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Considerazioni introduttive Usufrutto di titoli di credito e usufrutto di credit

Nell’introduzione al presente lavoro abbiamo ricordato le diverse disposizioni normative del nostro codice che fanno riferimento in modo espresso all’usufrutto di tito- li di credito, contenute sia all’interno della disciplina dell’usufrutto (l’art. 1003, 1° comma, 3° alinea, c.c.), sia nel contesto della disciplina concernente i titoli di credito (artt. 1997, 1998, 2024 e 2025 c.c.; art. 3, comma 1 e art. 1, comma 3, r.d. n. 239 del 1942), sia infine tra le disposizioni che riguardano la società per azioni (art. 2352 c.c.).

Nella medesima sede abbiamo osservato altresì che le disposizioni appena ri- chiamate non sono sufficienti, di per sé sole, a ricostruire in modo organico l’intera di- sciplina dell’istituto, sia sotto il profilo della costituzione di tale diritto e della sua op- ponibilità al terzo debitore, sia sotto il profilo della ripartizione tra usufruttuario e nudo proprietario dei diritti incorporati nel titolo e dell’individuazione delle modalità di eser- cizio degli stessi. Nel prosieguo della trattazione cercheremo pertanto di proporre una ricostruzione il più possibile completa di tale disciplina, che tenga conto delle diversità esistenti tra i vari titoli di credito sotto il profilo della legge di circolazione nonché dal punto di vista dei diritti incorporati.

A questo fine occorre chiedersi innanzitutto se oggetto dell’usufrutto sia il titolo oppure il diritto o i diritti in esso incorporati. Per rispondere a tale interrogativo è neces- sario considerare che il documento cartaceo che costituisce il titolo di credito è una vera e propria res corporalis, che forma oggetto di un vero e proprio diritto di proprietà1. È stato osservato poi che «la “reificazione” nei titoli di credito di massa è assai più marca- ta che nei titoli di credito individuali, sicché parlare di “proprietà” di titoli di credito a- zionari o obbligazionari è più plausibile che parlare di proprietà di cambiali o assegni, nei quali la presenza del momento obbligatorio si manifesta in termini assai più vivi-

di»2. E difatti il Codice Napoleone all’art. 529 classifica le azioni tra i biens meubles. Così si è ritenuto che le azioni (nominative) siano oggetto di possesso e siano suscettibi- li di essere usucapite3.

Ragionando in questo modo, sembra potersi concludere che l’usufrutto ha per oggetto il titolo di credito ed è assimilabile a un normale usufrutto gravante su una res corporalis, e che ciò risulta più evidente per i titoli di massa.

Una parte minoritaria della dottrina invece ha fatto leva sul tenore letterale dell’art. 1997 c.c., il quale dispone che «il pegno, il sequestro, il pignoramento e ogni altro vincolo sul diritto menzionato in un titolo di credito o sulle merci da esso rappre- sentate non hanno effetto se non si attuano sul titolo», per sostenere che oggetto del vin- colo non sarebbe il titolo, bensì il diritto cartolare che vi è incorporato: in altre parole, si tratterebbe di vincoli su diritti, non su cose materiali4. Invero questa conclusione po- trebbe essere supportata anche da ulteriori argomenti letterali di analogo tenore, che si potrebbero trarre sia dal testo dell’art. 2024 c.c., che, con una formulazione analoga a quella dell’art. 1997 c.c., parla di «vincolo sul credito», sia dall’art. 2025 c.c., che ri- guarda «l’usufrutto del credito menzionato in un titolo nominativo».

A questa tesi però si è replicato negando che all’art. 1997 si possa attribuire una valenza definitoria dell’oggetto del vincolo, non potendosi riconoscere al legislatore un rigore lessicale che non gli è proprio, e si è aggiunto altresì che l’espressione letterale impiegata in tale disposizione è contraddetta da quella che si rinviene nell’art. 2026 c.c., dove si parla di «pegno su un titolo nominativo» e non di «pegno sul diritto incorporato in un titolo nominativo»5.

2

LIBONATI, Titoli di credito e strumenti finanziari, Milano 1999, p. 134. 3 SACCO-CATERINA, Il possesso, in Tratt. Cicu-Messineo, Milano 2000, p. 496.

4 RUBINO, Il pegno, cit., p. 212; GORLA-ZANELLI, op. cit., sub art. 2784, p. 49; FOSCHINI, In tema di pe- gno di titoli di credito, in Banca, borsa e tit. cred. 1965, I, p. 168 ss.; FIORENTINO, Dei titoli di credito, in Comm. Scialoja-Branca, 2a ediz., Bologna-Roma 1974, sub art. 1997, p. 118; a questo orientamento ha aderito App. Napoli, 1 dicembre 1956, in Banca, borsa e tit. cred. 1957, II, p. 63. Secondo REALMONTE, Il pegno, cit., p. 810 s., sarebbe necessario distinguere i profili relativi al titolo e gli aspetti relativi al cre- dito incorporato, nel senso che per la costituzione e per la prelazione sarebbe più congruo considerare il pegno di titoli di credito come pegno di cose e applicare la relativa disciplina, mentre in ordine alla realiz- zazione coattiva della garanzia lo si dovrebbe considerare alla stregua di un pegno di crediti, con conse- guente applicazione della disciplina di cui agli artt. 2800 ss.

5 MARTORANO, Titoli di credito. Titoli non dematerializzati,in Tratt. Cicu-Messineo, Milano 2002, p. 699 ss. Nel senso che i vincoli sui titoli devono essere considerati come vincoli su una res e non come vincoli su diritti, v. anche REPETTO, Questioni in tema di pegno di titoli di credito, in I titoli di credito, a cura di Pellizzi, Milano 1980, p. 541 ss.; GASPERONI, Modalità di costituzione del pegno sui titoli azionari nomi- nativi e legittimazione del creditore pignoratizio, nota a Corte App. Firenze 22 maggio 1950, in Banca,

Autorevole dottrina ha osservato inoltre che, qualora si ritenesse che i vincoli gravano sui diritti incorporati, si verificherebbero due conseguenze incompatibili con il regime cartolare. In primo luogo, allorquando si tratta di vincoli che attribuiscono al be- neficiario in tutto o in parte la facoltà di esercitare la pretesa cartolare, come l’usufrutto e il pegno, l’esercizio di tale pretesa dovrebbe essere soggetto agli stessi limiti che in- contrerebbe il titolare del credito qualora ne fosse titolare. Ciò da un lato sarebbe con- traddetto dal disposto dell’art. 2014, comma 2, c.c., che, con riguardo al pegno, dichiara inopponibili al giratario a titolo di pegno le eccezioni opponibili al girante; dall’altro comporterebbe l’assenza di qualsivoglia differenza tra la costituzione del vincolo se- condo le regole della circolazione cartolare e la costituzione secondo le regole del diritto comune. In secondo luogo, dall’assunto per cui oggetto del vincolo sarebbero i diritti e non i titoli deriverebbe che, se il vincolo è costituito da un soggetto non legittimato, l’acquirente di buona fede non potrebbe beneficiare della tutela di cui all’art. 1153, comma 3, c.c., in quanto tale disposizione riguarda solo i vincoli su cose materiali e non anche quelli su diritti6.

Alla luce di queste critiche, che riteniamo pienamente condivisibili, si deve con- cludere che l’oggetto immediato del vincolo non può che essere il titolo.

Tuttavia è evidente che non ci si può fermare a questa conclusione, ma occorre considerare che per i titoli di credito vale, com’è noto, il principio dell’incorporazione, in forza del quale v’è una corrispondenza tra il diritto sul titolo e i diritti che derivano dal titolo (il Recht am Papier comporta anche Recht auf den Papier). Facendo applica- zione di tale principio si deve ritenere che, se al diritto pieno (cioè alla proprietà) sul ti- tolo corrisponde la titolarità del diritto, così al diritto frazionario (cioè l’usufrutto, per quanto ci riguarda, ma lo stesso vale per il pegno) sul titolo corrisponde analoga posi- zione rispetto al diritto7. Questa corrispondenza tra usufrutto sul titolo e usufrutto sul di-

borsa e tit. cred. 1951, II, p. 311 s.; POLI, Il pegno di azioni, Milano 2000, p. 93 ss.; Trib. Torino, 3 feb- braio 1993, in G. it. 1994, I, 2, c. 581.

6 Le osservazioni critiche riportate sono di MARTORANO, op. cit., p. 701 s.

7 OPPO, op. cit., p. 4; contra MESSINEO, I titoli di credito, II, 2a ediz., Padova 1934, p. 271 ss., in partico- lare p. 280, la cui posizione appare un po’ singolare, l’usufrutto su titoli di credito è un diritto reale, anche se non ha come oggetto un diritto. Nel caso di pegno, posto che il vincolo sul titolo fa sorgere il corri- spondente vincolo sul credito incorporato, risulta particolarmente importante stabilire se debba trovare applicazione il regime del pegno di cose mobili ovvero quello del pegno di diritti, atteso che da ciò di- scendono rilevanti differenze di disciplina relativamente all’opponibilità della garanzia: nel primo caso infatti non sarebbe necessario notificare la costituzione del pegno al debitore o procurarsi la sua accetta-

ritto incorporato risulta anche dall’art. 1997 c.c., il quale però pone tale corrispondenza nel senso inverso a quello che abbiamo indicato, poiché, come abbiamo detto, fa riferi- mento ai vincoli sul diritto menzionato nel titolo, per l’efficacia dei quali prescrive l’attuazione sul titolo.

Pertanto, se è senz’altro corretto dire che l’usufrutto ha per oggetto immediato il titolo di credito (da intendersi come res corporalis), è vero anche che la costituzione di tale usufrutto comporta anche in via mediata, in forza del principio dell’incorporazione, il sorgere di un usufrutto sul diritto o sui diritti che nel titolo sono incorporati, che costi- tuiscono il valore patrimoniale finale su cui il vincolo viene ad operare8. Si può dire dunque che coloro i quali hanno sostenuto che i vincoli di cui all’art. 1997 c.c. gravano sul diritto incorporato hanno sostenuto una cosa esatta dal punto di vista sostanziale, ma imprecisa dal punto di vista tecnico-formale: il vincolo grava innanzitutto sul titolo, e solo di conseguenza cade sui diritti incorporati. Questa consequenzialità, che è imposta dal principio dell’incorporazione, appare decisiva, perché essa fa sì che all’usufrutto sui diritti incorporati non si applichi il regime ordinario previsto per l’usufrutto degli omo- loghi diritti non incorporati in alcun titolo, ma si applichi piuttosto il regime cartolare, con le conseguenze che cercheremo di illustrare in seguito.

Merita di essere osservato che l’affermazione per cui l’usufrutto (o il pegno) sui titoli di credito comporta anche indirettamente la costituzione dell’usufrutto (o del pe- gno) sui diritti incorporati, ci riporta ancora una volta davanti alla figura dei diritti su di- ritti, della cui ammissibilità abbiamo ampiamente discusso nella prima parte del presen- te lavoro.

Il problema è diverso per i titoli dematerializzati: come diremo, infatti, in dottri- na si è sottolineato che, a differenza di quanto accade per i titoli costituiti da un docu- mento cartaceo, non è concepibile né un diritto di proprietà su tali titoli, né il possesso dei titoli stessi, cosicché ad esempio non sono esercitabili le comuni azioni possessorie in caso di sottrazione illegittima dei titoli da un conto. Per tali titoli occorrerà pertanto svolgere una distinta analisi, alla quale provvederemo dopo aver affrontato il problema dell’usufrutto su titoli non dematerializzati.

zione, ex art. 2800 c.c., ma sarebbe sufficiente l’annotazione del vincolo sul titolo ex art. 1997 c.c. (GA- BRIELLI, Il pegno, in Tratt. Sacco, Torino 2005, p. 184).

2. La categoria dei titoli di credito e le principali tipologie di titoli che vi