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E SULLA SALUTE

3.4.4. CONSIDERAZIONI FINAL

Nel settore alimentare l’ingannevolezza di certe immagini e messaggi pubblicitari trasmessi di continuo in televisione, pubblicati su giornali, riviste e siti web o veicolati attraverso volantini commerciali è sempre più frequente. Alimenti naturali e di largo consumo, come la frutta, il latte, lo yogurt, i cereali per la prima colazione, le barrette di cioccolato, ma anche le gomme da masticare, gli integratori alimentari, il tè verde e il tè nero diventano – attraverso l’abile fantasia di pubblicitari e maghi di marketing – prodotti portentosi che “combattono i radicali liberi principale causa di invecchiamento”, “favoriscono la regolarità intestinale”, “abbassano il livello di colesterolo nel sangue dannoso per il cuore e le arterie”, “aumentano la concentrazione mentale” e tanto altro ancora. Insomma, certa pubblicità commerciale regala ai consumatori vere e proprie illusioni, li inganna piacevolmente, incoraggiandoli a consumare, inutilmente o in eccesso, determinati alimenti presentati sul mercato come portatori di indiscussi vantaggi nutrizionali, fisiologici o salutistici, fortemente benefici per l’organismo, e anche per l’umore.

Proprio per questo il legislatore, sia a livello Europeo che a livello nazionale, ha formulato un’apposita regolamentazione sulla pubblicità alimentare concentrandosi soprattutto sugli aspetti dell’ingannevolezza e dell’aggressività in

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modo da fornire al consumatore, la parte debole nel rapporto impresa- consumatore, una tutela adeguata della libertà delle proprie scelte di consumo alimentare.

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4.

LE

STRATEGIE

DELLE

INDUSTRIE

ALIMENTARI:

DIFFERENZIAZIONE

O

INNOVAZIONE?

Negli ultimi anni il ciclo economico mondiale si è indebolito e le manovre restrittive adottate da numerosi governi europei, oltre al deterioramento del mercato del lavoro, hanno minato la fiducia e il potere d’acquisto delle famiglie, contribuendo ad indebolire i loro consumi. I consumi alimentari non sono esenti da questa flessione: nei primi otto mesi del 2013 la spesa alimentare delle famiglie italiane è diminuita del 3,7% su base annua, con i volumi di acquisto in calo dell’1,8% (fonte: report ISMEA68

sui prodotti alimentari – gennaio-agosto 2013).

Le industrie alimentari cercano di reagire a questo calo di consumi attraverso due strategie di marketing diverse:

- da un lato, puntano sui prodotti per così dire affermati (“maturi”), che il mercato già conosce, al fine di mantenere la propria quota di mercato nonché di erodere parte di essa ai concorrenti;

- dall’altro lato, puntano sullo sviluppo di nuovi prodotti in modo da andare a colpire nuovi segmenti di mercato, nei quali diventare leader indiscussi e sfruttare il periodo di monopolio temporaneo che si viene a creare e che consente di ottenere extra-profitti (potendo praticare un prezzo più elevato rispetto a quello concorrenziale).

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L'ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) è un ente pubblico economico istituito con l'accorpamento dell'Istituto per Studi, Ricerche e Informazioni sul Mercato Agricolo (già ISMEA) e della Cassa per la Formazione della Proprietà Contadina, con decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 419, concernente il "riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali". Nell'ambito delle sue funzioni istituzionali l'ISMEA, anche attraverso società controllate, realizza servizi informativi, assicurativi e finanziari e costituisce forme di garanzia creditizia e finanziaria per le imprese agricole e le loro forme associate, al fine di favorire l'informazione e la trasparenza dei mercati, agevolare il rapporto con il sistema bancario e assicurativo, favorire la competitività aziendale e ridurre i rischi inerenti alle attività produttive e di mercato. L'ISMEA affianca le Regioni nelle attività di riordino fondiario, attraverso la formazione e l'ampliamento della proprietà agricola, e favorisce il ricambio generazionale in agricoltura in base ad uno specifico regime di aiuto approvato dalla Commissione europea.

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Per capire meglio la situazione potremmo usare la metafora della torta come immagine dei consumi alimentari: se la torta diventa via via più piccola, il produttore alimentare, per continuare a mangiare la solita quantità di torta (ovvero avere lo stesso profitto) ha due possibilità:

- sottrarre fette di torta ai vicini concorrenti utilizzando prodotti che già produce e vende e che il mercato già conosce;

- cercare di conquistare fette di torta che ancora non sono di nessuno attraverso lo sviluppo di nuovi prodotti.

La prima categoria di strategie può essere definita con l’aggettivo concorrenziale ed ha come obbiettivo l’ottenimento di un vantaggio, in termini di quota di mercato, anche a scapito dei concorrenti. Alcune delle possibili declinazioni che possiamo trovare all’interno di questa categoria sono:

Produttore A Produttore B Produttore C Produttore A Produttore B PRODOTTO "MATURO" Produttore A Produttore B Produttore A Produttore B PRODOTTO NUOVO

Fig. 16 – Metafora della torta: strategia di differenziazione.

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a. Strategie comparative ovvero strategie che attraverso la cosiddetta pubblicità comparativa (lecita solo a determinate condizioni che abbiamo già visto al capitolo precedente) mettono a diretto confronto i prodotti di un determinato operatore del mercato con quelli dei concorrenti per dimostrare al consumatore che questi sono nettamente superiori nel soddisfare i suoi bisogni.

b. Strategie finanziarie ovvero strategie che si concretizzano in un investimento pubblicitario maggiore rispetto ai concorrenti, che consente di ottenere una rilevante copertura dei mass media e quindi un tasso di notorietà maggiore. L’obiettivo qui è quello di essere presenti nella mente dei consumatori in modo maggiore rispetto ai concorrenti.

c. Strategie di posizionamento ovvero strategie che mirano ad acquisire una posizione distintiva rispetto alla concorrenza nella mente del consumatore. La pubblicità in questo caso sceglie alcuni aspetti del prodotto o meglio ancora del brand attraverso cui distinguere la propria offerta rispetto ai concorrenti. Attenzione però gli aspetti differenzianti selezionati devono essere comunicati in maniera coerente anche attraverso tutte le altre componenti del marketing mix (politiche di prodotto, di prezzo e di distribuzione69). Gli elementi distintivi più utilizzati nel comparto alimentare riguardano la territorialità (si pensi ai prodotti DOP, IGP o STG70); la naturalità (si pensi ai prodotti biologici71); gli aspetti

69 Le politiche di prodotto sono costituite da tutte le decisioni riguardanti le caratteristiche e le

funzionalità del prodotto o servizio proposto dall’impresa in modo da soddisfare al meglio le esigenze del mercato. Rientrano in questa categoria il branding, il packaging e l’eventuale pacchetto di garanzie e servizi post-vendita. Le politiche di prezzo, invece, riguardano le decisioni in materia di prezzo di vendita e devono riflettere il valore che i clienti sono disponibili a pagare per il prodotto servizio e il posizionamento di mercato. Infine le politiche distributive hanno come obiettivo la scelta di canali distributivi appropriati per modalità, tempi e quantità e in relazione al target di clienti da servire. Oggi, all’interno del marketing mix viene spesso fatta rientrare una quinta P riguardante le persone che rappresentano il punto di partenza e il punto di arrivo di ogni strategia di marketing.

70 DOP (Denominazione di origine protetta)

Prodotto agricolo o alimentare:

- originario di una determinata regione geografica;

- le cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico, inclusi i fattori naturali e umani;

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nutrizionali e la salubrità (si pensi ai prodotti funzionali o arricchiti72, agli integratori alimentari oppure a tutti quei prodotti che vengono reclamizzati con claims nutrizionali o salutistici).

La seconda categoria di strategie, invece, va sotto il nome di “Strategie di sviluppo” e ha come obiettivo principale lo sviluppo di nuovi prodotti attraverso:

- prodotti nuovi in assoluto che creano nuovi mercati/consumatori (innovazione radicale);

- nuove linee di prodotto che permettono di entrare in mercati già esistenti;

- la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata.

Ad esempio il basilico genovese DOP identifica un basilico che viene prodotto nella fascia costiera della Liguria e che presenta un tenore di transalfabergamottene, responsabile del gusto mentolato del basilico, inferiore all’1%.

IGP (Indicazione geografica protetta) Prodotto agricolo o alimentare:

- originario di una determinata regione geografica;

- la cui qualità, reputazione o altre caratteristiche possono essere attribuite a tale origine geografica;

- la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avviene nella zona geografica delimitata.

Ad esempio il lardo di Colonnata. STG (Specialità tradizionale garantita)

Prodotto agricolo o alimentare tradizionale che possiede una sua specificità, riconosciuta dalla Comunità Europea, che lo distingue nettamente da altri prodotti simili per certe caratteristiche peculiari, ed essenzialmente per:

- le materie prime utilizzate; - la composizione realizzata; - il metodo di produzione utilizzato. Ad esempio la pizza napoletana.

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I prodotti biologici sono prodotti realizzati con almeno il 25% degli ingredienti agricoli provenienti da produzione biologica. La produzione biologica ha come base della capacità produttiva la fertilità intrinseca del suolo, il rispetto della natura, delle piante, degli animali e del paesaggio. Fertilizzanti, pesticidi e medicinali chimici sono esclusi, si utilizza solo la forza delle leggi naturali.

72 Gli alimenti funzionali o arricchiti sono alimenti che dimostrano di avere effetti positivi e

mirati su una o più funzioni specifiche dell’organismo, che vadano oltre gli effetti nutrizionali normali, in modo tale che sia rilevante per il miglioramento dello stato di salute e di benessere e/o per la riduzione del rischio di malattia. Fermo restando che gli alimenti funzionali devono continuare ad essere alimenti e devono dimostrare la loro azione nelle quantità in cui vengono assunti normalmente nella dieta. Gli alimenti funzionali non sono ne compresse, ne capsule, ma alimenti che formano parte di un regime alimentare normale (fonte: Scientific Concepts of functional Foods in Europe, Consensus Document). Ad esempio gli yogurt probiotici che contengono colture vive benefiche risultato di fermentazione o aggiunte per migliorare l’equilibrio microbico intestinale, quali Lactobacillus sp. Bifidobacteria sp.

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- l’integrazione di linee di prodotto già esistenti;

- miglioramenti o revisioni di prodotti già esistenti (innovazione incrementale).

Nel settore alimentare tuttavia innovare radicalmente i prodotti per schiacciare la concorrenza è una sfida molto difficile, sia perché trovare prodotti nuovi diventa sempre più arduo, sia perché eccessivi livelli di manipolazione del cibo portano ad un rifiuto del prodotto da parte del mercato, per questo molto spesso si preferisce trovare nuove modalità per consumare uno stesso prodotto – l’esempio più classico è rappresentato dagli yogurt da bere confezionati come succhi di frutta come Actimel o Danacol – oppure utilizzare innovazioni di tipo incrementale che propongano prodotti nuovi che non si discostano nettamente dalle abitudini alimentari dei consumatori.

Ma andiamo a vedere nello specifico quali sono le peculiarità del processo di sviluppo di un nuovo prodotto.

Un prodotto innovativo è un prodotto capace soddisfare bisogni non ancora appagati o di migliorare la risposta a esigenze già soddisfatte da altri prodotti, con il principale obiettivo di aumentare la customer satisfaction. L’innovazione può avere due origini diverse:

- marketing pull; - technology push.

Nel primo caso l’innovazione nasce dall’analisi del mercato e dei bisogni dei consumatori. Il consumatore, tuttavia, si dice che abbia la “vista corta”, ossia che riesca solamente a suggerire modifiche per il miglioramento di prodotti già esistenti e quindi il processo innovativo non comporta cambiamenti radicali ma micro-innovazioni continue volte ad un adattamento continuo del prodotto alle esigenze del consumatore. Nel secondo caso, invece, la molla dell’innovazione è la ricerca che individua nuove proposte e soluzioni tecnologiche da proporre al mercato per la soddisfazione dei cosiddetti bisogni latenti e non ancora soddisfatti. Questo tipo di innovazione è più rischiosa perché, se è vero che consente jump tecnologici non indifferenti, è vero anche che può non essere compresa dai consumatori e quindi essere rifiutata.

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Alla luce di quanto detto, è possibile intuire come il marketing svolga un ruolo centrale all’interno del processo innovativo: da un lato deve osservare il mercato e i consumatori, a volte andando oltre le loro richieste, per individuare i loro bisogni espliciti ed impliciti, dall’altro deve spingere il nuovo prodotto sul mercato rendendolo facilmente comprensibile e utilizzabile agli occhi del consumatore e facendolo diventare una commodity73.

Il processo di sviluppo di un nuovo prodotto inizia con una fase di brainstorming in cui vengono ricercate e generate nuove idee. Tale processo non avviene in maniera casuale ma con preciso riferimento ai prodotti e ai mercati di specifico interesse. Le fonti di idee possono essere molteplici: i clienti, i fornitori, i distributori, i concorrenti o gli scienziati. Dopodiché vengono selezionate le idee migliori in termini di potenziale economico e di fattibilità tecnologica e viene definito il concept di prodotto. A questo punto viene realizzato il prototipo del prodotto sulla base del concept selezionato con l’obiettivo di valutare la funzionalità del prodotto stesso e del processo produttivo. La fase successiva è caratterizzata dallo sviluppo della strategia di marketing per l’introduzione del prodotto sul mercato che deve stabilire: il mercato obiettivo; il posizionamento previsto; gli obiettivi in termini di quota di mercato e di profitto. Si passa così ad effettuare un’analisi economica per determinare una previsione dei costi, delle vendite e dei profitti attesi per il nuovo prodotto e verificare se questi sono in linea o meno con gli obiettivi dell’impresa. Successivamente, se l’analisi economica ha dato esito positivo, si prosegue con lo sviluppo vero e proprio del prodotto, che può avvenire secondo approcci diversi:

- sequenziale: lo sviluppo del prodotto avviene attraverso una serie di fasi e ogni fase viene svolta autonomamente dalla funzione aziendale competente, che affida il prodotto alla funzione adibita alla fase successiva solo dopo aver completato la propria fase di processo (il processo risulta molto lento);

73 Prodotto altamente standardizzato che è offerto sul mercato senza differenze qualitative. In

genere si tratta di beni necessari alla sopravvivenza dell’uomo ed al suo benessere come i prodotti alimentari.

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- parallelo (collaborativo): lo sviluppo del prodotto è caratterizzato da una stretta collaborazione fra i vari settori dell’impresa grazie al ricorso a gruppi di lavoro interfunzionali, con una conseguente sovrapposizione degli stadi di sviluppo che consente di ridurre i tempi e incrementare l’efficacia del processo.

Non resta che lanciare il nuovo prodotto sul mercato, ma prima del lancio vengono realizzati dei test in condizioni realistiche di mercato per studiare come i potenziali compratori rispondono al prodotto e alla strategia di marketing e per effettuare valutazioni ed eventuali interventi correttivi. Fra i test più comuni ricordiamo:

- la vendita controllata che fa comprare realmente il prodotto agli acquirenti in condizioni monitorate da osservatori addetti ad analizzare i comportamenti d’acquisto;

- la vendita completa in cui il nuovo prodotto è venduto su scala limitata a un campione rappresentativo di un mercato più ampio, utilizzando le leve di marketing come se si trattasse di una situazione reale;

- il lancio nazionale che prevede, nel caso di introduzione di un’offerta in mercati esteri, che il prodotto venga testato prima su scala nazionale e poi, dopo eventuali correzioni, immesso sui mercati internazionali.

La commercializzazione è la fase finale del processo di sviluppo del nuovo prodotto. Diventa importante, in questo stadio, il monitoraggio costante del nuovo prodotto e la verifica di quanto pianificato

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A questo punto è utile capire come una volta sviluppato e lanciato il nuovo prodotto sul mercato esso, in genere, segua quello che viene comunemente chiamato “ciclo di vita del prodotto”74

che è costituito da quattro fasi: introduzione, sviluppo, maturità e declino, e come ad ognuna di esse corrispondano strategie di marketing diverse.

La prima fase è quella dell’introduzione del prodotto sul mercato, caratterizzata da vendite molto scarse e da profitti negativi a causa dei forti investimenti stanziati per:

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Il concetto di ciclo di vita di un prodotto venne elaborato da Levitt nel 1965.

Generazione delle

idee Selezione delle idee

Svilluppo concept di prodotto

Sviluppo strategia di

marketing Analisi economica Sviluppo prodotto

Test di mercato Commercializzazione

Fig.19 – Ciclo di vita del prodotto.

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- il processo di ideazione e sviluppo del nuovo prodotto; - la promozione del prodotto e l’acquisizione di nuovi clienti.

In questo primo stadio il prodotto non è ancora conosciuto dal mercato per cui la strategia di marketing e, in particolare, la pubblicità, hanno l’obiettivo primario di far conoscere il prodotto e le sue caratteristiche soprattutto agli adottatori di avanguardia e ai rivenditori. Il problema prioritario è creare la domanda.

La seconda fase, quella dello sviluppo, è caratterizzata da una rapida crescita delle vendite: la pubblicità e il marketing hanno fatto il loro lavoro facendo conoscere il prodotto al mercato che lo ha accettato e lo acquista. Anche i profitti iniziano a crescere sensibilmente ed arrivano finalmente ad avere segno positivo. In questo secondo step la pubblicità non deve più far conoscere il prodotto ma deve suscitare l’interesse del consumatore medio: ormai il mercato ha capito quali sono le funzionalità del prodotto e non resta altro che stimolarlo all’acquisto. L’obiettivo è quello di conquistare la massima quota di mercato, prima che i competitors inizino ad entrare nel nuovo mercato con prodotti simili, e raggiungere profitti elevati.

La terza fase viene detta “maturità” ed è contraddistinta da:

- vendite che raggiungono il loro picco massimo e poi si stabilizzano; - profitti e numero di clienti elevati;

- forte concorrenza.

Diversificazione del prodotto e miglioramento della qualità diventano le parole d’ordine. La pubblicità e il marketing devono stressare le differenze del prodotto rispetto ai prodotti analoghi della concorrenza e valorizzare i benefici che apporta. L’obiettivo è quello di aumentare i clienti cercando di: convertire i non utilizzatori; di entrare in nuovi segmenti di mercato; di conquistare i clienti della concorrenza.

Infine troviamo la fase del declino durante la quale le vendite e i profitti calano inesorabilmente e la concorrenza diviene sempre meno serrata. Le ragioni del declino possono essere molteplici: il cambiamento dei gusti dei consumatori, l’introduzione di nuovi prodotti sul mercato, l’innovazione tecnologica ecc. Così

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il marketing non può far altro che mantenere i consumatori più fedeli soprattutto attraverso una pubblicità ridotta al minimo che si limiti a ricordare al mercato dell’esistenza di tale prodotto. I costi per tenere in vita il prodotto tendono ad aumentare e i ricavi a ridursi e proprio per questo molto spesso l’impresa decide di non investire più su tale prodotto e di ritirarlo dal mercato. Tuttavia al declino può seguire anche un’eventuale fase di rilancio qualora l’impresa riesca a:

- innovare il processo produttivo;

- trovare nuove occasioni di utilizzo del prodotto; - riposizionare il prodotto nella mente del consumatore.

INTRODUZIONE SVILUPPO MATURITA’ DECLINO

VENDITE Scarse In rapida crescita Picco In declino PROFITTI Negativi Crescenti Alti Declinanti CLIENTI Innovatori Adottanti iniziali Maggioranza Ritardatari OBIETTIVI DI MARKETING Conoscenza del prodotto Massimizzazione della quota di mercato Massimizzazione del profitto Sfruttamento del prodotto PUBBLICITA’ Conoscenza del

prodotto

Stimolo

dell’interesse Evidenziare le diversità

Ricordo

L’ampiezza e la durata di ciascuna fase del ciclo di vita del prodotto possono essere diverse in funzione del singolo prodotto e possono variare a seconda del settore, del tipo di prodotto, della tecnologia, delle condizioni del mercato e degli specifici comportamenti dell’impresa. Tutto sommato, si può affermare che normalmente la fase di introduzione risulta in assoluto la più breve, la crescita è un po’ più lunga, la maturità è la più duratura e il declino è all’incirca della stessa lunghezza della maturità. Per alcune tipologie di prodotto, però, si possono avere delle curve caratteristiche: è il caso, ad esempio, dei prodotti ad “alto apprendimento”, che presentano forti resistenze iniziali all’adozione e quindi un periodo di introduzione più lungo (ad esempio i forni a microonde in Italia hanno trovato forti resistenze culturali) e di quelli a “basso apprendimento”, in cui le fasi di introduzione e di sviluppo vengono quasi a coincidere (ad esempio i prodotti farmaceutici). Inoltre non sempre i prodotti vivono tutte e quattro le fasi: Fig. 20 – Le strategie nelle fasi del ciclo di vita del prodotto.

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ci sono casi fallimentari in cui si passa direttamente dalla fase di lancio a quella di declino.

La maggior parte dei prodotti alimentari appartiene alla categoria dei prodotti a basso apprendimento, in quanto il consumatore riesce facilmente a maturare opinioni e idee sul prodotto e sulla sua qualità e ne conosce funzionalità e risposta d’uso. Si tratta anche di beni a basso coinvolgimento perché il prezzo e quindi il coinvolgimento nell’acquisto sono bassi. Di conseguenza il ciclo di vita del prodotto alimentare ha le fasi di sviluppo e introduzione coincidenti e molto ripide e una fase di maturità molto lunga. Durante questo periodo le possibilità di rilancio dei prodotti maturi sono innumerevoli, ad esempio attraverso: l’introduzione di innovazioni nelle tecniche produttive (prodotti biologici), nelle