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IL CODICE DI AUTODISCIPLINA DELLA COMUNICAZIONE

QUOTA % DEL SETTORE SUL MERCATO (Gen-Ago 2013)

3. REGOLAMENTAZIONE DEL FENOMENO PUBBLICITARIO

3.1. IL CODICE DI AUTODISCIPLINA DELLA COMUNICAZIONE

COMMERCIALE – 57° EDIZIONE

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Il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale costituisce un fenomeno di natura privatistica di regolamentazione della pubblicità commerciale.

Esso viene costantemente aggiornato dallo I.A.P. (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria)33, che infatti è incaricato dell’emanazione e della revisione del codice. L’edizione attuale è la 57° ed è entrata in vigore il 6 Aprile 2013.

Il Codice è formato da una parte destinata alle “Norme Preliminari e Generali” e da 46 articoli divisi in sei titoli:

1. Regole di comportamento (artt. 1-16);

32 Il Codice nacque in Italia nel 1966, con il nome di "Codice della Lealtà Pubblicitaria" in

risposta alla fortemente sentita esigenza di regolamentare in modo organico la pubblicità, soprattutto per tutelare il consumatore dall’inganno pubblicitario. Fu promulgato dal Comitato Permanente Interfederale della Pubblicità e ratificato da FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali), RAI e UPA (Utenti Pubblicità Associati). Già nel 1951 l’UPA (organizzazione che riunisce le imprese utenti di pubblicità) aveva pubblicato il "Codice Morale della Pubblicità" sull’esempio del “Code International de pratiques loyales en matière de publicité”, la prima raccolta organica di disposizioni auto-disciplinari di regolamentazione della pubblicità, pubblicato a Parigi nel 1937 dalla Camera di Commercio Internazionale; nel 1953 seguì poi il Codice FIP (Federazione Italiana della Pubblicità, organizzazione che riuniva associazioni, imprese ed enti pubblicitari), una raccolta di usi e consuetudini formatisi in materia pubblicitaria in Italia.

Il nome del Codice fu poi modificato in Codice di Autodisciplina Pubblicitaria e infine in Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale. Dal 1971 al 1976 la gestione del sistema autodisciplinare venne affidata alla Confederazione Generale Italiana della Pubblicità (CGIP), composta da FEDERPRO (formata dalle associazioni OTIPI e TP e, in seguito anche da ANICA), FIEG, FIP, RAI, SIPRA e UPA, e dal 1977, dopo la costituzione dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) il controllo passò a quest’ultimo organo il quale, a norma dell’art. 2 comma 2 dello statuto IAP, provvede all’emanazione e alle revisioni del Codice stesso.

Il Codice ha trovato un primo implicito riconoscimento normativo con il D. Lgs. del 25 gennaio 1992 n. 74 (Attuazione della direttiva 84/450/CEE, come modificata dalla direttiva 97/55/CE, in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, modificato successivamente dal D. Lgs. 25 febbraio 2000 n. 67 e dalla legge del 6 aprile 2005 n. 49) e, successivamente, piena conferma con il D. Lgs. del 2 agosto 2007 n. 146 (Attuazione della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica le direttive 84/450/CEE, 97/7/CE, 98/27/CE, 2002/65/CE, e il Regolamento CE n. 2006/2004) che promuove il ruolo dei "Codici di Condotta".

33 L’Iap è un’associazione che, senza fini di lucro, si propone di agire e vigilare affinché la

comunicazione commerciale sia onesta, veritiera e corretta. L'Istituto è membro dell’ Alleanza Europea l’Etica in Pubblicità.

44 2. Norme particolari (artt. 17 – 28ter); 3. Organi e loro competenza (artt. 29 – 35);

4. Norme procedurali e sanzionatorie (artt. 36 – 42); 5. Tutela della creatività (artt. 43 – 45);

6. Comunicazione sociale (art. 46)34.

Esso svolge non solo una funzione repressiva, ma anche deterrente, per far sì che gli operatori pubblicitari si adeguino spontaneamente alle sue norme senza che si debba intervenire per sanzionarli, e preventiva poiché dà la possibilità agli operatori di sottoporre al parere degli organi auto-disciplinari le comunicazioni commerciali prima della loro diffusione.

Il Codice in questione disciplina nel dettaglio l’articolato mondo della pubblicità e ha come scopo primario quello di “assicurare che la comunicazione commerciale, nello svolgimento del suo ruolo particolarmente utile nel processo economico, venga realizzata come servizio per il pubblico, con speciale riguardo alla sua influenza sul consumatore” ("Norme Preliminari e Generali", lett. a "Finalità del Codice"). Dunque potremmo dire che gli obiettivi del Codice sono essenzialmente due: da una parte la necessità di elaborare criteri uniformi di comportamento leale volti a regolare i rapporti di concorrenza fra imprese nel mercato; dall’altra tutelare i soggetti terzi – i consumatori – in tema di possibilità di effettuare scelte consapevoli.

Per comunicazione commerciale si intende “la pubblicità e ogni altra forma di comunicazione, anche istituzionale, diretta a promuovere la vendita di beni o servizi quali che siano le modalità utilizzate” ("Norme Preliminari e Generali", lett. e "Definizioni").

34 Allegati al Codice sono:

- il "Regolamento sui tempi tecnici di attuazione delle decisioni autodisciplinari"; - il "Regolamento per i pareri preventivi del Comitato di Controllo";

- il "Regolamento per deposito dei progetti creativi"; - il "Regolamento per deposito avvisi di protezione";

- il "Regolamento sulla Comunicazione Commerciale svolta all’estero";

- il "Regolamento sulla Comunicazione Commerciale degli integratori alimentari proposti per il controllo o la riduzione del peso e di altri tipi di integratori";

- il "Regolamento sulla Comunicazione Commerciale dei medicinali per uso veterinario"; - il "Regolamento a garanzia dell’imparzialità del giudizio autodisciplinare".

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Il Codice non ha l’efficacia erga omnes propria della legge ma vincola solo coloro che, a vario titolo, risultano aderirvi e dunque “utenti, agenzie, consulenti di pubblicità e di marketing, gestori di veicoli pubblicitari di ogni tipo e per tutti coloro che lo abbiano accettato direttamente o tramite la propria associazione o la propria sottoscrizione di un contratto finalizzato all’effettuazione di una comunicazione commerciale” ("Norme Preliminari e Generali", lett. b "Soggetti vincolati")35.

Il Codice tutela i consumatori innanzitutto dalla pubblicità sleale e ingannevole. L’art. 1 (“Lealtà della comunicazione commerciale”) sancisce che la comunicazione commerciale deve essere onesta, veritiera e corretta, e deve evitare tutto ciò che possa screditarla. Mentre ai sensi dell’art. 2 (“Comunicazione commerciale ingannevole”) “la comunicazione commerciale deve evitare ogni dichiarazione o rappresentazione che sia tale da indurre in errore i consumatori, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni non palesemente iperboliche, specie per quanto riguarda le caratteristiche e gli effetti del prodotto, il prezzo, la gratuità, le condizioni di vendita, la diffusione, l'identità delle persone rappresentate, i premi o riconoscimenti”. Insidie che potrebbero essere perpetrate anche attraverso:

- terminologie, citazioni, dati statistici e menzioni di prove tecniche e scientifiche non usate in modo appropriato;

35 Le aziende che aderiscono al codice sono:

- Aziende: UPA – Utenti Pubblicità Associati.

- Aziende di settore: ASSOFIN – Associazione Italiana del Credito al Consumo e Immobiliare; UNIPRO – Associazione Italiana delle Imprese Cosmetiche.

- Agenzie: UNICOM – Unione Nazionale Imprese di Comunicazione. - Concessionarie: FCP – Federazione Concessionaria di Pubblicità. - Affissioni: AAPI – Associazione Aziende Pubblicitarie Italiane.

- Internet: FEDOWEB – Federazione Operatori Web; IAB ITALIA – Interactive Advertising Bureau Italia.

- Radio e Televisioni: AERANTI-CORALLO – Associazione delle Imprese Radiotelevisive Locali, Satellitari e Via Internet; FRT – Federazione Radio Televisioni; MEDIASET SPA; RAI SPA; SKY ITALIA SRL; TELECOM ITALIA MEDIA SPA.

- Stampa: ANES – Associazione Nazionale Editoria Periodica Specializzata; FIEG – Federazione Italiana Editori Giornali.

- Istituzioni: FONDAZIONE PUBBLICITÀ PROGRESSO; ISDACI – Istituto Scientifico per l’Arbitrato la Mediazione e il Diritto Commerciale.

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- testimonianze non autentiche, responsabili o controllabili;

- garanzie obbligatorie comunicate con modalità tali da far ritenere che il loro contenuto sia maggiore o diverso.

“La comunicazione commerciale deve essere sempre riconoscibile come tale”, è sancito dall’art. 7 (“Identificazione della comunicazione commerciale”), distinta da altri contenuti informativi mediante opportuni accorgimenti tecnici, stilistici e grafici. Il consumatore inoltre è tutelato nei confronti di comunicazioni che sfruttano la superstizione, la credulità e la paura (art. 8 “Superstizione, credulità, paura”), impedendo il plagio dei soggetti più deboli; e nei riguardi di messaggi che risultano, a causa di affermazioni o rappresentazioni, violenti, indecenti, volgari, ripugnanti (art. 9 “Violenza, volgarità, indecenza”), salvaguardando, in tal modo, il buon gusto e i valori sociali e morali.

Inoltre, “La comunicazione commerciale non deve offendere le convinzioni morali, civili e religiose. Essa deve rispettare la dignità della persona in tutte le sue forme ed espressioni e deve evitare ogni forma di discriminazione” (art. 10 “Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona”) e, chiaramente, particolare attenzione va prestata nei casi di ideazione e diffusione di messaggi destinati a bambini e adolescenti o che siano suscettibili di raggiungerli (art.11 “Bambini e adolescenti”). Tali comunicazioni non devono contenere nulla che possa loro recare danno psichico, morale o fisico, e non possono abusare della loro maggiore credulità, mancanza di esperienza e senso di lealtà.

Particolare interesse è posto anche sulle comunicazioni commerciali altrui che imitano servilmente i propri messaggi, soprattutto se idonei a creare confusione. L’art. 13 (“Imitazione, confusione e sfruttamento”) vieta anche lo sfruttamento del nome, del marchio, della notorietà e dell’immagine aziendale altrui, quando intesa a trarre per sé ingiustificato profitto. Non è vietato dunque, qualsiasi riferimento alla notorietà altrui, ma solo l’agganciamento volto ad ottenere vantaggio senza motivo. Di certo è vietata la denigrazione delle attività o dei prodotti dei competitors (art. 14 “Denigrazione”), ma non la comparazione (art.

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. La comparazione è consentita solo quando risulta utile ad illustrare i vantaggi dei beni o dei servizi oggetto della comunicazione e purché ponga a confronto in modo obiettivo caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili tecnicamente e rappresentative dei beni e servizi concorrenti, che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi. Infine la comparazione deve essere in ogni caso leale e non ingannevole, non deve ingenerare rischi di confusione, né causare discredito o denigrazione e neppure trarre indebitamente vantaggio dalla notorietà altrui.

Il Titolo II del Codice definisce le “Norme particolari”. Nello specifico sono disciplinate determinate modalità di vendita sensibili di abusi (art. 17 “Vendite a credito”; art. 18 “Vendite a distanza”; art. 19 “Forniture non richieste”; art. 20 “Vendite speciali”; art. 21 “Manifestazioni a premio”) e precisi settori merceologici. Inerentemente ai settori merceologici disciplinati dal Codice, è stato ritenuto necessario inserire alcune norme che potessero porre un limite e una misura a messaggi relativi a prodotti o servizi che per la loro intrinseca natura possono trarre in inganno il consumatore o comunque approfittare della sua maggiore vulnerabilità. Gli articoli dal 22 al 28 ter disciplinano le comunicazioni commerciali relative a bevande alcoliche (art. 22)37, prodotti

36 Se la prima edizione del Codice (maggio 1966) proibiva ogni forma, anche blanda, di

paragone, già con la seconda edizione (luglio 1971) il divieto assoluto veniva limitato alla sola comparazione diretta, mentre era giudicata lecita la comparazione indiretta, «Quando sia intesa ad illustrare, sotto il profilo tecnico, commerciale o del rendimento, le caratteristiche ed i vantaggi reali del proprio prodotto o della propria azienda, e sempre che non si risolva nella denigrazione del prodotto o dell’azienda» (secondo l’art. 15 in vigore all’epoca). D’altronde è con la terza edizione del codice (marzo 1975) che la disciplina della pubblicità comparativa ha ricevuto una formulazione pressoché definitiva e con la riformulazione del 1999 (28a edizione) è stata riconosciuta pienamente la liceità della comparazione diretta, effettuata cioè nei confronti di un concorrente precisamente individuato, utilizzando i suoi segni distintivi.

37 Art. 22 – Bevande alcoliche

“La comunicazione commerciale relativa alle bevande alcoliche non deve contrastare con l’esigenza di favorire l’affermazione di modelli di consumo ispirati a misura, correttezza e responsabilità. Ciò a tutela dell’interesse primario delle persone, ed in particolare dei bambini e degli adolescenti, ad una vita familiare, sociale e lavorativa protetta dalle conseguenze connesse all’abuso di bevande alcoliche. In particolare la comunicazione commerciale non deve:

- Incoraggiare un uso eccessivo e incontrollato, e quindi dannoso, delle bevande alcoliche;

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cosmetici e per l’igiene personale (art. 23), integratori alimentari e prodotti dietetici (art. 23 bis)38, trattamenti fisici ed estetici (art. 24), prodotti medicinali e trattamenti curativi (art. 25), corsi di istruzione e metodi di studio o insegnamento (art. 26), operazioni finanziarie e immobiliari (art. 27), viaggi organizzati (art. 28), giocattoli, giochi e prodotti educativi per bambini (art. 28bis), giochi con vincita in denaro (art. 28ter).

Giurì e Comitato di Controllo sono gli organi competenti in materia, cui spetta il compito di giudicare nel merito delle controversie insorte per la supposta violazione del Codice.

Il Comitato di Controllo è l’organo autodisciplinare garante degli interessi dei cittadini-consumatori e della pubblicità in generale. È composto da membri nominati dall’ Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) e scelti tra esperti

- Rappresentare situazioni di attaccamento morboso al prodotto e, in generale, di dipendenza dall’alcol o indurre a ritenere che il ricorso all’alcol possa risolvere problemi personali;

- Rivolgersi o fare riferimento, anche indiretto, ai minori, e rappresentare questi ultimi o soggetti che appaiono evidentemente tali intenti al consumo di alcol;

- Utilizzare segni, disegni, personaggi e persone, direttamente e primariamente legati ai minori, che possano generare un diretto interesse su di loro;

- Associare la guida di veicoli con l’uso di bevande alcoliche;

- Indurre il pubblico a ritenere che il consumo delle bevande alcoliche contribuisca alla lucidità mentale e all’efficienza fisica e sessuale e che il loro mancato consumo comporti una condizione di inferiorità fisica, psicologica o sociale;

- Rappresentare come valori negativi la sobrietà e l’astensione dal consumo di alcolici; - Indurre il pubblico a trascurare le differenti modalità di consumo che è necessario

considerare in relazione alle caratteristiche dei singoli prodotti e alle condizioni personali del consumatore;

- Utilizzare come tema principale l’elevato grado alcolico di una bevanda.”

38 Art. 23 bis – Integratori alimentari e prodotti dietetici

“La comunicazione commerciale relativa agli integratori alimentari e ai prodotti dietetici non deve vantare proprietà non conformi alle particolari caratteristiche dei prodotti, ovvero proprietà che non siano realmente possedute dai prodotti stessi.

Inoltre detta comunicazione commerciale deve essere realizzata in modo da non indurre i consumatori in errori nutrizionali e deve evitare richiami a raccomandazioni o attestazioni di tipo medico.

Queste regole si applicano anche agli alimenti dietetici per la prima infanzia, a quelli che sostituiscono in tutto o in parte l'allattamento materno e a quelli che servono per lo svezzamento o per l'integrazione alimentare dei bambini.

Per quanto attiene, in particolare, alla comunicazione commerciale relativa agli integratori alimentari proposti per il controllo o la riduzione del peso e di altre tipologie specifiche di integratori, valgono le norme contenute nell'apposito Regolamento, che costituisce parte integrante del presente Codice”.

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di problemi di consumatori, di tecnica pubblicitaria, di mezzi di comunicazione e di materie giuridiche. I membri del Comitato non possono essere scelti tra esperti che esercitano la loro attività professionale in materia di autodisciplina della comunicazione commerciale, e ciò per garantire la massima professionalità e la massima indipendenza del collegio dall’istituto. L’attività svolta dal Comitato di Controllo può essere riassunta nel seguente schema:

L’iniziativa nei riguardi di comunicazioni commerciali ritenute non conformi al Codice può essere assunta d’ufficio dallo stesso Comitato, dalla segreteria IAP, dai singoli cittadini-consumatori ovvero da associazioni rappresentative di interessi collettivi. Per segnalare una presunta violazione del Codice è sufficiente inviare una e-mail alla casella di posta elettronica dello IAP. Durante le sedute Fig. 12 – Schema riassuntivo delle attività svolte dal Comitato di Controllo (Fonte: www.iap.it/it/final.htm)

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del Comitato viene esaminata la segnalazione e può essere richiesta, a chi si è valso della comunicazione commerciale in discussione, la documentazione atta a consentire l’accertamento della veridicità di quanto affermato. Il Comitato può, a seguito dell’analisi del messaggio segnalato, invitare l’inserzionista a modificare la comunicazione commerciale scorretta o ingannevole nei casi di lievi inadempienze, oppure inoltrare alle parti un provvedimento monitorio, motivato, che ingiunge di desistere dall’ulteriore diffusione della comunicazione commerciale. L’ingiunzione diviene esecutiva in caso di mancata opposizione entro il termine perentorio di 10 giorni. In caso contrario, invece, se è proposta opposizione nei termini stabiliti, il Comitato può ritirare l’ingiunzione oppure sottoporla al Giurì affinché si pronunci in merito. Infine, se il Comitato non ravvisa trasgressione del Codice, procede all’archiviazione per non contrasto del Codice, per ritenuta incompetenza o difetto di giurisdizione dell’organo autodisciplinare oppure per non luogo a procedere.

Il Giurì è composto, anch’esso, da membri nominati dallo IAP e scelti tra esperti di diritto, di problemi dei consumatori e di comunicazione, e questi, proprio come i membri del Comitato di Controllo, non possono essere selezionati fra persone che esercitano la loro attività professionale in materia di autodisciplina della comunicazione commerciale. Il Giurì è l’organo collegiale giudicante dell’Autodisciplina, deputato a esaminare la comunicazione commerciale che gli viene sottoposta (dal Comitato di Controllo o da chiunque ne abbia interesse) e a pronunciarsi su di essa secondo quanto disposto dal Codice. L’attività che esso svolge può essere così riassunta:

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Chiunque ritenga di subire pregiudizio da un’attività di comunicazione commerciale contraria al Codice può richiedere l’intervento del Giurì nei confronti di chi, avendo accettato il Codice stesso in una qualsiasi delle forme indicate nelle "Norme Preliminari e Generali", abbia compiuto le attività ritenute illecite. La parte interessata deve presentare un’istanza scritta indicando la comunicazione commerciale che intende sottoporre al vaglio del Giurì, esponendo le proprie ragioni e allegando la relativa documentazione. (art. 36 "Istanze al Giurì e segnalazioni al Comitato di Controllo"). Dopo aver ricevuto Fig. 13 – Schema riassuntivo delle attività svolte dal Giurì (Fonte: www.iap.it/it/final.htm)

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l’istanza, il Presidente del Giurì nomina fra i membri del Giurì un relatore e dispone la comunicazione degli atti alle parti convenute assegnando loro un termine, non inferiore agli otto e non superiore ai dodici giorni liberi lavorativi, per il deposito delle rispettive deduzioni e di eventuali documenti e le convoca entro il termine più breve possibile per la discussione orale che dovrà vertere soprattutto sugli aspetti della controversia che non sia stato possibile trattare per iscritto. Le parti, personalmente o assistite da legali e consulenti, sono convocate innanzi al Giurì per la trattazione orale della vertenza, in contraddittorio. Esaurita la discussione, il Giurì qualora ritenga la pratica sufficientemente istruita, emette la propria decisione; se invece reputa necessario acquisire ulteriori elementi di prova, rimette gli atti al relatore che provvede al più presto all’assunzione degli atti istruttori ritenuti necessari, che poi restituisce al Giurì per il prosieguo del procedimento; se, infine, durante il procedimento sono emersi elementi tali da fare ritenere la sussistenza di violazioni non precedentemente previste nell’istanza in esame, queste vengono accertate, contestate e dichiarate d’ufficio (art. 37 "Procedimento avanti al Giurì"). In qualsiasi momento del procedimento il Giurì può chiedere, senza formalità, al Comitato di Controllo pareri su qualsivoglia questione. Il Giurì, al termine della discussione emette la sua decisione, comunicando immediatamente il dispositivo sull’esito della vertenza alle parti. Se la comunicazione commerciale esaminata non è conforme alle norme del Codice, il Giurì dispone che le parti interessate desistano dalla stessa (art. 38 "Decisione del Giurì"). Nei casi particolarmente gravi il Giurì può disporre che sia data notizia al pubblico della decisione, per estratto, anche con i nomi delle parti, sugli organi di informazione ritenuti opportuni. Tutte le decisioni sono pubblicate, a cura della Segreteria dell’Istituto di Autodisciplina sul suo sito Internet e nella banca dati IAP (art. 40 "Pubblicazione delle decisioni"). Le decisioni del Giurì sono definitive ed incontestabili. “Qualora chi è tenuto ad uniformarsi alle decisioni del Giurì o del Comitato di Controllo non vi si attenga nei tempi previsti dall’apposito regolamento, il Giurì o il suo Presidente reiterano l’ordine di cessazione della comunicazione commerciale interessata e dispongono che si dia notizia al pubblico dell’inottemperanza,

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attraverso gli organi di informazione indicati, a cura dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria” (art. 42 "Inosservanza delle decisioni")39. Gli organi auto-disciplinari sono impegnati anche in altre attività oltre a quanto già espresso. Il Comitato di Controllo, ai sensi dell’art 32 "Funzioni del Giurì e del Comitato di Controllo", su richiesta della parte interessata può esprimere in via preventiva il proprio parere circa la conformità alle norme del Codice della Comunicazione Commerciale sottopostagli in via definitiva ma non ancora diffusa. Altra prestazione garantita è la tutela dei progetti creativi40. Nel 2005, infine, l’IAP ha istituito una Camera di conciliazione e di arbitrato che, affiancando Giurì e Comitato di Controllo, pur senza interferenza nel loro lavoro, offre agli operatori pubblicitari e del diritto un servizio in merito alla correttezza delle comunicazioni commerciali.

3.2. IL CODICE DEL CONSUMO – DECRETO LEGISLATIVO 6