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L’evoluzione dell’usufrutto di crediti nelle codificazioni dei Paesi dell’Europa

L’inadeguatezza dello sviluppo dottrinale della figura dell’usufrutto di crediti si ripercuote poi sulle codificazioni, tanto che il primo codice civile, quello francese del 1804, è del tutto privo di disposizioni specifiche che riguardino la predetta figura, e nell’art. 581, che si occupa di determinare l’oggetto dell’usufrutto, dispone generica- mente che «Il peut être établi sur toute espèce de biens meubles ou immeubles», senza fare alcuna menzione specifica dei diritti. Anzi dalla definizione di usufrutto che è forni- ta dall’art. 578 si dispone che «L’usufruit est le droit de jouir des choses dont un autre a la propriété, comme le propriétaire lui-même, mais à la charge d’en conserver la sub- stance», facendo dipendere così l’usufrutto dall’esistenza di un diritto di proprietà sul bene, e rendendo pertanto più difficile sostenere in via interpretativa che l’usufrutto possa essere collegato invece a un diritto e in particolare a un diritto di credito.

Nonostante la formulazione dell’art. 578, e facendo leva sulla genericità della di- sposizione dell’art. 581, Laurentnel 1869giunge ad ammettere la possibilità di costitui- re l’usufrutto anche su un diritto40: «Siccome i diritti sono altresì compresi fra i mobili o gl’immobili, bisogna decidere, per applicazione dell’art. 581, che l’usufrutto può essere costituito tanto sulle cose corporali che su quelle incorporali». Per cose incorporali l’autore intende i diritti, conformemente alla distinzione gaiana delle res della quale ab- biamo accennato in precedenza: infatti subito dopo la riportata affermazione di carattere generale, prendendo in considerazione nello specifico i beni sui quali può essere costi- tuito l’usufrutto, vi annovera il “diritto di locazione” e lo stesso diritto di usufrutto, vi esclude per contro il diritto di servitù, ma dei diritti di credito non fa cenno alcuno.

39 Per un’attenta ricostruzione delle diverse posizioni assunte dai giuristi dell’età intermedia, si veda FER- RARA, op. cit., p. 355 ss.

Una volta ammesso che l’usufrutto possa essere costituito su un diritto, si è compiuto il passo successivo di affermare che anche un credito ne può costituire ogget- to41. Ma si deve attendere il 1957 perché, con un saggio di Françon42, sia sviluppato il primo tentativo di ricostruire in modo organico la figura in esame, seguito poi, a qua- rant’anni di distanza, da un altro approfondimento analitico, dovuto a Libchaber43(che peraltro approda ad esiti molto diversi rispetto al precedente). È significativo che Franç- on,nelle prime pagine del suo scritto,metta in evidenza la lacuna del codice francese ri- spetto agli altri codici dell’Europa continentale, i quali contemplano tutti l’usufrutto di crediti (anche se a dire il vero solo alcuni si soffermano a dettarne una disciplina più o meno articolata, mentre altri si limitano ad enunciare la possibilità di costituire una figu- ra siffatta), e giustifica questa differenza con l’anteriorità della redazione del codice francese, sottolineando che rispetto ad esso gli altri codici hanno potuto tenere conto dell’estensione considerevole che l’usufrutto di crediti ha acquistato nell’età moderna. Ed appare significativo altresì che quarant’anni dopoLibchaber nel suo studio esordisca rilevando che «L’usufruit de créances n’a pas, jusqu’à présent, connu une destinée très favorable: les décisions qui l’évoquent sont rares, autant que les travaux doctrinaux qui le concernent», e che tuttavia questa forma di usufrutto è una «figura frequente» nella pratica. Per quanto concerne la natura dell’usufrutto di crediti, le posizioni assunte dalla dottrina francese non sono concordi44.

41 Così PICARD, Les biens, in Traité pratique de droit civil français diretto da Planiol e Ripert, III, Parigi 1926, p. 714, annoverano i crediti tra i beni che possono costituire oggetto di usufrutto, limitandosi però a un mera enunciazione, non seguita da un’analisi della fattispecie.

42 L’usufruit des créances, cit., p. 1 ss.

43 L’usufruit des créances existe-t-il?, cit., p. 615 ss.

44 A favore della natura reale dell’usufrutto di crediti si esprimono FRANÇON, op. cit., p. 5, il quale argo- menta dalla circostanza che l’usufruttuario ha un potere diretto sul credito, perché può trarne determinati vantaggi senza passare per l’intermediazione del nudo proprietario, nonché dalla circostanza che questo potere è opponibile a tutti poiché l’usufruttuario può farlo valere sia contro il cessionario del credito, sia contro il creditore del nudo proprietario che agisca esecutivamente sul credito stesso; RAYNAUD, Les biens, in Marty-Raynaud, Droit civil, 4, 2a ediz., Parigi 1980, p. 135 s.

Sono invece contrari a ravvisare nell’usufrutto di crediti un vero e proprio usufrutto LARROUMET, Droit civil, II, 2a ediz., Parigi 1988, p. 281 s., che muove dall’apodittica affermazione che l’usufrutto può grava- re solo su cose corporali, dalla quale inferisce che la figura in questione costituisce un diritto differente dall’usufrutto che condivide con quest’ultimo soltanto la funzione economica (peraltro l’autore nutre la convinzione che le medesime considerazioni valgano per il pegno di crediti, del quale dunque nega la na- tura reale); H.L. MAZEAUD-J. MAZEAUD, Leçons de droit civil, XII, Biens, 5a ediz. a cura di de Juglart, Parigi 1976, p. 341, senza motivazione.

Ammette che l’usufrutto possa gravare su un credito, ma non prende posizione in merito alla qualifica- zione della fattispecie che in tal caso si viene a configurare, CARBONNIER, Droit civil, 3, Les biens, 12a ediz., Parigi 1988, p. 148; secondo TERRÉ-SIMLER, Droit civil, Les biens, 7a ediz., Dalloz, Parigi 2007, p. 696 s. e 701 s., si può ritenere che l’usufrutto di cose materiali sia una specie di un più ampio genus, del

quale l’usufrutto di un diritto costituisce una specie, con la conseguenza che, corrispondentemente, l’usufrutto deve essere ridefinito come uno smembramento non della proprietà, ma più generalmente di un diritto patrimoniale.

Una considerazione particolare merita l’articolata posizione di LIBCHABER, op. cit., p. 616 ss., il quale ri- tiene che la ricostruzione dell’usufrutto di crediti offerta dalla giurisprudenza e dalla dottrina francesi sia criticabile sotto tre profili. a) Innanzi tutto la circostanza che la giurisprudenza e la dottrina non ritengano necessaria, ai fini dell’opponibilità dell’usufrutto di credito ai terzi, la notifica al debitore o la sua accetta- zione ai sensi dell’art. 1690 Code civil, appare singolare all’autore, considerato che i diritti reali sono connotati dall’opponibilità ai terzi, e che l’opponibilità delle vicende riguardanti un credito (come ad e- sempio la cessione e il pegno) si realizza con le predette formalità. b) In secondo luogo la facoltà di per- cepire gli interessi, che viene riconosciuta all’usufruttuario, secondo l’autore non trova giustificazione, perché questi ultimi non sarebbero frutti del credito bensì del capitale: l’usufruttuario potrebbe avere dirit- to a percepirli a titolo di usus, non di fructus, ma in tal caso durante l’usufrutto potrebbe godere di essi e del capitale come quasi-usufruttuario, e al termine dell’usufrutto dovrebbe restituire gli uni e l’altro. c) Infine la convinzione che con il pagamento l’usufrutto non si estingua ma si trasferisca sul capitale riscos- so sarebbe errata perché, a giudizio di Libchaber, dalla premessa che il credito si estingue con il pagamen- to, e dall’ulteriore premessa che l’usufrutto si estingue con il perimento del suo oggetto, si dovrebbe infe- rire che con il pagamento l’usufrutto si estingua; pertanto l’usufruttuario potrebbe ricevere il pagamento, ma qualora vi provvedesse, dovrebbe far pervenire immediatamente quanto ricevuto al nudo proprietario, per cui risulterebbe più semplice, ed eviterebbe possibili controversie tra le parti, che sia direttamente il proprietario a ricevere la prestazione. Secondo l’autore, poi, per negare che l’usufrutto si estingua con l’adempimento della prestazione non si potrebbe ricorrere al concetto di surrogazione reale, poiché quest’ultima avrebbe luogo soltanto allorquando il perimento della cosa che costituisce oggetto di usufrut- to è accidentale, e pertanto non potrebbe avere luogo nell’ipotesi in esame, poiché l’adempimento costi- tuisce il modo normale di estinzione dell’obbligazione. L’autore osserva poi che tutte queste incongruen- ze che manifesta l’usufrutto di crediti così come ricostruito dalla dottrina e dalla giurisprudenza francesi, potrebbero essere superate configurando la fattispecie fittiziamente come un usufrutto costituito su som- me precedentemente date a mutuo, cui si dovrebbe applicare il regime del quasi usufrutto su capitale. Pe- raltro sarebbe possibile configurare un vero e proprio diritto reale di usufrutto su un credito, costituendo il quale il creditore devolverebbe all’usufruttuario alcune prerogative inerenti al credito stesso: tuttavia que- sta figura, pur concepibile in astratto, si rivelerebbe priva di utilità in concreto perché si tratterebbe di un usufrutto sostanzialmente privo di frutti e quindi di scarso interesse per il suo titolare.

Le critiche rivolte da Libchaber all’usufrutto di crediti come costruito dalla giurisprudenza e dalla dottrina francesi non hanno pregio se riferite all’usufrutto di crediti secondo il regime vigente nell’ordinamento italiano. a) La prima critica, che ha ad oggetto l’assunto per il quale la costituzione dell’usufrutto di credi- ti non sarebbe soggetta all’onere della notifica o dell’accettazione ai fini della sua opponibilità ai terzi, cade nel vuoto nel nostro ordinamento perché l’art. 1000, comma 1, c.c., dopo aver disposto che il paga- mento eseguito a uno solo tra usufruttuario e nudo proprietario non è opponibile all’altro, fa «salve in o- gni caso le norme relative alla cessione dei crediti», imponendo così anche per l’usufrutto di crediti l’onere di provvedere alla notificazione o di conseguire l’accettazione. Tale onere peraltro non deve rite- nersi imposto solo al fine di impedire che il debitore possa pagare con effetto liberatorio al solo nudo pro- prietario, come chiaramente intende la disposizione citata (art. 1264 c.c.), ma anche al fine di risolvere i conflitti tra più aventi causa dallo stesso autore (art. 1265 c.c.), perché nonostante la lettera della disposi- zione e la sua collocazione all’interno dell’articolo non giustifichino l’attribuzione di una portata così ampia al rinvio da essa operato, tuttavia tale interpretazione ci sembra imposta dalle esigenze della logica e della coerenza giuridica. b) La seconda critica è intrinsecamente priva di pregio perché la convinzione che gli interessi non siano frutti del credito bensì del capitale appare destituita di fondamento, come a- vremo modo di chiarire tra breve nel testo. c) Infine l’argomento utilizzato per escludere l’operatività del- la surrogazione reale, anche volendo prescindere dalla sua obiettiva persuasività, della quale peraltro si può dubitare, non può essere impiegato in Italia. Esso poggia, come abbiamo visto, sulla convinzione che il trasferimento dell’usufrutto su un altro oggetto in conseguenza del perimento del suo oggetto originario avvenga solo se detto perimento è avvenuto per accidente. Ma nell’ordinamento italiano questa convin- zione non può reggere, se non altro in forza degli artt. 1017 e 1019 c.c., i quali dispongono che l’usufrutto si trasferisca sull’indennità dovuta dal responsabile del perimento stesso, se esso non è dipeso dal fortuito, o sull’indennità dovuta dall’assicuratore, se comunque la cosa è assicurata: da queste disposizioni infatti si ricava con evidenza che la surrogazione reale non si verifica allorquando il perimento del bene gravato

Il silenzio serbato dal Code Napoléon a proposito dell’usufrutto di crediti ha in- fluito anche sui codici che sono stati redatti successivamente sul suo modello: ciò risulta massimamente evidente nel codice belga del 1831, che contiene due disposizioni identi- che, anche nel numero, agli artt. 578 e 581 del codice francese.

Anche il codice austriaco del 1811 non conosce l’istituto dell’usufrutto di credi- ti.

È in Germania che la questione della possibilità di configurare diritti su diritti in generale, e l’usufrutto di crediti in particolare, è stata dibattuta vivacemente, special- mente nella seconda metà dell’Ottocento. Il dibattito è stato suscitato da Windscheid, che per primo ha esposto questa concezione nella quinta edizione delle sue Pandette, stimolando così altri giuristi a misurarsi con essa. Lo stesso Windscheid, nell’ultima e- dizione delle sue Pandette45, dà conto di questo dibattito, esordendo così nel § 48 a de- dicato ai “Diritti sui diritti”: «Possono i diritti costituire nuovamente l’oggetto di diritti? Su ciò si disputa vivacemente. In ogni modo la espressione diritto sul diritto è ricevuta nel linguaggio giuridico. Ognuno parla di usufrutto e di pegno sopra un diritto, alcuni anche di proprietà di un diritto. Ma si domanda se il rapporto, che si tratta d’esprimere, sia espresso esattamente da questa locuzione».

Il dibattito sviluppatosi in Germania ha probabilmente avuto un’eco anche in Spagna, poiché il Código civil del 1889, benché redatto sul modello del codice francese, si è premurato di inserire delle specifiche disposizioni sulla figura in esame. In partico- lare l’art. 469 di questo codice, nella sua ultima proposizione, dispone: «[El usufructo] También puede constituirse sobre un derecho sempre que no sea personalísimo o in- transmisible». Non solo, ma il predetto codice contiene anche due disposizioni che aspi- rano a dettare una disciplina, seppure non molto chiara, della fattispecie in esame: si tratta dell’art. 475 e dell’art. 507, il primo dei quali si occupa del diritto ai frutti nelle ipotesi in cui l’usufrutto gravi sul diritto a percepire una rendita, o una pensione perio-

sia accidentale, ma avviene nel caso in cui detto perimento dipende dal fatto altrui colposo o doloso: tutt’al contrario dunque di quanto ritiene Libchaber. Corrispondentemente, l’estinzione dell’usufrutto si verifica soltanto nell’ipotesi di perimento della cosa mobile non assicurata, dovuto al caso fortuito o al fatto del proprietario.Venuta meno la convinzione su cui poggiava l’argomento di questo autore, viene meno di conseguenza anche l’argomento stesso.

In conclusione i rilievi di Libchaber non impediscono né di configurare in astratto un vero e proprio dirit- to reale di usufrutto su un credito, né di ritenere questa figura utile in concreto, in quanto strumento giuri- dico per attribuire a un terzo il diritto di percepire il reddito riveniente da un credito conservando la titola- rità di quest’ultimo.

dica, o gli interessi di un’obbligazione, o titoli al portatore46, mentre il secondo articolo disciplina la riscossione del credito e l’impiego della somma riscossa, con riferimento evidentemente ai crediti pecuniari, nulla prevedendo invece riguardo ai crediti non pe- cuniari47. Queste disposizioni costituiscono dunque la prima, seppure alquanto impreci- sa, disciplina positiva dell’usufrutto di crediti che si rinviene nelle codificazioni dell’Europa continentale48.

Le riflessioni in corso nella dottrina tedesca invece non hanno avuto nessuna in- fluenza sulla redazione del codice civile italiano del 1865, che non recava alcuna dispo- sizione sull’usufrutto di crediti.

Il predetto dibattito ha invece esercitato, com’era logico che fosse, un’incidenza determinante sul libro III del BGB, nel quale, proprio grazie al grado di sviluppo rag- giunto dall’elaborazione dottrinale, si trova la disciplina dell’usufrutto di crediti più ar- ticolata e maggiormente definita nel panorama dei codici dell’Europa continentale. In- fatti al Niessbrauch an Rechten è dedicato l’intero Untertitel 2 del Titel 2 del Buch 3, composto di ben 17 paragrafi (dal 1068 al 1084), nei quali, dopo una disposizione d’esordio di carattere generale la quale prevede che «Gegenstand des Nießbrauchs kann

45 WINDSCHEID, Diritto delle pandette, I, cit., p. 141 ss.

46 Art. 475: «1. Si el usufructo se constituye sobre el derechjo a percibir una renta o una pensión periódica, bien consista en metálico, bien en frutos, o los intreses de obligacione o títulos al portador, se considerará cada vencimiento como prodotos o frutos de aquel derecho. 2. Si consistiere en el goce de los beneficios que diese una participacióen una explotación industrial o mercantil, cuyo reparto no tuviese vencimiento fijo, tendrán aquéllos la misma consideración. 3 En uno y otro caso se repartirán como frutos civiles, y se aplicarán en la forma que previene el artículo anterior» (il quale a sua volta dispone che «Los frutos civiles se intienden percibidos día por día, y pertenecen al usufructuario en proporción al tiempo que dure el usufructo»).

47 Art. 507: «1. El usufructuario podrá reclamar por sí los creditos vencidos que formen parte del usufructo si tuviese dada o diere la fianza correspondiente. Si estuviese dispensado o no hubiese podido costituirla, o la constituida no duese suficiente, necesitará la autorización del proprietario, o del Juez en su defecto, para cobrar dichos credito. 2. El usufructuario con fianza podrá dar al capital que realice el destino que estime conveniente. El usufructuario sin fianza deberá poner a interés dicho capital de acuerdo con el proripetario; a falta de acuerdo entre ambos, con autorización sudicia; y, en todo caso, con las garantías suficientes para mantener la integridad del capital usufructuado».

48 Per quanto concerne la qualificazione giuridica dell’usufrutto di crediti, una parte della dottrina spagno- la nega espressamente che si tratti di un vero diritto reale, giustificando tale assunto con l’osservazione che per l’esercizio del diritto in questione è necessaria la cooperazione dell’obbligato (LACRUZ BERDEJO, op. cit., p. 83 s.: però l’autore, a p. 85, nota 23, commentando la facoltà di riscuotere il credito scaduto che l’art. 507 accorda all’usufruttuario, ancorché previa prestazione di garanzia o previa autorizzazione del nudo proprietario o del giudice, afferma che questa facoltà «acentúa el aspecto de realidad del usu- fructo de un credito»), mentre altri si limitano ad affermare che nella figura si ravvisa una cessione del diritto di credito, cessione che secondo alcuni può essere totale o parziale (DÍEZ PICAZO-GULLÓN, op. cit., p. 430), secondo altri solo parziale (PUIG PEÑA, op. cit., p. 488 s.). Si noti che l’aggettivo “parziale” im- piegato dalla dottrina appena citata non vuole indicare che la cessione riguarda solo una parte della prete- sa creditoria, bensì che essa ha ad oggetto soltanto alcune delle facoltà inerenti al credito.

auch ein Recht sein» (§ 1068, Abs. I), viene dettata una disciplina molto dettagliata sia dell’usufrutto di crediti che dell’usufrutto di diritti diversi dai crediti.

Successivamente alla redazione del BGB, anche il codice civile svizzero del 1907 ha espressamente preso in considerazione l’usufrutto di crediti. Infatti dapprima l’art. 745, che apre la disciplina dell’usufrutto, al comma 1 stabilisce in generale che «L’usufruit peut être établi sur des meubles, des immeubles, des droits ou un patrimoi- ne», e successivamente gli artt. 773-775 si occupano specificamente dell’usufrutto di crediti (nonché di titoli di credito), regolando in particolare i profili delle facoltà spet- tanti all’usufruttuario nonché delle modalità di riscossione della prestazione e di reim- piego del capitale riscosso. È interessante osservare che questo codice distingue tra l’usufrutto su un capitale e l’usufrutto su un credito, facendo le due fattispecie oggetto di disposizioni normative distinte, mentre il codice italiano, benché di epoca successiva, le confonde. In particolare l’art. 757 prevede che «Les intérêts des capitaux soumis à l’usufruit et les autres revenus périodiques sont acquis à l’usufruitier du jour où son droit commence jusqu’à celui où il prend fin, même s’ils ne sont exigibles que plus tard»; l’art. 773, comma 1, invece, dispone che «L’usufruit d’une créance donne le droit d’en percevoir les revenus».

Merita solo un breve cenno il codice portoghese del 1966, che ha sostituito il precedente del 1867, poiché esso contiene un’enunciazione generale, nell’art. 1439 che apre la disciplina dell’usufrutto, per la quale «Usufruto é o direito de gozar temporária e plenamente uma coisa ou direito alheio, sem alterar a sua forma ou substância», ma la disciplina positiva dell’usufrutto di crediti, nonostante per la redazione di tale codice sia stato preso a modello il BGB, si rivela assolutamente carente, poiché consta di appe- na due articoli, il 1464 e il 1465, che peraltro confonde l’usufrutto avente ad oggetto un capitale e quello gravante su un credito pecuniario49.

Il riconoscimento dell’usufrutto di crediti nel diritto positivo e la collocazione della sua disciplina all’interno delle disposizioni in materia di usufrutto, tuttavia, non valgono di per sé a giustificare alcuna conclusione in merito alla natura della figura. Per avere conferma di questa affermazione basta considerare quanto accade a proposito

49 Nella dottrina portoghese, è contrario a ritenere che i diritti possano costituire oggetto di un altro diritto