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SPERANZE (E LIMITI) ALL’ALBA DELL’ESPANSIONE EUROPEA

La mappamundi di Fra Mauro è uno dei primi documenti che esplicitamente testimoniano della crescente importanza che la navigazione assumeva ben ai di là

144 Bullarìum Patron atus Portugalliae Regum in ecciesiis Afrìcae, Asìae atque Oceanie: buUas,

Previa, epistolas, decreta actaque sedis ab Alexandro III ad hoc usque tempus amplectens,

curante L. M. Jordào, Olisipone, Typographia Nationali, 1868-1879, 5 volt, voi. 1, 1868, pp. 31-34; Monumenta Henneina, voi. XII, doc. 36, pp. 71-79, pp. 286-288.

145 È un aspetto evidente nella retorica di quasi tutte le missive intercorse tra la Corte porteghese, la Signoria fiorentina e la Repubblica veneziana degli anni 1456 e 1457. Missive delle Signoria firorentina e del Re di Portogallo Alfonso V datate 2 settembre 1456, 8 novembre 1456, 5 marzo 1457 in Archivio di Stato di Firenze, Signori - Carteggio,

Responsive, Filza 39, f. 211r; Filza 3, f. 41 r, Signori - Carteggio, Missive, Filza 40, f. 12v.

Questi documenti sono stati pubblicati in Serto di documenti attenenti alle Reali Case di

Savoja e di Braganza perle auspicatissime nozze di Sua A. R. la Principessa Pia di Savoja con Sua Maestà Don Luigi I Re di Portogallo, Firenze, Stamperia Reale di Firenze, Francesco

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delle rotte commerciali mediterranee. La mappamundi m ostra chiaramente l'interesse per le possibilità di navigazione nel mare indicum, riportando le esperienze e, allo stesso tempo, i sogni e le speranze e i lim iti di espansione e di commercio con le civiltà dell’Oceano indiano. Le rotte di navigazione e i circuiti commerciali del Mare

indicum sono minuziosamente descritti in due legende, che Fra Mauro appone alle

descrizioni di «Giaua menor» e dell'isola di «Hormuz», che vale la pena riportare per intero:

Giaua menor, isola felinissima, la qual ha vìij regni et è circonda* da viij isole, ne le qual nasce le specie sotil. E ne la dita giaua nasce gengero e altre specie nobile gran | qua(n)tità e tute quele che nasce in questa e ne le altre al tempo de recolte uien portade a giaua magor e de lì se despensa in tre parte: una per gaiton e chataio, l'altra per el mar de india a hormus, gide e a la mecha, e la terga per el mar del chataio da la parte de tramontana. Et in questa isola, segondo el testimonio de queli che nauegano questo mar, el se uede el polo antarticho leuado uno brago. (XIII, q 33)

La prouincia dita mogolistan, posta qui de sopra a man dextra, è in dromo de la isola dita hormus (...) E qui capitano parte de le naue de india cum le sue marchantie, che sono perle, piper, gengero e altre specie in gran quantità, le qual poi sono condute de lì per la uia de la balsera e da bagadat goè babilonia de caldea, per el fiume tygris et eufrates et per mesopotamia, armenia, capadocia e perfina al mar de ponto. La cità Principal de la dita isola tien el nome de l’isola, goè hormus, la qual antichamente fo edificada per phylosophi (XV, s 12).146

In queste due legende della mappamundi vengono tracciate cinque grandi rotte di navigazione commerciale nel Mare Indicum: una prima da Zaiton verso le coste settentrionali del Cathaio\ una seconda, da Zaiton verso le coste indiane; la terza e la quarta rotta rispettivamente dalle coste indiane fino a Hormuz e alla Mecca, infine, la quinta rotta, in parte marina e in parte carovaniera, partendo dall'India, per Hormuz fino all'Europa, navigando il Tigri e l'Eufrate, attraversando la Mesopotamia, l’Armenia, la Cappadocia per giungere poi fino al Mar Nero. Questi due cartigli sono a mio parere da ritenersi una delle prim e rappresentazioni su una mappamundi delle grandi rotte di commercio nell’Oceano indiano, come percepite e rappresentate a Venezia intorno alla metà del Quattrocento, e derivano, com e la maggior parte di quelli che riguardano l’Asia e l’Oceano indiano, dalle narrazioni di Marco Polo e

146 II testo deriva da un passo del Liber IV del De varietale fortunae in cui Poggio Bracciolini redige in latino il cosiddetto 'viaggio in India’ di Niccolò de’ Conti, per il quale rinviamo a! VI capitolo. Il riferimento a «Hormus, la qual antichamente fo edificada per phylosophi» un riferimento alla credenza riportata da Odorico da Pordenone e da Jean de Mandeville che Hormuz fosse stata fondata da Hermes, dio del commercio, dal quale per l'appunto il nome derivava. Cfr. P. Gautier Dalché, Représentations antiques et médiévales (monde latin) du Golfe Persique, di prossima pubblicazione negli Atti del Premier Colloque international sur la

cartographie historique du golfe Persique, «Bibliothèque iranienne» (Institut Français de Recherche en Iran - Institut d'Étude Iranienne de l'Université de Paris HI). Sono grato al Professor Patrick Gautier Dalché per avere condiviso con me i risutati delle sue ricerche.

C apitolo III

Nicolò de’ Conti.147 Il fatto in sè non è sorprendente e, in fondo, vista la natura essenzialmente mercantile delle due narrazioni, largamente prevedibile. In questi cartigli potrebbe prendere forma anche un’embrionale rappresentazione di quelli che gli studiosi moderni hanno definito i tre circuiti commerciali dell'Oceano indiano, a partire dagli studi di S.D. Gotein sui rapporti commerciali tra il Mediterraneo e l'India basati sui documenti della Geniza della Cairo vecchia e quelli più recenti di «irti N. Chaudhuri, Janet L. Abu-Lughod, Michael Pearson e A sh in Das G upta sul commercio nell'Oceano indiano.148 La descrizione che ne fa Fra Mauro nella

mappamundi trova una qualche sim ilarità con le seguenti rapresentazioni elaborate

su cartografia attuale a partire dalle ricerche degli studiosi citati. [T aw . 10 -1 1 ]

Ic o n o g r a f ia d e l m a r e: u n aHis t ó r ia Tr à g ic o-Ma r ìt im a, a n t e l it t e r a m

Se la descrizione del mare nella mappamundi manifesta quasi entusiasmo per le possibilità di navigazione e di commercio in modo particolare per il «Mare indico » e il «Mar delle Tenebre», la narrazione scritta e figurata del camaldolese mostra anche la consapevolezza per la tragicità del mare. Scene di navigazione a vele spiegate di meravigliose galere, navi tonde, piccoli navigli, e anche giunche cinesi (come vedremo nel capitolo VI derivate ad litteram dalla descrizione che ne fece Marco Polo), sono affiancate a scene terribili di naufragi, «circoli», cioè gorghi e correnti pericolosi, e a cartigli che ammoniscono daH’awicinarsi alle isole perse, ai mari delle oscurità, alle ‘acque tegnente’, insomma i confini fisici e matafisici dello spazio ecumenico. [Taw . 12-16] Guardando da vicino la mappamundi emerge un singolare

147 Sulle cognizioni commerciali e spaziali dell'Asia e dell’Oceano indiano legate alla presenza mercantile di veneziani, genovesi, con accenni a pisani e piacentini, tra Trecento e Quattrocento, cfr. Genova, Venezia, il Levante nei secoli XH-XIV: atti del Convegno

internazionale di studi. Genova-Venezia, 10-14 marzo 2000, a cura di Gherardo Ortalli, Dino

Puncuh, Genova, Società ligure di storia patria; Venezia, Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, 2001 ; F. Card in i, La via delle Indie tra immaginano e conoscenza alla fine del XV secolo,

«Quaderni Umbria», 1993; cfr. anche M. Balard, Precursori di Cristoforo Colombo. / genovesi in Estremo Oriente nel XiV secolo, in Atti del convegno internazionale di studi colombani, 13-14 ottobre 1973, Genova, 1974, pp. 149-164; lo., Les Génois en Asie centrale et en Extrême-Orient au XlVème siècle: un cas exceptionnel ?, in Mélanges offerts à Edouard Perroy, Paris, 1973, pp. 681-689; Id., Génois et Pisans en Orient (fin du Xllle - début du XlVe

siècle), in Genova, Pisa e il Mediterraneo tra Due e Trecento. Atti della Società ligure di Storia Patria, Genova, 1984, pp. 179-209.

148 S. D. Go itein, From thè Mediterranean to India: Documents on thè Trade to India, South Arabia, and East Africa form thè Eieventh and Twelfth Centuries, in «Spéculum» 29, Issue 2, Part. 1 (Apr. 1954), pp. 181-197; J. L. Abu-Lughod, Before European Hegemony. The World System A.D. 1250-1350, New York Oxford, Oxford University Press, 1989; K. N. Chaudhuri, Trade and Civilisation in thè Indian Océan: an Economie History from thè Rise of IsIam to 1750, Cambridge, Cambridge University Press, 1985; A. Das Gupta, The World ofthe Indian Océan Merchant, 1500-1800, New Delhi, Oxford University Press, 2001; M.N. Pearson, The

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insieme di piccole raffigurazioni che puntano direttam ente su quegli elementi drammatici della navigazione, in grado di provocare nello spettatore un intenso coinvolgimento emotivo. Fra Mauro vuole raccontare che il mare, la storia delle navigazioni e dei commerci, delle immense ricchezze che circolavano sulle navi, da Zaiton a Calichut, da Aden fino ad Alessandria, erano solo uno dei risvolti di una storia più articolata e, in qualche modo, tragica. Vi è un'altra prospettiva che dà rilievo al racconto figurato del mare che Fra Mauro disegna nella mappamundi: è la cronaca, ricca di dettagli, di m olti naufragi, sottofondo drammatico e retroscena penoso, ma evidentissimo, soprattutto nell’Oceano indiano, deirimmaginario del grande fervore commerciale suscitato in Occidente dai racconti di Marco Polo e, in tempi più vicini a quelli di Fra Mauro, di Nicolò de Conti. Nella parte meridionale dell’Oceano indiano e al largo delle coste nord occidentali dell’Africa, tra le isole Canarie e lo stretto di Gibilterra, il camaldolese mette in scena una sorta di Historia

trágico-marítima, ante litteram.u 9 Negli anni 1735-36 il portoghese Bernardo Gomes

de Brito raccolse nelle biblioteche e negli archivi di Porto, Coimbra, Lisbona, Évora, molti racconti manoscritti redatti nei secoli XVI e XVII che raccontavano di tragici naufragi che colpirono le flotte portoghesi che compivano il caminho da India. Brito li trascrisse e li pubblicò con il titolo divenuto celeberrimo e paradigmatico di Historia

trágico-marítima. Quest’antologia settecentesca di resoconti delle catastrofi più

tristemente famose che colpirono le flotte e i marinai lusitani, considerata a tutt’oggi come il corpus più completo di un genere letterario che si sviluppò attorno ai naufragi portoghesi di quel tempo, riportava alla luce testi preziosi che costituiscono la prima espressione portoghese di una letteratura tipicam ente marinara. Non stiamo affatto sostenendo che la mappamundi sviluppi il modello narrativo delle «relagoes de naufràgio» identificato da Giulia Lanciani nella sequenza «Antecedentes - Partida - 149

149 Bernardo Gom es de Brito, Histórìa trágico-marítima, em que se escrevem chronoiogicamente os naufragios que tiveraó as naos de Portugal, depois que se pozem exercicio a navegagaò da India, Tom. 1-2, Lisboa Occidental, Na Officina da Congregalo do

Oratorio, 1735-36. Negli stessi anni altre sei relazioni di naugrafi, già pubblicate separatamente nel secolo XVII, vennero ripubblicate insieme, venendo di fatto considerate il «terceiro volume» della Histórìa Trágico-Marítima (così è infatti descritto, ad esempio, nel catalogo della British Library). Id., Histórìa Trágico-Marítima. Ed. Alexei Bueno. Rio de

Janeiro: Lacerda Editores/Contraponto, 1998. Molto vasta la bibliografia sulla histórìa trágico-

marítima divenuto un genere letterario. Ci limitiamo a citiare alcuni titoli imprescindibili: Cfr. J. Duffy, Shipwreck & Empire: Being an Account of Portuguese Disasters in a Century of Decline, Cambridge, MA, Harvard UP, 1955; C. R. Boxer, An Introduction to thè Histórìa Trágico-Marítima, in Miscelánea de Estudos em Honra do Prof. Hemàni Cidade, Lisboa,

Publicares da Faculdade de Letras, 1957, pp. 48-99; Id., An Introduction to thè Histórìa

Trágico-Marítima. Some Corrections and Clarifications, «Quaderni portoghesi» 5 (1979), pp.

99-112; J. Blackmore, Manifest Perdition: Shipwreck Narrative and thè Disruption of Empire,

Minnesota University Press, 2002; G. Lanciani (a cura di), Viaggi e naufragi portoghesi sulla

via delle Indie, Napoli, Liguori, 2002.

C apitolo Ul

Tem pestaci - Naufragio - Ataque corsario - Arribada / Captura - Peregrinagao / Impiedade dos inimigos - Retorno»;150 nel racconto figurato del mare del camaldolese si distingue chiaramente un gusto voluto per gli aspetti tragici del mare. Navi con la chiglia rovesciata, galee disalberate e in balia delle onde, botti, scale, ponti e alberi tra i flutti, insomma i poveri resti di flotte distrutte dalle tempeste, attorniate da pesci enormi. Attraverso le figurazioni delle tem peste e dei naufragi, gli spettatori potevano riconoscere, forse con partecipazione, le sciagure del mare, sulle rotte tracciate da Fra Mauro nell'Oceano indiano e il Mar delle Tenebre, immaginandosi le scene di panico e di furore sulle navi rovesciate al largo di Gibilterra, nell’Oceano indiano, l’agonia dei naufraghi e delle navi inghiottite dalle onde.

Ec h i dic o s m o l o g ia b ib l ic a: l’o c e a n o e let e n e b r e

Pericolose, avvolte dalle tenebre, appiccicose, le acque poste ai confini delio spazio ecumenico della mappamundi sono uno specchio delle paure degli uomini del Quattrocento di fronte all’ignoto. In questa particolare concezione cosmografica echeggiano, forse, reminiscenze della cosmologia biblica che vedeva nel mare soprattutto l’abisso acquatico primordiale, inteso come lim ite fisico e metafisico della creazione: una creazione incompiuta. Rispetto alla molteplicità di fonti e di sentire che nel Medioevo e nella prima età moderna fornivano le modalità, il linguaggio, gli strumenti intellettuali e culturali per descrivere il fines orbis terrarum, in questo contesto la ricerca si focalizzerà sulle derivazioni bibliche.151 Se nella Bibbia la locuzione «verso il mare» sta per «occidente» e il «mare» per eccellenza è il Mediterraneo, Fra Mauro sposta ai mari dislocati oltre l’Oceano indiano, il «Mar indico», e ai tratti costieri del «Mar delle Tenebre», i tratti di terribilità e di negatività che nella Bibbia sono associati al Mediterraneo. Nel testo sacro, lungi dall’evocare contemplazione, requie, o pace, il mare è soprattutto un grandioso simbolo negativo, una categoria mitica che evoca appunto l’abisso acquatico primordiale da cui era sbocciata la terra, o le «molte acque», majim rabbini, che trascinavano con sè diluvio e morte.152 Fanno eccezione il cosiddetto «cantico delle creature» del Salmo 104, in

150 G. Lanciani, Introduzione, in Viaggi e naufragi portoghesi... cit., pp. 81-82.

151 Per l’analisi filologica di queste fonti, del loro dispiegarsi nei saperi dall’antichità al Medioevo, cfr. P. Gautier Dalc hé, Modes de connaissance des fines orbis terrarum du Nord- Ouest (de l'Antiquité au XIIIe siècle), in L ’Europe et l'Océan au Moyen Age. Contribution à l’Histoire de la Navigation, S.H.M.E.S. - Cid édition, 1988, pp. 217-233 e la bibliografìa citata.

152 Per il mare nella cosmologia biblica faccio riferimento a un saggio di Otto Kaiser, Die

Il cosm o d i un m onaco d i m età Q uattrocento

cui anche i mostri marini come Leviatan, simboli del caos e del nulla, partecipano a una festa di vita e di pace nel mare: «Ecco il mare ampio e spazioso, là brulicano innumerevoli animali piccoli e grandi; là passano le navi e il Leviatan che hai plasmato per tuo divertimento» (versetti 25-26); e il Salmo 148, intonato da 22 creature - tante quante sono le lettere dell'alfabeto ebraico - in cui il mare è invitato a intonare il suo alleluia al Signore: «Lodate il Signore mostri marini e voi tutti abissi!» (versetto 7). Ma sono solo rare eccezioni. Al di fuori di questi inconsueti esempi 'festosi’, nella Bibbia il mare incombe oscuro e tempestoso. A partire dal racconto della creazione nel Genesi, quando Dio separò il mare dalla terra (Genesi 1,9-10), l'esistenza del mondo riposa suii’equilibrio instabile tra la terraferma e il mare, visto come un'esplosione in superfìcie del grande abisso sotterraneo che è il sottofondo «infernale» della mappa cosmologica biblica. Con il suo gesto creaturale Dìo stabiliva una frontiera in perenne tensione tra mare e terra, ricordato in altri passi dell Antico Testamento: nel capitolo 8 del Libro dei Proverbi: «Quando stabiliva al mare i suoi confini sicché le sue acque non oltrepassassero la spiaggia ... io ero con lui» (versetti 29-30), un versetto prafrasato da Dante nel Convivio: «Quando (Dio) circuiva lo suo term ine a! mare e poneva legge a Tacque che non passassero li suoi confini ... con lui io era» (Convivio, III, 15,16). Nella Bibbia il mare, nel suo essere concettualmente così vicino a ll’abisso, emerge quindi come limite fisico e, soprattutto, metafisico, delia creazione. Il mare è anche strumento con cui Dio, giudice, condanna l’umanità peccatrice: «È lui che comanda alle acque del mare - dichiara il profeta Amos (5,8) - e le spande sulla terra». Gli fa eco Geremia: «Il Signore degli eserciti solleva il mare e ne fa mugghiare le onde» (31,35). In molti altri versetti la potenza divina si dispiega in tutta la sua infinità proprio dominando il mare, con la terra come una piattaforma sospesa su colonne sopra l'abisso caotico marino. È per questo che nell’esodo d'Israele dall'Egitto, Dio prima impone al mare di bloccarsi come muraglia, obbedendo al suo potente imperativo (Esodo 14,22), e poi scatenandolo come arma del suo giudizio sugli oppressori egiziani: «Al soffio della tua ira si accumularono le acque, si alzarono le onde come un argine, si rappresero gli abissi in fondo al mare ... Soffiasti col tuo alito: il mare li coprì, sprofondarono come piombo in acque profonde» (Esodo 15,8.10). Ugualmente eloquente è, al riguardo, la scena evangelica della tempesta sedata, quando Cristo, identificato col

edizione 1962) e La preghiera del marinaio: la fede e il mare nei secoli della Chiesa e nelle

tradizioni marinare, a cura di A Manodori, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma

1992, in particolare: Le sacre scrìtture e il mare (scritti di M. Guarducci, A. Amicarelli Scalisi, M. d’Ottone), pp. 153-237; C. Militello, La teologia e il mare, pp. 319-333; Metafore religiose del mare (scritti di M. Scollo, A. Amicarelli Scalisi, A. Manodori) pp. 343-381. Le citazioni e i

riferimenti alla Bibbia nel proseguimento del paragrafo sono tratti da questi due studi.

Capitolo III

Signore Creatore, attacca il mare come se fosse un essere diabolico, riprendendo le concezioni dell’Antico Testamento e lo sottopone a un esorcismo: «Sgridò il vento e disse al mare: Taci, calmati! ... Furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: Chi è costui ai quale anche il vento e il mare obbediscono?» ( Vangelo di

Marco 4,39.41). L'uomo biblico pensa al mare con terrore sentendolo quasi come un

presagio di morte e di annullamento. Dio solo può strapparlo dalla sua balia. Théophile Briant nella sua antologia Les plus beaux textes su r la Mer, pubblicata a Parigi nel 1951, sottolineava questo aspetto della cosmologia biblica sul mare, indicando due racconti, tratti dalla Bibbia che ben figurano accanto ai classici delle tempeste marine, da Omero e Virgilio, ad Alceo e Ovidio. La favola morale di taglio universalistico di Giona, con l’enorme pesce che lo inghiotte per tre giorni e tre notti, richiama questo sentire pieno di orrore e paura. Dal ventre del mostro Giona proclama: «Mi hai gettato nell'abisso, nel cuore del mare, tutti i flutti e le onde sono passate sopra di me... Le acque mi hanno sommerso fino alla gola, l'abisso mi ha avvolto, l'alga si è avvinta al mio capo...» (2,4.6). Nel Salmo 107 entrano in scena quattro personaggi che nel tempio di Gerusalemme stanno sciogliendo i loro voti. C'è un carovaniere che aveva smarrito la pista ne! deserto e l'aveva ritrovata, c'è un carcerato liberato, c'è un malato grave guarito. Alla fine si alza a pronunciare il suo ex-voto un marinaio e il suo è il racconto più emozionante. Il marinaio devoto racconta che «Coloro che solcavano il mare sulle navi facendo commerci sulle acque immense, videro le opere del Signore e i suoi prodigi nelle profondità marine. Egli parlò e fece levare un vento tempestoso che sollevò le onde. Salivano al cielo, scendevano negli abissi, il respiro veniva meno per il pericolo. Ballavano e barcollavano come ubriachi, tutta la loro perizia era svanita. Nell'angoscia gridarono al Signore ed egli li estrasse da quell'angustia. Ridusse la tempesta alla calma, s’acquetarono le onde del mare. Gioirono per la bonaccia ed egli li guidò al porto sospirato...» (versetti 23-30). Potremmo pensare anche all'Ulisse dantesco: «...Un turbo nacque, | e percosse del legno il primo canto. | Tre volte il fè girar con tutte Tacque; | a la quarta levar la poppa in suso | e la prora ire in giù, com’Altrui piacque, / infin che 'I mar fu sopra noi rinchiuso» (Dante, Inferno XXVI, 137-142). Ma per la

Bibbia non c'è solo il terrore primordiale dell'uomo di fronte alle energie scatenate

della natura. Non c'è solo l'esperienza della paura dell’uomo di fronte al non conosciuto. C'è, invece, l'emozione ‘metafisica’ dell'incontro co! nulla; c'è la sensazione di scontrarsi con il vero limite metafisico del pensiero e dell’agire umano. I confini ecumenici, posti nel mare, dominati dalle tenebre, avvicinano l’uomo alla

il cosmo di un m onaco di metà Quattrocento

morte.153 Nei cartigli e in alcune delle immagini della cosmografìa cristiana di Fra