• Non ci sono risultati.

CAPITOLO SECONDO Ipotesi di collegamento negoziale: tra tradizione e tendenze innovative

6. Qualificazione giuridica del fenomeno: la rilevanza del collegamento negoziale.

6.2. La critica della dottrina.

La ricostruzione dell’operazione di leasing ad opera della dottrina è stata (quasi) sempre causalmente orientata, ovvero improntata sull’esaltazione dell’interesse dell’utilizzatore ad ottenere il godimento del bene, interesse che assurge, appunto, a causa concreta unitaria dell’operazione, per il soddisfacimento del quale i singoli contratti di compravendita e di locazione finanziaria in senso stretto, sebbene causalmente autonomi, vengono a risultare funzionalmente collegati. L’unitarietà del regolamento degli interessi suggerisce, apertis verbis, una ricostruzione del fenomeno in termini di unicità dell’operazione contrattuale, che ha consentito alla dottrina di raggiungere il risultato così faticosamente ricercato dalla giurisprudenza nella disciplina del mandato senza rappresentanza, nell’ambito dei principi che dominano la teorica del collegamento negoziale. Si tratta, in particolare, di quei principi che giustificano la ricaduta degli effetti di eventuali patologie inerenti uno dei contratti sull’altro, principi ricordati finanche dalla giurisprudenza nei percorsi argomentativi esaminati, ma di poi puntualmente disapplicati.

azioni che derivano dal contratto stipulato tra concedente e fornitore, riconosce l’obbligo in capo al concedente di compiere l’attività gestoria a favore del lessee.

137

Invero tali pronunce benché condivise dalla dottrina nella sola parte di motivazione che riconosce alla locazione finanziaria la causa di godimento, hanno comunque rappresentato quella che è stata definita come la terza fase dell’evoluzione in materia di tutela dell’utilizzatore, in quanto si inseriscono nel solco di quel trend funzionale all’esaltazione degli interessi al cui soddisfacimento l’operazione contrattuale è preordinata322.

Procediamo però a passo lento.

Prima di definire l’iter argomentativo che avrebbe dovuto seguire il giudicante per giungere a quel medesimo risultato (o ad un più completo risultato) con maggior facilità e coerenza logica, il formate dottrinale ha criticamente vagliato il ricorso in sé alla disciplina del mandato senza rappresentanza, sottolineando come la ricostruzione sistematica operata dalla giurisprudenza è apparsa di difficile compatibilità con la giurisprudenza di legittimità in tema di mandato323. L’art. 1705 c.c., infatti, legittima il mandante ad agire contro il terzo, in sostituzione del mandatario, esclusivamente per conseguire il soddisfacimento dei crediti sorti in favore del mandatario in dipendenza delle obbligazioni assunte dal terzo con la conclusione del negozio gestorio. Il mandante, dunque, non può esperire le azioni volte ad ottenere la risoluzione per inadempimento ed il risarcimento dei danni. Tale divieto viene motivato dalla circostanza che l’esercizio dell’azione diretta da parte del mandante costituisce una deroga alla regola generale dell’inesistenza dei rapporti tra il mandante ed il terzo sancita al primo periodo del comma secondo dell’art. 1705 c.c.324.

La giurisprudenza, dunque, per esigenze di coerenza interna e per evitare contrasti di giudicati, non poteva non conformarsi al proprio orientamento

322

Così T.GASPARRO, In tema di leasing finanziario e di interversione del rischio contrattuale, in Giur. it., luglio, 2009, p. 1669.

323

Cfr., per tutte, Cass. 5 novembre 1998, 11118, in I contratti, 1999, p. 579.

324

Il primo a sottolineare che l’azione dell’utilizzatore fonda su presupposti in parti diversi e comunque più articolati rispetto a quelli previsti dall’art. 1705, secondo comma, c.c., è stato

COLOMBO, Operazioni economiche e collegamento negoziale, cit., p. 342; più di recente ha

sostenuto il medesimo orientamento E.FOCHESATO, Causa unitaria nell’ambito dell’operazione di leasing finanziario e tutela dell’utilizzatore: una svolta della Cassazione?, cit., p. 378; T.

GASPARRO, In tema di leasing finanziario e di interversione del rischio contrattuale, cit., p. 1669;

contra, A.L. PENNETTA, Leasing finanziario e legittimazione dell’utilizzatore ad agire

direttamente nei confronti del fornitore, cit., p. 1436, nota a Cass. civ. 27 aprile 2006, n. 17145, la quale evidenzia che la sentenza annotata ha il pregio di aver messo in primo piano l’esigenza di tutela dell’utilizzatore recependo e facendo propria la necessità di trovare un giusto equilibrio fra la parti nella distribuzione dei rischi. La Suprema Corte, dunque, ha rinvenuto nel nostro ordinamento un fondamento normativo che consente ampia tutela ai diritti del lessee, pur in assenza di clausole contrattuali che la prevedano.

138

assunto, appunto, in tema di mandato, pertanto la tutela apprestata all’utilizzatore è stata, per così dire, limitata al mero riconoscimento della facoltà di esperire l’azione di adempimento. Nel contempo, però, non va sottaciuto che quella stessa esigenza di coerenza sistematica, risente di zone d’ombra laddove il Giudice di legittimità argomenta il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno patito dall’utilizzatore, proprio alla stregua dell’art. 1705 c.c.325.

Neanche è apparsa convincente la tendenza ad equiparare da parte della giurisprudenza la posizione del fornitore con quella del terzo con cui il mandatario-concedente conclude il contratto di compravendita in nome proprio ma nell’interesse del mandante-utilizzatore. La motivazione dell’orientamento critico si rintraccia proprio in quella interconnessione esistente tra i due contratti che strutturano l’operazione economica de qua, e funzionale, lo si ribadisce, a far conseguire all’utilizzatore il godimento del bene. Ne consegue che il fornitore non può e non deve essere considerato “terzo”, egli è parte di una più ampia operazione unitariamente intesa della quale sicuramente egli non ignora le peculiarità. Per meglio dire, il fornitore, con ogni probabilità è a conoscenza della circostanza che il bene venduto al concedente sarà successivamente concesso in

leasing all’utilizzatore e che dunque il contratto di compravendita con il

concedente è stato concluso al sol fine di soddisfare l’interesse dell’utilizzatore, in quanto costui ha destinato la sua scelta a quel fornitore e verso quel bene326.

Orbene a questa apertura critica che si limita al dato normativo prescelto dalla giurisprudenza a garanzia delle pretese e dei diritti del lessee, ha fatto seguito un più ampio dibattito che ha trovato il suo fondamento nel nesso teleologico e funzionale che lega i due contratti.

La giurisprudenza è andata alla ricerca di un appiglio normativo che consentisse di travalicare i limiti del divisato principio di relatività soggettiva del contratto, di

325

Come si legge in Cass. civ. 27 aprile 2006, n. 17145, cit.; successivamente, però, Cass., S.U., 8 ottobre 2008, n. 24772, in Obbl. e contr., 2008, p. 964 ss., secondo cui l’espressione <<diritti di credito>> di cui all’art. 1705, comma 2, c.c., andrebbe circoscritta all’esercizio dei diritti sostanziali acquistati dal mandatario, rimanendo escluse le azioni poste a loro tutela (annullamento, risoluzione, rescissione, risarcimento).

326

Ancora una volta C.COLOMBO, Operazioni economiche e collegamento negoziale, cit., p. 379, il quale precisa che la terzietà di colui (il fornitore) che conclude il contratto con il mandatario (il concedente) è solo formale in quanto da un punto di vista sostanziale egli è parte dell’operazione articolata, al pari del mandante (l’utilizzatore); tale circostanza pertanto legittima un’estensione del contenuto dell’azione diretta, attraverso cui il mandante potrà far valere non solo le pretese fondate sul negozio gestorio (formalmente spettanti al mandatario), ma anche quelle (direttamente a lui imputabili) che trovano la loro fonte nell’operazione complessa, la quale è in (tutto o in parte) fallita per l’inadempienza del terzo (il fornitore).

139

cui all’art. 1372, comma 2, c.c. (secondo cui il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge), o comunque di individuare quelle eccezioni che ne avrebbero consentito un’attenuazione della portata applicativa.

A tal fine l’art. 1705 c.c. si è inserito con ogni credenziale. La disposizione di cui al primo comma pare infatti raccordarsi (anche) alla regola di insensibilità del terzo rispetto alla res inter alios acta. Se questa è stata la (o una delle) motivazioni a sostegno del divisato e criticato orientamento, và altrettanto precisato che quel principio è da intendersi come estraneità di chi rispetto al contratto parte non è, tale essendo il terzo. E dunque, se la giurisprudenza si è aperta verso il riconoscimento di una causa unitaria che caratterizza il leasing finanziario, chi è parte di uno solo dei contratti strumentali alla realizzazione di tale causa unitaria, è parte dell’operazione complessivamente intesa. Sicché, come si è avuto modo di precisare, in un’ottica che non perde di vista l’unitarietà del regolamento contrattuale, tale assunto vale a sgombrare il campo da ogni dubbio sull’esclusione dell’operatività in specie del menzionato art. 1372 c.c., ne consegue che ciascun contratto non potrà dirsi, con riguardo ai contraenti dell’altro, una res inter alios acta, proprio perché unitaria è l’operazione economica contrattale.

Poiché, quindi, l’intera fattispecie è caratterizzata da unità funzionale e da una stretta interdipendenza tra le prestazioni dei contratti di compravendita e di

leasing, l’utilizzatore, pur essendo formalmente terzo rispetto al primo, è parte

sostanziale dell’intera operazione economica complessivamente considerata e quindi legittimato a far valere in proprio i diritti derivanti dalla posizione di acquirente, nel contratto intercorso con il fornitore327.

327

Sono le conclusioni di E.FOCHESATO, Causa unitaria nell’ambito dell’operazione di leasing finanziario e tutela dell’utilizzatore: una svolta della Cassazione?, cit., p. 379; analogamente F.

TOSCHI VESPASIANI, Natura giuridica del leasing: contratto collegato e contratto di

<<scambio>>, cit., p. 60; discorre di netta contraddizione tra individuazione della causa unitaria dell’operazione di leasing nell’ottenimento del godimento del bene all’utilizzatore da una parte, e inquadramento del mandato, dall’altra, I.L.NOCERA, Collegamento negoziale, causa concreta e clausola di traslazione del rischio: la giustizia contrattuale incontra il leasing, cit., p. 362; di diverso avviso è l’orientamento di M.COGNOLATO, Ancora in tema di leasing, mandato ed azione diretta dell’utilizzatore (con una parziale novità), cit, p. 1010, il quale nel precisare che la sentenza annotata Cass. 16 novembre 2007, n. 23794, che si conforma al trend seguito dalla giurisprudenza, introduce un elemento di novità, in quanto legittima l’utilizzatore a proporre anche l’azione volta ad accertare quale sia l’esatto corrispettivo spettante al fornitore, precisa che la categoria del collegamento negoziale, pure idonea a fondare una legittimazione ad agire tra le parti dell’operazione quanto più ampia possibile rispetto alla soluzione adottata dalla Suprema Corte risulterebbe di dubbia, o quantomeno problematica applicazione. E’ evidente, infatti, continua l’a. la maggior ampiezza applicativa delle norme in materia di mandato, idonee a ricomprendere fattispecie gestorie di diversa indole strutturale, e non riconducibili alla sola veste contrattuale.

140

E’ proprio alla stregua del collegamento negoziale che vanno rivisitati i mezzi di tutela attribuiti all’utilizzatore nel caso di vizi del bene concesso in leasing. Costui, dunque, sarà legittimato a domandare la risoluzione del contratto di compravendita concluso tra lessor e fornitore, il cui eventuale vizio funzionale, invero, si ripercuoterebbe sul contratto collegato di locazione finanziaria, per mezzo del noto principio per cui simul stabunt, simul cadent. Il mancato godimento del bene da parte dell’utilizzatore, dovuto all’omessa consegna del bene dal fornitore, dunque, giustificherebbe un’azione dell’utilizzatore stesso, in litisconsorzio necessario con il concedente, volta ad ottenere la risoluzione del contratto di compravendita e il risarcimento del danno, anche in tal caso a prescindere da esplicite pattuizioni in tal senso328.

D’altronde, in contrasto con quanto ribadito dal Supremo Collegio, la Convenzione di Ottawa sul leasing internazionale sembra avallare tale argomentazione laddove al citato art. 10, comma 1, pare attribuire all’utilizzatore non un’azione basata sulle norme in tema di mandato, bensì la posizione di parte in senso sostanziale dell’operazione negoziale complessa, con la conseguente estensione in suo favore delle garanzie proprie della vendita inter alios acta329.

Avendo la giurisprudenza valutato utile rinvenire un dato normativo a sostegno della posizione assunta in favore del lessee, si può concludere che l’accennato tentativo di spronare una rivisitazione degli strumenti di tutela a garanzia dei diritti vantati da quest’ultimo nei confronti del fornitore, trova, ora, un più coerente (rispetto alla disciplina del mandato e a quella regolante il leasing internazionale) riscontro legislativo nel già esaminato art. 125 quinquies t.u.b.

Similmente a quanto accade nelle altre ipotesi di contratti di credito collegati, anche qui, ovvero in caso di locazione finanziaria – come precisa il comma 3 -, il consumatore che abbia inutilmente costituito in mora il fornitore dei beni o dei servizi potrà chiedere al finanziatore di agire per la risoluzione del contratto330.

328

Così S.NARDI, Risarcimento del danno da mancato godimento della cosa concessa in leasing,

in Resp. civile, 2012, p. 292, il quale conclude precisando che il lessee, al pari del mandante, dovrebbe potersi sostituire al lessor, mandatario, nell’esercizio di tutte le azioni che servono al compimento del programma gestorio.

329

Di nuovo, E.FOCHESATO, Causa unitaria nell’ambito dell’operazione di leasing finanziario e

tutela dell’utilizzatore: una svolta della Cassazione?, cit., p. 379 e F.TOSCHI VESPASIANI, Natura giuridica del leasing: contratto collegato e contratto di <<scambio>>, cit., p. 60.

330

Peraltro, da un lato, la semplice richiesta effettuata al fornitore determina la sospensione del pagamento dei canoni; dall’altro, la risoluzione del contratto di fornitura determina la risoluzione di diritto, senza penalità e oneri, anche del contratto di leasing, S.PELLEGRINO, Le nuove regole sui contratti di credito ai consumatori, cit., p. 129.

141

Sebbene la disposizione prescinda dalle peculiarità strutturali proprie della sola locazione finanziaria (dovendo probabilmente la messa in mora essere diretta al concedente con il quale il consumatore conclude il contratto di leasing in senso stretto), essa comunque rappresenta un piccolo tassello normativo nell’astratta teorica del collegamento negoziale. Nonostante il circoscritto ambito soggettivo di applicazione, la stessa pare senz’altro maggiormente in grado di giustificare decisioni che prescindano dal contenuto del regolamento contrattuale e che, comunque, si impongono in una ricostruzione del fenomeno che già da tempo assume le vesti di un collegamento negoziale.