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Gli effetti del pagamento: l’obbligo di reimpiego della somma riscossa e la

L’art. 1000, comma 2, prevede che una volta riscosso il capitale deve essere im- piegato «in modo fruttifero», d’accordo tra le parti, e su di esso si trasferisce l’usufrutto; scopo della norma è quello di consentire all’usufruttuario di continuare a godere dei frutti anche successivamente alla riscossione del capitale25. In caso di disaccordo sulla modalità di impiego, questa deve essere stabilita dal giudice, che può essere adito sia dall’usufruttuario che dal nudo proprietario. Se il disaccordo sorge già nella fase della riscossione del capitale, allora il giudice, con un unico giudizio e con un unico provve- dimento, decide sia sulla riscossione che sull’impiego del capitale; se il disaccordo sor- ge dopo la riscossione, invece, solo in questo momento si adisce l’autorità giudiziaria, che deciderà esclusivamente sull’impiego26. Anche questa disposizione però, come quella già vista sulla legittimazione alla riscossione, è derogabile mediante un accordo tra usufruttuario e nudo proprietario, che attribuisca ad uno soltanto di essi il potere di decidere in merito alla modalità di investimento del capitale27, e che può essere conclu- so anche preventivamente, ad esempio contestualmente alla costituzione dell’usufrutto. Il capitale riscosso può essere impiegato per l’acquisto di una cosa fruttifera, mobile o immobile, nel qual caso l’antico creditore diventa proprietario mentre l’usufruttuario acquista il comune usufrutto (o un quasi usufrutto, se si tratta di cose consumabili), oppure può essere dato a mutuo, depositato presso una banca o utilizzato

un diverso regime patrimoniale. In secondo luogo il debitore, per avere contezza che la legittimazione at- tiva è congiuntiva, dovrebbe sapere che la riscossione di quel credito costituisce un atto di straordinaria amministrazione, e qualora ignorasse incolpevolmente questa circostanza (come fatalmente avverrebbe non di rado), potrebbe giovarsi del disposto dell’art. 1189 c.c. sul pagamento al creditore apparente. An- cora, dalla tesi criticata dovrebbe discendere che, se il pagamento è stato effettuato a favore di un solo co- niuge e al debitore è opponibile l’asserita legittimazione congiuntiva, il debitore dovrebbe ripetere il pa- gamento in favore di entrambi, il che non convince. Infine, quello previsto dall’art. 180 c.c. è un obbligo di un coniuge verso l’altro (obbligo che, se contravvenuto, potrebbe al più determinare, ricorrendone i presupposti, l’obbligo di rimborso di cui all’art. 192, comma 1, c.c.), per cui non si può fare discendere da tale disposizione un obbligo del debitore verso i coniugi.

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DE MARTINO, op. ult. cit., p. 273 s. 26 PUGLIESE, op. cit., p. 666.

per acquistare altri crediti pecuniari o titoli di credito, e allora nascerà un nuovo usufrut- to di credito pecuniario con i caratteri che abbiamo delineato28. Come abbiamo già avu- to modo di sottolineare, il fenomeno che si verifica nella fattispecie in esame consiste in una surrogazione reale, analoga a quella che opera allorquando l’usufrutto su un bene perito si trasferisce sull’indennità dovuta dall’assicuratore per il perimento o su quella dovuta dal responsabile del perimento stesso (artt. 1017 e 1019 c.c.), o allorquando l’usufrutto su un bene requisito o espropriato si trasferisce sull’indennità dovuta per la requisizione o l’espropriazione (art. 1020 c.c.).

È bene sottolineare che l’usufrutto originariamente gravante sul credito, prima di trasferirsi su ciò che è acquistato mediante l’investimento del capitale riscosso, non si trasferisce sul capitale stesso, ma rimane per così dire quiescente. Infatti se l’usufrutto si trasferisse sul capitale riscosso sorgerebbe un quasi usufrutto, essendo il denaro una co- sa consumabile, con la conseguenza che l’usufruttuario avrebbe il diritto di disporre li- beramente della somma decidendo in piena autonomia sul suo eventuale investimento, in contrasto con quanto dispone l’art. 1000, comma 2; inoltre quello che l’usufruttuario acquisterebbe con il denaro riscosso non cadrebbe in proprietà del creditore originario bensì in proprietà dell’usufruttuario, residuando al creditore originario solo il diritto alla restituzione del capitale riscosso al termine dell’usufrutto. Pertanto l’usufrutto che gra- vava sul credito rimane quiescente dopo il pagamento della somma capitale e si trasferi- sce poi sul bene acquistato mediante l’impiego di tale somma.

È opportuno precisare che l’obbligo di investire la somma ricevuta e la surroga- zione reale sussistono anche se è stato violato il disposto del 1° comma dell’art. 1000 perché il pagamento è stato eseguito solo nelle mani dell’usufruttuario o del creditore.

Gli altri ordinamenti dell’Europa continentale contengono delle disposizioni so- stanzialmente analoghe a quella dell’art. 1000, comma 2, del codice italiano, che ab- biamo appena illustrato.

In Svizzera l’art. 774, comma 2, prevede che l’oggetto della prestazione, spe- cialmente il capitale pagato, è soggetto al godimento dell’usufruttuario, mentre il suc- cessivo 3° comma dispone che il proprietario e l’usufruttuario hanno il diritto di esigere che i capitali siano investiti in titoli sicuri e produttivi di interessi. L’affermazione del 2°

27 DE MARTINO, ibidem. 28 PUGLIESE, op. cit., p. 666.

comma risulta però equivoca, alla luce della considerazione che abbiamo svolto poco sopra riguardo all’impossibilità di configurare, in seguito al pagamento, un quasi usu- frutto sulla somma di denaro pagata.

Anche l’ordinamento dei Paesi Bassi prevede l’obbligo di investire in modo frut- tifero la somma riscossa, d’accordo tra l’usufruttuario e l’hoofdgerechtigde (art. 214, comma 1), nonché il trasferimento dell’usufrutto su ciò che viene acquistato mediante la riscossione del credito gravato (art. 213, 2a proposizione), ma per le ragioni già esposte quest’ultima disposizione appare impropria per la parte in cui si riferisce alle somme di denaro.

L’impiego concordato del capitale riscosso è imposto anche dal codice lusitano, all’art. 1464, comma 2, che però ha cura di precisare che in caso di disaccordo l’autorizzazione del giudice può sostituire il consenso dell’uno o dell’altro.

In Spagna, come per il problema della legittimazione alla riscossione, anche per il reimpiego si adotta una soluzione differente a seconda che l’usufruttuario abbia pre- stato garanzia, oppure non l’abbia prestata o ne abbia prestata una insufficiente. Nel primo caso l’usufruttuario può decidere autonomamente sulla destinazione del capitale, nel secondo quest’ultimo deve essere collocato a interesse di comune accordo o, in mancanza, con l’autorizzazione del giudice, in ogni caso con le garanzie sufficienti per conservare l’integrità del capitale (art. 507, comma 2)29.

Il BGB invece detta una disciplina differente sotto diversi profili (§ 1079): in primo luogo l’investimento consiste in un deposito fruttifero da effettuare secondo le di- sposizioni vigenti per il deposito del denaro del minore; in secondo luogo l’usufruttuario e il creditore devono collaborare per l’esecuzione del deposito, ma è il primo a decidere le modalità dello stesso; infine non si verifica un automatico trasferi- mento dell’usufrutto, ma sussiste l’obbligo per il creditore di costituirne uno nuovo.

Posto che in seguito all’investimento della somma ricevuta si verifica il trasferi- mento dell’usufrutto, sorge il problema, trascurato dalla dottrina, se in seguito a tale tra- sferimento nasca in capo all’usufruttuario l’obbligo di fare un nuovo inventario e di pre- stare una nuova garanzia. Ci pare che al predetto interrogativo debba darsi una risposta negativa per quanto riguarda la garanzia, poiché conserva valore quella prestata origina- riamente. Per quanto concerne l’inventario, invece, considerato che si tratta di un atto

giuridico di accertamento dello stato e della consistenza del bene, che serve per verifica- re l’esatta osservanza degli obblighi di conservazione e di restituzione30, sembra logico che esso debba essere rinnovato ogniqualvolta cambia il bene gravato dall’usufrutto; pertanto una volta che sia stato effettuato l’investimento concordato della somma ri- scossa, l’usufruttuario dovrà provvedere all’inventario del nuovo bene acquistato sul quale si è trasferito il suo diritto. Naturalmente è possibile che il creditore dispensi l’usufruttuario da siffatto obbligo, anche tacitamente.

Infine merita di essere presa in considerazione, seppure brevemente, la disciplina degli effetti del pagamento allorquando l’usufrutto gravi su un credito non pecuniario. Nel silenzio della legge italiana sul punto, la predetta disciplina può essere mutuata in via interpretativa dal § 1075 BGB, che è l’unico codice dell’Europa continentale che di- sciplina espressamente l’ipotesi considerata: tale paragrafo prevede che in questo caso l’usufrutto si trasferisce direttamente sul bene oggetto della prestazione eseguita, assu- mendo la configurazione di un quasi usufrutto se si tratta di cose consumabili, senza che sorga alcun obbligo di reimpiego del bene stesso, come accade invece per il capitale. Del resto siffatta soluzione è adottata anche in Spagna dove, pur non essendo prevista da alcuna disposizione espressa, può essere desunta dall’art. 486, comma 2.

5. Alcune fattispecie particolari di usufrutto di crediti: usufrutto con-