• Non ci sono risultati.

Contratto di handling e trasporto aereo: un collegamento funzionale?

CAPITOLO SECONDO Ipotesi di collegamento negoziale: tra tradizione e tendenze innovative

7. Contratto di handling: cenni.

7.1. Contratto di handling e trasporto aereo: un collegamento funzionale?

Il rivisitato art. 953 cod. nav. nel tracciare i margini del regime di responsabilità del vettore tiene conto di tutti i servizi correlati alla operazione economica di assistenza a terra esercitata dagli handlers, i quali sebbene non risultano esplicitamente richiamati dalla normativa, è ictu oculi evincibile che rientrino nella categoria “operatore di assistenza a terra”, o più genericamente, in quella di “ausiliario” del vettore. Al vettore sono imputabili i danni che il carico subisce dal

352

Già art. 18, comma 2, Convenzione di Varsavia 12 ottobre 1929, modificata dal Protocollo dell’Aja del 28 settembre 1955.

353

L’osservazione è di R.SANTAGATA, Il contratto di handling, cit., p. 40.

354

149

momento in cui lo riceve a quello in cui lo riconsegna, o comunque durante il tempo in cui si trovano sotto la sua sorveglianza. Tale responsabilità non subisce variazioni allorquando il vettore, a sua discrezione, decida di assolvere l’obbligo di custodia attraverso un’impresa di handling e, di conseguenza, attraverso gli operatori che ne fanno parte.

Esigenze di trasporto e di traffico aereo hanno sempre più spesso condizionato la scelta dei vettori di delegare a terzi una porzione delle prestazioni da loro dovute e consistenti, appunto, in un’attività di assistenza a terra accessoria e strumentale alla prestazione di trasferimento di persone e cose. Il vettore, dunque, per la migliore realizzazione del programma negoziale concluso con l’esercente il diritto al trasporto, darà vita ad un rapporto contrattuale con un’altra impresa, ovvero la società di handling, strumentale, accessorio, o finanche collegato al contratto di trasporto.

Sembrerebbe, dunque, così netta l’interdipendenza tra il contratto di trasporto ed il contratto di handling, avallata altresì dalla nuova previsione dell’art. 953 cod. nav., da far immaginare che le parti (rectius: le due società) abbiano dato vita ad un unitario regolamento di interessi finalizzato al perseguimento di un risultato economico unitario e complesso, in specie il trasferimento di persone o cose da un luogo ad un altro, perseguibile (esclusivamente) attraverso un nesso negoziale e funzionale tra i due contratti.

Trattasi sicuramente di un’operazione contrattuale complessa che rinviene il suo spunto di riflessione nell’obbligo dell’impresa handler di adempiere la prestazione di riconsegna dei bagagli e delle merci, assunta nei confronti del vettore, ma da eseguirsi non in favore di costui bensì in favore di chi è parte non del contratto di handling ma del collegato contratto di trasporto, ossia il beneficiario della prestazione di trasferimento355.

Come si è avuto modo di segnalare e di poi concretamente dimostrare, il collegamento negoziale, presupponendo un unitario e complesso programma contrattuale, da un lato, consente di superare il principio di relatività degli effetti del contratto, dall’altro, legittima l’esperibilità di azioni dirette tra i soggetti collocati agli estremi della catena.

Se al collegamento negoziale conseguono tali effetti, nel caso di specie, da un lato si giunge a dimostrare l’adempimento della prestazione contrattuale in favore

355

150

di terzi rispetto al contratto di handling (ma parti della complessa operazione contrattuale), dall’altro, però, il legislatore pone un limite, escludendo che anche in ipotesi di disservizi chiaramente imputabili all’handler nella riconsegna delle cose trasportate, i destinatari possano agire nei confronti di costui, essendo il vettore unico responsabile in relazione alle prestazioni della società di handling. Fermo, ovviamente, il diritto del vettore di agire nei confronti di quest’ultima per i danni conseguenti all’inadempimento del contratto di handling, danni, ove dimostrati, ulteriori rispetto a quelli pagati ai beneficiari della prestazione di trasferimento, rispetto alla quale vige il sistema di limitazione della responsabilità del vettore aereo di cui all’art. 22 della Convenzione di Montreal356.

Ed allora sembrerebbe che la categoria dogmatica del collegamento negoziale sia stata “scomodata” per la sola esigenza di superare il limite di cui all’art. 1372 c.c., ovvero per il solo fine di ammettere che i destinatari della prestazione dell’handler assumano comunque la veste di “parti”, sebbene dell’operazione contrattuale complessivamente intesa.

Ma al di là del fine, ovvero dell’utilità che potrebbe conseguirsi dall’inquadramento della fattispecie come collegamento negoziale, secondo un percorso metodologico sicuramente errato, non potendosi strumentalizzare il mezzo, adattandolo ad un contesto non consono, esclusivamente per acquisire un obiettivo cui esso è generalmente preordinato, va detto che non sembrano sussistano nel caso di specie gli elementi strutturalmente identificativi di un nesso teleologico e funzionale tra i due contratti.

Il contratto di handling non è sicuramente indispensabile per conseguire quell’obiettivo che rappresenterebbe, secondo i sostenitori di questa teoria, il fine pratico unitario della complessa operazione, ovvero il trasferimento di persone o cose da un luogo all’altro, esso, infatti, esclusivamente presuppone un contratto di trasporto. Non si taccia, altresì, del rilievo che i “terzi” destinatari della prestazione del vettore, nonché della prestazione dell’handler, invero rimangono completamente estranei al contratto di handling concluso tra le due società. Per meglio dire, in primis, non è scontato che abbiano conoscenza di chi si occuperà delle prestazioni di assistenza a terra, in secundis, la partecipazione (rectius: conclusione) del contratto di trasporto non è consapevolmente determinata dal

356

Richiamata dall’art. 941, comma 1, cod. nav., così ancora si veda R. SANTAGATA, Il contratto di handling, cit., p. 40.

151

raggiungimento di quel fine mediante il collegato contratto di handling. Costoro, dunque, terzi rispetto al contratto di handling, pur essendo parti del contratto di trasporto, rimarranno nei confronti del primo completamente estranei.

Non pare ravvisarsi, allora, uno nesso di reciproca interdipendenza tra i due contratti. D’altronde se è vero che alcuna finalità e funzionalità potrebbe attribuirsi al contratto di handling in assenza del contratto di trasporto (ma estremizzando, dovrebbe dirsi in assenza della società aeroportuale, il che è per intuibili motivi un paradosso), non è vero il contrario, ossia il contratto di trasporto può nascere e vivere solo, perseguire il fine cui è preordinato, pur senza l’ulteriore contratto di handling. Vieppiù proprio questo meccanismo dovrebbe influenzare il profilo patologico, non potendosi consentire che l’invalidità del contratto di handling si rifletta sul contratto di trasporto.

Al limite, dunque, potrebbe discorrersi di collegamento unilaterale, dipendendo il solo contratto di handling da quello di trasporto, o ancora, di contratto accessorio collegato al negozio principale, benché “non necessario” ai fini della realizzazione della funzione economica individuale dell’operazione contrattuale realizzata, rimanendo lo stesso una mera eventualità357. Ma in entrambi i casi non sussistono i presupposti per potersi discorrere di collegamento volontario e funzionale.

L’orientamento richiamato si contrappone a quella teoria che tutt’oggi, nonostante gli interventi di riforma che hanno interessato il codice della navigazione, continua ad essere sostenuta finanche dalla giurisprudenza di legittimità358. L’operatore continua, infatti, ad essere riconosciuto quale diretto responsabile nei confronti del destinatario delle merci, in qualità di “promittente” in un contratto a favore del terzo che vede come stipulante il vettore. Parte della giurisprudenza ha avallato il suddetto orientamento, basandosi sull’erroneo

357

Come in precedenza si è visto con riguardo alla disciplina del patto di famiglia.

358

Cass., 22 giugno 2007, n. 14593, cit.; Cass., 26 novembre 2003, n. 18074, in Dir. marittimo, 2005, p. 1290, con nota di C. GOLDA, Handling aeroportuale: un assetto privatistico definitivo tra

giurisprudenza e riforme normative internazionali e nazionali. Dati acquisiti e problemi possibili, in Danno e resp., con nota di M.DELLACASA, Vettore, gestore aeroportuale e responsabilità per la perdita dei beni trasportati; Cass., 3 dicembre 2003, n. 18476, in Dir. marittimo, 2005, p. 1301; Cass., 11 settembre 1990, n. 9357, in Dir. trasp., 1991, II, p. 260, con nota di Bonfantoni; Cass., 9 ottobre 1997, n. 9810, ivi, 1998, p. 495, con nota di Giacobbe; Cass., 14 luglio 1992, n. 8531, ivi, 1993, p. 905, con nota di Perrone; App. Roma, 20 febbraio 1990, ivi, 1992, p. 175. In Cass., 9 aprile1987, n. 3482, in Dir. trasp, 1989, p. 153, invece si legge che nonostante si sia in presenza di un contratto di deposito a favore di terzi, il concretizzarsi della responsabilità in capo all’handler non presuppone una conseguente responsabilità del vettore che finisce per aggiungersi a quella dell’handler.

152

presupposto che nega che l’obbligazione di custodia possa costituire parte integrante del contratto di trasporto. L’obbligo in questione, secondo gli organi giudicanti, costituisce oggetto di un separato contratto di deposito che il vettore (stipulante) conclude con l’operatore di handling (promittente). Tale contratto realizza un immediato nonché autonomo vincolo tra l’operatore di handling ed il destinatario delle merci (beneficiario), sicché nell’ipotesi in cui la merce subisca dei danni a causa del cattivo funzionamento del servizio di handling, quest’ultimo potrà esperire l’azione risarcitoria direttamente nei confronti dell’operatore. Trattasi dunque di un contratto misto, ovvero di contratto di deposito a favore del terzo, che ha per oggetto l’obbligo del depositario di custodire e restituire le merci al suo destinatario, e che mediante il criterio della combinazione rende applicabile le discipline dei diversi tipi in dipendenza delle differenti prestazioni da esso previste.

I differenti rilievi critici mossi nei confronti di questo orientamento359 non hanno comunque mutato il trend giurisprudenziale e dottrinale diffusosi, si ritiene però importante evidenziare che il ricorso alla figura del contratto a favore di terzo indubbiamente contrasta con la vigente normativa, sia perché travisa inevitabilmente l’effettiva portata del contratto di trasporto sia perché non tiene contro del mutato art. 943 cod. nav. (benché già art. 18, comma 2, Convenzione di Varsavia).

Pare preferibile, dunque, sottolineare il ruolo di ausiliario del vettore ricoperto dall’operatore di handling, costituendo il servizio di assistenza a terra parte integrante della prestazione di trasporto360, nonché richiamare la categoria dogmatica della “somministrazione di servizi”, che enfatizza quel “nesso di continuità funzionale tra le singole prestazioni che si succedono inserendosi in un rapporto fondamentale”, al fine di evitare di attingere, nella determinazione

359

Tra gli altri si veda, C.COLETTA, In tema di responsabilità dell’operatore di handling per la custodia delle cose trasportate dal vettore, in Dir. trasp., 1992, p. 176 ss., il quale, nel sottolineare come la teoria del contratto di deposito a favore di terzo presti il fianco anche a critiche in ordine al turbamento che essa determina nel delicato equilibrio tra i diversi soggetti coinvolti nel settore del trasporto, evidenzia come il contratto di handling, prevede, salvo i casi di dolo o colpa grave dell’handler, un’azione di rivalsa esercitata da quest’ultimo nei confronti del vettore, affinché questo lo tenga indenne delle somme corrisposte all’avente diritto alla riconsegna delle cose trasportate. Sicché la tesi del deposito non sarebbe favorevole neanche all’handler, che vedrebbe accrescere il contenzioso con i soggetti terzi con conseguente aumento dei relativi costi.

360

Già in passato, in tal senso, App. Napoli, 8 ottobre 1990, in Dir. trasp., 1992, II, p. 563, con nota di Zampone; Trib. Roma, 28 settembre 1991, ivi, 1993, p. 933; Cass., 11 settembre 1990, n. 9357, in Dir. e prat. aviaz. civ., 1991, p. 171.

153

dell’inquadramento giuridico del contratto di handling, alla figure del contratto di deposito e dell’appalto di servizi361, e, si aggiunge, del contratto a favore di terzo.