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3.3 Contesto III: Melanippe saggia

3.3.1 Frammento 484 Kannicht

Il frammento 484 Kannicht viene così ricostruito: κοὐκ ἐμὸς ὁ μῦθος, ἀλλ᾽ ἐμῆς μητρὸς πάρα, ὡς οὐρανός τε γαιά τ᾽ ἦν μορφὴ μία. ἐπεὶ δ᾽ ἐχωρίσθησαν ἀλλήλων δίχα, τίκτουσι πάντα κἀνέδωκαν εἰς φάος· δένδρη, πετεινά, θῆρας οὕς θ᾽ ἅλμη τρέφει

163 F.JOUAN-H. VAN LOOY., ad locum. 164 C.COLLARD-M.CROPP 1995, ad locum. 165 MILETTI 2012, 213.

166 Cfr.peri eschematismenon a,10.

167 Per le due Melanippe, come per tutto il teatro euripideo frammentario, si dispone di più edizioni moderne e aggiornate: anche in questo caso l’edizione di riferimento è KANNICHT 2004,1, 524-555 .

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γένος τε θνητῶν. 168

Melanippe inizia il suo discorso con un racconto cosmogonico, che afferma provenire non da lei, ma dalla madre, Ippe o Ippò, figlia del centauro Chirone, considerata dalle fonti una figura sapienziale e profetica, trasformata da Zeus in costellazione.169 Le versioni del suo catasterismo sono varie, ecco quanto dice sulla

propria madre la stessa Melanippe, nel frammento più lungo in nostro possesso, proveniente dal prologo (fr.481.13-22):

καλοῦσι Μελανίππην <με>, Χείρωνος δέ με ἔτικτε θυγάτηρ Αἰόλῳ. κείνην μὲν οὖν ξανθῇ κατεπτέρωσεν ἱππείᾳ τριχί Ζεύς, οὕνεχ᾽ ὕμνους ᾖδε χρησμῳδοὺς βροτοῖς ἄκη πόνων φράζουσα καὶ λυτήρια. πυκνῇ θυέλλῃ δ᾽ αἰθέρος διώκεται Μουσεῖον ἐκλιποῦσα Κωρύκιον τ᾽ ὄρος· νύμφη δὲ θεσπιῳδὸς ἀνθρώπων ὕπο 20 Ἱππὼ κέκληται σώματος δι᾽ ἀλλαγάς. μητρὸς μὲν ὧδε τῆς ἐμῆς ἔχει πέρι.170

Nel frammento successivo (fr. 482 Kannicht) è ancora Melanippe a parlare della madre:

168 «Non è mio il racconto, ma proviene da mia madre, che il cielo e la terra erano un’unica forma; dopo che furono separati l’uno dall’altra, generano e danno ogni cosa alla luce: alberi, uccelli, animali, e le creature che nutre il mare, e la stirpe dei mortali».

169 Cfr. F

ERRARI,A.Dizionario di mitologia greca e latina.

170 «[…] Mi chiamano Melanippe, e mi generò da Eolo la figlia di Chirone. Zeus la ricoprì di biondi crini di cavallo, perché conosceva canti oracolari per i mortali, spiegando loro rimedi e liberazioni dai dolori. Durante una forte tempesta ella fu trascinata per l’etere, abbandonando il Museo e il monte Coricio; giovane profetessa, è detta Ippò dagli uomini per la metamorfosi subita dal suo corpo, e questo è quanto riguarda mia madre».

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[…] ἣ πρῶτα μὲν τὰ θεῖα προὐμαντεύσατο χρησμοῖσι σαφέσιν ἀστέρων ἐπ’ἀντολαῖς.171

Melanippe, dunque, affermando di ripetere gli insegnamenti della madre sulla φύσις, si colloca in una linea di discendenza sapienziale che fa di lei una σοφή a tutti gli effetti, rivendicando un sapere sovrumano che si tramanda per linea femminile all'interno di una stirpe caratterizzata da grande familiarità con gli dèi.

Il frammento 484 Kannicht della Melanippe saggia ci è stato trasmesso da più di una fonte:172 in questa sede, mi vorrei soffermare su due in particolare: tanto la

171 «[…] che per prima divinava la volontà degli dei con oracoli sapienti, basati sul movimento degli astri»

172 Cfr. Aristoph., Thesm. 546-548 in cui Melanippe viene fatta esempio di personaggio malvagio, paragonabile alla terribile Fedra, creato dal poeta ad onta del genere femminile: «ἐπίτηδες εὑρίσκων λόγους, ὅπου γυνὴ πονηρά/ἐγένετο, Μελανίππας ποιῶν Φαίδρας τε· Πηνελόπην δέ / οὐπωποτ᾽ ἐποίησ᾽, ὅτι γυνὴ σώφρων ἔδοξεν εἶναι»; «Cercando di proposito discorsi da cui la donna appare malvagia,/rappresentando Melanippi e Fedre. E Penelope /mai che l’avesse rappresentato: quella ha fama di essere donna assennata»; e ancora Lys.1124 tratto dalla ῥῆσις di Melanippe: «ἐγὼ γυνὴ μέν εἰμι, νοῦς δ’ἔνεστι μοι»; «Io sono donna, e intelletto è in me». Lisistrata si atteggia a donna sapiente, a donna dotata di νοῦς, emulando Melanippe e rubandole le parole. Questi versi e i successivi possono essere letti come un'allusione in chiave parodistica all'atteggiamento dei Melanippe. La parodia può dipendere complessivamente dal contrasto tra Melanippe e Lisistrata: la prima è un personaggio caratterizzato da una cultura filosofica molto elevata, raffinata, ma, sotto certi punti di vista, maschile, non appropriata a quelli che dovrebbero essere gli strumenti intellettuali di una donna; all'opposto, Lisistrata è un'eroina che dimostra sì una grandissima intelligenza e una notevole scaltrezza, ma che per tutta la commedia sfrutta, e fa sfruttare alle donne disposte a seguirla, l'arma considerata tipicamente femminile della seduzione e mostra competenze di tipo politico che, però, altro non sono che applicazioni delle competenze femminili necessarie all'amministrazione della casa al più vasto contesto dello stato. Aristotele nella Poetica critica duramente la tragedia, poiché mettere in scena una fanciulla in grado di discettare filosoficamente sulla natura delle cose costituisce un atto drammaturgicamente sbagliato, per il motivo che l’inverosimiglianza, l’inopportunità della cosa «distrae» l’uditorio dal godimento del corretto sviluppo della tragedia: in altre parole, non rispetta uno dei quattro caratteri fondamentali dei personaggi (χρηστόν, ἁρμόττον, ὅμοιον, ὁμαλόν), che individua nella

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Biblioteca Storica di Diodoro Siculo quanto due trattati retorici attribuiti a Dionigi di Alicarnasso associano i versi di Euripide alla speculazione di Anassagora.

Nel primo libro della Biblioteca storica (I, 7,1-6) Diodoro Siculo narra l’origine dell’universo, a partire “Cielo e terra avevano un unico aspetto esteriore, perché i loro elementi costitutivi erano mescolati” (I,7,1) poi, a causa di un movimento, il fuoco, più leggero era salito, mentre il fango si era radunato in un unico punto a causa del suo peso. La terra, poi, si sarebbe asciugata e consolidata; infine, sarebbero nati dalla terra asciugatasi le varie forme di vita animale, cioè i volatili, gli animali terrestri e gli animali marini. Al termine di questa fase, però, la terra non sarebbe più stata in grado di dare vita ad alcun animale e pertanto, dopo la prima generazione di creature sorte dal fango, ogni specie di creatura fu generata attraverso l’accoppiamento. In questo punto lo storico colloca i versi dal 2 al 6 del frammento, affermando che quanto da lui esposto non si allontanava molto dalla teoria cosmogonica proposta da Euripide, allievo di Anassagora.

Nella Retorica di Dionigi di Alicarnasso vi sono due trattati(VIII e IX), molto simili, ma sicuramente spuri, databili intorno al II secolo d.C.173 Questi due libri,

che contengono il passo in questione, sono interamente dedicati a quello che la tradizione retorica chiama λόγος ἐσχηματισμένος o, in latino, sermo figuratus.174

In particolare, i due libri tentano di dimostrare l'esistenza di discorsi o agoni retorici che mediante espedienti riescono a celare le reali finalità dell'oratore, facendo intendere altro e inoltre illustrano l'esistenza di discorsi duplici. Tra gli esempi di λόγος ἐσχηματισμένος troviamo in entrambi i libri quello di Melanippe.

Di seguito il passo del libro IX 11, p. 2, 345 Usener-Radermacher: […] ἡ Μελανίππη σοφὴ τὸ δρᾶμα Εὐριπίδου ἐπιγέγραπται μὲν Σοφή, ὅτι φιλοσοφεῖ, καὶ διὰ τοῦτο τοιαύτης μητρός ἐστιν, ἵνα μὴ

173 Per questi due trattati cfr. Pseudo-Dionigi di Alicarnasso, Ars Rhet. VIII e IX Us.-Rad. 174Sul discorso figurato cfr. AHL1984, 174-208; CHIRON 2000, 75-94; Id. 2003, 223-254; CRAIG 2004, 101-115; PERNOT 2007, 209-234; Id 2008, 427-450.

83 ἀπίθανος ᾖ ἡ φιλοσοφία. ἔχει δὲ διπλοῦν σχῆμα, τὸ μὲν τοῦ ποιητοῦ, τὸ δὲ τοῦ προσώπου τοῦ ἐν τῷ δράματι, τῆς Μελανίππης. τὸ μὲν τοῦ ποιητοῦ τοιόνδε [τὸ δὲ τοῦ προσώπου τοιόνδε]· Ἀναξαγόρᾳ προσεφοίτησεν Εὐριπίδης. Ἀναξαγόρου δὲ λόγος ἐστίν, ὅτι «πάντα ἐν πᾶσιν· εἶτα ὕστερον διεκρίθη» [59 B 8 Diels-Kranz]. μετὰ ταῦτα ὡμίλησεν καὶ Σωκράτει καὶ ἐπὶ τὸ εὐπορώτερον ἤγαγε τὸν λόγον. ὁμολογεῖ οὖν τὴν διδασκαλίαν τὴν ἀρχαίαν διὰ τῆς Μελανίππης· «Καὶ οὐκ ἐμὸς ὁ μῦθος, ἀλλ’ ἐμῆς μητρὸς πάρα, / ὡς οὐρανός <τε> γαῖά τ’ ἦν μορφὴ μία». οὕτω μὲν ὁ ποιητὴς σχηματίζει τὸ αὑτοῦ. ἡ δὲ Μελανίππη ἐπεράνθη μὲν ὑπὸ τοῦ Ποσειδῶνος, γέγονε δὲ ταύτῃ παιδία· ἐξέθηκεν δὲ αὐτὰ εἰς τὰ τοῦ πατρὸς βουφόρβια. ὁ δὲ πατὴρ ἡγεῖται ἐκ βοὸς εἶναι, καὶ ὡς τέρας βούλεται κατακαῦσαι. Βοηθοῦσα αὑτῇ ἡ Μελανίππη ἀποφαίνεσθαι πειρᾶται, ὅτι τέρας οὐδέν ἐστιν. οὕτω τὸ δρᾶμα ὅλον ἐσχημάτισται· καὶ ἅμα διδάσκει ἡμᾶς Εὐριπίδης, ὅτι τὸν σχηματίζοντα ἐγγυτάτω δεῖ εἶναι τοῦ λῦσαι τὸ σχῆμα μετὰ τῆς ἀσφαλείας τοῦ σχήματος. περιερχομένη γὰρ πάσας αἰτίας τοῦ σῶσαι τὰ παιδία λέγει· «εἰ δὲ παρθένος φθαρεῖσα ἐξέθηκεν τὰ παιδία καὶ φοβουμένη τὸν πατέρα, σὺ φόνον δράσεις»; ὥςτε καὶ τὸ αὑτῆς πρᾶγμα λέγει ἐν σχήματι συμβουλῆς.175

175 «Il dramma di Euripide Melanippe sapiente si intitola sapiente perché la sua protagonista si esprime in modo filosofico, ed è figlia di una tale madre [scil. Ippe] affinché la sua preparazione filosofica non risulti inverosimile. Qui la figura è duplice: una è dello stesso poeta, l’altra del personaggio che agisce nel dramma, Melanippe. Quello del poeta è il seguente: Euripide frequentò Anassagora; una teoria di Anassagora dice che «tutto era in tutto. Poi, in un secondo momento, si disgiunse». In seguito fu in contatto con Socrate e rese il proprio eloquio più efficace. Egli riconosce la propria antica formazione attraverso Melanippe: «Non è mio, il racconto, ma proviene da mia madre / che cielo e terra erano un’unica forma». Così il poeta espone il proprio discorso figurato. Invece Melanippe, resa gravida da Poseidone, genera da questo dei figli, che colloca nella stalla del padre. Il padre crede che siano nati da una vacca, e intende dare loro fuoco ritenendo la cosa un portento. Melanippe interviene e prova a dimostrare che non si tratta di un portento. E così l’intero dramma è un discorso figurato; allo stesso tempo Euripide ci insegna che chi usa il figurato deve andare molto vicino a far cadere la figura con la solidità della stessa figura. Cercando ogni pretesto per salvare i figli, Melanippe dice: «Se una vergine, violentata, ha esposto

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In altre parole il discorso di Melanippe sarebbe un esempio di sermo figuratus in quanto – affermando che il discorso non è suo, ma è basato su conoscenze che la madre le ha trasmesso - testimonierebbe la benevolenza del discepolo Euripide nei confronti del maestro Anassagora, 176 verso il quale pagherebbe il proprio

debito intellettuale, evocando principi che regolano la φύσις. Nel passo, quindi, emergerebbe in filigrana un richiamo alla dottrina del “tutto”:177 Melanippe

sostiene argomenti vicini ai principi di Anassagora, citati diversamente nei due trattati e corrispondenti ai frammenti 59 B 1 e B 8 Diels-Kranz: «tutte le cose unite» e «tutto era in tutto. Poi, in un secondo momento, tutto è stato separato». Non fa problema, dunque, che Melanippe si esprima come una filosofa: ella altri non è che Anassagora!178 Ecco perché lo Pseudo Dionigi, molto acutamente,

elogia questo discorso, sostenendo che è un λόγος ἐσχηματισμένος, costruito ad arte da Euripide, rendendo convincente la figura di Melanippe e la sua preparazione filosofica, in quanto la giovane è figlia di Ippe, ossia di «una madre siffatta» (καὶ διὰ τοῦτο τοιαύτης μητρός ἐστιν, ἵνα μὴ ἀπίθανος ἡ φιλοσοφία).

Non è chiaro, però, se il riferimento alla dottrina anassagorea del “tutto in tutto” sia da considerarsi un semplice omaggio al maestro limitato all'esordio del discorso di Melanippe o se essa abbia un peso nell'intero sviluppo dell'argomentazione. Un problema alla definizione di questo punto è posto dalle notevoli difficoltà che sussistono nell'interpretazione del pensiero di Anassagora, del quale possediamo purtroppo pochi frammenti molti dei quali risentono del fatto

i suoi figli e ha paura del padre, tu commetteresti un omicidio?»: in questo modo ella racconta la propria stessa vicenda, sotto forma di un ammonimento». Trad. MILETTI 2012.

176 L’evocazione di Anassagora come maestro di Euripide non desta meraviglia: numerose fonti antiche sostengono che Euripide fosse suo allievo e che i suoi interessi, testimoniati da molti suoi versi, siano frutto dell’influenza diretta dello stesso filosofo di Clazomene. La fonte più antica di cui siamo a conoscenza, in cui si stabilisce questa relazione diretta nei termini di un discepolato, è il biografo peripatetico Satiro.

177 La sottile dialettica con cui Melanippe imbastisce il proprio discorso anassagoreo è però fornita ad Euripide dal suo secondo maestro, che lo aveva reso miglior retore, ossia Socrate.

178 Si torni anche a quel verso della Lisistrata in cui si parlava di νοῦς: tutto sembrerebbe portare nella medesima direzione.

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di essere tramandati solo per essere posti in confronto polemico con il pensiero di Aristotele; altri, poi, sono raccolti da dossografi che, dividendo i testi che raccolgono per argomento, spesso finiscono per spezzare l'unità di pensiero del testo su cui stanno lavorando ed in particolare Simplicio, al quale dobbiamo la maggior parte dei frammenti, operava con l'obiettivo di dimostrare la sostanziale unità nell'opera di tutti i filosofi, scopo che può facilmente portare a forzare alcune interpretazioni.

3.4 Analisi e confronto I

Riportiamo di seguito i due passi: Apologia. 20e5-6: οὐ γὰρ δὴ ἔγωγε αὐτὴν ἐπίσταμαι, ἀλλ᾽ ὅστις φησὶ ψεύδεταί τε καὶ ἐπὶ διαβολῇ τῇ ἐμῇ λέγει. καί μοι, ὦ ἄνδρες Ἀθηναῖοι, μὴ θορυβήσητε, μηδ᾽ ἐὰν δόξω τι ὑμῖν μέγα λέγειν: οὐ γὰρ ἐμὸν ἐρῶ τὸν λόγον ὃν ἂν λέγω, ἀλλ᾽ εἰς ἀξιόχρεων ὑμῖν τὸν λέγοντα ἀνοίσω. τῆς γὰρ ἐμῆς, εἰ δή τίς ἐστιν σοφία καὶ οἵα, μάρτυρα ὑμῖν παρέξομαι τὸν θεὸν τὸν ἐν Δελφοῖς. Melanippe saggia fr 484 Kannicht:

κοὐκ ἐμὸς ὁ μῦθος, ἀλλ᾽ ἐμῆς μητρὸς πάρα, ὡς οὐρανός τε γαιά τ᾽ ἦν μορφὴ μία. ἐπεὶ δ᾽ ἐχωρίσθησαν ἀλλήλων δίχα, τίκτουσι πάντα κἀνέδωκαν εἰς φάος· δένδρη, πετεινά, θῆρας οὕς θ᾽ ἅλμη τρέφει 5 γένος τε θνητῶν.

Per quanto riguarda l’Apologia, secondo Avezzù,179 in tale contesto, l’eco

euripidea è suggestiva, non solo come esempio di contiguità di esperienze culturali

179 A

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che caratterizza lo stile della retorica attica, ma anche come tratto tipico della personalità socratica, e cioè dell’uso della citazione (o allusione in questo caso) come riferire ad altri la responsabilità di parole forse troppo pregnanti.180 Ma è

possibile fare ulteriori osservazioni sul significato che l’allusione assume in un tale contesto. Il confronto testuale evidenzia dei parallelismi narrativi, notiamo infatti qualche analogia di situazione: Melanippe sta pronunciando il suo discorso per difendere i figli e salvarli da una morte ingiusta, allo stesso modo Socrate, nel processo intentatogli dai tre accusatori, sta pronunciando una arringa in suo favore, spiegando, nel punto in cui si trova l’allusione, che la causa delle accuse è una certa fama di sapienza, che spiega derivargli dall’oracolo di Delfi.181 Dice “non

interrompetemi con il vostro chiasso o cittadini anche se le mie parole vi possano sembrare presuntuose” e di certo se non presuntuoso ma qualcosa di φιλότιμος doveva essere sembrato il discorso di Melanippe, o comunque non adatto ad una donna e quindi passibile di critica.182 Ma Platone nel far riecheggiare nelle parole

di Socrate il verso della Melanippe opera, sostituisce il termine μῦθος del testo euripideo con λόγος.

In particolare il termine μῦθος non ricorre mai nell’Apologia, a differenza di λόγος che viene impiegato ben ventotto volte. Prima di Platone, se si eccettuano pochi casi, il significato del vocabolo μῦθος sembra sostanzialmente sovrapporsi a quello di λόγος. I due termini coprono indistintamente l’ambito semantico occupato in italiano da vocaboli quali «parola», «storia», «vicenda», «narrazione».183 In Omero e in Esiodo, μῦθος non riveste mai l’accezione negativa

(e contrapposta a quella di λόγος) di racconto favolistico, falso e menzognero.184

180 Allo stesso modo si intenda la megalegoria che compare nel giudizio di Senofonte, all’inizio della sua Apologia, quasi una baldanza nel parlare che sfiora la presunzione e la supponenza: sicché è Socrate stesso a molestare i giudici (Ap.9).

181 Anche Senofonte, Ap. 19, cita il responso dell’oracolo. 182 Cfr. per esempio Arist. Poet.

183 Cfr. F

ERRARI 2006,14.

184 Sull’assenza in Omero e nella letteratura arcaica di una nozione definita di mito, cfr. D

ETIENNE 1983,35-82.

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prima di Platone non esistesse una riflessione articolata intorno al mito, essenzialmente perché il mito non veniva percepito come un oggetto autonomo. Dallo sfondo dell’indistinzione originaria – dove μῦθος non è altro che il contenuto (e non la forma) di ciò che viene detto – si cominciano a profilare tracce di una nuova prospettiva, che sarà poi quella con cui Platone dovrà fare i conti. Il mito comincia ad assumere le vesti di un racconto favoloso e falso, talora relativo a eventi collocati in un passato lontano e sostanzialmente inverificabile. La questione del mito in Platone è tuttavia assai complessa, la motivazione e il significato della funzione del mito costituiscono tuttora un argomento di dibattito fra gli studiosi.185

In mancanza di una definizione univoca valida una volta per tutte, Droz delinea cinque caratteri dei miti platonici: il mito si presenta sotto l’aspetto di finzione; rompe con la dimostrazione dialettica; è un modo per cercare il vero, e un modo per esporre il verosimile; anche se non pretende di attingere alla verità certa, nondimeno attinge al senso; contiene una doppia intenzione pedagogica.186

Ora, ritornando al nostro passo, Socrate definisce il discorso che sta per fare λόγος, che di solito in Platone indica il discorso razionale, logico. È anche vero che, per esempio nel Timeo Socrate esprime il desiderio di udir narrare le gesta che quella città ideale, Atlantide, sarebbe in grado di compiere, ma allo stesso tempo si dice anche convinto che quel λόγος (e non μῦθος come ci si aspetterebbe) non potrebbe essere narrato né da poeti e sofisti. Per cui vediamo che il quadro si complica. In ogni modo, questa difficoltà, relativamente al nostro passo, può essere superata analizzando il contenuto veicolato dal significante λόγος. Il termine si trova in un punto importante dell’argomentazione, Socrate dopo essersi difeso dalle accuse antiche, passa a spiegare l’origine, e la causa, della sua fama di sapienza. Quello che segue è un discorso in forma monologica, come la maggior

185 Per un quadro della situazione, cfr. A

RRIGHETTI 1991,13 ss. 186 Cfr. anche B

RISSON 1982, il quale fissa tre caratteri fondamentali del mito: non verificabile; non argomentativo, efficace.

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parte del dialogo, pronunciato davanti a un pubblico, in cui vi è un esplicito richiamo a una fonte orale, definita poco prima “degna di fiducia”. Il discorso di Socrate però è un discorso che ha la pretesa di essere vero e verificabile (il fratello di Cherefonte può confermarlo) e, anche in base alle caratteristiche del μῦθος sopra delineate, ha lo statuto di un ragionamento vero e proprio, coerente con l’argomento esposto. Del resto, l’allusione è così amalgamata al contesto che la scelta del termine μῦθος “sarebbe stata” fuori luogo. Giustamente ci si potrebbe chiedere come mai Platone alluda indirettamente al verso euripideo e non lo citi direttamente, come nel caso del Simposio, Ma forse in quel caso, la citazione (e non più allusione) avrebbe indebolito – sortendo un effetto comico – il filo del ragionamento e avrebbe distratto l’attenzione dell’uditorio in un contesto in cui è necessario che questi stia molto attento, proprio per la portata del messaggio che vuole comunicare.

Dunque, quale funzione ha questa rapida allusione, che potrebbe apparire come un semplice orpello stilistico? Nel paragrafo precedente, si è detto di come il frammento della Melanippe saggia a cui fa riferimento Socrate nell’Apologia, alluda a sua volta alle teorie di Anassagora, il cui pensiero “pare” strutturare l'intera argomentazione che l'eroina espone per salvare i propri figli, discorso di uno spessore concettuale tale da far meritare a chi lo pronuncia l'appellativo di “sapiente”. Il nome di Anassagora ritorna anche nell’Apologia: una delle accuse mosse contro Socrate, anche nelle Nuvole, infatti, era quella di perseguire le teorie di Anassagora. Si è detto già che Socrate, in un primo periodo della sua vita, abbia seguito con interesse le ricerche degli ultimi naturalisti, in particolare di quelli della scuola di Anassagora, ma deluso da tali indagini, il filosofo si convinse ben presto del fatto che alla mente umana sfuggono inevitabilmente i perché ultimi delle cose e che ad essa non è dato di conoscere con certezza l’essere e i principi del mondo. Socrate stesso non ignora di avere un illustre – e preoccupante – precedente in Anassagora, che verso il 430 a.C. aveva subìto una condanna all’esilio per empietà: anche allora il processo aveva precise implicazioni politiche, l’intento essendo quello di colpire attraverso il filosofo il suo protettore Pericle. E

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infatti, poco dopo, sente la necessità di prenderne esplicitamente le distanze da Anassagora (26d5-e3): Ἀναξαγόρου οἴει κατηγορεῖν, ὦ φίλε Μέλητε; καὶ οὕτω καταφρονεῖς τῶνδε καὶ οἴει αὐτοὺς ἀπείρους γραμμάτων εἶναι ὥστε οὐκ εἰδέναι ὅτι τὰ Ἀναξαγόρου βιβλία τοῦ Κλαζομενίου γέμει τούτων τῶν λόγων; καὶ δὴ καὶ οἱ νέοι ταῦτα παρ᾽ ἐμοῦ μανθάνουσιν, ἃ ἔξεστιν ἐνίοτε εἰ πάνυ πολλοῦ δραχμῆς ἐκ τῆς ὀρχήστρας πριαμένοις Σωκράτους καταγελᾶν, ἐὰν προσποιῆται ἑαυτοῦ εἶναι, ἄλλως τε καὶ οὕτως ἄτοπα ὄντα; ἀλλ᾽, ὦ πρὸς Διός, οὑτωσί σοι δοκῶ; οὐδένα νομίζω θεὸν εἶναι;187

In questo passo, Socrate tiene a sottolineare che il proprio insegnamento non verte, come quello di Anassagora, su una spiegazione immanentistica dei fenomeni naturali e si dilunga nell’argomentazione che la sua credenza in nuove divinità o dèmoni non è in contraddizione con quella negli dèi della tradizione olimpica.

Alla luce di queste osservazioni, è lecito supporre che dietro l’allusione alla Melanippe vi sia un riferimento indiretto ad Anassagora?

Innanzitutto, Socrate richiama l’attenzione invitando il “pubblico” a non fare chiasso e creando un clima di attesa, alludendo a un preciso passo della tragedia euripidea, abbastanza noto, che di conseguenza avrebbe richiamato alla memoria l’intero contesto. Un ascoltatore attento avrebbe notato, nonostante le affinità di situazione, un cambiamento nell’argomentazione, ricordiamo, infatti, che il discorso di Melanippe riguardava l’origine del mondo basandosi sugli insegnamenti della madre sulla φύσις, Socrate, invece, racconta un episodio importante che giustifica la sua fama di sapiente e che determina una nuova

187 « Credi di stare ad accusare Anassagora, caro Meleto? E tanto disprezzi questi giudici da trattarli come analfabeti, ignari che di questi discorsi sono pieni i libri di Anassagora di Clazomene? E i giovani verrebbero da me a imparare queste dottrine, quando non gli manca la possibilità di comprarseli nell’orchestra, al massimo per una dracma, e deridere allora Socrate se le spaccia per sue, stravaganti come sono, fra l’altro? Per Zeus, pensi sul serio che non creda in nessun dio?»

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concezione di σοφία. Ed è forse proprio attraverso questa allusione che Socrate vuole sottolineare la novità della sua σοφία, che non deriva dalla conoscenza delle cose naturali, ma si basa su presupposti differenti, come verrà chiarito poco dopo, quando Socrate darà l’interpretazione dell’oracolo, dove l’espressione posta in bocca al dio è esplicitamente presentata come delucidazione del significato della formula ἀνθρωπίνη σοφία.

3.5 Analisi e confronto II

Di seguito i due passi:

Simposio 177a3-4: εἰπεῖν οὖν τὸν Ἐρυξίμαχον ὅτι ἡ μέν μοι ἀρχὴ τοῦ λόγου ἐστὶ κατὰ τὴν Εὐριπίδου Μελανίππην: οὐ γὰρ ἐμὸς ὁ μῦθος, ἀλλὰ Φαίδρου τοῦδε, ὃν μέλλω λέγειν. Melanippe fr. 484 Kannicht: κοὐκ ἐμὸς ὁ μῦθος, ἀλλ᾽ ἐμῆς μητρὸς πάρα, ὡς οὐρανός τε γαιά τ᾽ ἦν μορφὴ μία. ἐπεὶ δ᾽ ἐχωρίσθησαν ἀλλήλων δίχα, τίκτουσι πάντα κἀνέδωκαν εἰς φάος· δένδρη, πετεινά, θῆρας οὕς θ᾽ ἅλμη τρέφει 5 γένος τε θνητῶν.

Si tratta di una citazione letterale preceduta dalla specificazione che quelle parole sono Euripide. Il tono di Erissimaco è sicuramente scherzoso ma il contesto non permette di creare un parallelo puntuale tra la ῥῆσις di Melanippe ed il passo in cui il dramma è citato. Secondo Miletti, il rinvio alla Melanippe è scherzoso e non ci dice molto sull’opinione di Platone, in proposito ma certamente ci conferma che alcune affermazioni audaci o originali di quel monologo si erano fissate nella

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mente degli Ateniesi.188 Come nota Arcioni, 189 Erissimaco, da bravo medico, si rifà all’incipit del trattato ippocratico Περὶ τέχνης (IV), ‘ἕστι μέν οὖν μοι ἀρχὴ τοῦ λόγου’, introducendovi, tuttavia, alcune variazioni notevoli: anticipa il pronome personale, per dare rilievo alla propria persona; anticipa il verbo per eliminare quel tono didascalico, che nel trattato ippocratico è determinato proprio dalla sua posizione.190 Ben consapevole di trovarsi fra persone colte, in parte vuole

accattivarsene la simpatia, in parte dimostrare la sua valentia tramite il riferimento alla Melanippe di Euripide.

Potrebbe non essere casule la scelta del personaggio in un contesto in cui la citazione sembra gratuita, e potrebbe esserci anche in questo caso un implicito riferimento ad Anassagora. Erissimaco è, come egli stesso ribadisce orgogliosamente, l’esperto di scienza medica e quest'arte era di molto debitrice alla

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