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Verifica della possibilità di qualificare l’usufrutto di crediti come vero e proprio

diti e l’usufrutto su cose materiali; insufficienza di tali analogie al fine di giustifica- re la predetta qualificazione.

Dobbiamo dunque verificare se il c.d. usufrutto di crediti sia effettivamente qua- lificabile come un vero e proprio usufrutto.

Innanzi tutto possiamo rilevare che la figura in esame presenta la medesima fun- zione economico-sociale che è propria dell’usufrutto51. Quest’ultima secondo alcuni sa- rebbe una funzione alimentare, corrispondente a quella originariamente svolta dall’istituto nel diritto romano52; più propriamente, però, la funzione dell’usufrutto

ss., secondo il quale il quasi usufrutto sarebbe un vero e proprio usufrutto eccezionalmente corredato del potere di disposizione della res.

51 Cfr. LACRUZ BERDEJO, op. cit., p. 80; DÍEZ PICAZO-GULLÓN, op. cit., p. 428.

52 Questa la communis opinio della dottrina romanistica: v. per tutti BRETONE, La nozione romana di usu- frutto, I, Napoli 1962, p. 20; ARANGIO-RUIZ, Istituzioni di diritto romano, cit., p. 239; da ultimo, PIETRI- NI, Deducto usu fructu. Una nuova ipotesi sull’origine dell’usufrutto, Milano 2008, p. 1 ss., che, nono- stante formuli una nuova ipotesi sull’origine dell’istituto, non disconosce a quest’ultimo una funzione di natura sostanzialmente alimentare.

nell’economia moderna appare quella di attribuire il diritto all’uso e al reddito di una determinata cosa53, riservandone la sostanza al titolare. L’usufrutto infatti ha lo scopo di attribuire al titolare tutte le utilità ricavabili dal bene, cioè il suo reddito in senso eco- nomico, riservando al nudo proprietario la sostanza della cosa, che non può essere in- taccata.

Orbene, considerando l’usufrutto di credito pecuniario, esso pare rivestire la me- desima funzione economico-sociale: esso infatti attribuisce al titolare tutte le utilità ri- cavabili dal credito, cioè il suo reddito in senso economico (gli interessi), riservando al creditore la “sostanza” del credito, cioè il capitale, che non può essere intaccata poiché l’usufruttuario non può riscuotere il capitale stesso né farlo proprio dopo la riscossio- ne54. Manca invece, nell’usufrutto di un credito, il diritto di uso, poiché l’uso di un cre- dito appare una nozione priva di senso. Ma a questa differenza non sembra doversi at- tribuire particolare rilievo, poiché in realtà anche per molte cose corporali l’utilità attri- buita dall’usufrutto può essere rappresentata in concreto eminentemente dalla facoltà di percepire i frutti, mentre la facoltà di usare la cosa conserva un rilievo pressoché margi- nale (si pensi, solo per fare un esempio, all’usufrutto di un campo di grano o di un vi- gneto).

Come abbiamo accennato, però, questa analogia funzionale si stempera conside- revolmente se l’usufrutto grava su un credito non pecuniario, giacché in tal caso manca qualsivoglia attribuzione all’usufruttuario del “reddito” della cosa55.

Oltre all’identità di funzione che abbiamo messo in luce, si può riscontrare a no- stro avviso anche un’analogia di struttura con l’usufrutto su cose materiali. Come la co- stituzione dell’usufrutto su cosa materiale attribuisce all’usufruttuario alcune facoltà rientranti nel contenuto della proprietà, che ne viene corrispondentemente privata, così

53 Cfr. PUGLIESE, op. cit., p. 1. 54

Sono chiare in questo senso le parole di VENEZIAN, Dell’usufrutto, I, cit., p. 12: «Come all’usufruttuario di una cosa corporale è attribuito il potere di usarne e di goderne per un dato tempo a condizione che su di essa possa reintegrarsi, quando l’usufrutto cessa, la proprietà, così l’usufruttuario di un diritto può esercitarlo e trarne le utilità di cui è capace a condizione di conservare e di restituire al tito- lare al termine dell’usufrutto quella quantità di diritto che in quell’epoca sussiste». L’identità funzionale tra usufrutto di cosa materiale e usufrutto di credito è sottolineata anche da FERRARA, op. cit., p. 331 s. 55 In questo caso l’analogia funzionale si potrebbe ravvisare piuttosto con il quasi usufrutto, e infatti in questo senso si esprime VENEZIAN, op. loc. cit.: «come l’usufruttuario di una cosa corporale di utilità semplice ne diventa proprietario con l’obbligo di restituire al termine dell’usufrutto l’equivalente, così l’usufruttuario di un diritto che sia atto a procacciare utilità in un solo momento, per es. di un credito in- fruttifero, subentra nel luogo del titolare, con l’obbligo di fargli, quando l’usufrutto ha fine, una presta- zione che ne agguagli il valore».

la costituzione di un usufrutto su un credito attribuisce all’usufruttuario alcune facoltà rientranti nel contenuto del credito, e in particolare quella di fare propri i frutti del credi- to, cioè gli interessi, e di disporre dei medesimi, facoltà delle quali il creditore è corri- spondentemente spogliato – cosicché conserva solo il potere di disporre del credito al pagamento del capitale – ma che riacquisterà al termine dell’usufrutto, quando il credito si espanderà nuovamente riprendendo la sua pienezza.

Taluni però osservano che, a ben vedere, gli interessi non sarebbero frutti del bene oggetto di usufrutto, cioè del credito, ma sarebbero piuttosto frutti del capitale56: in questo senso sembra deporre anche la lettera dell’art. 820, co. 3, che menziona tra i frut- ti civili «gli interessi dei capitali», mostrando così di intendere che la “cosa” che produ- ce interessi è per l’appunto il capitale.

L’obiezione tuttavia non sembra decisiva. L’argomento letterale, in particolare, appare superabile se si considera che lo stesso codice, in altre disposizioni, parla degli interessi come di frutti prodotti proprio dal credito: si pensi in proposito all’art. 1282, co. 1, c.c., il quale dice che «i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto», e cioè, volgendo la frase al passivo, che gli interessi sono prodotti dai crediti.

Qualche difficoltà maggiore può derivare dalla considerazione che i frutti civili sono «quelli che si traggono dalla cosa quale corrispettivo del godimento che altri ne abbia»: si potrebbe obiettare infatti che gli interessi costituiscono il corrispettivo del go- dimento del capitale altrui, e non del godimento di un credito – che peraltro è una no- zione priva di senso, come abbiamo rilevato poco sopra –. Tuttavia non v’è chi non ve- de come la formula impiegata dalla legge per definire i frutti civili sia solo in parte ap- propriata: tale formula, infatti, presuppone che una res sia attribuita dal suo proprietario in godimento a un terzo, e che a fronte di ciò quest’ultimo sia tenuto a corrispondere al- cunché, che viene a costituire per l’appunto il frutto civile della cosa. Ma se questa struttura ricorre senz’altro nel caso del canone di locazione e del canone enfiteutico, non altrettanto si può dire per le rendite vitalizie e, per l’appunto, per gli interessi, poiché in questi ultimi due casi la “cosa” fruttifera non appartiene a chi ha diritto di percepire i frutti ed è attribuita in godimento a chi è obbligato a corrisponderli, ma appartiene senz’altro a quest’ultimo soggetto. Dovrebbe risultare evidente pertanto che la defini-

zione di frutto civile come corrispettivo del godimento che altri abbia della cosa sconta un certo grado di imprecisione, e dunque non può essere presa troppo alla lettera.

Le riscontrate analogie dal punto di vista della funzione e della struttura che in- tercorrono tra l’usufrutto di cosa materiale e l’usufrutto di credito, però, non sono suffi- cienti per qualificare quest’ultimo come un vero e proprio diritto di usufrutto57. Esse in- fatti sono perfettamente compatibili con l’attribuzione all’usufrutto di crediti di una qua- lificazione diversa, giacché non vi sono difficoltà ad immaginare che possa esistere un diritto analogo all’usufrutto sotto il profilo della struttura e della funzione economico sociale, ma dotato pur sempre di elementi di rilevante diversità rispetto all’usufrutto stesso, tali da renderlo ontologicamente differente rispetto a quest’ultimo.

Pertanto la verifica della possibilità di configurare l’usufrutto di crediti come ve- ro e proprio usufrutto dovrà tenere conto della descritta analogia funzionale e struttura- le, ma, non potendo considerarla sufficiente, dovrà necessariamente proseguire su altri piani.