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Come ricordato nell’epigrafe, è un passo tratto dal verbale del primo interrogatorio a cui venne sottoposto Menocchio il 7 febbraio 1584 davanti al tribunale dell’Inquisizione di Udine.

Adi 21 hoctubre 1457 che io ho dado contadi a frar Mauro per pagar uno scriptor a laurado ouer scripto su il mapa|mundi zorni 17 a raxon da soldi 12 al zomo monta L

F. M elis , Di alcune figure di operatori economici fiorentini attivi nel Portogallo nel XV secolo, in / mercanti italiani nell’Europa medievale e rinascimentale, a cura di L Frangioni, con

30 Come ricordato nell’epigrafe, è un passo tratto dal verbale del primo interrogatorio a cui venne sottoposto Menocchio il 7 febbraio 1584 davanti al tribunale dell’Inquisizione di Udine.

Capitolo III

La mappamundi è dipinta magnificamente, con grande sfarzo di oro e azzurro, un pigmento prezioso ottenuto dalla macinazione dei lapislazzuli, su diversi fogli di pergamena assemblati insieme, incollati e inchiodati su tavole di legno rinforzate sul retro da losanghe orizzontali. Non ha scala, né linee di direzione, né rombi, né equatore o tropici. Cinque rose dei venti sono collocate ai margini della circonferenza dove sono indicati anche i quattro punti cardinali. L’opera è inscritta in una cornice lignea quadrata di 223 cm di lato, al cui interno è posta una cornice di forma circolare, con un diametro di 196 cm sull'asse orizzontale e di 193 sull'asse verticale [Tav. 4]. Le due comici individuano due spazi ben precisi: all'Interno di quella circolare, lo spazio ecumenico rappresentato nella forma di una corografia, con moltissimi disegni e legende; nei quattro angoli definiti dall'Intersecazione delle due comici, lo spazio che definisco cosmografico, in cui viene rappresentato il mondo sublunare e celeste, descritto nelle sue misure e proprietà fondamentali da sette lunghi cartigli, tre diagrammi e la raffigurazione del paradiso terrestre. L'impianto a ruota della mappamundi, inscritto in un quadrato e circondato da quattro cerchi ritagliati negli angoli, trova riscontro in miniature e xilografie medievali con le arti liberali, i vizi e le virtù, e in xilografie quattrocentesche con i peccati, i mesi, i sette giorni della creazione. Si tratta di riferim enti iconografici, ma non modelli alla

mappamundi di Fra Mauro, che anzi cambia il concetto rappresentativo, sostituendo

alla raffigurazione delle virtù o alle figure allegoriche dei peccati, tipiche di queste strutture narrative, una cosmografia.

Incominciando dalla parte alta della mappamundi, nell’angolo in alto a sinistra è dipinto e descritto il mondo celeste, composto da dieci cieli. [Tav. 5] Nel cartiglio posto a destra dei cieli sono trascritte le distanze dal centro del mondo delle sfere celesti e le dimensioni dei diametri dei pianeti, riconducibili quanto ai contenuti alla

Theorìca planetarum di Campano da Novara (Doc. 1 in Appendice). Nel cartiglio

posto sotto i cieli Fra Mauro discute «Del numero de hi cieli secondo l’auctorità de hi sacri theologi» traducendo in forma letterale l’ Articulus iv, «Utrum sit unum caelum tantum», della Quaestio l x v iii, «De opere secundae diei in quatuor articulos divisa» nella prima parte della Summa theologica di San Tommaso (Docc. 2 e 2a in Appendice).31 Procedendo in senso orario, nell’angolo in alto a destra è dipinto il mondo sublunare, con le sfere dei quattro elementi e la sfera della luna. Sono rappresentati cinque cerchi concentrici colorati diversamente: quello più interno, marrone, rappresenta l’elemento terra; al suo esterno un cerchio di un azzurro assai

Il cosmo di un monaco di metà Quattrocento

pallido rappresenta l’elemento acqua, a sua volta circondato dalla sfera dell’elem ento aria, colorato di un azzurro più intenso, con la rappresentazione di nubi e nebbie; segue quindi la sfera del fuoco, colorata di rosso con, ben visibili, le lingue di fuoco che si elevano e si espandono verso la prima sfera di etere del mondo celeste, quella della luna. [Tav. 6] A destra di questa raffigurazione è posta la legenda «Come per la uirtù atractiva de la luna le acque cresce e decresce» nella quale Fra Mauro espone la tesi luni-solare delle maree, come vedremo, una teoria m olto dibattuta nell’ambito della cultura veneziana, derivandola molto probabilmente dal Libro I del Liber de

causis proprìetatum elementorum dello Pseudo Aristotele nel commento di Alberto

Magno (Doc. 3 in Appendice).31 32 Sotto la figura è invece trascritta la legenda «Come per diuina prouvidentia la terra habitabile è subleuada da l'aqua» (Doc. 4 in Appendice), come vedremo riconducibile per i contenuti alla Quaestio vii‘Utrum tota terra sit habitabilis’ del Libro II delle Quaestiones in Aristotelis De caeio di Giovanni Buridano.33 Nell’angolo in basso a destra sono raffigurati a ll’interno di un cerchio in cui purtroppo metà dei colori sono caduti, i circoli astronomici. A differenza della

mappamundi, orientata verso sud, il diagramma astronomico è orientato verso nord,

«Septentrio. Polus articus». Si riconoscono l’equatore, i tropici, l’eclìttica con le costellazioni, e un parallelo, il «paratelo meridionalis». [Tav. 7] A destra della raffigurazione è posta la legenda «Come la terra supposita a l'equinoctial e a | la torrida gona è abitabile», che verosim ilm ente adatta e rielabora in forma molto libera le concezioni espresse da Alberto Magno nei capitoli 6 e 7 del De natura loci, ma anche quelle del già citato capitolo v ii del De caeio di Buridano (Doc. 4 in

31 S. Thomae Aquinatis Stimma theologiae, Pars I, q. 68, a. iv (cfr. S. Thomae Aquinatis

Summa theologiae, cura et studio sac. Petri Caramello cum textu ex recensione leonina, pars

prima et prima secundae, Torino, Marietti, 1952, p. 334.

32 Alb e r t u s Ma g n u s, Liber de causis proprìetatum elementorum, Lib. I, tra c i 2, cap. 5, Et est

digressio ostendens veram causam accessionis maris in communi et excludens errores, qui sunt contra hanc, pp. 68b-70b; cap. 6, Et est digressio declarans, quot et quae confortaci accessionem marìum, pp. 70b-72b.

33 B. Pa ta r, loannis Burìdani Expositio et questiones in Aristotelis De Caeio, édition, étude

critique et doctrinale, Louvain-la-Neuve, Éditions de l’Institut supérieur de philosophie, Louvain - Paris, Éditions Peeters, 1996, Lib. Il, q. v ii, Utrum tota terra sit habitabilis, pp. 4 10-

417.. Cfr. anche E. A. Moody, John Burìdan on thè Habitability o f thè Earth, «Speculum»,

XVI, n. 4 . (Oct, 1941), pp. 415-425, (pp. 421-425); per la traduzione italiana, cfr. G.

Bu r id an o, In de caeio, Liber II, Quaestio v i i, «Se tutta la terra sia abitabile» in II cielo e il

mondo. Commento al trattato «Del cielo» di Aristotele, introduzione, traduzione e note di

Alessandro Ghìsalberti, Milano, Rusconi, 1983, pp. 286-297 . Non stiamo affatto sostenendo che la fonte diretta utilizzata da Fra Mauro sia da identificarsi con te Quaestiones in Aristotelis

De caeio di Giovanni Buridano, ma che le idee sostenute dal camaldolese sono riconducibili

quanto ai loro contenuti a quelle sviluppate dal maestro parigino. Questo non esclude che Fra Mauro potesse avere avuto accesso diretto a questa o altre opere delie auctoritates che cita; esclude che necessariamente abbia consultato te auctoritates menzionate.

Capitolo IH

Appendice);34 sopra è invece posta la legenda «De hi elementi, cioè quanto uno elemento j excieda l’altro in quantità» (Doc. 5 in Appendice). Infine, nell’angolo in basso a sinistra è posta una miniatura che rappresenta il paradiso terrestre, attribuita recentemente al miniatore veneziano Leonardo Bellini (c. 1420 - post 1484), nipote di Jacopo Bellini e cugino di Giovanni e Gentile Bellini.35 [Tav. 8] Sopra il paradiso terrestre la legenda «Del sito del paradiso terrestro» definisce l’iconografia del paradiso. A differenza di quasi tutte le mappaemundi medievali nelle quali il paradiso è posto aH’intemo dello spazio corografico, nella mappamundi di Fra Mauro il paradiso è invece posto all’esterno, nello spazio cosmografico; è un argomento che verrà analizzato nel capitolo IV.

L’insieme di queste legende e diagrammi dimostrano che, oltre all’ecumene, Fra Mauro si proponesse di descrivere e analizzare la struttura e il funzionamento del cosmo. Le modalità grafiche e testuali con le quali Fra Mauro descrive l’ecumene come parte del mondo sublunare e del mondo celeste, verranno analizzati nel contesto epistemico della filosofia naturale di derivazione aristotelico-tolem aica. Nella prima parte di quest’analisi si considera il sapere cosmografico veicolato dalla

mappamundi nel suo essere prima di tutto un’immagine, che prescinde dal testo

delle legende che la istoriano in ogni sua parte. È un’immagine i cui contenuti verranno scomposti in tre argomenti principali: l’orientazione verso sud; la «pienezza» del mondo come metafora della sua abitabilità, che comprende anche i mari; infine, la funzione grafica del testo come parte di questa pienezza, che ipotizziamo preceda la sua funzione di testo leggibile, alfabetico. Si considereranno quindi i lunghi cartigli posti nei quattro angoli superiori della mappamundi, collocandoli nel dibattito cosmografico quattrocentesco e individuandone, quando possibile, le fonti. Per almeno tre legende, la litteralità delle citazioni consente di individuare con precisione i passi delle opere dalle quali Fra Mauro attinse il suo sapere; per le altre legende, laddove questo non sia stato possibile, si è cercato tuttavia di ricondurre le idee del camaldolese ad auctores e opere di possibile riferimento. Prima di incominciare questa analisi, si definiranno i concetti generali

34 Come osservato per Buridano, anche per il De natura foci di Alberto Magno non stiamo sostenendo che sia stata la fonte diretta utilizzata da Fra Mauro; ma che le idee sostenute dal camaldolese sono riconducibili a quelle sviluppate da Alberto Magno nei capitoli indicati dei

De natura loci. Per lo studio delle modalità in cui Fra Mauro ricorre alle proprie fonti e per

l’identificazione dei codici verosimilmente utilizzati dal camaldolese si rinvia di seguito al capitolo VII.

35 S. Marconi, Il Mappamondo di Fra Mauro e Leonardo Bellini, in Per l'arte da Venezia

all'Europa. Studi in onore di Giuseppe Maria Pilo, a cura di Mario Piantoni e Laura de Rossi,

Il cosmo di un monaco di metà Quattrocento

della fisica aristotelico-tolemaica, presupposti e in parte «non detti» nella

mappamundi, in quanto parte del sapere comune che non aveva bisogno di essere

richiamato.

Pr e s u p p o s t i n o n d e t t i: il c o s m o a r is t o t e l ic o

Fra Mauro ci dà modo, soprattutto attraverso i sette lunghi cartigli posti nei quattro angoli tra la cornice quadrata e quella circolare di capire quale fosse la macrostruttura, o il «grande quadro» nel quale l’ecumene è collocata. Il suo cosmo è una sintesi composta partendo da concetti cosmologici tratti dalla filosofia naturale di Aristotele e Tolomeo, assimilati soprattutto tram ite le interpretazioni riconducibili al

De sphaera di Giovanni Sacrobosco, e alle opere di philosophia naturalis di Alberto

Magno, Tommaso d’Aquino e Giovanni Buridano.

Le questioni relative al mondo celeste e sublunare e ai quattro elementi che lo formavano erano principalmente discusse in tre opere di Aristotele: il De cáelo, il

Meteorologica, il De Generatione et corruptione.36 Filosofi come Avicenna, Averroè,

Alberto Magno, Tommaso d’Aquino, Giovanni Sacrobosco e Giovanni Buridano - e molti altri; citiamo questi perché sono gli auctores ricordati da Fra Mauro, il che non significa, come già accennato, necessariamente letti o utilizzati in forma diretta - nei loro commentari riflettevano su un insiem e molto vasto di quaestiones volte a

Leonardo Bellini Illuminator of thè Earthly Paradise in Fra Mauro’s Mappamundi, «Imago

Mundi» LV, London, 2003, pp. 97-102.

36 La prima traduzione latina, parziale, del testo greco del De caelo (Libri 1-111.1) si deve a Roberto Grosseteste (ca. 1170-1253), che tradusse anche il Commento di Simplicio; questa redazione e traduzione pare non ebbe diffusione durante il Medioevo. La più diffusa traduzione medievale del De caelo, di cui sono note tre redazioni, è quella di Guglielmo di Moerbeke (ca. 1215-1286). Cfr. F. Bo ssier, Méthode de traduction et problèmes de Chronologie, in J. Brams - W. Vanham el, Guillaume de Moerbeke. Recueil d’études à l ’occasion du 70(f anniversaire de sa morì (Ancient and Medieval Philosophy. De Wulf-

Mansion Centre Series 1 VII), Leuven, 1989, pp. 257-294. Come nel caso del De caelo, la più diffusa traduzione del testo greco del Meteorologica, di cui sono note tre redazioni, è dovuta a Guglielmo di Moerbeke. Cfr. G. Vuillem in-Diem, Zu Wilhelm von Moerbekes Übersetzung der aristotelischen Meteorologie. Drei Redaktionen, ihre griechische Quellen und ihr Verhältnis zum Kommentar des Alexander von Aphrodisias, in R. Beyers - J. Brams- D. Sacré - K.

Verrycken (eds.), Tradition et Traduction. Les Textes Philosophiques et Scientifiques Grecs

au Moyen Age Latin. Hommage à Fernand Bossier (Ancient and Medieval Philosophy. De

Wulf-Mansion Centre Series 1, XXV), Leuven, 1999, pp. 115-166. Per quanto concerne il De

generatione et corruptione, la prima traduzione latina è una versione anonima, tradita da due

recensioni ricondotte all’opera di un medesimo traduttore, identificato in Burgundio da Pisa ( t 1193), che pare si basò sul testo greco del ms. Laurentianus graecus 87.7 della Biblioteca Medicea Laurenziana. Cfr. Aristoteles, De generatione et corruptione. Transfatio Vetus, ed.

J. Judycka, Leiden, E.J. Brill, 1986. Guglielmo di Moerbeke compì una doppia revisione della traduzione di Burgundio. Cfr. J. Judycka, L ’attribution de la Translatio Nova du ‘De generatione et corruptione' à Guillaume de Moerbeke, in J. Brams- W. Vanhamel, Guillaume

de Moerbeke, cit., pp. 247-252.

Capitolo HI

comprendere e aggiornare il sapere tramandato nei tre libri «fisici» di Aristotele.37 Fra Mauro si avvale di questi autori per spiegare la struttura e il funzionamento del mondo sublunare, compendiando inoltre idee tratte dalle Sacre Scritture e dalla teologia patristica, in particolare dal racconto della creazione contenuto nel Genesi e nelle esegesi al Genesi di san Basilio Magno, san Giovanni Damasceno e, soprattutto, sant’Agostino, sistem atizzate da Tommaso nella Summa Theologica.38 Un'opera in particolare, può essere presa come riferim ento per indicare quale potesse essere la visione cosmografica generale del mondo: il De sphaera di Giovanni Sacrobosco, trattato celeberrimo di astronomia della metà del XIII secolo, oggetto di numerosissimi commentari, un testo iniziatico usato negli Studia sia laici che conventuali per l'apprendimento dell’astronomia, stampato in molte edizioni, fino all’inizio del XVII secolo. Compendiando l’Almagesto di Tolomeo, il De caelo e il

Meteorologica e il De generatione et corruptione di Aristotele, nel primo dei quattro

capitoli di cui si compone l'opera, I’ «autor della spera», come lo chiamava Fra Mauro, definiva la struttura del mondo che rimase sostanzialm ente immutata fino alla metà del Cinquecento, ai tempi di Niccolò Copernico, Tycho Baque, Johann Kepler e Galileo.39 Insieme al De sphaera prenderemo in considerazione i florilegi medievali del Corpus Arìstotelicum e i suoi numerosi commentatori musulmani e cristiani.

37 Paul Glorieux e, più recentemente, Edward Grant hanno stilato un catalogo di tali questioni, che includono: ‘dove si trovano gii elementi’; ‘quali sono le loro forme e dimensioni’; ‘come mai la terra era sollevata dall’acqua’; ‘se un elemento può essere generato direttamente da un altro’; ‘se un elemento può esistere in natura allo stato puro’. Altre questioni venivano sollevate a proposito dei singoli elementi: ‘il fuoco è caldo e secco?’; ‘Si muove di moto circolare nella regione immediatamente sottostante alla sfera lunare?’; ‘La luce è la forma del fuoco?’. Cfr. E. Grant, Planets, Stars, and Orbs: thè Medieval Cosmos, 1200-1687,

Cambridge - New York, Cambridge University Press, 1994; Si veda anche Pa lé m o n

Glo r ieu x, La littérature quodiibétiquo, t. 2, Paris, Vrin, 1935, p. 35-36; J. F. Wippel, The

Quodlibetal Question, in Les genres littéraires dans les sources théologiques et phylosophiques médiévales, Louvain la Neuve, 1982.

38 Per un’introduzione e una sintesi valida delle diverse e complesse interpretazioni e commenti della teoria degli elementi e delle loro proprietà, nelle lectiones spesso contrapposte dei filosofi citati, cfr. K. A. Vogel, Sphaera terrae - das mittelalterliche Bild der

Erde und die kosmographische Revolution, Dissertation zur Erlangung des philosophischen

Doktorgrades am Fachbereich Historisch-Philologische Wissenschaften der Georg-August- Universitàt zu Gottingen, Gòttingen 1995; A. Tognolo, Introduzione, in Tommasod’Aq u in o, L'uomo e l’universo. Opuscoli filosofici, a cura di A. Tognolo, Milano, Rusconi, 1982, pp. 1-78.

Sull’utilizzo della Summa theologica da parte di Fra Mauro si veda di seguito il paragrafo 'Struttura e dimensioni del mondo celeste’.

39 L. Thorndike, The Sphere of Sacrobosco and Its Commentators, Chicago, The University

of Chicago Press, 1949 (con i Commenti in latino al De Sphaera di Robertus Anglicus, Michael Scotus e Cecco d'Ascoli); J. F. Daly, Sacrobosco, in Dictionary of Scientific Biography 12 (1981) pp. 60-63; O. Pedersen, In Quest of Sacrobosco, in «Journal for thè

History of Astronomy» XVI (1985), pp. 175-221. E. Poulle, L'Astronomia, in Federico II e le scienze, a cura di P. Tourbert e Agostino Paravicini Bagliani, Palermo, Sellerio, 1994, pp.

122-137; lo., Les sources astronomiques: textes, tables, instruments, Turnhout, Brepols, 1980.

Il cosmo di un monaco di metà Quattrocento

Come ha ben mostrato Jacqueiine Hamesse, si trattava di raccolte di brevi citazioni tratti dalle opere e dai commentari alle opere di Aristotele, redatte allo scopo di indicare e riassum ere nella forma di massime esemplari il sapere e la filosofia dello Stagirita, tram andate da un corpus molto vasto di codici che, a testimonianza della propria diffusione, si conservano in quasi tutte le biblioteche europee con fondi m edievali.40 Prodotti e utilizzati soprattutto a scopo didattico, i florilegi del pensiero aristotelico, si sono «répandus rapidement dans les mitieux universitaires et religieux, afin d'offrir aux étudiants, aux érudits et aux clercs les textes principaux des auteurs qu’ils étudiaient».41 Tra le opere citate e «compendiate» in questi florilegi, indicati da san Bonaventura con il titolo eloquente ed efficace di Auctoritates Aristotelis - è importante sottolineare che nei cataloghi antichi appaiono tuttavia con titoli m olto diversi - vi erano anche le tre opere principali di Aristotele dedicate al cosmo, il De

caelo, il Meteorologica e il De generatione et corruptione.42 L’insieme delle citazioni

tratte da queste tre opere nei codici che tramandavano le Auctoritates Aristotelis, alle quali ci riferirem o nel proseguimento del paragrafo, riassumono in forma ancora più sem plicata che nel De sphaera la macrostruttura del cosmo medievale im plicita nella cosmografia di Fra Mauro.43 Quanto esporremo non pretende di riassumere quella che poteva essere la cosmografìa tra 1250 e il 1500; ne indica solo alcuni principi generali fondam entali, che accomunavano interpretazioni per altro molto eterogenee se non contrapposte.44

40 J. Ham esse, Les auctoritates Aristotelis: un florilège médiéval. Étude historique et édition critique, Louvain, Publications Universitaires; Paris, Beatrice-Nauwelaerts, 1974, pp. 7-109

(per una selezione molto vasta di codici, pp. 25-37). 41 ibid., p. 9.

42 «Il en existe, en effet, une cinquantaine. Certains ne se trouvent que dans un manuscrit, d'autres ont connu plus de succès et ont été recopiés. Ces recueils portent d’ailleurs des titres différents : il y a des Fiores librorum philosophiae naturalis et moralis, des Notabilia

excerpta, des Auctoritates, condusiones et propositiones, des Auctoritates super omnes libros philosophiae naturalis, des Repertorium auctoritatum Aristotelis et aliorum philosophorum, des Sententiae sive axiomata philosophies ex Aristotele et aliis praestantibus collecta una cum brevibus quibusdam explicationibus ac limitationibus. des Repertorium sive tabula generalis auctoritatum Aristotelis et philosophorum cum commento per modum alphabeti, des Parvi flores, des Auctoritates praecipue ex Aristotelis operibus et in eadem commentationibus additis nonnullis ex Seneca et Boethio, des Auctoritates Aristotelis et aliorum philosophorum, des Auctoritates librorum omnium Aristotelis, des Sententiae sive auctoritates e libris Aristotelis...». Non solo i titoli variano, ma anche i contenuti che, pur

rifacendosi al medesimo corpus aristotelico, lo compendiavano in modi diversi. Cfr. Les

auctoritates Aristotelis... cit, p. 12.

43 Per il florilegio di citazioni tratte dal De caelo, dal De generatione e dal Meteorologica, cfr.

Les auctoritates Aristotelis... cit., pp. 156-174.

44 Anche la semplice consultazione degli indici dei dieci volumi del Système du monde di Pierre Duhem o della letteratura quodlibetale può fornire un’idea della molteplicità e della complessità delle quaestiones philosophiae naturalis. Cfr. anche K. A. Vogel, Sphaera terrae - das mittelalterliche Bild der Erde und die kosmographische Revolution, Dissertation zur

Capitolo III

In linea generale, il cosmo aristotelico-cristiano medievale era concepito come un’unica sfera materiale, finita e piena in ogni sua parte, suddivisa in sfere concentriche, contigue Cuna all’altra e contenute l’una dentro l'altra. Questo sistema di sfere era diviso in due parti, due mondi contigui ma radicalmente diversi: quello celeste e quello terrestre: «Universalis autem mundi machina in duo dividitur: in etheream et elementarem regionem» scriveva Sacrobosco nel Tractatus de

Sphaera45 La prim a aveva inizio a partire dalla superficie concava della sfera lunare

e arrivava fino alla sfera delle stelle fisse e poi fino al cielo empireo, l’ultima sfera del mondo celeste e dell'universo, nella quale i pensatori medievali pensavano vivessero le anime dei beati avvolti nello splendore della luce divina. Composte di etere, un elemento perfetto e incorruttibile, le sfere celesti trasportavano nel loro movimento incessante le stelle fisse e i sette pianeti (Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Saturno, Giove): «Motus caeli ets continuus, perpetuus et uniform is (Arist., De caelo

et mundo, 11.4, 287 a 23-24; A uct A ris t, p. 163 n. 56). Quanto al numero di sfere

celesti, la tradizione proponeva diverse possibilità, dalle otto sfere di Aristotele, alle undici di Pietro Lombardo e Ugo di San Vittore; come vedremo di seguito, Fra Mauro optava per dieci sfere. Al di sotto della superficie concava delia sfera lunare, la regione terrestre scendeva fino al centro geometrico dell'universo. Il mondo