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In considerazione dell‟eredità di controllo sovietico e dei perduranti legami politici, culturali ed economici tra la Russia ed i suoi vicini della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), la dirigenza russa, in fondo, non ha mai considerato i suoi rapporti con gli Stati della CSI come una dimensione della sua politica estera. L‟invasione russa della Georgia rispetto alle dichiarazioni circa il rilievo del diritto internazionale e della sovranità statuale evidenzia una certa contraddizione nel modo di pensare russo della CSI. A partire dal collasso dell‟Unione Sovietica, la CSI si è sempre più trasformata in un‟area di competizione tra Grandi Potenze come la Russia, gli Stati Uniti, l‟Europa e la Cina. La competizione per l‟influenza sulle Repubbliche ex Sovietiche è stata spesso percepita a Mosca con sorpresa visto che essa era abituata a considerare l‟intera regione come la propria «riserva esclusiva» nonostante, per buona parte degli anni novanta, fosse

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-troppo debole per imporre le proprie pretese di esclusività.340 Chiaramente, buona parte della spinta attrattiva del mondo esterno verso questa tradizionale sfera di influenza russa è una conseguenza di un più ampio processo di globalizzazione rispetto al quale la propensione russa ad una visione del mondo incentrata sul predominio di un gruppo di Grandi Potenze ha lasciato il Cremlino sostanzialmente impreparato. Pertanto, il vertice politico-decisionale moscovita ha ripetutamente sostenuto che il coinvolgimento esterno nella CSI era in realtà espressione dello stesso tipo di visione geopolitica del mondo ed era volto a promuovere spinte anti-russe in prossimità dei confini della Federazione.341 Conseguentemente allo sviluppo della Potenza e della capacità della Russia nel corso dell‟ultimo decennio, Mosca ha cercato di riaffermarsi come un attore pivotico nella CSI e di invertire nei processi di desattellizzazione dei Paesi della CSI. La competizione per l‟influenza nell‟area ex sovietica ha rappresentato un importante banco di prova per l‟approccio generalmente pragmatico di Putin, visto che buona parte degli apparati politico-burocratici russi hanno continuato ad avere una visione paternalistica delle relazioni russe con le passate propaggini sovietiche. In alcuni casi, la Russia è stata in grado di mantenere relazioni complessivamente cooperative con le «Potenze esterne», come, ad esempio, nel momento in cui acconsentì allo stabilimento di forze statunitensi in Asia centrale successivamente all‟11 settembre 2001.342 In altre occasioni, come nel caso della competizione russo-cinese-americana per il controllo delle risorse energetiche kazake, le relazioni presero un aspetto più competitivo e si incentrarono su una dinamica a somma zero. Infine, in pochi casi, come le dispute politico-strategiche sulla Georgia e sull‟Ucraina, le interazioni fra le Grandi Potenze sfociarono in aperta ostilità facendo emergere la sussistenza, in seno al vertice moscovita, di tendenze neo-imperialiste sullo scacchiere eurasiatico.

L’intervento armato russo in Georgia dell’agosto 2008 – intervento che le Potenze occidentali condannarono duramente – appare essere un punto di svolta della politica russa nei confronti dell’area della CSI poiché, dopo anni in cui il Cremlino sembrava sulla difensiva mentre le «Potenze esterne» – specie l’Occidente – allargavano la loro influenza nell’area ex-sovietica, in tale occasione la dirigenza russa si impegnò in un’iniziativa volta a indebolire, se non a decapitare, la più importante testa di ponte occidentale nel proprio near abroad e volta a rendere evidente alle altre Repubbliche ex-sovietiche che non disponevano di alcuna alternativa alla ricerca di un accordo con la Potenza erede del potere sovietico. Sebbene sia ancora troppo presto per apprezzare le conseguenze di lungo periodo di tale svolta, appare chiaro che le relazioni tra la Russia e l‟Occidente nell‟area ex-sovietica tenderanno ad essere più competitive rispetto al passato, mentre le dirigenze occidentali dovranno decidere quali rischi vorranno assumersi pur di mantenere un‟influenza sempre più contestata dalla crescente Potenza russa.343

Tenuto conto dell‟attenzione rivolta da Mosca alle relazioni ed all‟equilibrio fra le Grandi Potenze, l‟atteggiamento del Cremlino nei confronti dell‟area ex-sovietica, ovverosia nei confronti di un‟area in cui non vi sono Grandi Potenze oltre alla Russia stessa, è per molti versi particolare. In generale, la dirigenza russa ha sempre percepito detta area come un‟arena al cui interno non doveva sussistere la complessa interazione fra Grandi Potenze e dove le Repubbliche ex-sovietiche rappresentavano degli oggetti della propria politica estera più che dei soggetti di diritto internazionale. Per buona parte del periodo post-sovietico, le relazioni russe nei confronti degli

340 IVANOV I.S., The new russian diplomacy, Washington DC, The Nixon Center e Brookings Institution Press, pp. 81-92, 112.

341 PURCHOT G., Eurasia Rising. Democracy and Independence in the post-soviet space, Westport e Londra, Praeger Security International, 2008, pp. 118-142.

342 COHEN A., Putin’s foreign policy and U.S.-Russian relations, Washington DC, Heritage Foundation, 18 gennaio 2001, tratto dal sito internet http://www.heritage.org/Research/RussiaandEurasia/BG1406.cfm in data 10.01.2010.

343 MANKOFF J., Russian Foreign Policy. The return of Great Power politics, New York, Rowman & Littlefield Publishers, pp. 255-264.

NICHOL J., Armenia, Azerbaijan, and Georgia: political developments and implications for U.S. interests, Washington DC, Congressional Research Service, aggiornato al 9 aprile 2009.

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-Stati del cd. near abroad sono state intese da Mosca come poco di più di un aspetto delle proprie ambizioni e della propria politica di riaffermare la Russia come uno dei maggiori attori internazionali. All‟inizio degli anni ‟90, le altre Repubbliche ex-sovietiche, ed in particolar modo le periferie caucasiche e centroasiatiche, venivano sostanzialmente percepite come poco più che dei «pesi morti» da abbandonare il più rapidamente possibile al fine di consentire una veloce integrazione della Russia nella comunità euro-atlantica.344 Successivamente, con la svolta politico-diplomatica impressa da Primakov, la Russia cominciò a dedicare maggiore attenzione all‟area della CSI che:

- inizialmente, fece trasparire una certa «nostalgia imperiale» per la passata egemonia sovietica;345

- in seguito all‟affermazione di Putin, assunse dei contorni più sfumati visto che:  da una parte:

 l‟evoluzione dell‟equilibrio fra Grandi Potenze rimaneva un importante elemento dell‟approccio russo alle relazioni internazionali, mentre l‟espansione dell‟Europa e della NATO ad est, il dispiegamento di forze statunitensi in Asia centrale e la crescente competizione per l‟accesso e lo sfruttamento delle risorse energetiche accrescevano il significato strategico dell‟area ex-sovietica per tutte le maggiori Potenze;

 la Russia si impegnò nella tutela e protezione dei locali regimi «amici» nonché nell‟affermazione del suo predominio nel settore energetico in tutta l‟area ex-sovietica;  dall‟altra parte, la politica russa fu spesso condizionata dall‟accresciuto interesse delle «Potenze esterne» per lo spazio ex-sovietico e dall‟interesse russo a sviluppare relazioni più cooperative con tutte le Grandi Potenze, esercitando una predominante influenza sulla CSI.

Il paradosso era, quindi, connesso con il fatto che più Mosca cercava di affermare la propria egemonia regionale attraverso la pluralità di leve a sua disposizione, più difficile diveniva per Mosca proporsi all‟Estero come un pilastro responsabile del sistema delle relazioni internazionali. Per questa ragione, la politica russa nella regione prese a caratterizzarsi come un complesso e difficile mix di rivendicazioni ed aggiustamenti rispetto ad interessi esterni in cui la CSI spesso fungeva da retroterra delle relazioni russe con gli Stati Uniti, l’Europa e la Cina Popolare. Con l‟intervento in Georgia dell‟estate 2008, Mosca ha dimostrato, per la prima volta dalla fine del regime sovietico, che:

- in determinate circostanze, essa era disposta a fronteggiare una reale ed effettiva opposizione estera al fine di affermare ciò che percepiva come i propri interessi in seno alla CSI;

- continuava ad essere una Grande Potenza in un mondo che essa continuava a percepire come basato su di una logica di competizione ed equilibrio geopolitico.

Il tratteggiato carattere strumentale dell‟atteggiamento russo verso l‟area ex-sovietica è emerso più volte, seppur con varianti, nel corso del passato decennio:

- le Repubbliche ex-sovietiche europee (Bielorussia, Ucraina, Moldova e Repubbliche baltiche) sono state considerate come una zona cuscinetto tra la Federazione Russa e le istituzioni dell‟Europa occidentale in espansione, come l‟Unione Europea e la NATO;

- il Caucaso e l‟Asia centrale:

 inizialmente, hanno assunto rilievo agli occhi di Mosca in quanto aree d‟instabilità e di insicurezza lungo il vulnerabile fianco meridionale della Federazione;

344 MANKOFF J., Russian Foreign Policy. The return of Great Power politics, New York, Rowman & Littlefield Publishers, pp. 241-246.

PARAMONOV V., STROKOV A., The evolution of Russia’s Central Asia policy, Shirivenham, Advanced Research and Assessment Group, Defence Academy of the United Kingdom, giugno 2008, pp. 1-6.

345 PARAMONOV V., STROKOV A., The evolution of Russia’s Central Asia policy, Shirivenham, Advanced Research and Assessment Group, Defence Academy of the United Kingdom, giugno 2008, pp. 7-11.

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- successivamente all‟11 settembre 2001, hanno visto crescere la loro importanza fra i responsabili della politica russa in quanto percepiti quali luoghi di una complessa competizione diplomatica ed economica contrapponente la Russia e la superpotenza statunitense, attratta nell‟area dall‟avvio della cd. global war on terror e della occupazione dell‟Afghanistan.346

A quest‟ultimo riguardo, appare possibile sinteticamente rilevare che l’importanza riconosciuta da Mosca allo scacchiere caucasico-centroasiatico è cresciuta:

- in ragione dell’esigenza di efficacemente controbilanciare la presenza militare e l’influenza politico-diplomatica statunitense;

- conseguentemente all’accresciuto rilievo politico-strategico dei locali giacimenti di idrocarburi nell’ambito di una accresciuta competizione globale per l’accesso e lo sfruttamento delle risorse energetiche.347

Specie nel corso dell‟ultimo ventennio, Azerbaigian, Uzbekistan, Turkmenistan e Kazakistan sono divenuti degli importanti Paesi esportatori di energia, mentre la posizione geografica delle Repubbliche trans-caucasiche, come d‟altra parte dell‟Ucraina e della Bielorussia, ne ha accresciuto ulteriormente il rilievo internazionale quali Paesi di transito di grandi flussi energetici trans-continentali. Tenuto conto dell‟importanza generalmente riconosciuta dalla politica estera russa all‟energia ed alle infrastrutture energetiche, l‟attenzione del Cremlino verso il Caucaso e l‟Asia centrale si è sempre più focalizzata sul settore energetico, mentre le società russe – sostenute dall‟apparato statale – si sono impegnate in grandi investimenti volti alla messa in valore ed al trasporto delle risorse energetiche in tutta l‟area ex-Sovietica.348 Per certi versi, la crescente attenzione sull‟energia si è negativamente riverberata su questioni ed interessi di altro tipo. Nel gennaio 2007, la decisione della Russia di interrompere le forniture di gas alla Bielorussia – ovverosia al suo più stretto alleato nell‟ambito della CSI – ha evidenziato la fine dei tentativi di unificare i due Paesi, manifestando la prevalenza a Mosca di più limitati interessi nazionali sulle più ampie aspirazioni neo-imperiali nella CSI.

La natura strumentale della politica russa verso l‟area ex-Sovietica ha fornito alla dirigenza moscovita un grado di flessibilità nella regione che è stato utilizzato per gestire le relazioni con le altre Grandi Potenze che si erano stabilite in loco. Non sussistono dubbi che le relazioni tra Mosca, Pechino, Washington e Bruxelles restano competitive nell‟ambito dell‟area ex-sovietica: l‟Ucraina continua ad essere contesa tra est e ovest, la Georgia continua ad essere destabilizzata da una pluralità di conflitti locali e dal sovrapporsi di spinte esterne contrastanti, buona parte dell‟Asia centrale resta un‟area di competizione e confronto delle ambizioni delle Grandi Potenze. Tuttavia, con qualche eccezione come la Georgia, la politica russa nella regione si è sviluppata in modo complesso ed articolato. La Russia, infatti, ha utilizzato la sua residuale influenza sugli Stati vicini come un modo di promuovere la sua affermazione quale Grande Potenza ed, a tal fine, ha cercato di imporre il proprio controllo sulle vie di trasporto energetico, ha dispiegato propri contingenti militari all’Estero, ha promosso le proprie relazioni economiche e storico-culturali ed, infine, in seguito all’intervento in Georgia dell’agosto 2008, ha dimostrato di disporre, differentemente dalle altre Grandi Potenze, anche di credibili opzioni militari attraverso cui imporsi nella CSI. Mentre l’influenza residuale dlla Russia rimane forte in buona parte dell’area ex-Sovietica, nel corso degli ultimi dieci anni è diventata sempre più evidente la disponibilità della dirigenza di Mosca di barattarla con altre Grandi Potenze al fine di promuovere lo sviluppo della propria influenza a livello globale. Infatti:

346 MANKOFF J., Russian Foreign Policy. The return of Great Power politics, New York, Rowman & Littlefield Publishers, pp. 264-280.

347 PARAMONOV V., STROKOV A., The evolution of Russia’s Central Asia policy, Shirivenham, Advanced Research and Assessment Group, Defence Academy of the United Kingdom, giugno 2008, pp. 12-17.

GOLDMAN M.I., Petrostate. Putin, power and the new Russia, Oxford, Oxford University Press, 2008, pp. 136-169.

348 STULBERG A.N., Well-Oiled Diplomacy. Strategic manipulation and Russia’s energy statecraft in Eurasia, New York, State University of New York Press, 2007.

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-- se, da una parte, la Russia continua a disporre (ed è interessata a mantenere) di molte leve attraverso cui esercitare il proprio controllo su ciò che molti Russi continuano a chiamare «near abroad» e, più nello specifico ha una presenza militare in molti Paesi (Moldova, Kirghizistan, Tagikistan, Georgia e Armenia), può influenzare lo sviluppo di una pluralità di cd. frozen conflicts (in primis, in Transnistria, in Ossezia meridionale, in Abcasia e nel Nagorno-Karabakh) e controlla forniture energetiche e infrastrutture di trasporto energetico essenziali per la stabilità socio-economica di molti Paesi;

- dall‟altra, la sua generale disponibilità a ricercare un accomodamento con gli interessi delle altre Grandi Potenze nell‟area dimostra:

 sia l‟importanza riconosciuta da Mosca alle relazioni fra Grandi Potenze;

 che la consapevolezza russa che i propri interessi nazionali, non necessariamente inquadrabili entro una dinamica a somma zero, non possono essere semplicisticamente definiti in termini di affermazione di un potere neo-imperiale su di un territorio.349

349 MANKOFF J., Russian Foreign Policy. The return of Great Power politics, New York, Rowman & Littlefield Publishers, pp. 241-292.

NICHOL J., Armenia, Azerbaijan, and Georgia: political developments and implications for U.S. interests, Washington DC, Congressional Research Service, aggiornato al 9 aprile 2009.

NICHOL J., Central Asia: Regional developments and implications for U.S, interests, Washington DC, Congressional Research Service, aggiornato all‟8 maggio 2009.

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-CAPITOLO V

L’EVOLUZIONE DEGLI INTERESSI E DELLE INIZIATIVE