La dissoluzione dell‟URSS del 1991, in seguito al fallimento del putch «reazionario» anti-riformatore di agosto, rappresentò il preludio dell‟apertura di un periodo di rapide quanto complesse trasformazioni in seno al quadro politico-sociale ed economico. Infatti, la volontà del vertice politico-decisionale russo e del presidente Boris Yeltsin di rendere irreversibile l‟abbandono del precedente sistema comunista condusse alla rinuncia dei precedenti tentativi gorbacioviani di riforma ed all‟adozione, così come auspicato dal Fondo Monetario Internazionale e dagli USA, di riforme radicali tendenti a consentire una rapida transizione verso un sistema di mercato (cd. shock therapy). Tuttavia, l‟abolizione dei controlli sui prezzi, la privatizzazione delle attività economiche e la liberalizzazione del commercio, minando alle fondamenta il sistema economico-produttivo «di piano» e, con esso, l‟equilibrio socio-economico sovietico, finirono per provocare una profonda crisi socio-economica che, protraendosi per quasi un decennio, fu caratterizzata da:
- una profonda contrazione del PIL e della produzione (pari a circa il 50% fra il 1990 ed il 1995);
- un notevole aumento della confusione e dell‟inefficenza dell‟apparato burocratico-amministrativo e, con esso, un incremento della corruzione e della criminalità organizzata; - un rapido quanto significativo passaggio della proprietà delle attività economiche dalle mani
dello Stato a ristretti gruppi di individui, i cd. oligarchi, spesso facenti leva su aderenze con esponenti politici ovvero con ambienti criminali;
- una difficile situazione finanziaria che, alimentata dall‟elevato debito estero ereditato dall‟URSS nonché da un ingente deflusso di capitali verso l‟Estero, finì per mettere in crisi il sistema socio-assistenziale, favorire una rapida crescita della popolazione in condizioni di povertà (fra la tarda epoca sovietica e il 1993 la percentuale della popolazione in dette condizioni passò infatti dal 1,5% al 39-49%) e condurre a una crisi demografica segnata dalla caduta del tasso di natalità e dall‟innalzamento di quello di mortalità;
- l‟emergere, vista la fluidità e la confusione del quadro politico centrale e periferico, di spinte centrifughe e di tensioni che, specie nel Caucaso settentrionale, sfociarono in conflitti etnico-separtatisti ed indipendentisti;
- nel 1998, l‟esplosione di una crisi finanziaria e, con essa l‟ulteriore contrazione del PIL, a causa dell‟impatto sul fragile e precario sistema finanziario locale della cd. crisi asiatitica del 1997.289
Entro il tratteggiato quadro, nell‟agosto 1999, il primo presidente della Federazione Russa, Boris Yeltsin, organizzò, non senza tensioni e contraddizioni, il suo ritiro dalla scena politica e la sua successione e, quindi, in estrema sintesi, nominò primo ministro un ex-funzionario del KGB cresciuto, nel corso degli anni ‟90, dapprima, in seno all‟amministrazione municipale di San
289 NICHOL J. (a cura di), Russian Political, Economic, and Security Issues and U.S. interests, Washington DC, Congressional Reserach Service, aggiornato al 15 ottobre 2009.
GOLDMAN S.D., Russian Political, Economic and security issues and US interests, Washigton DC, Congressional Research Service, aggiornato al 6 ottobre 2008.
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-Pietroburgo e, poi, nell‟ambito dello staff presidenziale, Vladimir Putin. Questi, facendo leva sulla sua immagine giovanile, vigorosa e seria, su di una dialettica chiara e da leader, sul notevole sostegno offerto dai mass-media, su alcuni successi militari conseguenti alla sua politica di fermezza nei confronti dell‟insurrezione separatista cecena, nonché sul miglioramento della situazione economico-finanziaria conseguente al superamento della crisi finanziaria, potè, nel mese di dicembre, assumere la carica di presidente facente funzioni e, successivamente a consultazioni elettorali, divenire presidente della Repubblica. Il predetto trapasso di potere rappresentò il preludio per l’apertura di una significativa evoluzione della scena politica interna russa poiché, sulla base di un programma incentrato sul ristabilimento dell’ordine, della stabilità e del progresso economico e grazie all’avvio di una fase di crescita economica e di innalzamento delle condizioni di vita della popolazione, il nuovo presidente procedette, con il generale consenso dell’opinione pubblica russa, all’implementazione di una politica volta alla riaffermazione del ruolo e del potere dello Stato centrale. Più nel dettaglio, nel corso di due successivi mandati presidenziali, Putin promosse e conseguì:
- un ricambio nelle posizioni chiave dell‟Amministrazione centrale, favorendo l‟ascesa di esponenti e gruppi a sé fedeli ed, in particolare, di suoi colleghi e fiduciari dei servizi di
intelligence;
- una sostanziale affermazione della preminenza della Presidenza della Repubblica e dell‟Esecutivo sul potere Legislativo;
- una ridefinizione dei rapporti di forza fra autorità regionali e Stato centrale in favore di quest‟ultimo e, successivamente, un sostanziale svuotamento dei caratteri sostanzialmente federali dello Stato;
- una certa riduzione del pluralismo socio-politico del quadro politico-sociale russo anche attraverso:
l‟accentuazione del proprio controllo sui mezzi di comunicazione di massa;290
la riduzione dell‟autonomia e del rilievo politico dei cd. oligarchi emersi nel corso dell‟era Yeltsin;
la rinazionalizzazione o, comunque l‟affermazione dell‟influenza del proprio sistema di potere, sulle cd. attività economiche strategiche, ovverosia, in primis, sulle società operanti nei settori dell‟energia e delle risorse naturali.291
290 Tra il 2000 e il 2008, il Governo assunse il controllo delle trasmissioni nazionali. Un obiettivo era l‟impero mediatico di Vladimir Gusinsky e la sua televisione indipendente russa, la NTV. Gusinsky fu arrestato nel giugno del 2000, con l‟accusa di corruzione, e, una volta rilasciato, lasciò il Paese. Il monopolista del gas prese il controllo della NTV facendola gestire dal Cremlino. Il Governo, quindi, forzò l‟oligarca Boris Berezovsky a rinunciare alla proprietà della quota della ORT TV. Nel 2002, la TV-6, l‟ultima significativa TV indipendente moscovita chiuse i battenti a causa delle pressioni del Governo, il quale si mosse anche contro la radio indipendente Eco Moskvuy. Nel 2006, infatti, il Governo russo costrinse la maggior parte delle stazioni radio ad interrompere la diffusione dei programmi statunitensi: Voice of America (VOA) e Radio Liberty (RL). I critici della carta stampata furono imprigionati e qualcuno, probabilmente, fatto assassinare.
GOLDMAN S.D., Russian Political, Economic and security issues and US interests, Washigton DC, Congressional Research Service, aggiornato al 6 ottobre 2008.
SIMONS T.W., Eurasia’s new frontiers. Young States, Old Societies, Opern Futures, Ithaca e Londra, Cornell University Press, 2008, pp. 63-90.
GOLDMAN M.I., Petrostate. Putin, power and the new Russia, Oxford, Oxford University Press, 2008, pp. 102-104.
291 Nell‟estate del 2003, il Governo russo lanciò una campagna contro Mikhail Khodorkovski, azionista di maggioranza ed amministratore di Yukos, la quarta compagnia petrolifera mondiale sorta nel torbido quadro delle privatizzazioni yeltsiniane degli anni ‟90. Khodorkovsky, comunque, ottenne il rispetto dell‟Occidente adottando una politica di affari aperta e «trasparente» mentre trasformò la Yukos nella compagnia energetica più grande al mondo. Khodorkovsky criticò Putin, finanziò i partiti politici anti-Putin, e accennò che avrebbe potuto entrare in politica. Nel 2003, la polizia arrestò Khodorkovsky e diversi suoi collaboratori. L‟azione giudiziaria congelò i titoli Yukos che valevano circa 12 milioni. Si pensò che l‟arresto di Khodorkovsky fosse mirato ad eliminare un nemico politico e dare l‟esempio ad altri magnati russi. Molti osservatori videro questo episodio come un conflitto di potere tra due fazioni del Cremlino: un gruppo di orientamento commerciale legato a Yeltsin e un gruppo scelto dai servizi di sicurezza della città madre di Putin, San Pietroburgo. Qualche giorno dopo l‟arresto di Khodorkovsky, il capo dello
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-Una volta conseguita la suddetta concentrazione del potere politico ed economico attorno allo Stato centrale e, quindi, attorno ad un gruppo di potere, per quanto articolato, più coeso e coerente rispetto al primo decennio post-sovietico, a partire dal 2005-2006 venne, quindi, avviato un processo volto ad assicurare il mantenimento dei risultati conseguiti anche successivamente alle elezioni presidenziali del 2008, ovverosia al costituzionalmente previsto abbandono di Putin della più alta carica dello Stato. Più nel dettaglio, successivamente ad alcuni cambi di incarichi in seno alla formazione di Governo intervenuti fra il 2005 e l‟autunno 2007292, il verice politico-decisionale:
- dapprima, si impegnò a trasformare le previste elezioni per il rinnovo della Duma in un
referendum sulla persona di Putin e sulla sua linea politica;
- in seguito, una volta conseguita una schiaccente vittoria elettorale,293 rese partecipe l‟opinione pubblica dell‟evoluzione auspicata del quadro istituzionale con la successione a Putin di Dmitry Medvedev294 e con l‟assegnazione dell‟incarico di primo ministro a Putin;
staff presidenziale, Aleksander Voloshin, reputato al vertice del gruppo dell‟area di Yeltsin, fu allontanato e lasciò il
Cremlino nelle mani della Polizia. Khodorkovsky fu processato nel giugno del 2004 per molteplici crimini e fu accusato di evasione fiscale e frode: fu condannato a nove anni di prigione e, quindi, internato in prigone in Siberia. La Yukos fallì e il suo patrimonio venne interamente utilizzato per saldare i debiti tributari pari a circa 28 milioni di dollari. La Yuganskneftegaz, la principale filiale petrolifera di Yukos, fu venduta ad un‟asta per soddisfare i debiti tributari. Il vincitore, l‟unico offerente, Baikalfinansgrup, pagò 9,7 milioni di dollari, ovvero circa la metà, secondo gli specialisti occidentali, del suo valore di mercato. Il Baikalfinansgrup era un gruppo del Cremlino diretto da Igor Sechin, vice capo dell‟amministrazione presidenziale e stretto collaboratore di Putin. Il Baikalfinansgrup fu acquistato dalla Rosneft, una compagnia petrolifera statale e Sechin era il presidente del Consiglio di Amministrazione. La nazionalizzazione della Yuganskneftegaz fu dichiarata da Andrei Illarionov, un consulente economico di Putin, come «la truffa dell‟anno». Da allora, il Governo rinazionalizzò, o ottenne il controllo di numerose imprese caratterizzate da un attivo in bilancio. Queste imprese commerciavano navi, aerei e macchinari manifatturieri, nonché materie prime proveniente da attività estrattive. Allo stesso tempo, il Cremlino nominò dei manager a capo di queste imprese (infatti, l‟ultimo primo ministro Dmitry Medvedev, attuale presidente, era a capo della Gazprom, gigantesca impresa russa con il monopolio sul gas, mentre Sergei Ivanov, un altro primo ministro legato a Putin, era a capo della Autovaz, la più grande impresa russa auto-manufatturiera). Questo fenomeno dell‟èlite politica a capo delle più grandi imprese russe, ha spinto alcuni osservatori a concludere che «chi governa in Russia, possiede la Russia».
GOLDMAN S.D., Russian Political, Economic and security issues and US interests, Washigton DC, Congressional Research Service, aggiornato al 6 ottobre 2008.
GOLDMAN M.I., Petrostate. Putin, power and the new Russia, Oxford, Oxford University Press, 2008, pp. 105-135. PIROG R., Russian oil and gas challenges, Washington DC, Congressional Reserach Service, aggiornato al 20 giugno 2007.
292 Il 14 novembre 2005, il presidente Putin annunciò dei cambi ai vertici del Governo. Dmitry Medvedev fu nominato primo ministro e responsabile dei «progetti prioritari nazionali». Sergei Ivanov fu promotore del primo ministro e conservò il suo posto da ministro della Difesa. Nel febbraio 2007, Ivanov fu eletto primo ministro. Questi due uomini furono visti come i più probabili a succedere a Putin. Il 10 settembre 2007, Putin sorprese tutti annunciando le dimissioni del primo ministro Mikhail Fradkov – scelto per quel posto nel 2005 - e fu nominato al suo posto Victor Zubkov, che era a capo del Servizio di Monitoraggio Finanziario, una branca del Ministero delle Finanze che investigava sul riciclaggio del denaro. Il sessantacinquenne Zubkov non aveva una propria base politico-elettorale. Putin spiegò questo movimento necessario per «preparare il Paese» alle prossime elezioni e si scatenarono immediatamente le voci per cui Zubkov avrebbe potuto essere la scelta di Putin per la Presidenza del 2008, un meccanismo che avrebbe potuto permettere a Putin di mantenere il controllo e/o ritornare alla Presidenza dopo un breve interregno. La questione sulla «successione di Putin» fu un argomento caldo sin dal 2006.
GOLDMAN S.D., Russian Political, Economic and security issues and US interests, Washigton DC, Congressional Research Service, aggiornato al 6 ottobre 2008.
293 Nonostante la popolarità di Putin, essi erano determinati a non cambiare il risultato. Nella corsa alle elezione per il vertice della Duma, le autorità usarono innumerevoli strumenti di potere ufficiali e non-ufficiali per assicurare una schiacciante vittoria per l‟Unione Russa, il principale partito del Cremlino. Il 1 ottobre 2007, Putin annunciò che avrebbe concorso per il vertice del partito dell‟Unione Russa. I media controllati dallo Stato si sollevarono in favore dell‟Unione Russa e ignorarono o disprezzarono l‟opposizione. L‟opuscolo del partito opposto fu sequestrato e furono chiusi i battenti dei loro raduni. I potenziali candidati popolari dell‟opposizione furono corrotti, vennero minacciati o ostacolati nella corsa verso i «tecnicismi legali». Nel marzo 2007, per esempio, la Corte Suprema stabilì che il Partito Repubblicano di Vladimir Ryzhkov - uno dei pochi partiti rimasti liberal-democratico - venisse sciolto a causa della violazione della legge del 2004 che prescriveva ai partiti di avere minimo 50.000 iscritti e 45 uffici
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-- infine, organizzò la campagna elettorale presidenziale che finì per far registrare, come peraltro ampiamente prevedibile, il risultato sperato e, quindi, l‟avvio di una fase politico-istituzionale all‟insegna della continuità.295
Nonostante l‟apparente successo nella gestione del predetto passaggio di poteri fra Putin e Medvedev e nonostante la mancata esplosione di manifesti e gravi dissidi e tensioni in seno al verice politico-decisionale russo, va comunque rilevato che, a partire dal maggio 2008, molti commentatori ed analisti occidentali comunque hanno avanzato ipotesi circa il possibile sviluppo, specie in previsione delle prossime elezioni presidenziali, di forme di competizione per il potere fra Putin e Medvedev e, con essi, fra i vari gruppi di potere formatisi e coagulatisi attorno a Putin nel corso del periodo 1999-2008.296
regionali. Le autorità russe impedirono con decisione all‟OSCE di inviare un team di osservatori, innanzi tutto per limitare i loro membri a 70 unità (pari a 450 osservatori per le elezioni alla Duma) quindi ritardarono il rilascio dei visti fino all‟ultimo momento, così da bloccare il normale monitoraggio della campagna elettorale. Il previsto risultato del 2 dicembre 2007 della votazione per la Duma fu un grande successo per il partito dell‟Unione Russa, che vinse ottenendo il 64,3% dei voti popolari e 315 dei 450 seggi (più dei due terzi della maggioranza richiesta per emendare la costituzione). Il secondo partito in corsa per il Cremlino, «A Just Russia», stando ad una credenza diffusa, fu creato dai «tecnologici politici» nel 2007 per distogliere i voti di sinistra dai Comunisti – ottenne il 7.4% dei voti e 38 seggi. La piattaforma formata dall‟Unione Russa e dalla A Just Russia «per Putin!» nominata da Vladimir Zhirinovsky il Partito Liberal-democratico della Russia (LDPR), ebbe l‟8,14% dei voti e conquistò 40 seggi. Nonostante la reputazione da estremista dell‟ala destra di Zhirinovsky, l‟LDPR fu un affidabile sostenitore di Putin nella Duma. Così il Cremlino potè contare su 393 dei 450 voti dei deputati della Duma. L‟unico partito all‟opposizione nella Duma era il Partito Comunista, il quale, ottenne l‟11,7% dei voti e 57 seggi. I rimanenti partiti rimasero al di sotto del 7% che era la soglia richiesta per vincere un seggio nella legislatura. I tradizionali partiti liberal-democratici, Yabloko e l‟Unione delle forze di destra, ottennero, rispettivamente, l‟1,59% e lo 0,96% dei voti. Fu ufficialmente dichiarato che l‟affluenza dei voti fu del 63%. Malgrado alcune accuse rivolte alla limpidezza delle urne elettorali, intimidazioni al voto e altre «irregolarità», ci fu anche qualche dubbio sulla popolarità di Putin, quindi un onesto conteggio dei voti avrebbe comunque dato all‟Unione Russa una schiacciante vittoria.
GOLDMAN S.D., Russian Political, Economic and security issues and US interests, Washigton DC, Congressional Research Service, aggiornato al 6 ottobre 2008.
294 Come Putin e molti dei membri dell‟attuale verice politico-decisionale russo, Medvedev è sanpietromburghese, ma, diversamente da molti, egli non ha un passato nei servizi di sicurezza essendo un avvocato che, all‟inizio degli anni ‟90, condivise con Putin un esperienza politico-amministrativa presso la Municipalità di San Pietroburgo. Per tale ragione, oltre che per gli orientamentamenti fatti trasparire nel corso dell‟ultimo decennio, esso è stato considerato, specie in Occidente, come uno degli esponenti più liberali fra la cerchia più prossima a Putin.
NICHOL J. (a cura di), Russian Political, Economic, and Security Issues and U.S. interests, Washington DC, Congressional Reserach Service, aggiornato al 15 ottobre 2009.
GOLDMAN S.D., Russian Political, Economic and security issues and US interests, Washigton DC, Congressional Research Service, aggiornato al 6 ottobre 2008.
295 Il 2 marzo 2008, Medvedev vinse facilmente, con il 70% del voti, le elezioni presidenziali russe. Il Cremlino era sicuro che il risultato non sarebbe mai stato messo in dubbio. I notiziari furono ritorti in modo schiacciante in favore di Medvedev, specialmente i notiziari televisivi, la principale fonte dei fatti politici per la maggior parte dei Russi. Il precedente format «tutti per Putin, tutto il tempo» fu spostato su Medvedev. Come Putin prima di lui, Medvedev si rifiutò di partecipare a dei dibattiti pubblici con qualche suo rivale. Mosca inoltre impose delle restrizioni agli osservatori OSCE per le elezioni, come accadde durante le elezioni della Duma, con lo stesso risultato: l‟OSCE si rifiutò di inviare degli osservatori per le elezioni alle condizioni imposte da Mosca. Le commissioni per le elezioni negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Spagna, Francia, e Germania informarono ufficialmente Mosca che non avrebbero osservato le votazioni presidenziali. Il regime di Putin manipolò le leggi elettorali e il regolamento al fine di bloccare «inconvenienti» candidature come l‟ultimo primo ministro Mikhail Kasyanov e l‟ultimo campione di scacchi Gary Kasparov di partecipare alle elezioni. Alla fine c‟erano tre candidati oltre a Medvedev. Vladimir Zhironovsky della LDPR e il Comunista leader storico, Gennady Zyuganov. Il quarto era il poco conosciuto Andrei Bogdanov, capo del piccolissimo Partito Democratico. Dmitry Medvedev, quarantaduenne protetto da Putin, fu proclamato presidente il 7 maggio 2008.
NICHOL J. (a cura di), Russian Political, Economic, and Security Issues and U.S. interests, Washington DC, Congressional Reserach Service, aggiornato al 15 ottobre 2009.
296 SMITH M.A., The Russian Presidential succession, Advanced Research and Assessment Group, Defence Academy of the United Kingdom, gennaio 2008.
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-La suddivisione amministrativa della Federazione Russa
(carta tratta dal sito internet http://en.wikipedia.org/wiki/File:Russian-regions.png in data 02.01.2010)