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L’usufrutto di azioni proprie e fattispecie affini

2. I diritti amministrativi e i diritti patrimoniali-amministrativi che possono essere

2.9. L’usufrutto di azioni proprie e fattispecie affini

Meritano un cenno finale le questioni concernenti la possibilità di costituire un usufrutto su azioni proprie, di costituire un usufrutto su azioni della società controllante

91 Contra MORERA, op. cit., p. 318, secondo il quale dovrebbe ritenersi richiamato anche il 1° comma dell’art. 2347.

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PARTESOTTI, Le operazioni sulle azioni, cit., p. 344, secondo il quale in questo caso si dovrà ricorrere al conferimento di una procura da parte di un genitore a vantaggio dell’altro.

93 PARTESOTTI, op. ult. cit., p. 341. 94 PARTESOTTI, op. ult. cit., p. 342.

appartenenti alla controllata, di costituire un usufrutto a favore della controllata su azio- ni della controllante, nonché di costituire un usufrutto a favore della società emittente.

a) Alla prima questione, relativa alla possibilità di costituire un usufrutto su a- zioni proprie, la dottrina ha dato una risposta negativa, ritenendo che un usufrutto siffat- to sarebbe invalidamente costituito e inefficace. Questa conclusione è stata giustificata alla luce del disposto dell’art. 2357 ter, per effetto del quale le facoltà di godimento ine- renti alle azioni proprie sarebbero integralmente neutralizzate (perché sospese o attribui- te pro rata agli altri soci), con la conseguenza che l’usufrutto, avendo per contenuto proprio tali facoltà, risulterebbe sostanzialmente vuoto95.

La tesi esposta tuttavia non ci sembra condivisibile.

Essa risulta suffragata da un elemento testuale costituito dal 2° comma del citato art. 2357 ter, il quale, stabilendo (per quanto qui interessa) che il diritto agli utili è attri- buito proporzionalmente alle altre azioni e che il diritto di voto è sospeso, esordisce di- cendo che ciò vale «finché le azioni restano in proprietà della società»: infatti tale e- spressione, se intesa alla lettera, implicherebbe che il disposto del 2° comma valga an- che se sulle azioni proprie è costituito un usufrutto, giacché in questa ipotesi le azioni rimangono pur sempre in proprietà della società.

Tuttavia riteniamo che la ratio della disposizione in commento ne imponga un’interpretazione che superi il rigore del dato letterale. La ratio della distribuzione proporzionale del diritto agli utili risiede nell’impossibilità logica che la società (titolare delle azioni proprie) distribuisca utili di bilancio a se medesima, poiché gli utili di eser- cizio o vengono distribuiti ai soci oppure rimangono alla società accantonati in forma di riserve; la ratio della sospensione del diritto di voto, invece, risiede nell’esigenza di evi- tare il c.d. managing control, ossia l’acquisto da parte degli amministratori di posizioni di potere nell’assemblea attraverso la possibilità di controllare l’esercizio del voto. Ipo- tizziamo ora che sulle azioni proprie si possa costituire un usufrutto, applichiamo la di- sciplina di questo diritto reale come l’abbiamo ricostruita finora, e verifichiamo se essa genera i medesimi inconvenienti che giustificano l’art. 2357 ter, comma 2, c.c.: in caso positivo si dovrà ritenere necessaria l’applicazione di questa disposizione, mentre nel

95 POLI, Il pegno di azioni, cit., p. 118, in particolare nota 90, il quale ha confermato poi la sua tesi in Il nuovo diritto delle società, cit., p. 243, testo e nota 74; CARBONETTI, L’acquisto di azioni proprie, Milano 1988, p. 127 s.

caso contrario non vi sarà ragione di applicarla. Se si riconosce il diritto agli utili all’usufruttuario, ex art. 984 c.c., l’ostacolo rappresentato dall’impossibilità per la socie- tà di distribuire utili a se medesima non si presenta, e dunque non v’è ragione di distri- buire tale diritto proporzionalmente agli altri soci. Analogamente, se si riconosce il di- ritto di voto all’usufruttuario, ex art. 2352, comma 1, c.c., il rischio del c.d. managing control è scongiurato perché gli amministratori non possono influire su tale voto, e dun- que non v’è ragione di sospendere tale diritto.

Pertanto l’interpretazione dell’art. 2357 ter, comma 2, condotta alla luce della sua ratio, porta ad escludere che tale disposizione trovi applicazione allorquando sulle azioni proprie è costituito l’usufrutto.

Dunque non può sostenersi, come fa la dottrina qui criticata, che l’usufrutto su azioni proprie sarebbe sostanzialmente privo di contenuto, e di conseguenza non vi sono ostacoli che precludano l’ammissibilità della costituzione dell’usufrutto anche sulle a- zioni proprie. Naturalmente tale operazione deve essere autorizzata dall’assemblea ai sensi del 1° comma dello stesso art. 2357 ter, trattandosi di un atto di disposizione delle azioni.

È necessario considerare però che qualora la società titolare delle azioni proprie e l’usufruttuario stipulassero un patto derogatorio dell’art. 2352, 1° comma, c.c., che preveda l’attribuzione del voto in tutto o in parte alla società, tale patto sarebbe nullo per contrarietà alla norma imperativa ricavabile dal disposto dell’art. 2357 ter, comma 2, ultima proposizione, in forza della quale la società non può esercitare il voto sulle a- zioni proprie. Del resto, qualora tale nullità non operasse, gli amministratori della socie- tà potrebbero aggirare facilmente la predetta norma imperativa, attraverso l’escamotage della costituzione sulle azioni proprie di un usufrutto con patto attributivo del voto alla società. Va rilevato peraltro che qualora il patto in deroga all’art. 2352, comma 1, c.c., fosse essenziale per i contraenti, nel senso che in assenza di tale patto essi non avrebbe- ro stipulato il contratto costitutivo dell’usufrutto, la nullità del patto si riverbera sull’intero contratto, ai sensi dell’art. 1419, comma 1, c.c., e di conseguenza l’usufrutto non sorge. Infine giova rilevare che, poiché la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, ai sensi dell’art. 1421 c.c., la nullità di un patto siffatto potrebbe esse- re invocata da qualunque socio, indipendentemente dalla consistenza della propria par- tecipazione.

b) Il ragionamento che ci ha condotto ad affermare l’ammissibilità della costitu- zione di un usufrutto su azioni proprie può essere riproposto anche per sostenere l’ammissibilità della costituzione di un usufrutto su azioni della controllante apparte- nenti alla controllata. Riguardo alla fattispecie dell’acquisto di azioni della controllante da parte della controllata, la legge prevede soltanto la sospensione del diritto di voto i- nerente alle azioni medesime (art. 2359 bis, comma 5, c.c.), ma nulla dispone sul diritto agli utili, che dunque deve ritenersi spettante alla controllata. Siffatta soluzione è coe- rente con le due rationes che ispirano la disposizione dell’art. 2357 ter, comma 2, e che abbiamo illustrato in precedenza: per gli utili infatti nulla osta alla distribuzione alla controllata, perché non si presenta quell’impossibilità giuridica di auto-distribuzione di cui abbiamo detto; per il voto, all’opposto, sussiste anche in questo caso il pericolo del managing control da parte degli amministratori della controllante che, attraverso la so- cietà controllata, potrebbero influenzare il voto nell’assemblea della controllante stessa. Anche in questo caso, ipotizzando che sulle predette azioni si possa costituire un usu- frutto, e applicando la relativa disciplina, si giunge a risultati compatibili con la ratio dell’art. 2359 bis, comma 5, e dunque non v’è ragione di applicare tale disposizione.

c) Quanto poi a un eventuale usufrutto su azioni della controllante costituito a favore della società controllata, esso non è ammissibile perché violerebbe il disposto dell’art. 2359 bis, comma 5, che vieta alla società controllata di esercitare il voto nelle assemblee della controllante, a meno che venga stipulato un apposito patto in deroga all’art. 2352, comma 1, c.c., che attribuisca in toto il voto al socio anziché all’usufruttuario.

d) Anche un eventuale usufrutto acquistato dalla società emittente su azioni da essa emesse e appartenenti a un terzo non è ammissibile, poiché violerebbe il disposto dell’art. 2357 ter, comma 2, che vieta alla società di esercitare il voto nelle proprie as- semblee. In siffatta ipotesi, però, l’usufrutto non è ammissibile nemmeno se viene stipu- lato un patto in deroga all’art. 2352, comma 1, c.c., poiché sussisterebbe comunque l’impedimento rappresentato dall’impossibilità che la società distribuisca utili di bilan- cio a se medesima.