I primi sette anni della transizione dall‟economia pianificata (1991-1998) non furono facili e coincisero con un periodo di difficoltà economiche. Durante questo periodo la Russia perse quasi il 30% del prodotto interno lordo e registrò alti tassi di inflazione (oltre il 2000% nel 1992, e oltre l‟800%, nel 1993). L‟inflazione privò i cittadini russi dei loro risparmi, in quanto il valore del rublo precipitò costringendo, nel gennaio 1998, il Governo di Mosca ad emettere una nuova valuta equivalente a 1000 «vecchi rubli». Di fronte a questa elevata inflazione, alcuni cittadini investirono in beni rifugio quali ad esempio opere d‟arte, valute estere, beni immobili, mentre gran parte della popolazione vide scomparire i propri risparmi. Dal 1993 al 1999, il reddito disponibile medio calò del 25% in termini reali, mentre lo standard di vita medio peggiorò. Contestualmente, fra il 1991 ed il 1999, la speranza di vita media si ridusse da 64 a 59 anni, per i maschi, e da 74 a 72 anni, per le femmine. Anche le relazioni economico-finanziarie con l‟Estero furono problematiche visto che:
- gli investimenti diretti dall‟Estero furono esigui rispetto alle esigenze;
- si registrava una seria fuga di capitali (circa 150 miliardi dollari tra 1992 e 1999);
- il debito con l‟Estero cresceva a dismisura, sia a causa del fatto che la Russia si era fatta carico dell‟intera situazione debitoria dell‟URSS, sia poiché il Governo aveva preso a far nuovi finanziamenti esteri.
I problemi economici scaturivano dalla rapida disgregazione del precedente sistema di piano in cui le autorità sovietiche avevano privilegiato l‟industria pesante senza badare ai costi ed alle esigenze degli altri settori e, quindi, avevano finito per realizzare una struttura produttiva afflitta da problemi di gigantismo industriale, inefficienza e bassa competitività internazionale.
Oltre alle tratteggiate criticità strutturali, la problematica situazione economica russa degli anni novanta era anche riconducibile agli effetti di controverse misure di politica economica. Infatti, il Governo Yeltsin:
- non riuscì a contenere la spesa pubblica, assillato dall‟esigenza di gestire un‟eredità sovietica caratterizzata da un pesante sistema di aiuti all‟industria e sovvenzioni sociali e, quindi, accumulò significativi deficit (che salirono fino al 9,8% del PIL) che vennero finanziati a tassi elevati con l‟emissioni di buoni del tesoro e obbligazioni a breve termine;
- conseguentemente, finì per:
porre in essere una politica fiscale che incrementò notevolmente l‟esposizione e la vulnerabilità del sistema finanziario russo a shock esterni, quali crisi finanziarie esogene e contrazioni del mercato internazionale del credito;
svendere una parte rilevante delle società di Stato più redditizie favorendo la formazione di un‟«oligarchia economica» caratterizzata dai suoi stretti rapporti con il vertice politico-decisionale;313
- attuò, sospinto dal primo ministro Igor Gaidar, una politica di riforme e transizione economica rapida (cd. shock therapy) che:
313 Più nello specifico, nel 1995, il Governo, al fine di coprire i suoi crescenti deficit di bilancio, offrì a locali banche, quale collaterale per nuovi crediti, le azioni di 29 delle ditte potenzialmente più redditizie, incluse le maggiori compagnie petrolifere (Yukos, Lukoil, Sufgutneftegaz) e minerarie (Novolietsk). Le conseguenti aste di collocamento, controllate da appositi incaricati vicini al gruppo di potere di Yeltsin, consentirono, quindi, l‟acquisizione di importanti pacchetti azionari a prezzi notevolmente più bassi rispetto ai valori di mercato. Successivamente, quando il Governo non riuscì ad onorare i suoi impegni finanziari, gli acquirenti poterono disporre in modo completo dei predetti pacchetti azionari, costituendo nuovi gruppi societari privati. Il tratteggiato processo di formazione di un‟èlite capitalista russa proseguì con lo sviluppo di un peculiare rapporto con il vertice politico russo e finì per essere condizionato dai contributi elettorali offerti dagli «oligarchi», nonché dalla loro capacità di incidere sull‟opinione pubblica attraverso il controllo di media.
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- se, da un canto, permise la formazione di un libero mercato di beni e servizi, rese il rublo convertibile ed aprì il sistema economico alle relazioni internazionali;
dall‟altro, generò, nel breve periodo, pesanti ricadute in termini di inflazione e produzione industriale.
I problemi economici russi giunsero ad un punto cruciale quando, al protrarsi di una fase economica internazionale, caratterizzata da un relativamente basso livello dei prezzi delle materie prime e dell‟energia, si associò una contrazione degli investimenti e del mercato del credito internazionale conseguente all‟esplosione di una crisi finanziaria nei «mercati emergenti» asiatici. Entro tale contesto, infatti, la contrazione dei ricavi russi in valuta estera unitamente alle mutate condizioni del mercato internazionale e del credito produssero effetti dirompenti sulla stabilità macroeconomica del Paese che, nell‟agosto 1998, fece registrare:
- una contrazione del PIL reale di circa il 4,9% su base annua, un‟impennata dei tassi di interesse ed un crollo dei prezzi del mercato finanziario;
- una forte svalutazione del rublo, non più difendibile da parte dell‟autorità monetaria;
- la proclamazione, da parte del Governo, di una moratoria sui propri pagamenti del debito commerciale estero ed il fallimento di numerose banche che nel frattempo si erano specializzate nella gestione del debito pubblico.314
La crisi dell‟agosto 1998 mise pertanto in evidenza le criticità insite nella politica economica intrapresa nonché l‟urgente necessità di procedere a correttivi ed a riforme strutturali; correttivi e riforme che vennero intraprese, successivamente ad un predefinito processo di transizione al vertice della Federazione, da un, almeno in parte rinnovato, gruppo dirigente facente riferimento a Vladimir Putin. Infatti, in seguito all‟assunzione della guida del Paese da parte di Putin, detto gruppo dirigente, consapevole del fatto che la forte inflazione e la confusione economica stavano mettendo in pericolo anche la stabilità politico-sociale, assunse il compito di superare la difficile situazione economica ponendo la Russia entro un sentiero di crescita e sviluppo di medio-lungo periodo. A tal fine, la nuova compagine di Governo si impegnò a cogliere l‟occasione offerta dalla svalutazione del rublo per stabilizzare il sistema e per affrontare la questione delle riforme. Sulla base di questi presupposti, per la fine del 1999, il Governo riuscì ad ottenere:
- un certo grado di stabilità finanziaria grazie all‟implementazione di una politica fiscale più oculata nonché grazie all‟efficacia delle misure (di riduzione della spesa e aumento delle entrate fiscali) introdotte dal precedente gabinetto Primakov;315
314 HUANG, H., MARIN D., XU C., Financial Crisis, Economic Recovery and Banking Development in Russia, Ukraine, and
Other FSU Countries, IMF Working paper, 1 giugno 2004, tratto dal sito internet
http://www.imf.org/external/pubs/cat/longres.cfm?sk=16549.0 in data 01.01.2010.
315 I dati che si ricavano dalla contabilità nazionale indicano che il Governo ha potuto migliorare i bilanci e mantenere il controllo della spesa pubblica. Al termine del 1998, il Governo federale registrava un deficit pari al 6,0% del PIL, con entrate pari all‟ 11,4% del PIL e uscite pari al 17,0%. Nel 1999, il deficit del bilancio si ridusse di poco, fino al 4,2% del PIL. Negli anni seguenti le entrate governative si accrebbero, dal 12,6 % del PIL del 2000, al 23,6% del 2006, a motivo delle entrate fiscali incrementate dall‟aumento degli introiti ricavati dal petrolio. Nello stesso tempo, il Governo si impegnò a contenere le grosse spese , bloccandole al di sotto di quelle corrispondenti al 16,1% del PIL, per l‟anno 2006. In conseguenza di tutto questo, il governo ebbe dei surplus di bilancio ed un surplus del 7,5% del PIL nello stesso anno 2006. L‟abilità del Governo nel conservare bilanci fiscali equilibrati è dovuta in parte allo stanziamento, nel gennaio 2004, di un Fondo di stabilità. Il Ministero delle Finanze deposita a beneficio del Fondo le entrate derivanti da risorse petrolifere valutate a oltre 27 dollari al barile. (Al momento dello stanziamento del Fondo, nel 2004, il prezzo iniziale era di 20 dollari al barile) . Il Fondo viene quindi usato per colmare i deficit governativi che si formano nel momento in cui i prezzi scendono al di sotto dei 27 dollari al barile. Il 15 febbraio 2008, il prezzo del grezzo degli Urali era di 90,75 dollari al barile. Per di più, il Governo è autorizzato per legge ad usare i fondi di un bilancio eccedente i 500 rubli, per finalità supportate dall‟Assemblea Legislativa.
Il 30 gennaio 2008, il Fondo era costituito da 3,9 trilioni di rubli. Il Governo lo usò interamente per saldare in parte i debiti IMF, del Paris Club e anche per coprire il debito del Fondo pensionistico gestito dallo Stato. Il Governo Putin cercò di ridurre le sovvenzioni governative a fini sociali e industriali e questo come nuova misura per razionalizzare le spese dello Stato. Nel gennaio 2005, il Governo stesso sostituì il beneficio dell‟accesso gratuito ai mezzi di trasporto e alle cure mediche con il principio del pagamento in contanti alle persone o gruppi in difficoltà e ridusse anche le forniture di energia per i residenti. Il Programma della «monetizzazione» risultò impopolare e si ebbero
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-- un certo consolidamento dell‟economia reale grazie al rilancio delle esportazioni ed alla contrazione delle importazioni indotti dalla forte svalutazione del rublo.
Nell‟arco del primo mandato presidenziale di Putin (2000-2004), il Governo, favorito dalla ripresa del livello dei prezzi internazionali degli idrocarburi e, con essa, dall‟accresciuta disponibilità di risorse finanziare in valuta pregiata, diede avvio ad alcune riforme economiche strutturali che contribuirono a far riemergere il Paese dalla crisi ed a dargli forza e stabilità. Più nello specifico: - vennero introdotte una pluralità di riforme in materia fiscale e di controllo fiscale attraverso
cui:
vennero ridefinite le competenze e le responsabilità fra Governo centrale ed autorità regionali/locali;
si raggiunse un incremento delle entrate fiscali, una riduzione dell‟evasione e della corruzione;
- vennero introdotte nuove norme di diritto societario al fine di contrastare l‟evasione fiscale e la corruzione nonché al fine di accrescere la tutela dei piccoli azionisti;
- venne emanata una legge quadro in tema di compravendita di terreni attraverso cui prese avvio una controversa ed ancora dibattuta politica volta a favorire il rilancio del settore agricolo in crisi, sin dalla fine del sistema di piano;
- venne riconfermato l‟interesse della Russia ad accedere al WTO ed a favorire una maggiore integrazione della propria economia in ambito internazionale;
- venne avviata una riforma pensionistica attraverso la quale far fronte al crescente scivolamento al di sotto del livello di povertà di una fascia consistente dei pensionati;
- vennero introdotte una pluralità di misure attraverso cui si accrebbe la stabilità e la solidità del sistema bancario nonché la sua trasparenza ed uniformità rispetto ad alcuni dei principali
standards internazionali;
- vennero infine varati una riforma dell‟ordine giudiziario ed una serie di «progetti nazionali» nei settori dell‟istruzione, della sanità e dell‟edilizia.316
Una volta conseguiti gli obiettivi di stabilizzazione macroeconomica, il vertice politico-decisionale di Mosca, sospinto da una rinnovata ed accentuata consapevolezza del rilievo della rendita energetica nazionale e, quindi, del settore energetico-minerario per lo sviluppo dell‟economia e della Potenza russe,317 si concentrò sull‟obiettivo di ristabilire il controllo statuale sui settori proteste, fatto raro comunque per un regime per altri versi molto popolare. Pur avendo dovuto fare marcia indietro su alcuni dei provvedimenti, nondimeno il Governo riuscì ad attuare un buon numero di riforme, contribuendo nel contempo a tenere sotto controllo le spese.
NICHOL J. (a cura di), Russian Political, Economic, and Security Issues and U.S. interests, Washington DC, Congressional Reserach Service, aggiornato al 15 ottobre 2009.
316 VASILIEV S.A., Overview of Structural Reforms in Russia after 1998 Financial Crisis, 16 febbraio 2000, tratto dal sito internet http://www.imf.org/external/pubs/ft/seminar/2000/invest/pdf/vasil.pdf in data 10.01.2010.
317 La Russia figura tra le otto maggiori titolari di riserve petrolifere ed è il secondo esportatore di questo prodotto a livello mondiale, dopo l‟Arabia Saudita. Possiede, inoltre, le più vaste riserve di gas naturali al mondo ed è naturalmente il maggior esportatore della risorsa stessa. Per di più, si pone al secondo posto per i giacimenti di carbone; tali risorse hanno costituito per molto tempo la forza trainante dell‟economia del Paese ed una garanzia di vitalità economica. Pertanto, il ruolo svolto dal petrolio merita particolare attenzione in questo studio dedicato all‟economia. I livelli produttivi sono stati diversi nel corso del tempo e grosso modo hanno rispecchiato la situazione generale dell‟economia in genere. Dal 1989 al 1996, il volume della produzione è sensibilmente calato, da 11,1 milioni di barili al giorno a 6,1 milioni, all‟incirca del 45%. Questo periodo registra anche la forte diminuzione della crescita economica, conseguenza immediata del crollo dell‟«Impero» sovietico. La flessione è legata, comunque, al forte calo della domanda di petrolio, alla caduta dei prezzi sul mercato mondiale, ad un primo esaurirsi di campi petroliferi già sfruttati e dalla mancanza di nuovi investimenti per l‟esplorazione di nuovi siti. La produzione ricominciò a salire nel 1997, dapprima per gradi, poi più velocemente, raggiungendo alla fine i 9,9 milioni di b/d nel 2007, pur inferiori però ai livelli registrati nel 1989. La produzione, comunque, continuò a crescere, ma con passo più lento, sollevando alcuni interrogativi per l‟andamento futuro. Una stima recente rivela che il petrolio russo potrebbe aver avuto un picco nel 2008, per poi decrescere negli anni successivi. Tra i fattori che possono aver favorito il rallentamento a cui si è accennato, può essere l‟effetto del caso Yukos, che ha spinto le Compagnie a ridurre gli investimenti per attività di prospezione e ricerca. Peraltro, la forte tassazione sulle entrate può aver scoraggiato molte delle imprese in gioco. I
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-«strategici» dell‟economia nazionale (oltre a quello degli idrocarburi, quelli della finanza, dell‟aeronautica, delle attrezzature per la produzione di energia elettrica e della meccanica), settori maldestramente privatizzati e svenduti nel corso della Presidenza Yeltsin.318 Più nel dettaglio, fra il 2003 ed il 2007, le autorità russe procedettero alla «ri-nazionalizzazione» ovverosia all‟acquisizione di un controllo indiretto, su di una parte delle società privatizzate come, ad esempio:
- la maggiore società energetica privata russa, la Yukos, che venne acquisita dallo Stato e svenduta alla compagnia petrolifera statale Rosneft in seguito alla condanna per evasione fiscale del suo proprietario, l‟oligarga Mikhail Khorkovsky, colpevole, fra l‟altro di aver finanziato formazioni politiche ostili a Putin;
- la società energetica Sibneft Oil ed i consorzi societari internazionali titolari dei diritti di sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi di Sakhalin, Kovykta e Kharyaga, attraverso pressioni burocratico-amministrative che favorirono l‟acquisizione da parte dello Stato e sue entità economiche (in primis, il colosso monopolista nel settore del gas naturale Gazprom) di posizioni di rilievo e controllo;
- della società mineraria leader mondiale nell‟estrazione del titanio, VSMPO – AVISMA, il cui pacchetto azionario venne acquisito dallo Stato per il 60%;
maggiori investimenti nel settore petrolifero in Russia, va notato, mirano soprattutto ad accrescere la produzione corrente, piuttosto che a sviluppare nuovi campi, da sfruttare in futuro. Pertanto, ogni riduzione nell‟impiego di capitali si riflette immediatamente sui volumi della produzione e nella contrazione delle esportazioni. La Russia, in futuro, potrebbe non essere in grado di mantenere alta la produzione a lungo termine, qualora venisse ridotto drasticamente il tasso degli investimenti. Pur rappresentando l‟attività produttiva settoriale solo una parte del PIL russo, essa ha dato un contributo determinante, per i suoi molteplici e positivi effetti, alla crescita complessiva del PIL. Secondo stime del Fondo Monetario Internazionale (IMF) il bilancio del Governo federale russo ha registrato un surplus fiscale equivalente al 7,4% del PIL, nell‟anno 2006. Comunque, se si escludono gli introiti dovuti al petrolio, il bilancio avrebbe avuto un deficit pari al 3,8% del PIL. Ovviamente, le valutazioni IMF suppongono che il Governo stesso avrebbe mantenuto gli stessi livelli di spesa. L‟analisi lascia intendere che i Russi fanno soprattutto affidamento sull‟aumento (o la tenuta) dei prezzi. Il significato che assumono le risorse energetiche per l‟economia del Paese è non meno evidente negli scambi commerciali con l‟Estero. Anche durante l‟era sovietica, petrolio e altre risorse energetiche furono di gran lunga la fonte più redditizia per l‟acquisizione di valuta «forte». Tali risorse confermarono e spesso dimostrarono la loro importanza negli scambi con l‟Estero, specie dopo la fine del regime sovietico. Nel 2006, le risorse energetiche (petrolio, gas naturale e carbone) rappresentavano il 65% degli introiti complessivi ricavati dall‟esportazione, mentre l‟esportazione di grezzo rappresentava il 34% del totale. Il maggior affidamento nutrito dalla Russia per le esportazioni di petrolio e delle altre risorse energetiche, rende però il commercio russo più vulnerabile, a causa della mutabilità dei prezzi del petrolio e di altri generi di consumo. Altre esportazioni, come quella di macchinari e attrezzature varie rappresentava appena il 6% delle esportazioni inviate oltre i confini dell‟Unione. Pur essendo certa l‟entità dell‟energia prodotta nel Paese e dell‟ esportazione al netto (export – import), il tasso di incremento potrebbe risultare modesto, il che potrebbe far pensare che la crescita e la conservazione del surplus dipendano dall‟andamento delle quotazioni (più o meno alte) del prodotto sui mercati mondiali. Nel 2005, il volume di tali esportazioni petrolifere al netto raggiunse i 6,8 milioni di barili al giorno e rimase costante nel 2006. Ciò nondimeno, il surplus commerciale complessivo continuò ad espandersi, se commisurato al dollaro statunitense, in quanto l‟aumento dei prezzi compensava sia per il debole andamento delle esportazioni sia per l‟aumento delle importazioni nel «Paese dell‟orso». Il surplus commerciale raggiunse il record di 140 miliardi di dollari , alla data del 2006, più alto rispetto ai 118 miliardi dell‟anno precedente , a motivo dell‟aumento superiore al 20% del prezzo del prodotto esportato.
PIROG R., Russian oil and gas challenges, Washington DC, Congressional Reserach Service, aggiornato al 20 giugno 2007.
318 Conseguentemente all‟implementazione della suddetta politica, il Governo di Mosca potè accrescere significativamente il proprio controllo su una quota consistente dell‟economia nazionale, mentre, nel solo settore petrolifero potè giungere, nel 2006, a controllare circa il 60% del greggio estratto. Secondo le stime della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (EBRD), nel 1991, poco prima del crollo sovietico, il 5% del PIL russo apparteneva al settore privato. Attorno al 1997, la percentuale era salita al 70%, per poi discendere al 65% nel 2005. SIMONS T.W., Eurasia’s new frontiers. Young States, Old Societies, Opern Futures, Ithaca e Londra, Cornell University Press, 2008, pp. 63-90.
PIROG R., Russian oil and gas challenges, Washington DC, Congressional Reserach Service, aggiornato al 20 giugno 2007.
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-- la principale società di autoveicoli Autovaz Automobile, il cui pacchetto azionario di controllo venne acquisito da Rosoboronexport, entità statale attiva nel settore della meccanica e degli armamenti.319
Contestualmente alle tratteggiate iniziative di politica economica, a partire dal 2000 e fino al 2008, la situazione economica russa ha fatto registrare un marcata inversione di tendenza rispetto al precedente decennio evidenziando, nonostante il permanere di alcune criticità legate al tasso di inflazione, alla distribuzione del reddito ed alla situazione socio-sanitaria:320
- una crescita media del PIL del 6,9% su base annua, associata ad un miglioramento degli
standards di vita medi della popolazione;
- una marcata contrazione del tasso di disoccupazione (dal 12,6% al 6,2%) e della parte di popolazione in condizioni di povertà (dal 29% al 15%);
- una crescita dei consumi delle famiglie;
- una forte crescita delle esportazioni, delle importazioni e degli investimenti esteri, nonché un significativo surplus commerciale trainato dalla congiuntura favorevole del mercato internazionale dell‟energia e delle materie prime.321
319 GOLDMAN M.I., Petrostate. Putin, power and the new Russia, Oxford, Oxford University Press, 2008, pp. 93-135.
320 Mentre l‟azione governativa è riuscita a contenere l‟inflazione in certa misura rispetto agli indici preoccupanti degli anni ‟90, i tassi inflattivi permangono comunque alti. Nel 2006, l‟indice dei prezzi al consumo è salito del 9,7% e, in base a stime recenti, al 9,0% nel 2007, dati questi che sono al di sopra delle previsioni del Governo. La speranza di vita del cittadino medio, specie della popolazione maschile, risulta bassa al presente, per un Paese progredito quale si ritiene che sia. Nel 2006, era di 72,4 anni per la donna e 58,9 per l‟uomo. L‟aumento delle malattie prodotte dall‟uso di alcoolici e di quelle di altri morbi come la tubercolosi, che sono state quasi sradicate nei Paesi sviluppati, hanno influito su questo stato di cose. Non va dimenticato inoltre che il servizio sanitario del Paese non è dei migliori e che ha faticato ad adeguarsi al processo di innovazione, dopo aver conosciuto il sistema della pianificazione centralizzata.