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CAPITOLO SECONDO Ipotesi di collegamento negoziale: tra tradizione e tendenze innovative

8. Contratto di concessione di vendita: cenni.

8.2. Segue: collegamento negoziale.

Che si tratta di un’operazione contrattuale strutturalmente e funzionalmente complessa è stato fin d’ora precisato attraverso una sintetica ricostruzione delle teorie più accreditate in ordine all’inquadramento giuridico della fattispecie negoziale de qua.

389

Così O. CAGNASSO, La concessione di vendita. Problemi di qualificazione, cit., p. 131.

390

In tal senso R. PARDOLESI, I contratti di distribuzione, cit., p. 297, il quale discorre di

collegamento funzionale, oggettivamente evincibile dalla unitarietà della funzione perseguita dai negozi stipulati, tali da risultare teleologicamente avvinti da un nesso di reciproca interdipendenza.

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Senza mai perdere di vista gli interessi perseguiti dalle parti e, dunque, quel profilo funzionale che la più attenta dottrina tenta di anteporre finanche alla descrizione strutturale, nonché alla stregua del modello recepito dalla giurisprudenza nelle sue più recenti pronunce, và precisato che l’aspetto saliente del contratto di concessione di vendita è rappresentato dalla preordinazione dello stesso alla creazione di un rapporto di vera e propria integrazione tra le parti contraenti, che, pur rimanendo soggetti distinti sul piano giuridico ed imprenditoriale, intendono costruire la loro relazione commerciale sulla base di un intreccio di collaborazioni. A fortiori, dunque, deve evidenziarsi che nel regolamento di interessi a ciò preordinato le parti mirano al perseguimento di un unitario risultato, tendenzialmente destinato ad avvantaggiare entrambi i soggetti (vale a dire, la massimizzazione delle vendite).

Orbene, se tale precisazione non si connota di falsità, allora quell’insieme di momenti (rectius: atti) solutori, successivi ed accessori rispetto al contratto quadro, vanno ad istituire con quest’ultimo un legame giuridicamente significativo e dunque a comporre quell’operazione contrattuale che complessivamente intesa è preordinata al raggiungimento di un unico risultato. Ne consegue che se un collegamento negoziale esiste esso può esclusivamente ipotizzarsi rispetto a quel contratto che, oramai, si è soliti definire “quadro”.

La spiegazione è molto semplice. I contratti di compravendita sono manifestazione, da un lato, ed eventualmente, dell’obbligo assunto dal concedente a vendere i prodotti oggetto del contratto quadro a determinate condizioni, e dall’altro, e principalmente, dell’impegno assunto dal concessionario ad acquistare i prodotti del concedente per collocarli sul mercato. Sicché i singoli e successivi contratti di compravendita presuppongono la conclusione del contratto- base, che non solo ne influenza i contenuti in relazione agli impegni reciprocamente assunti dalle parti, ma ne costituisce anche la premessa, e ciò non solo e non tanto perché i singoli contratti di compravendita non possono giuridicamente reggersi da sé, quanto perché sono proprio questi a dar concretezza a quella funzione di scambio che rappresenta uno dei momenti di cui si connota il contratto di concessione di vendita.

L’esistenza di un collegamento negoziale, invero, è stata sostenuta anche dalla giurisprudenza, in particolare si rammenta un recente provvedimento con il quale il giudice amministrativo ha chiarito che “la presenza di una convenzione quadro

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(…) – destinata a promuovere un numero indeterminato di contratti – rivela l’esistenza di un collegamento negoziale necessario fra i rapporti, di modo che gli effetti del primo si comunicano anche al conseguente ordinativo richiesto dall’Amministrazione contraente. (…) Pertanto, sul piano civilistico, l’originario contratto programmatico necessita di essere via via attuato mediante ulteriori e distinti accordi negoziali mano a mano conclusi tra l’Amministrazione contraente ed il fornitore”391.

Come precisato dal giudice amministrativo, se un nesso di interdipendenza esiste, questo va qualificato in termini esclusivamente di collegamento necessario con rilevanza, si aggiunge, unilaterale, in quanto non pare riconoscersi una interdipendenza fra contratti, tale per cui l’uno dipende dall’altro e viceversa, bensì una mera situazione di dipendenza di un unico contratto all’altro (il principale). Si aggiunge, inoltre, ma semplicemente per rammentare quanto già precisato nella sede opportuna392, che il collegamento necessario consegue alla “naturale” connessione esistente tra due o più negozi, tale per cui un negozio obiettivamente e necessariamente presuppone l’esistenza dell’altro, al fine di spiegare i suoi effetti393. In tali casi la volontà delle parti assume rilevanza circoscritta alla scelta che le ha indotte a dar vita alla predetta operazione negoziale, che si connota delle anzidette peculiarità e della precisata struttura.

E, dunque, secondo tale ricostruzione tra il contratto quadro ed i contratti di compravendita, singolarmente considerati, si istaura un rapporto di subordinazione dei secondi (singolarmente considerati) nei confronti del primo, sicché le vicende patologiche del rapporto principale si ripercuotono e trasmigrano in quello accessorio, mentre il rapporto principale rimane insensibile alle vicende che toccano l’accessorio.

D’altronde, ci si chiede, quale altro senso avrebbe l’ammissione dell’esistenza di un presunto collegamento tra i negozi considerati, se non quello di riconoscerne la rilevanza sul piano degli effetti. Per meglio dire, proprio l’esigenza di considerare le sorti del contratto di compravendita in caso di vicende patologiche che colpiscano il contratto principale, giustifica l’ingresso della tematica del collegamento negoziale.

391

Così T.a.r. Napoli Campania, sez. I, 4 novembre 2010, n. 22688, in Foro amm. Tar, 2010, 11, p. 3588.

392

Si rinvia nuovamente alle riflessioni di cui al precedente capitolo.

393

Classico esempio di collegamento necessario è il contratto parasociale rispetto al contratto di società, su cui l’interessante analisi di G. OPPO, I contratti parasociali, Milano, 1942, p. 72 ss.

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Queste riflessioni non possono però non ripercuotersi sulla evidente disomogeneità che investe il contratto quadro, da un lato, e i singoli negozi di scambio, dall’altro. Nel primo caso, infatti, siamo di fronte ad un contratto di durata, talvolta stipulato anche a tempo indeterminato, nell’altro siamo di fronte a contratti ad esecuzione istantanea. Sicché pare logico domandarsi se è dato ravvisare un collegamento tra negozi uno dei quali produca ed esaurisca, uno actu, il suo effetto tipico, caratterizzante la fattispecie. In tale caso, infatti, la traslatio

dominii si è già verificata nel momento in cui viene a caducarsi il contratto di cui

si riconosce il collegamento, pertanto alcun effetto potrebbe risultare travolto da detta caducazione.

In passato dottrina e giurisprudenza si sono a lungo interrogate sull’ammissibilità di un collegamento tra negozi ad esecuzione istantanea e negozi ad esecuzione continuata e periodica. Talvolta hanno sostenuto che al più potrebbe ammettersi un collegamento unilaterale, con dipendenza del rapporto di durata dal rapporto istantaneo, e non viceversa. Tra l’altra, invece, sono giunte alla medesima conclusione richiamando analogicamente l’art. 1458 c.c., per cui i singoli negozi si trovano in una situazione analoga a quella in cui si trovano, rispetto all’unico contratto ad esecuzione continuata o periodica, le singole prestazioni. In ultimo, hanno precisato che non sembrano esservi ostacoli teorici invalicabili a che i vizi di un rapporto di durata si ripercuotano su di un contratto ad esecuzione istantanea i cui effetti si sono già esauriti, dal momento che detta possibilità può realizzarsi attraverso una condizione e che la principale funzione del collegamento è proprio quella di sostituire il meccanismo della condizione394. Se tale ultima riflessione è manifesta espressione del consacrato abbandono di quella valutazione individuale o atomistica incentrata sul singolo contratto (benché collegato ad altri), e dunque frutto di quell’esigenza che intende tener conto dell’operazione plurinegoziale riguardata nella sua unità, invero essa è condivisibile nei limiti in cui può dirsi esistente un collegamento funzionale.

Nel caso di specie, il nesso non è “voluto” dalle parti ma è connaturale all’operazione negoziale realizzata, questa sì “voluta” dalle parti contraenti. Sicché dipendendo il contratto ad esecuzione istantanea da quello ad esecuzione continuata, una volta che il primo ha prodotto il suo tipico effetto, residuerebbe

394

Si rinvia a G.LENER, Profili del collegamento negoziale, cit., p. 38 ed ivi i riferimenti dottrinali e giurisprudenziali.

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successivamente solo come fatto storico, con la conseguenza che quell’effetto non sarà travolto dalla caducazione del negozio principale. Ne consegue, dunque, che l’eventuale scioglimento del contratto quadro, in presenza di ragioni che ne giustificano la risoluzione o il recesso per giusta causa, o, in assenza di esse, per volontà di uno dei contraenti e previo congruo preavviso, laddove il contratto sia stato stipulato a tempo indeterminato, non inficiano le forniture eseguite in esecuzione di un contratto (che allora era) ancora efficace.

Questa riflessione è anche motivo per precisare (o meglio ribadire) che i contratti di compravendita sono “attuativi” del contratto quadro, ovvero conclusi in esecuzione di un obbligo cha trae la sua fonte proprio nel contratto di concessione di vendita, sicché una volta che quest’ultimo risulti inficiato di inefficacia viene logicamente (nonché giuridicamente) meno il titolo che giustifica la stipulazione di ulteriori compravendite, senza che sia necessario ricorrere alla strumento dogmatico del collegamento negoziale per giustificare il predetto esito. La conclusione è frutto di talune riflessioni che fondano unicamente sui principi generali che reggono la disciplina contrattuale, pertanto se la teoria del collegamento negoziale vuole condurre (e non vi sarebbe ulteriore giustificazione del suo impiego) al medesimo risultato si è giunti per altra e più facile via, allora potrebbe (anzi deve) propendersi per una sua evidente inutilità.

Non si taccia, infine, di quel dato ricostruttivo che, nel consentire il superamento di oramai vecchie riflessioni teoriche, riconosce nel contratto di concessione di vendita un nuovo modello teorico di contratti di derivazione nord-americana definiti relational contracts (contratti relazionali)395. Nell’intendo di dar vita ad un rapporto che continui nel tempo, e dunque in considerazione dell’investimento eseguito o della produzione intrapresa, la scelta economicamente più conveniente per le parti consiste nel proseguire il rapporto attraverso l’adeguamento del contenuto del contratto alle circostanze sopravvenienti396. Tant’è che, nei contratti relazionali, le disposizioni pattizie sono per lo più convenute in modo incompleto affinché il contratto possa adeguarsi al mutare delle circostanze specie in contesti socio-economici caratterizzati da rapidi cambiamenti. Muta dunque il profilo ricostruttivo della fattispecie negoziale, non più caratterizzata da singoli contratti

395

Così M.TOMMASINI, La concessione di vendita, cit., p. 677.

396

In tema, C.M. D’ARRIGO, Il controllo delle sopravvenienze nei contratti a lungo termine tra

eccessiva onerosità e adeguamento del rapporto, in Sopravvenienze e dinamiche di riequilibrio tra controllo e gestione del rapporto contrattuale, a cura di R.TOMMASINI, Torino, 2003, p. 530.

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di puro scambio attuativi di un contratto quadro, bensì da differenti contratti relazionali caratterizzati da maggiore flessibilità la quale può riflettersi su tutti gli aspetti dell’obbligazione (dall’oggetto alle modalità di adempimento).

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CAPITOLO TERZO