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La discussione del Teeteto205 inizia con la richiesta da parte di Socrate di una definizione per ἐπιστήμη, nella tipica forma della domanda socratica: «che cos'è conoscenza» (146c). Il giovane matematico risponde fornendo un elenco di esempi di conoscenze, comprendente la geometria e alcune tecniche artigianali; Socrate respinge questa risposta osservando che essa non stabilisce cosa sia conoscenza ma solo di che cosa si ha conoscenza (145d-147c). Dopo un breve excursus nel campo della geometria e aver descritto il procedimento maieutico, Teeteto prova

l’animo”; e perciò, addio! Non faccio più un elogio in questo modo – non potrei – ma la verità, se volete, voglio dire, secondo me, non in relazione ai vostri discorsi, perché non susciti il riso». 205 Il Teeteto costituisce un punto di partenza atipico per approcciare la filosofia di Platone. L’eterogeneità – almeno apparente – di questo dialogo rispetto alla maggior parte della produzione platonica è un fatto arcinoto nella letteratura secondaria su Platone. Il dialogo analizza un problema fondamentale per qualunque filosofia: che cos’è conoscenza? Procedendo attraverso varie definizioni, gli interlocutori Socrate, Teeteto e Teodoro giungono a rifiutare tutte le definizioni offerte. Questo carattere almeno formalmente aporetico del dialogo ha comportato grandi perplessità da parte degli interpreti. Per la presentazione dei principali problemi generali di interpretazione del dialogo, cfr. BOSTOCK 1988, 1-10; CHAPPELL 2004, 12-24;SEDLEY 2004, 1-17; FERRARI 2011, 12-19; 134-142.

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allora a dare la prima definizione:206 la conoscenza è αἴσθησις,207 dal momento che «chi conosce qualcosa, percepisce ciò che conosce» (151e1-3). La prima mossa di Socrate consiste nell’identificazione della tesi di Teeteto con la dottrina di Protagora, secondo la quale l’uomo è misura (μέτρον) di tutte le cose, «di quelle che sono come sono e di quelle che non sono come non sono», interpretata in chiave sensistico fenomenistica (151e8-152a4). L’esempio del soffio del vento che risulta caldo per un soggetto percipiente e freddo per un altro, senza essere in se stesso né caldo né freddo (152b1-8), contribuisce a orientare in senso fenomenistico la teoria esaminata. Il secondo passo è quello decisivo nella strategia socratica e consiste nella riconduzione della tesi protagorea a una concezione ontologica universale, dalla quale essa dipenderebbe. A differenza della tesi dell’homo mensura, questa concezione non venne formulata apparentemente da Protagora ma comunicata ai suoi discepoli in segreto (152c8-11). In realtà, secondo Socrate, “la dottrina segreta” di Protagora riprende il contenuto di una sapienza antica che risale addirittura ad Omero, e alla quale hanno aderito Empedocle, Epicarmo e naturalmente Eraclito, che in una certa misura l’ha sviluppata in forma coerente, radicale e consistente dal punto di vista teorico. Questa dottrina si fonda su due assunti tra loro strettamente collegati: a) nulla è in se stesso unitario (ἕν), cioè non esiste nessuna forma di determinazione unitaria,

206 Alcuni interpreti, tra i quali N

ANCY 1994,13, ritengono i primi tentativi di Teeteto di definire l’ ἐπιστήμη ricorrendo a delle conoscenze particolari già delle risposte all’interrogativo socratico, tuttavia, tale ipotesi sembra contraddetta, quando, alla fine del dialogo, Socrate conclude la discussione dicendo che né la percezione sensibile, né l’opinione vera e né il logos che si aggiunge all’opinione vera possono dirsi conoscenza. Si capisce come quanto detto prima della formulazione della prima definizione di conoscenza sia solo un’introduzione alla discussione vera e propria. È probabile che il ricorso di Teeteto a un elenco di epistemai serva a Socrate per dimostrare l’inadeguatezza di una defition by exemples. Cfr. sui limiti di tale procedura, BOSTOCK 1988,32.

207 Per la traduzione del termine, F

ERRARI 2011, 40, suggerisce quella più diffusa nei paesi di lingua inglese, cioè “percezione”, preferendola a “sensazione”, solitamente adottata in italiano. Del resto il matematico Teeteto può affermare che conoscenza è aisthesis perché attribuisce al vocabolo un significato comprensivo sia della sensazione sia della sensazione sia di qualche forma di opinione intorno a ciò che si percepisce. Cfr. CORNFORD 1935,p.30.

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né sostanziale né qualitativa (tanto che non è possibile operare nessuna di attribuzione); b) tutte le cose si originano a partire dal movimento, che è il principio (ἀρχή) da cui dipende la realtà, la quale assume i caratteri di un divenire incessante e perpetuo. Ogni sensazione si genera, in condizioni sempre diverse, dall’incontro tra oggetto sentito e soggetto percipiente: per esempio il bianco, non esiste in sé, ma deriva dall’incontro tra gli occhi e l’oggetto, in modo tale che ogni percezione costituisca un evento unico e irrepetibile.

Tra gli argomenti che dovrebbero supportare l’assunzione del punto di vista relativistico Socrate inserisce anche quello inerente ai predicati estrinseci, ossia i casi in cui una determinata entità subisce un cambiamento nel set dei propri predicati senza essersi di fatto modificata. Socrate recherà alcuni esempi che disorienteranno Teeteto e che probabilmente dovevano essere tra i più cari ai sofisti, spregiudicati disputatori. Uno di tali esempi sarà (154d c1-d4):

σμικρὸν λαβὲ παράδειγμα, καὶ πάντα εἴσῃ ἃ βούλομαι. ἀστραγάλους γάρ που ἕξ, ἂν μὲν τέτταρας αὐτοῖς προσενέγκῃς, πλείους φαμὲν εἶναι τῶν τεττάρων καὶ ἡμιολίους, ἐὰν δὲ δώδεκα, ἐλάττους καὶ ἡμίσεις, καὶ οὐδὲ ἀνεκτὸν ἄλλως λέγειν: ἢ σὺ ἀνέξῃ;208

Alla risposta negativa di Teeteto, Socrate chiede:

ἄν σε Πρωταγόρας ἔρηται ἤ τις ἄλλος: ‘ὦ Θεαίτητε, ἔσθ᾽ ὅπως τι μεῖζον ἢ πλέον γίγνεται ἄλλως ἢ αὐξηθέν;’ τί ἀποκρινῇ;209

Ma Teeteto, caduto in uno dei tranelli socratici, è costretto ad ammettere che:

208 «Ecco un piccolo esempio, e tutto quello che io voglio capirai. Sei dadi, se gliene poni accanto quattro, diciamo che sono più di quattro, e una volta e mezza tanto; ma se gliene poni accanto dodici, son di meno, e la metà: non sarebbe tollerabile dire altrimenti, o tu lo tollereresti?». 209 «Se Protagora ti domandasse, o un altro «O Teeteto, è possibile che una cosa diventi più grande o più numerosa altrimenti che essendo aumentata?», che risponderesti?».

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ἐὰν μέν, ὦ Σώκρατες, τὸ δοκοῦν πρὸς τὴν νῦν ἐρώτησιν ἀποκρίνωμαι, ὅτι οὐκ ἔστιν: ἐὰν δὲ πρὸς τὴν προτέραν, φυλάττων μὴ ἐναντία εἴπω, ὅτι ἔστιν210

Il caso precedente al quale Teeteto allude è ovviamente quello dell’esempio dei dadi, il cui numero risulta maggiore o minore senza essersi modificato in termini di valore assoluto. L’argomento di Socrate si dimostra capzioso, perché gioca sulla natura ambigua dei predicati relativi: nell’esempio utilizzato il valore assoluto del gruppo di 6 dadi non subisce modificazioni, ma esso diventa maggiore o minore a seconda che sia confrontato rispettivamente con un numero minore o maggiore di dadi: rispetto a 4 il numero 6 risulta maggiore, rispetto a 12 minore. La confusione può insorgere solo in chi indentifica il numero 6 con la condizione relativa nella quale viene di volta in volta a trovarsi, generando in questo modo due asserti contraddittori. In altre parole, il ragionamento di Socrate presuppone la trasformazione di una condizione relativa (l’essere maggiore di x) in una condizione assoluta (l’essere maggiore), e in generale tratta ogni cambiamento, anche quelli relativi, in termini assoluti.211

L’imbarazzo nel quale cade Teeteto, che è costretto a fare affermazioni contraddittorie, sostenendo che la stessa quantità è sia aumentata che diminuita senza in realtà essersi modificata, dipende evidentemente dalla sua incapacità di comprendere la natura di questi predicati. In altre parole, se Teeteto deve rispondere alla domanda “se un numero possa diventare più grande senza essere aumentato” rimanendo fedele alla dottrina del divenire universale risponderebbe che non è possibile; in base all’evidenza che 6 dadi siano più di 4 e meno di 12, senza contraddirsi dirà che è possibile. È proprio in questo contesto che Socrate, per esemplificare la situazione in cui si trova Teeteto, cita un verso dell’Ippolito di Euripide:

210 «Se debbo, o Socrate, rispondere quel che mi sembra alla domanda di ora, dico che non è possibile; ma se alla domanda di prima, badando a non contraddirmi, dico che è possibile». 211 Cfr. R

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εὖ γε νὴ τὴν Ἥραν, ὦ φίλε, καὶ θείως. ἀτάρ, ὡς ἔοικεν, ἐὰν ἀποκρίνῃ ὅτι ἔστιν, Εὐριπίδειόν τι συμβήσεται: ἡ μὲν γὰρ γλῶττα ἀνέλεγκτος ἡμῖν ἔσται, ἡ δὲ φρὴν οὐκ ἀνέλεγκτος.212

A partire da tale esempio emerge l’esigenza di riesaminare la questione (154e8) e pervenire alla formulazione dei tre ὁμολογήματα e alla messa in luce dei problemi teorici che ne derivano (155a3-c5).

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