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C. ConsideRazioni ConClusive 169 il 2008 è stato un anno di forti tensioni e instabilità sui mercati internazionali dell’energia. il petrolio (Brent), che già a fine 2007 aveva raggiunto quotazioni storicamente elevate, ha continuato la sua corsa al rialzo, infrangendo la barriera psicologica dei 100 $/bbl nel mese di febbraio e toccando il record di 144 $/bbl a inizio luglio. da quel mese, con l’aggravarsi della crisi economica che ha depresso i consumi, il trend si è rapidamente rovesciato e in pochi mesi i prezzi sono crollati fino a toccare un minimo di 33,66 $/bbl a fine anno. l’apprezzamento della valuta europea nei confronti del dollaro ha, tuttavia, contribuito a contenere i rincari sul mercato interno, limitandone la portata a circa il 23% in media annua.

spinti dal greggio sono aumentati in maniera molto consistente, fino al 70%, anche i prezzi degli altri combustibili, in particolare carbone e gas naturale, che costituiscono le risorse di riferimento per la produzione di energia elettrica in tutta europa.

in questo contesto il mercato elettrico italiano ha mostrato ancora una volta il suo effetto di mitigazione delle grandi oscillazioni di prezzo dell’elettricità. Queste, in particolare, sono risultate più contenute e con minori picchi di breve periodo rispetto a quelle delle altre fonti energetiche e anche degli altri mercati europei. sebbene il prezzo medio di acquisto dell’energia elettrica sul mercato all’ingrosso italiano abbia raggiunto nel 2008 il livello record di 86,99 €/MWh, il rincaro (circa il 22% su base annua) è decisamente inferiore a quello dei costi di produzione, che secondo l’indicatore più utilizzato sul mercato italiano, l’iTeC® di ref. e Morgan stanley, è stimato in un aumento del 47%.

nel confronto con gli altri mercati europei i prezzi nella borsa elettrica italiana non hanno conosciuto le punte di rialzo comprese tra il 60% annuo del mercato spagnolo (oMel) e il 73% di quello tedesco (eeX). si conferma, pertanto, la peculiarità del mercato italiano che, con quotazioni relativamente più stabili e meno reattive dei mercati esteri a condizioni di tensione o a repentini incrementi di consumi, riesce a esprimere prezzi più contenuti in presenza di generalizzate tendenze rialziste.

in particolare, a seguito dei più forti rincari nei mercati europei, l’eccedenza del Pun rispetto al Prezzo Medio europeo (PMe)1 nel 2008 si è ridotta a 20,4 €/MWh, contro i 32,2 €/MWh del 2007 e i 24,3 €/MWh del 2006, raggiungendo il livello più basso nei mesi di settembre (8,96 €/MWh) e ottobre (12,09 €/MWh), quando le quotazioni hanno raggiunto in gran parte d’europa i loro massimi storici. successivamente, con l’inversione della tendenza dei prezzi, il differenziale è tornato a salire portandosi a 28,3 €/MWh a dicembre.

l’avvicinamento tra prezzi italiani e quelli europei si è riflesso, tra l’altro, in un abbassamento del grado di dipendenza dell’italia dall’estero, con una contrazione dell’importazione netta dal 14,2% al 12% dell’energia complessivamente negoziata su MGP. Questo è il risultato al tempo stesso di una discesa delle importazioni (47,8 TWh) al 14,2% dei volumi totali, e del quasi raddoppio delle esportazioni (7,3 TWh), che hanno raggiunto il 2,2% degli scambi.

il mercato italiano, pertanto, mostra una crescente reattività all’andamento dei mercati europei, segno che gli stimoli della concorrenza vi stanno acquisendo progressivamente maggior peso. sebbene molto possa essere ancora fatto per potenziare sia la capacità di trasporto transfrontaliera, sia il suo utilizzo, che attualmente avviene a mezzo di aste esplicite, la correlazione tra l’andamento del differenziale di prezzo con l’estero e l’entità dell’import netto si è fatta più evidente che nel passato. le importazioni nette hanno, infatti, toccato livelli minimi (circa il 10% degli scambi) a settembre e ottobre in corrispondenza di un minor distacco dei prezzi italiani da quelli europei, situazione che rende meno conveniente lo scambio con l’estero.

emerge, quindi, chiaramente un crescente grado di integrazione del mercato italiano nel contesto europeo, con prezzi che riflettono in più ampia misura le tendenze prevalenti a livello europeo piuttosto che l’evoluzione dei fondamentali del mercato interno.

la liquidità della borsa italiana ha continuato a crescere anche nel 2008. sono stati scambiati circa 233 TWh (+4,8%

su base annua), che rappresentano il 69% della domanda complessiva. il restante 31% delle contrattazioni è avvenuto bilateralmente sul mercato oTC ed è, in genere, costituito da contratti a termine, in quanto questa era fino al novembre 2008 l’unica modalità a disposizione degli operatori per negoziare forniture di elettricità su un orizzonte temporale di medio-lungo periodo.

1 Il PME èunIndIcEsIntEtIcodElvalorEdEllElEttrIcItàallEfrontIErE, calcolatocoMEMEdIa, PondErataPErIvoluMI, dEIPrEzzIrEgIstratIsuIMErcatItEdEsco (EEX), francEsE (PowErnEXt) EaustrIa

-co (EXaa).

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secondo alcuni analisti l’alto grado di liquidità della borsa elettrica sarebbe poco significativo, in quanto una quota consistente dell’energia scambiata a pronti è coperta da contratti differenziali, che ne fissano il prezzo indipendentemente dalle quotazioni di mercato. Pertanto, queste ultime sarebbero scarsamente rappresentative. Tale tesi mostra, tuttavia, di ignorare importanti aspetti dell’evoluzione recente degli scambi e della struttura del mercato. in primo luogo, nel 2008 la quota di volumi non coperti da contratti a termine era stimabile in circa il 35%, un livello molto più alto rispetto all’anno precedente (20%)2. in secondo luogo, nello scorso anno si è assistito a una riduzione del differenziale tra il Pun e gli indicatori di costo termoelettrico, in presenza di un consistente miglioramento dell’assetto concorrenziale dal lato dell’offerta, che deriva tra l’altro dal notevole incremento della capacità produttiva. in particolare, si è ormai costituito un apprezzabile margine di riserva rispetto ai picchi di consumo, che rappresenta un fattore importante anche dal punto di vista della sicurezza sistemica. in terzo luogo, proprio la sempre più massiccia partecipazione degli operatori al mercato ne conferma in maniera indiretta l’utilità per l’intero sistema elettrico, in quanto fornisce un indicatore di prezzo trasparente e tale da riflettere in maniera chiara le effettive forze in campo. infine, la rappresentatività del Pun come benchmark dei prezzi dell’elettricità in italia è stata riconosciuta anche da altri mercati e dagli operatori, che hanno deciso di utilizzarlo come sottostante dei contratti a termine offerti sull’energia elettrica.

Considerando la struttura dell’offerta, la tendenza in atto dall’inizio dell’operatività del mercato nel 2005 verso una crescente concorrenza tra produttori ha subito nell’ultimo anno una decisa accelerazione, come testimoniato da diversi indicatori.

in particolare, la quota dei volumi scambiati nel sistema, su cui il prezzo è stato fissato dalle nuove e più efficienti tecnologie a ciclo combinato, è salita dal 29 al 44%, con picchi del 53% nelle ore notturne. la percentuale di ore, in cui il mercato è risultato concorrenziale al nord, è rimasta stabile sull’elevato livello del 93%, mentre al sud ha visto un consistente balzo, passando in un solo anno dal 30% al 50%. il peso dell’operatore di mercato principale nel fissare il prezzo di mercato si è ridotto dall’80% al 51% dei volumi trattati in borsa, scendendo sotto al 35% nell’ultimo quadrimestre dell’anno, e risultando addirittura inferiore nelle ore di alta domanda rispetto a quelle di bassa domanda.

appare anche particolarmente significativo il fatto che la riduzione della capacità dell’operatore principale di fissare il prezzo è andata solo in minima parte a vantaggio del secondo operatore di mercato, mentre ha interessato l’intera fascia della concorrenza meno grande, con un’incidenza in forte rialzo dal 5 al 22%.

Questi importanti progressi in materia di concorrenza, nondimeno, non impediscono il verificarsi in determinate circostanze di fenomeni di accodamento ai comportamenti dell’operatore principale, che sono tipici di un sistema del tipo

“leader-follower”. Ma la tendenza prevalente, che si scorge, indicherebbe un’evoluzione verso un modello di concorrenza oligopolistica. in un simile contesto, è indubbio che è necessario stimolare un più elevato grado di concorrenza, mirando ad attenuare lo strutturale squilibrio di potere negoziale tra l’offerta e la domanda.

lo sviluppo di una borsa trasparente e liquida, basata su un sistema a “prezzi di equilibrio”, ha comunque stimolato a investire nel potenziamento del parco elettrico, consentendo al Paese di superare l’annoso problema di carenza dell’offerta.

nei primi quattro anni di funzionamento del mercato sono entrati in funzione nuovi impianti per circa 25.000 Mva di capacità produttiva, di cui circa 5.000 Mva nel solo 2008. la nuova potenza è notevolmente più efficiente, ma utilizza prevalentemente fonti energetiche relativamente più costose (gas e rinnovabili), contribuendo al perdurare di un mix di generazione squilibrato, dato il modesto ricorso al carbone e l’assenza di energia nucleare. di conseguenza, il Paese può trarre solo in parte quei benefici che si attende in termini di minori costi di produzione e più bassi prezzi.

un limite allo sviluppo della concorrenza e all’efficienza del sistema, in particolare nelle due grandi isole, deriva anche dai nodi infrastrutturali nella rete di trasmissione nazionale, che determinano una segmentazione del mercato e congestioni.

Queste ultime risultano in aumento, in particolare, all’interno stesso delle zone di mercato, segnalando uno sviluppo della rete che non riesce a rispondere adeguatamente all’evoluzione territoriale del fabbisogno. Tali strozzature concorrono ad aumentare i costi complessivi del sistema di dispacciamento, che secondo il gestore di rete, Terna, nel 2008 sono ammontati a circa 2,7 miliardi di euro. di tale importo almeno la metà è dovuta alla risoluzione delle congestioni intrazonali, ma il loro impatto potenziale sui prezzi dell’energia elettrica va ben oltre. in particolare, la presenza di congestioni può impedire di far ricorso agli impianti più efficienti attualmente disponibili, e andare a favore di altri

2 fontE: noMIsMa EnErgIa.

C. ConsideRazioni ConClusive 171 meno efficienti e più costosi. inoltre, concorre a una minore concorrenzialità del mercato, consentendo agli operatori di spuntare prezzi di vendita più alti di quelli che sarebbero possibili in un assetto pienamente competitivo.

sotto questo profilo, mentre si osserva un sostanziale allineamento dei prezzi tra le macrozone nord e sud del Paese, nelle due isole al contrario permangono prezzi nettamente più elevati, in presenza, come sottolineato dalla aeeG, di un’elevata concentrazione dell’offerta e di una struttura del mercato caratterizzata dal permanere di un duopolio. Tali peculiarità strutturali, che affondano le radici nella bassa capacità di interconnessione delle isole con il continente, limitano la convenienza per i nuovi entranti a realizzare impianti in quelle aree e sono responsabili del permanere di un rilevante dislivello tra i prezzi delle zone della penisola e quelli della sardegna e della sicilia. infatti, rispetto alla media nazionale, i primi si attestano al nord su livelli inferiori del 5%, al sud appena al di sopra (lo 0,5%), mentre in sardegna e sicilia si discostano verso l’alto rispettivamente del 6% e del 38%. Questi differenziali di prezzo potranno ad ogni modo essere attenuati solo quando saranno realizzati gli interventi programmati che sono diretti a potenziare l’interconnessione delle zone peninsulari con le due isole. Parimenti, il superamento della segmentazione territoriale del mercato e il raggiungimento di un effettivo prezzo unico nazionale, che si collochi al di sotto dei livelli visti finora, sarà possibile soltanto quando l’intero Paese si impegnerà a fondo per risolvere le varie strozzature che da anni affliggono la rete di trasmissione elettrica.

un ruolo di contenimento dei prezzi dovrebbe essere svolto anche dalla domanda di elettricità, che nonostante la temporanea battuta d’arresto del 2008, dovuta alla recessione economica, si prevede che crescerà a un tasso medio annuo dell’1,3% fino al 2018. di fronte a questa tendenza all’espansione, sarebbe auspicabile che la domanda assumesse un ruolo più attivo di quanto visto in passato, considerato che attualmente solo lo 0,6% delle offerte presentate dai consumatori sulle zone nazionali della borsa elettrica presenta un’indicazione di prezzo. sarebbe altresì opportuno che si stimolassero maggiormente i consumatori, soprattutto nel settore al dettaglio, ad adottare comportamenti più equilibrati nella distribuzione oraria dei loro consumi, al fine di utilizzare più intensamente le fasce orarie in cui i carichi sulla rete sono minori. Condizione necessaria per raggiungere questo scopo è l’applicazione di efficienti stimoli di prezzo nelle tariffe di riferimento e nei contratti siglati sul mercato libero. in tal senso va data tempestiva attuazione al piano predisposto dall’aeeG, che mira alla diffusione di contatori di nuova generazione, in grado di misurare l’energia consumata nei diversi momenti della giornata e quindi di differenziare temporalmente il prezzo dell’energia applicato agli utenti.

la grande attenzione che i consumatori rivolgono al funzionamento della borsa elettrica e ai prezzi all’ingrosso, che vi si formano, non deve far dimenticare che le quotazioni di borsa incidono solo in parte sul costo energetico sostenuto dall’utente. il mercato al dettaglio dell’elettricità è, infatti, pienamente liberalizzato dal luglio del 2007. il prezzo dell’elettricità per il piccolo utente non si forma, se non in parte, sul mercato all’ingrosso. in particolare, se si considerano le tariffe definite di maggior tutela, che sono determinate con cadenza trimestrale dall’aeeG, ma si applicano solo agli utenti che non si sono ancora trasferiti sul mercato libero, il prezzo all’ingrosso dell’elettricità ha inciso in media nel 2008 per il 54,6% del costo in bolletta. Tale percentuale si è ridotta al 51% nel primo trimestre del 2009, grazie alla riduzione dei costi dei combustibili fossili, che si è riflessa in una diminuzione del prezzo dell’energia elettrica. la restante parte della bolletta è costituita dagli altri costi di approvvigionamento (oneri di dispacciamento) e commercializzazione, che hanno inciso per il 9,6%, dai costi di rete e di misura (13,7%), e dagli oneri di sistema, che hanno pesato per l’8,3%.

Tra questi ultimi sono inclusi: gli incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate, i regimi tariffari speciali per le aziende energivore, gli oneri per il decommissioning nucleare e le compensazioni territoriali, le compensazioni per le imprese elettriche minori, il sostegno alla ricerca di sistema e le spese collegate all’adozione del bonus sociale. le imposte hanno inciso, invece, per il 13,8%.

diversamente dal piccolo consumatore, per gli utenti industriali l’impatto unitario delle componenti di costo che non derivano dal MGP è inferiore e inversamente correlato ai volumi consumati. si può, infatti, stimare che nel 2008 il prezzo di borsa dell’elettricità abbia inciso in misura superiore al 70% sul costo finale per tali utenti.

il processo di liberalizzazione del settore elettrico e lo sviluppo della borsa elettrica hanno sicuramente avuto un ruolo frenante sulla dinamica dei prezzi all’ingrosso, anche se questi effetti non sono apparsi finora molto evidenti a causa

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della forte tendenza al rincaro e all’instabilità che ha caratterizzato i mercati mondiali delle fonti energetiche primarie nell’ultimo quadriennio, tendenza su cui si è sovrapposta un’avversa congiuntura economica. date le caratteristiche del sistema elettrico italiano, sembra plausibile che cambiando il disegno del mercato all’ingrosso si possa ottenere un maggiore effetto di contenimento dei prezzi, se contemporaneamente si modificano importanti fattori strutturali che stanno a monte e a valle del mercato. in particolare, le strutture di generazione, trasmissione, interconnesione e distribuzione dell’elettricità richiedono sostanziali modifiche perché si possa garantire nel contempo un consistente abbassamento dei costi, una più intensa concorrenza, standard adeguati di sicurezza sistemica, e qualità dei servizi elettrici. al tempo stesso, è necessaria un’elevata concorrenza sui mercati delle fonti energetiche impiegate nella produzione elettrica.

il modello di mercato ha in ogni caso il suo peso, benché non determinante, ed il tema è tornato di grande attualità in occasione delle modifiche che sono state decise ultimamente. i modelli a confronto sono quello attuale, basato sul system marginal price (sMP), e quello con il pay as bid (PaB). alla luce dell’esperienza internazionale e della letteratura scientifica non è possibile stabilire quale dei due modelli sia superiore in termini di contenimento dei prezzi. vi è comunque ampia convergenza tra gli esperti nel ritenere che il modello PaB potrebbe avere effetti positivi per la concorrenza nel breve periodo, ma potrebbe condurre a una sua sensibile riduzione in un orizzonte temporale più lungo.

assumendo che il modello PaB conduce a una minore trasparenza sui prezzi offerti, se è applicato in un sistema caratterizzato da un operatore dominante si restringerebbe lo spazio per quel coordinamento tacito tra operatori, che invece sarebbe possibile in un sistema a sMP, qualora gli operatori più efficienti si comportassero con le loro offerte in maniera tale da delegare a quelli meno efficienti il compito di fissare prezzi alti per tutti. Tale argomentazione non tiene, peraltro, conto di alcuni fattori, che vanno in senso contrario. il mercato italiano tende, infatti, verso un modello di concorrenza oligopolistica, più che verso uno schema del tipo “leader-follower”. ne deriva che la concorrenza può crescere solo se nuovi operatori accedono al mercato, ma ciò diviene più arduo in assenza di prezzi sufficientemente trasparenti, in quanto non sarebbe possibile programmare in maniera efficiente gli investimenti necessari. Per altro verso, considerato che le strategie di prezzo degli operatori dipendono dal modo in cui essi vengono remunerati, l’introduzione di un sistema PaB li indurrebbe probabilmente a offrire prezzi più alti degli attuali (prossimi almeno ai costi medi), in quanto non potrebbero godere della rendita inframarginale, che è fornita dal sMP. Tendenzialmente, quindi, il modello PaB potrebbe produrre prezzi molto simili a quelli che emergerebbero in un sistema a sMP, con il rischio, tuttavia, che gli impianti più efficienti potrebbero essere penalizzati nella concorrenza di mercato, in quanto, se avessero costi fissi relativamente più elevati, sarebbero costretti a offrire prezzi più alti rispetto a quelli degli impianti meno efficienti.

se è incerto il contributo che può venire alla concorrenza dal cambiamento del disegno di mercato in direzione di un sistema caratterizzato dal PaB, non vi sono, invece, dubbi che una maggiore integrazione del mercato interno con quelli esteri potrebbe arrecare sostanziali benefici di prezzo. una maggiore integrazione con i mercati confinanti consentirebbe, in particolare, un abbassamento dei prezzi medi, considerato che sui mercati confinanti questi sono più bassi. l’adozione di meccanismi di Market Coupling servirebbe anche a rendere più efficiente l’utilizzo della capacità di interconnessione esistente, ma presuppone una maggiore integrazione tra le reti dei paesi coinvolti.

a tal fine è necessario che il Paese investa notevolmente nello sviluppo delle interconnessioni di rete e le integri con le esigenze di dispacciamento e di sicurezza del sistema, risolvendo gli inevitabili problemi logistici e di coordinamento con gli altri paesi. È necessaria al riguardo una piena intesa tra i due Tso confinanti, per fare sì che le nuove linee siano compatibili con la struttura delle reti nazionali a cui si connettono e che i tempi di realizzazione dei rispettivi interventi siano allineati. Tali esigenze risultano ancor più evidenti nel caso delle merchant lines, le quali sono controllate da privati: in mancanza di un coordinamento con i gestori di rete coinvolti, queste possono rimanere sottoutilizzate, oppure provocare congestioni, con un aumento dei costi di dispacciamento e un possibile impatto sulla sicurezza del sistema.

la graduale integrazione dei mercati elettrici europei appare in ogni caso un processo ineludibile, perché costituisce uno dei cardini della politica energetica comunitaria. alla luce dei numerosi benefici conseguibili con l’introduzione del Market Coupling per la gestione della capacità transfrontaliera, il GMe si è impegnato da anni in importanti iniziative per darvi attuazione a livello sia bilaterale, che multilaterale. in primo luogo, ha firmato un Memorandum of Understanding (Mou) con Borzen, il gestore di mercato sloveno, per un accoppiamento dei rispettivi mercati ed ha proseguito con

C. ConsideRazioni ConClusive 173 l’elaborazione in comune di una proposta tecnica di accordo, che prevede l’applicazione di un metodo basato sulle aste implicite per l’allocazione della capacità di interconnessione sulla frontiera tra l’italia e la slovenia. nella stessa prospettiva, il GMe partecipa attivamente ai lavori della regione del Central-south europe (Cse) insieme agli altri gestori di mercato e a quelli di rete, nell’ambito delle electricity Regional initiatives (eRis). a livello interregionale, cogliendo l’occasione della presidenza di euroPeX, l’associazione europea delle borse elettriche, il GMe ha assunto un ruolo più attivo sui tavoli tecnici istituiti dalla Commissione europea e dai regolatori europei per definire proposte concrete per la

C. ConsideRazioni ConClusive 173 l’elaborazione in comune di una proposta tecnica di accordo, che prevede l’applicazione di un metodo basato sulle aste implicite per l’allocazione della capacità di interconnessione sulla frontiera tra l’italia e la slovenia. nella stessa prospettiva, il GMe partecipa attivamente ai lavori della regione del Central-south europe (Cse) insieme agli altri gestori di mercato e a quelli di rete, nell’ambito delle electricity Regional initiatives (eRis). a livello interregionale, cogliendo l’occasione della presidenza di euroPeX, l’associazione europea delle borse elettriche, il GMe ha assunto un ruolo più attivo sui tavoli tecnici istituiti dalla Commissione europea e dai regolatori europei per definire proposte concrete per la

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