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Tra i contrari all’attribuzione a Dante della Quaestio, paradigmatica la posizione di Bruno Nardi in La caduta di Lucifero cit.; tra i fautori, in quella che è divenuta la posizione

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F. M elis , Di alcune figure di operatori economici fiorentini attivi nel Portogallo nel XV secolo, in / mercanti italiani nell’Europa medievale e rinascimentale, a cura di L Frangioni, con

I. STRUTTURA E DIMENSIONI DEL MONDO CELESTE

84 Tra i contrari all’attribuzione a Dante della Quaestio, paradigmatica la posizione di Bruno Nardi in La caduta di Lucifero cit.; tra i fautori, in quella che è divenuta la posizione

storiografica dominante, Giorgio Padoan e Francesco Mazzoni (quest’ultimo ha anche curato l'edizione di Ricciardi); cfr. Dante Alig h ier i, Quaestio de aqua et terra, in Opere minori, tomo

II, a cura di F. Mazzoni, Napoli, Ricciardi, 1979, pp. 693-880; si consultino anche F. Mazzo n i, Contributi di filologia dantesca. Prima serie, Firenze, Sansoni, 1966; Dante Alighieri, De situ et forma aque et terre, Firenze, Le Monnìer, 1967; per una recensione della querelle cfr. M. Pastore Sto cchi, Quaestio de aqua et erra, in Enciclopedia Dantesca, Roma, Istituto della

enciclopedia italiana, voi. IV «N-SAM» (1973), pp. 761-765.

Capitolo III

della Bibbia e in particolare dal racconto della creazione contenuto nel Genesi.65 Il dibattito nasceva dalle teorie aristoteliche sugli elementi e dal principio, esposto nel

De caeio et mundo (ll.XIII.293a-XIV.298a), secondo il quale la terra coincideva con il

centro dell’universo. Se i quattro elementi erano disposti in sfere concentriche una interna all'altra, e quella dell'acqua doveva inglobare quella della terra, come si rendeva possibile l'emersione della terra abitabile? Quest’istanza non era mai stata affrontata in questi termini da Aristotele: nel De caeio non viene formulato un discorso di tipo descrittivo, ma si riflette sulla struttura elementare del mondo sublunare.

Quando nella seconda metà del XII secolo le traduzioni dal greco e dall'arabo avevavo fatto conoscere all’Occidente cristiano numerose opere della ricca enciclopedia filosofica e scientifica dell'antichità greca e della civiltà musulmana (soprattutto con il corpus Arìstotelicum), la quaestio de aqua et terra diviene una delle disputationes più accese. Opere fondamenali come il Canon medicinae di Avicenna, uno dei testi più accreditati e dibattuti per l'apprendimento della scienza medica, ossia della costituzione dell'organismo umano nei suoi rapporti con la struttura e le leggi del mondo fisico, fornivano i presupposti per la quaestio. Nel primo libro del Canon, prima di trattare dell'anatomia e della fisiologia del corpo umano, e prima ancora di parlare delia mescolanza degli elementi che concorrono a formare le «complessioni» e gli «umori», Avicenna definiva i quattro elementi in se stessi. Questa la definizione della terra:

«Terra est corpus simplex, cuius locus naturaHs in medio totius existit, in quo naturaliter manet quieta, et ad ipsum, cum ab eo separata fuerit, naturaliter movetur».85 86

Seguita da quella dell’acqua:

« Aqua autem est corpus simplex, cuius naturate locus est, ut sit circundans terram, et circundata ab aere, quum quidem in suis sitibus naturalibus permanserint».87

È comparando il testo di matrice aristotelica di opere come il Canon medicinae con il testo del Genesi, I, 9, riferito al terzo giorno della creazione, che il lettore cristiano percepiva una contraddizione. L’interpretazione letterale dei sei giorni della

85 B. Na r d i, La caduta di Lucifero..., cit., p. 37; G. Pa d o an, Introduzione in G. Boccaccio, Esposizioni sopra la Comedia di Dante, in Tutte le opere, a cura di V. Branca, voi. VI, Milano,

Mondadori, 1967, p. XVIII.

86 «La terra è un corpo semplice, il cui luogo naturale è al centro dell’universo; presso il luogo naturale la terra permane naturalmente ferma e, se vi venisse separata, vi ritornerebbe per moto naturale»; Avicenna, Degli elementi, in II poema della medicina', a cura di Andrea

Borruso, Torino, S. Zamorani, 1996, pp.

f~77l.

87 «Anche l’acqua è un corpo semplice, il cui luogo naturale è quello di circondare la terra, e di essere circondata daH’aria», ivi.

creazione, come ad esempio di Genesi 1,9-10 («9Dio disse: ‘Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia l'asciutto’. E così aw enne. 10Dio chiamò l’asciutto terra e la massa delle acque mare») urtava con le interpretazioni letterarie e restrittive del passo «la terra è un corpo semplice, il cui luogo naturale è al centro dell’universo» di Aristotele, mediato da Avicenna, come da molti altri

auctores, quali Giovanni Sacrobosco, Campano da Novara, Michele Scoto. La

contraddizione tra il testo biblico e la lectio aristotelica riguardava il «locus naturalis» dell'acqua con la conseguente disputano, lunga di secoli, sulle m odalità dell’emergere dalle acque della terra abitata. Pur attribuendo ai quattro elem enti form a sferica, Aristotele riconosceva che la loro sfericità non era regolare e geometrica come quella delle sfere celesti; in particolare l'elemento terra presentava avvallamenti e cavità profondissime (De caelo II, 32), nelle quali l’elemento acqua si riversava a form are i mari e l'oceano (De caelo II, 31). L'acqua, «per naturai appetito» avrebbe detto Fra Mauro, vale a dire per la proprietà che le è connaturata di tendere verso il centro del mondo, disponendosi circolarmente accanto all'elem ento terra, si raccoglieva nelle cavità terrestri, dando origine ai mari, ai laghi, all’oceano, il vero locus aquae (Meteorologica II, 2). Col raccogliersi dell'acqua nelle cavità della terra, alcune parti dell’elemento terra emergevano e potevano essere abitate da animali terrestri e dall'uom o (Meteorologica II, 5). L’influsso dei corpi celesti sugli elementi del mondo sublunare provocava continui mutamenti sulla distribuzione delle terre emerse, facendo sì che nuove terre emergessero e altre si inabissassero, in un continuo processo di «generazione e corruzione»

(Meteorologica 1,14).

Vediam o qual era la lettura che Fra Mauro aveva dato della struttura del mondo sublunare in riferim ento al rapporto tra terra e acqua. Fra Mauro introduce la rubrica «Come per diuina prouidentia la terra habitabile è subleuada da l'aqua» dando una definizione di che cosa sia la terra. La terra è il «luogo de la generatio(n) di a(n)i(m )ali e de le altre cosse a la uita humana neccessarie». La terra non è un corpo omogeneo. Porosità e concavità la caratterizzano:

bixognaj q(ue)lla t(er)ra auer diuersità ne le sue parte, zoè che i(n) alguni luogi de quella sia più rara et habia manifeste et sensibile porosità e co(n)cauità, come|uedemo esser ne li luogi de le minere de li metali et etia{m) de le pietre preciose e no(n) p{re)ciose.

Concavità e porosità specialmente presenti nella parte «discoperta dalle aque»:

Se adoncha tal differencia se troua ma(n)ifesta e sensibelme(n)te ne le parte de la terra e quella parte ch'è descoperta da le aque sia luogo|de la generatio(n) de li a(n)i(m)ali e de le cosse p{re)dicte, senza alguna dubietà q(ue)sta tal parte è più rara e porosa che l'altra parte de la t(er)ra coperta da l'aque, priuada de nec|cessità de le cosse predicte.

(I cosmo di un monaco di metà Quattrocento

Capitolo IH

Questo comporta che la parte emersa della terra sia più «rara» e quindi leggera:

Co(n)clude adoncha la naturai raxo(n), che se p(er) imaginaria diuisio(n) fosse partita la t{er)ra i(n) do’ parte equal qua(n)to a la mole ouer qua(n)tità, i(n)]tal modo che una mità e parte co(m)prehe(n)desse q(ue)Ila portio(n) de la terra scoperta da le aque che è uerso nui e rara e l'altra mitade q(ue)lla che è cop(er)ta etjdensa, la prima mità rara men peseria de la densa.

La differenza in densità provoca quindi una non perfetta disposizione della sfera terrestre attorno al centro del mondo. La terra è cioè «eleuada più i(n) una cha ne l'altra p(ar)te», emergendo quindi come una sorta di calotta dall’elemento acqua:

essendo la terra eleuada piui i(n) una cha ne l'altra p(ar)te, l‘aqua|che equalmente p(er) tuto ef centro ouer mezo el mondo p(er) naturai apetito circunda, auegna che la p(ar)te de la terra dep(re)ssa et al ditolcentro più propinqua da tal aqua sia cop(er)ta, no(n) p(er)ò q(ue)sta aq(u)a può coprir i(n) tuto la terra zoè q(uan)to a la parte eleuada che p(er) diuino (con)iseio a cons(er)uatio(n) de la uita de li animali p(re)dicti cussi è disposita chomo è p(re)dicto».

Ripercorrendo la rubrica appena citata vale la pena sofferm arsi sul modo in cui sintatticamente e logicamente Fra Mauro presenta l’argomento. «Bixogna| q(ue)lla t(er)ra auer diuersità ne le sue parte». Perché bixogna? La risposta la ritroviam o nell'ultima citazione proposta. La necessità della disomogeneità della massa terrestre è il presupposto logico per l’emersione di parte della sfera terrestre dalla sfera dell'acqua. Il tutto perché si possa compiere il disegno creaturale divino. Appunto «la generatio(n) di a(n)i(m)ali e de le altre cosse a la uita humana neccessarie». È evidente - e ovviamente non è una sorpresa - che Fra Mauro sta ragionando con le categorie logiche della Scolastica. Ad analizzarlo con attenzione, l’argomentare di Mauro procede secondo la maniera classica degli scolastici, considerando in successione la causa finale (la creazione), la causa materiale (la porosità della terra), formale (l’emergere della terra dall'acqua), la causa efficiente (la maggior leggerezza dell'emisfero emerso rispetto a quello sommerso dall'aqua). La rubrica procede poi risolvendo la «mirauegliosa cossa», cioè la naturale disposizione degli elementi nel mondo sublunare e il loro «sustentame(n)to» spiegato come «natura prop(r)ia».88

LA SFONDO DOTTRINALE DELLA QUAESTIO D E AQUA E T TERRA

Anche prima deH'affermarsi dell'aristotelism o in Occidente a ll’inizio del XIII secolo, il problema cosmologico e cosmografico del rapporto tra le sfere dell'acqua e della