• Non ci sono risultati.

Gli obblighi eventualmente discendenti dal possesso dei titoli

dalla riforma del 2003, e che riguarda l’obbligo di eseguire i conferimenti ancora dovu- ti, stabilendo che deve essere l’usufruttuario a provvedere al versamento delle relative somme, «salvo il suo diritto alla restituzione al termine dell’usufrutto». La disposizione va intesa nel senso che nei rapporti verso la società è obbligato l’usufruttuario, mentre nei rapporti interni tra le parti l’obbligo grava sul socio nudo proprietario, il quale però è tenuto a farvi fronte soltanto al termine dell’usufrutto, rimborsando all’usufruttuario quanto da questi pagato.

Considerato che l’obbligo di eseguire i versamenti ancora dovuti si potrebbe as- similare ai carichi che gravano sulla proprietà, forse sarebbe stato più coerente adottare una soluzione analoga a quella prevista dalla disciplina generale dell’usufrutto per sif- fatti carichi: si sarebbe potuto cioè da un lato imporre tale obbligo al nudo proprietario, gravando l’usufruttuario soltanto dell’obbligo di corrispondere al primo gli interessi sul- la somma versata (art. 1009, 1° comma, c.c.), dall’altro consentire allo stesso usufrut- tuario di anticipare il pagamento dovuto dal nudo proprietario, gravando il nudo pro- prietario dell’obbligo di rimborsare il capitale al termine dell’usufrutto (art. 1009, 2° comma, c.c.). Con la disciplina attuale, invece, l’art. 2352, 4° comma rende obbligatoria l’anticipazione del pagamento da parte dell’usufruttuario che l’art. 1009, 2° comma pre- vede come semplicemente facoltativa.

La disposizione in commento merita alcune osservazioni. Innanzi tutto è oppor- tuno precisare che il debito di restituzione dei versamenti anticipati dal nudo proprieta- rio è un debito di valuta, analogamente a quello che sorge ai sensi del citato art. 1009, comma 2°; da ciò consegue che l’usufruttuario ha diritto di vedersi restituita al termine dell’usufrutto la somma versata secondo il suo valore nominale, senza rivalutazione. Ma l’analogia con l’art. 1009, comma 2°, che riconosce all’usufruttuario che ha anticipato il pagamento di un peso gravante sulla proprietà il «diritto di essere rimborsato del capita- le [e solo di esso] al termine dell’usufrutto», induce a ritenere che all’usufruttuario che ha anticipato i versamenti dovuti dal socio nudo proprietario ex art. 2352, comma 4, non siano dovuti nemmeno gli interessi sulle somme versate dal momento dell’anticipazione fino al momento dell’estinzione dell’usufrutto, anche perché è solo in quest’ultimo

momento che il credito dell’usufruttuario diventa esigibile96.

In secondo luogo l’usufruttuario che, al termine dell’usufrutto, deve restituire le azioni al nudo proprietario, ha il diritto di ritenzione a garanzia del rimborso dei versa- menti da lui anticipati, fino alla concorrenza della somma a lui dovuta, in applicazione analogica dell’art. 1011 c.c. nella parte in cui si riferisce all’ipotesi contemplata dal 2° comma dell’art. 1009. Qualora questo ragionamento non persuadesse, si potrebbe forse accogliere la tesi proposta da un’autorevole dottrina, secondo la quale si potrebbero considerare i versamenti eseguiti dall’usufruttuario come spese relative alla conserva- zione delle azioni (perché in loro mancanza le azioni possono essere fatte vendere o il socio può essere dichiarato decaduto) o al loro miglioramento (perché forniscono un ap- porto all’attività d’impresa), e si potrebbe pertanto riconoscere all’usufruttuario il privi- legio previsto dall’art. 2756 c.c., dal quale discenderebbe il diritto di ritenzione97.

Rileviamo poi che l’usufruttuario, qualora sia in mora nell’anticipare i conferi- menti dovuti, incorre nella sanzione prevista dall’art. 2344, ultimo comma, c.c., che consiste nell’impossibilità di esercitare il diritto di voto che gli spetterebbe ai sensi dell’art. 2352, 1° comma98.

Ci si deve chiedere a questo punto se, a fronte dell’inadempimento dell’usufruttuario all’obbligo di anticipare i conferimenti, la società possa avvalersi su- bito dei due strumenti alternativi che le mette a disposizione l’art. 2344 c.c., vale a dire l’azione esecutiva da un lato (da dirigere in questo caso nei confronti dell’usufruttuario), e la vendita delle azioni (previa offerta in opzione agli altri soci) dall’altro, oppure se, al contrario, a fronte dell’inadempimento dell’usufruttuario, la società abbia l’onere di ri- volgersi preventivamente nei confronti del nudo proprietario, e solo nel caso in cui an- che questi risulti inadempiente possa avvalersi dei due rimedi alternativi sopra citati. Poiché l’art. 2352 disciplina l’usufrutto di azioni sotto il profilo esterno dei rapporti con la società, trascurando di considerarne il profilo interno attinente ai rapporti tra usufrut- tuario e nudo proprietario, a noi sembra che la società possa considerare quale suo debi- tore il solo usufruttuario, e che pertanto l’inadempimento di costui la legittimi a disporre

96 Esclude l’obbligo di corresponsione degli interessi anche ASQUINI, Usufrutto di quote sociali e di azio- ni, cit., p. 36, sebbene il richiamo all’art. 1010 c.c., che l’autore fa per corroborare il suo assunto, non sembri appropriato, per le ragioni che indicheremo in seguito nel testo.

97 PUGLIESE, op. cit., p. 566.

subito dei rimedi di cui all’art. 2344 c.c., senza dover escutere preventivamente il nudo proprietario.

Dopo aver esaminato i riflessi dell’inadempimento dell’usufruttuario nei rapporti con la società, dobbiamo soffermarci sulle conseguenze che si producono nei rapporti interni con il nudo proprietario. Quest’ultimo, come abbiamo detto, non è obbligato di- rettamente nei confronti della società, ma è tenuto a sostenere il peso economico dei conferimenti, poiché su di lui grava l’obbligo di rimborsare all’usufruttuario, al termine dell’usufrutto, i versamenti da questi effettuati. Tuttavia il nudo proprietario, benché non sia direttamente obbligato verso la società, può provvedere direttamente al paga- mento dei conferimenti, come potrebbe fare qualunque terzo ai sensi dell’art. 1180 c.c. Qualora vi provveda, il suo pagamento si risolve in una sorta di rimborso anticipato di quanto l’usufruttuario avrebbe dovuto pagare, cosicché il nudo proprietario viene a per- dere la disponibilità di una somma che avrebbe dovuto tenere fino all’estinzione dell’usufrutto (quando avrebbe dovuto rimborsare l’usufruttuario), mentre l’usufruttuario viene a disporre di una somma della quale avrebbe dovuto essere privo fino al termine dell’usufrutto (quando ne avrebbe conseguito il rimborso). Appare giu- sto dunque che il socio che ha eseguito i versamenti non anticipati dall’usufruttuario possa pretendere da quest’ultimo gli interessi sulla somma pagata, dal giorno del paga- mento fino al momento dell’estinzione dell’usufrutto. Per fondare questa conclusione si potrebbe invocare altresì l’art. 1185, 2° comma, ultima proposizione, atteso che il rim- borso anticipato da parte del nudo proprietario è un pagamento eseguito prima della scadenza del termine posto nell’interesse del debitore99.

99 Una parte della dottrina invece ha fondato la medesima soluzione sull’applicazione analogica dell’art. 1010, 3° comma, c.c., relativo all’usufrutto di eredità, che concerne il pagamento del capitale dei debiti ereditari e dei legati: mentre il 2° comma di tale articolo stabilisce che tale debito «può» (e non «deve») essere anticipato dall’usufruttuario, lasciando intendere con evidenza che esso grava sull’erede nudo pro- prietario, il citato 3° comma prevede che, in mancanza di tale anticipazione, l’erede nudo proprietario può pagare la relativa somma, sulla quale l’usufruttuario deve corrispondergli l’interesse durante l’usufrutto (PARTESOTTI, Le operazioni sulle azioni, cit., p. 339; ASQUINI, Usufrutto di quote sociali e di azioni, cit., p. 36). Non sembra però che vi siano i presupposti per ricorrere all’applicazione analogica dell’art. 1010, 3° comma, c.c. Infatti l’art. 1010 regola i rapporti interni tra usufruttuario e nudo proprietario, non quelli verso i debitori (v. PUGLIESE, op. cit., pp. 493 e 711; DE MARTINO, Dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione, cit., sub art. 1010, p. 313), mentre l’art. 2352 all’opposto disciplina i rapporti verso la so- cietà emittente, tralasciando di considerare quelli interni. Inoltre l’art. 1010 prevede, al 2° comma, che l’anticipazione del pagamento del capitale dei debiti ereditari e dei legati, da parte dell’usufruttuario, sia rimessa alla libera scelta di quest’ultimo, mentre l’art. 2352, 4° comma, prevede un vero e proprio obbli- go per l’usufruttuario di anticipare i conferimenti ancora dovuti dal nudo proprietario. Dunque la cornice

Parte della dottrina ha ritenuto inoltre che, a fronte dell’inadempimento dell’usufruttuario all’obbligo di anticipare i conferimenti, sia congruo applicare l’art. 1015 c.c. e attribuire conseguentemente il possesso delle azioni al nudo proprietario, obbligando costui a corrispondere una somma annuale all’usufruttuario100.

La disposizione dell’art. 2352, 4° comma, sembra applicabile anche ai versa- menti che siano eventualmente dovuti in conseguenza di una riduzione del capitale per perdite con contestuale aumento del medesimo mediante nuovi conferimenti; in siffatta ipotesi l’usufruttuario non può sottrarsi all’obbligo di anticipare il versamento dovuto dal nudo proprietario, ma può soltanto opporsi alla deliberazione di aumento del capita- le esprimendo voto contrario in assemblea e proponendo di optare piuttosto per lo scio- glimento o per la trasformazione della società; inoltre, se la deliberazione è comunque validamente adottata, qualora egli non sia in grado di affrontare l’esborso cui sarebbe tenuto, oppure tema di non potere conseguire la restituzione del versamento da parte del nudo proprietario, può pur sempre liberarsi dall’obbligo rinunciando all’usufrutto.

Infine ci si deve chiedere se la disposizione in esame, che riguarda l’obbligo di eseguire i conferimenti in caso di usufrutto di azioni, possa essere applicata in via ana- logica anche per disciplinare l’obbligo di fornire l’apporto in caso di usufrutto di stru- menti finanziari. Il problema potrebbe assumere rilievo se l’apporto del sottoscrittore degli strumenti finanziari consistesse in una prestazione di dare non eseguita integral- mente al momento della sottoscrizione, ma si può dubitare che gli strumenti finanziari possano non essere integralmente liberati al momento della loro sottoscrizione, per cui il suddetto problema non dovrebbe porsi. Qualora l’apporto consista in una prestazione di fare che non si esaurisce al momento della sottoscrizione ma riveste carattere periodico o continuativo, se si tratta di fare infungibile resta evidentemente obbligato il nudo pro- prietario; se invece si tratta di fare fungibile, si potrebbe forse applicare l’art. 2352,

in cui è collocato il disposto dell’art. 1010, comma 3, è troppo diversa da quella dell’art. 2352, perché si possa impiegare la prima disposizione al fine di integrare la seconda.

Si è invocata l’applicazione analogica anche dell’ultima parte del 3° comma dell’art. 1010, laddove si at- tribuisce all’erede/nudo proprietario, in via alternativa, un’altra facoltà, quella cioè di alienare una quota dei beni soggetti ad usufrutto fino alla concorrenza della somma dovuta (ASQUINI, op. loc. ult. cit.): ciò comporterebbe l’attribuzione al socio della facoltà di fare vendere un parte delle azioni, usando il ricavato per eseguire i conferimenti ancora dovuti. La soluzione appare discutibile, oltre che per le ragioni esposte sopra, anche perché la facoltà di far vendere le azioni è espressamente riconosciuta, nello stesso comma 4° dell’art. 2352, al creditore pignoratizio, potendosi ricavare da ciò un argomento a contrario per negare che l’usufruttuario possieda tale facoltà (PARTESOTTI, op. loc. cit.).

comma 4°, e ritenere che la prestazione debba essere eseguita dall’usufruttuario e che questi al termine dell’usufrutto abbia diritto di conseguirne il valore dal nudo proprieta- rio, tuttavia sembra molto più semplice la soluzione per cui anche in questo caso resta obbligato il nudo proprietario.

4. Altri diritti e obblighi dell’usufruttuario, risultanti dalla disciplina ge-