Nel corso degli ultimi vent‟anni, la politica russa si è confrontata con un confuso ed a tratti contorto dibattito volto alla ridefinizione dell‟identità nazionale e, conseguentemente, degli interessi nazionali della Federazione Russa. Privata delle certezze geopolitiche ed ideologiche alla base della politica sovietica, il vertice politico-decisionale russo è stato costretto a cercare delle risposte ad una serie di domande fondamentali circa l‟identità del neocostituito Stato, la sua posizione relativa e le sue relazioni nell‟ambito del mondo post-bipolare. Una parte decisamente significativa del suddetto processo di ripensamento e ridefinizione della propria identità è stata rappresentata dal tentativo di elaborare una nuova grande strategia, una nuova politica estera e di Altri fattori presi in esame potrebbero presentare ostacoli per lo sviluppo delle attività economiche. Uno di questi è rappresentato dalla rivalutazione del rublo. Tra il 1998, anno della crisi finanziaria, ed il 1999 il rublo venne svalutato del 25% in termini effettivi. Il rublo stesso venne poi rivalutato a partire dal 1999, ma con gradualità, raggiungendo cosi i livelli pre-crisi finanziaria attorno al 2002. Durante quel periodo di svalutazione, i produttori russi godettero del beneficio della diminuita competitività dei prodotti importati, poiché questi erano molto costosi. Dal 2002 in poi, il rublo si rivalutò molto più rapidamente, del 43%, a fine 2007. La rapida ripresa del rublo creò apprensioni, specie nelle industrie manifatturiere che dovevano affrontare la concorrenza dei prodotti importati e proprio mentre erano impegnate a incrementare il proprio sviluppo. La rivalutazione fu motivata in parte dalla forte domanda dei prodotti energetici, come ad esempio il petrolio. Questa decisione ha fatto pensare ad alcuni che la Russia avesse contratto la «sindrome olandese», espressione che si usa quando un Paese, fortemente ancorato ad una singola risorsa (il petrolio in questo caso) da esportare, ottiene un aumento delle entrate, grazie a questa sola voce di bilancio. In conseguenza, la moneta della nazione viene rivalutata, ma le industrie locali si trovano subito in difficoltà, per l‟ aumentata concorrenza delle aziende estere. In sostanza, se la rivalutazione del rublo rende le importazioni più accessibili e può ridurre fortemente l‟inflazione, nel contempo frena l‟export di base, per effetto della concorrenza divenuta più agguerrita. Che la Russia soffra o meno della sindrome olandese, sta di fatto che il rublo forte ha imposto remore e ostacoli alle esportazioni russe del tipo «non energetico». L‟OECD annota che il bilancio commerciale delle merci non legate all‟energia hanno incontrato serie difficoltà ad affermarsi fin dal 2005, pur essendo il bilancio complessivo del commercio abbastanza robusto, grazie agli aumenti del prezzo del petrolio. L‟inflazione si presenta come altro fattore di apprensione per lo Stato russo. Quest‟ultimo era riuscito a fare qualche progresso nel contenere l‟inflazione, che purtroppo era rimasto come problema scottante, fin dalla caduta del sistema sovietico. Verso la fine del 2006, l‟inflazione era al 9%, ma per la prima volta dal 1991 era espressa da una sola cifra. Ad ogni modo, i prezzi dei consumi, in Russia, cominciarono a salire rapidamente a partire dall‟anno 2007, fino ad arrivare all‟11,9% in più alla fine dello stesso anno. Il tasso inflattivo continuò a crescere fino 14,3% dell‟aprile 2008, in confronto a quello dell‟anno precedente dello stesso mese. Un brusco aumento del prezzo degli alimenti fu la causa del picco inflattivo, non meno dell‟aumento dei prezzi delle materie prime e industriali. Altro fattore determinante è certamente l‟aumento delle spese del Governo. Nel 2007, le spese governative salirono al 18% del PIL, rispetto al 16% dell‟anno precedente, e promettevano di salire al 21,2% del PIL per il 2008. La forte inflazione crea instabilità economica e politica poiché contrae il potere d‟acquisto del consumatore e distrugge i risparmi. L‟occupazione da parte dello Stato dei settori di maggiore importanza strategica, in precedenza accennati, potrebbe porre ostacoli alla crescita e allo sviluppo del Paese. L‟OECD sottolinea la tendenza delle Compagnie statali russe a lasciarsi dominare dalla corruzione nonché dalla mancanza di trasparenza. I funzionari di Stato sono inclini a interferire nelle comuni operazioni economiche, il che può danneggiare il libero lavoro di un‟azienda. Per altro, il rafforzarsi dei controlli dello Stato sull‟attività del Paese è coinciso con il declino delle iniziative di ristrutturazione aziendale e delle riforme in genere e particolarmente durante la prima fase del regime di Putin. Un chiaro indice del rallentamento dell‟attività di riforma è il provvedimento relativo all‟ambito commerciale.
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-sicurezza nazionale, confacente ad una Potenza indebolita ma comunque formidabile rispetto ad un mutato contesto globale connotato dall‟incertezza e dall‟emergere di nuove minacce. La formulazione di una nuova «grande strategia» è, quindi, proseguita per buona parte del ventennio ed è stata contraddistinta:
- dapprima dalla visione gorbacioviana facente riferimento all‟appartenenza della Russia ad una «comune casa europea», includente popoli e culture fra l‟Atlantico e gli Urali;
- all‟inizio degli anni ‟90, dalla ricerca di una rapida e completa integrazione del Paese nell’Occidente promossa ed implementata dal ministro degli Esteri Andrei Kosyrev contestualmente all‟attuazione, sul piano interno, della cd. shock therapy, ovverosia di una politica economica tendente a rendere irreversibile e veloce il processo di transizione del locale sistema verso il modello rappresentato dal libero mercato;
- a metà degli anni ‟90:
dall‟emergere in Russia di una crescente contrarietà rispetto alla predetta linea politica, considerata - seppur con accentuazioni diverse fra ambienti della dirigenza politico-amministrativa e formazioni dell‟opposizione comunista e ultranazionalista - non confacente, se non contraria, agli interessi nazionali di fondo del Paese;327
dalla formazione in seno all‟élite russa di un vasto consenso attorno alla visione secondo cui la Russia fosse da considerare essenzialmente come una «Grande Potenza» indipendente:
con interessi in varie parti del mondo distinti da quelli dell’Occidente liberal-capitalista;328
327 La rivoluzione della politica estera russa della metà degli anni ‟90 risulta infatti quale il risultato della crescente frustrazione della popolazione e della dirigenza russa nei confronti della politica di riforme degli inizi degli anni novanta, del mancato aiuto occidentale alla trasformazione dell‟economia russa ed all‟integrazione della Russia nelle strutture di sicurezza occidentali. Per la dirigenza russa che non aveva mai cessato di considerare il Paese come una Grande Potenza, la politica di Kozirev era umiliante e controproduttiva. Le critiche alla linea di Kozyrev vennero inoltre alimentate dal fatto che l‟Occidente continuò ad interfacciarsi con la Russia in modo simile a quanto aveva fatto durante la Guerra Fredda, visto che organizzazioni come la NATO non avevano palesato grosse trasformazioni, da allora facendo trasparire agli occhi russi un atteggiamento ambivalente: da una parte, attraevano la Russia mentre, dall‟altra, si predisponevano a contenerla nel caso di un fallimento del problematico processo democratico-riformatore. In assenza di meccanismi istituzionali formali per gestire l‟integrazione della Russia nell‟Occidente, Mosca si trovò di fronte ad una serie di fatti compiuti che non aveva la possibilità di influenzare e, in primo luogo, l‟allargamento della NATO ad est.
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328 L‟identificazione della Russia come qualcosa di diverso dall‟Occidente è evidentemente uno dei più importanti sviluppi nelle relazioni tra la Russia ed il resto del mondo dal collasso dell‟Unione Sovietica e presenta notevoli implicazioni per il futuro. Le relazioni con l’Occidente risultano costituire il principale quadro di riferimento
della politica estera russa. Infatti, mentre le interazioni di Mosca con le altri parti del mondo - compresi gli Stati
ex-Sovietici attorno ai suoi confini (il cd. near abroad) - risultano condizionate dalle relazioni con l‟Occidente e più nello specifico con gli Stati Uniti, come la Russia definisce se stessa in relazione all‟Occidente rappresenta per molti versi il principale aspetto della sua politica estera. Sebbene Mosca sembri sempre più interessata ad una partnership con la Cina o con l‟India, in larga parte, questo interesse sembrerebbe riconducibile ad una sua strategia volta a controbilanciare ciò che percepisce come l‟egemonia e l‟unilateralismo occidentali. Per buona parte dell‟ultimo decennio, le sue complicate relazioni con le Potenze occidentali l‟hanno condotta a ricercare sia un più grande (se non esclusivo) ruolo nell‟ambito della CSI che più strette relazioni con le maggiori Potenze non-occidentali come l‟Iran, l‟India e la Cina. Come la Russia, ovverosia con Stati che risultano impegnati nell‟affermazione del concetto di sovranità assoluta, almeno per ciò che li concerne, e opposti a ciò che percepiscono come tentativi occidentali di imporre un solo sistema di valori e di pratiche politico-sociali a livello mondiale.
La complessiva direzione della politica estera russa incide anche su Paesi esterni all‟Occidente. Le relazioni di Mosca con gli altri Paesi dell‟area ex-sovietica rappresentano un esempio di come l‟evoluzione dell‟indentità post-sovietica della Russia abbia indirizzato le sue relazioni estere, con gli istinti imperiali atavici di Mosca che competono con una
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- con la responsabilità di provvedere a tutelarsi dall’indifferenza del mondo esterno e da rischi e minacce emergenti;
impegnata in un ruolo similare ed analogo a quello degli Stati Uniti piuttosto che impegnata in un processo di integrazione con un attore come l’Unione Europea, seppur per molti versi più vicino e amichevole, meno incline alla realpolitik;
conseguentemente, impegnata nella promozione/creazione di un sistema di relazioni internazionali in cui le «Grandi Potenze» sono i principali guardiani dell’ordine globale, sono liberi di perseguire i propri interessi nazionali, interessi che essi stessi fissano nel rispetto delle rispettive sfere di influenza ed avuto riguardo del mantenimento di una condizione di equilibrio di potere fra loro;329
più recente e più ristretta concezione deli interessi nazionali della Federazione Russa. Dopo un decennio di trascuratezza e convolgimento selettivo, la Russia di Putin ha ritenuto di giocare un ruolo molto più attivo nel suo
near abroad, in parte come un modo di costringere l‟Occidente a prestare maggiore considerazione di fronte alle sue
affermazioni di Grande Potenza.
In parte, l‟accrescita attività russa nel near abroad risulta connessa con l‟accresciuta attività della diplomazia russa in generale, nonché con il fatto che le Repubbliche ex-sovietiche continuano ad essere percepite come la naturale sfera d‟influenza della Grande Potenza russa. Inoltre, vista la collocazione strategica e le vaste riserve di idrocarburi di molti Stati della CSI, il crescente impegno russo attorno ai suoi confini è per certi versi un sintomo del maggiore attivismo e respiro della politica estera russa di Putin. Se l‟atteggiamento più attivo sul piano internazionale della Russia rappresenta il principale fattore che spinge Mosca verso la CSI, allora l‟instabilità in seno a varie Repubbliche ex-sovietiche, come ad esempio lo sviluppo dell‟islamismo e del terrorismo nel Caucaso e nell‟Asia centrale, ha finito per attrarre la Russia verso il near abroad. Il crescente interesse della Russia per l‟Asia centrale così come lo sviluppo di influenze sulla politica di Bielorussia, Georgia, Azerbaigian, Moldova ed Ucraina sono stati una fonte di continuo contrasto con l‟Occidente; contrasto che, attese le idee e le capacità alla base della politica estera russa, continuerà a persistere. La dichiarazione di Medvedev, successivamente al riconoscimento russo dell‟indipendenza dell‟Abcasia e dell‟Ossezia meridionale, secondo cui la Russia avrebbe guardato all‟area attono ai propri confini come «una regione ove essa ha interessi privilegiati» è una chiara indicazione che la CSI continuerà a rimanere l‟obiettivo primario della rivitalizzata politica estera russa.
La Cina è una potenza per molti versi analoga alla Russia e le relazioni di Mosca con Pechino hanno, come il suo ruolo nella CSI, spesso riflettuto e sono state condizionate dallo stato delle relazioni con l‟Occidente. La dirigenza russa ha spesso visto la Cina come una specie di alternativa all‟Occidente in quanto in grado di rappresentare sia un modello di sviluppo economico senza liberalizzazione politica sia un polo geopolitico verso il quale la Russia potrebbe allinearsi in opposizione all‟Occidente. La Cina è, inoltre, uno dei maggiori clienti di energia e di tecnologia militare russe. Conseguentemente, Russia e Cina hanno mantenuto una prudente partnership (formalizzata nella SCO) basata sulla cooperazione economica, su di una non facile detente in Asia centrale e su di un comune impegno nel contrastasto dell‟espansione dell‟influenza statunitense nella regione. La Cina, quale grande Paese in rapida crescita contrario all‟affermazione dell‟egemonia occidentale nel mondo, rappresenta un partner naturale per la Russia, Paese, per converso, impegnato nell‟affermazione di un mondo multipolare. D‟altra parte, le relazioni sino-russe continuano ad essere negativamente condizionate da una lunga storia di sfiducia e rancore. Dispute territoriali, immigrazione e competizione in Asia centrale, significano che Pechino e Mosca hanno spesso ricorso ad espedienti per cooperare nel contrasto dell‟influenza statunitense, ma restano dei partners prudenti, come d‟altra parte è stato nel corso degli ultimi cinquanta anni. La dirigenza russa, in particolare, ha manifestato forti preoccupazioni circa gli eventuali piani e le future capacità della Cina di dominare l‟Estremo oriente russo.
MANKOFF J., Russian Foreign Policy. The return of Great Power politics, New York, Rowman & Littlefield Publishers, pp. 11-51.
329 I documenti ufficiali, in particolare le versioni del 2000 e del 2008 del «Concetto di politica estera» e il «Concetto di sicurezza nazionale», riflettono questa percezione del mondo. Sebbene l‟importanza di questi documenti non debba essere sopravalutata, il loro linguaggio offre elementi su come i responsabili della politica estera e della sicurezza nazionale russi vedano il mondo. La prima versione del concetto di politica estera individua quale prima priorità della politica estera russa: «la promozione degli interessi della Federazione Russa, grande potenza e uno dei più influenti centri del mondo moderno, garantendo la sicurezza del Paese, preservando e rafforzando la sua sovranità ed integrità territoriale e la sua forte ed autorevole posizione nella Comunità internazionale al fine di promuovere la crescita del suo potenziale politico, economico, intellettuale e spirituale». Il concetto di sicurezza nazionale approvato da Putin poche settimane dopo la sua elezione a presidente elabora ulteriormente gli assunti ideologici alla base della politica estera russa. Questo documento identifica due spinte contraddittorie alla base dello sviluppo dell‟ordine internazionale. Da una parte, le relazioni internazionali post-bipolari sembrano dominate dal
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- dalla conseguente implementazione, da parte di Yevgeny Primakov e, successivamente, da parte di Igor Ivanov, di una cd. «nuova politica estera russa» nei suoi tratti essenziali conforme e conseguente alla predetta percezione del Paese, delle sue aspirazioni e del più ampio contesto globale;330
- all‟inizio del nuovo secolo:
dalla sostanziale adesione di Vladimir Putin dei predetti caratteri alla base dell‟identità e della grande strategia della Federazione Russa;331
rafforzamento delle posizioni economiche e politiche di un certo numero di Stati e la loro integrazione in un complicato meccanismo multilaterale. Allo stesso tempo, tuttavia, questa tendenza verso la maggiore integrazione e multipolarità è minacciata da tentativi di creare strutture di relazioni internazionali basate sul dominio della Comunità internazionale da parte di Paesi sviluppati dell‟Occidente diretti dagli Stati Uniti. L‟attenzione sugli Stati e sulla potenza, associata con la percezione che la posizione della Russia nel mondo sia minacciata dalla formazione di un ordine mondiale da cui essa è esclusa, rappresentano gli elementi alla base di ciò che può essere considerato come una visione geopolitica della politica mondiale. La percezione di come sia il mondo contenuta nel «Concetto di politica estera» ed in quello di sicurezza nazionale ha importanti implicazioni per il modo in cui effettivamente è condotta la politica estera russa. La diplomazia russa si concentra sulle relazioni bilaterali con gli altri Stati, specialmente i maggiori come gli Stati Uniti, la Cina e l‟India, piuttosto che nell‟ambito di fori multilaterali basati sull‟adesione a valori comuni. Infatti, differentemente dai fori multilaterali, le relazioni bilaterali, nell‟ambito della prospettiva russa, hanno il vantaggio di evitare la creazione di norme volontaristiche intrusive pur preservando, almeno per le Grandi Potenze, l‟eguaglianza sovrana degli Stati. Inoltre, il Governo russo preferisce esprimersi in seno a quelle organizzazioni multilaterali che, come il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite o il G8, sono essenzialmente dei club di Grandi Potenze che non limitano la sovranità della Russia sulle sue questioni interne e che, al contempo, impongono limiti alla capacità degli Stati Uniti di agire senza il sostegno delle altre Potenze maggiori. La preoccupazione per il preponderante ruolo degli Stati Uniti negli affari internazionali ha condotto i responsabili della politica estera russa a focalizzare l‟attenzione sul concetto di multipolarità come elemento di base della stabilità internazionale.
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330 Primakov, che rimpiazzò Kozyrev al dicastero degli Esteri nel 1996, incarnò l‟atteggiamento assertivo della politica estera russa che più recentemente ha dovuto coesistere con il desiderio di una partnership produttiva ed eguale con l‟Occidente. Primakov ed i suoi sostenitori presentavano una particolare concezione dell‟identità nazionale russa, concezione che si è dimostrata confacente a buona parte della dirigenza politico-burocratica russa. Egli, quindi, consapevole del fatto che gli sviluppi politici interni ed internazionali stavano già sospingendo la Russia verso una politica estera più assertiva, indirizzò la politica estera del Paese in un senso più condiviso, in ambito interno, e più teso al confronto, in ambito internazionale. Egli pensò, quindi, di riaffermare la Russia come uno del principali Stati del sistema internazionale con un ruolo commisurato con la sua posizione di membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Cercò, inoltre, di limitare l‟influenza statunitense nell‟area ex Sovietica ed accarezzò l‟idea senza risultati concreti di costruire un blocco antiegemonico fra i Paesi distanti o ostili agli Stati Uniti, blocco comprendente l‟Iran, la Libia, la Corea del Nord, Cuba e la Cina. Primakov sostenne che la Russia avrebbe dovuto respingere sia lo stridente anti-occidentalismo dell‟Unione Sovietica sia il romanticismo delle idee dei primi anni novanta per adottare un orientamento volto a sottolineare lo status di Grande Potenza della Russia e per promuovere una sua partnership paritaria e mutuamente produttiva con gli Stati Uniti e l‟Europa.
MANKOFF J., Russian Foreign Policy. The return of Great Power politics, New York, Rowman & Littlefield Publishers, pp. 11-51.
NICHOL J. (a cura di), Russian Political, Economic, and Security Issues and U.S. interests, Washington DC, Congressional Reserach Service, aggiornato al 15 ottobre 2009.