vincolante per il medico, deve essere consapevole ed informata.
Dunque, sembra rientrare nei canoni di diligenza e prudenza portare a conoscenza del paziente il rapporto costi-benefici non solo del trattamento e delle sue alternative diagnostico-terapeutiche, ma anche della mancanza di terapia.
Se, invece, il consenso del paziente si è formato senza alcun accenno in merito alle conseguenze della mancata terapia, la successiva revoca del consenso darebbe al medico l’occasione di integrare tali informazioni precedentemente omesse.
In caso contrario, oltre all’invalidità della revoca, sembra essere non valido neanche l’originario consenso parzialmente informato, perché la sua validità non può prescindere dalla completa informazione anche sui pericoli e sulle conseguenze della scelta di non sottoporsi ad alcun trattamento diagnostico o terapeutico178.