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La soluzione creata da queste donne, per superare il problema, è stata quella di fare un finto contratto di lavoro domestico con un parente o un amico come datore di lavoro. Il rapporto naturalmente era fittizio, erano poche ore settimanali ma risultavano utili per raggiungere il

limite richiesto. Non c'era una vera busta paga, ma solo le spese dei contributi Inps da pagare che, la richiedente si sobbarcava. Tale escamotage era utile per la dimostrazione del requisito di reddito, altrimenti non sarebbe stato possibile fare la domanda per il coniuge. Questa si può configurare come una vera propria “tassa sull'unità familiare e sulla disoccupazione”. Il contratto di lavoro domestico infatti, come tipologia contrattuale, si presta a diventare la soluzione per aumentare la propria situazione reddituale o per reperire un rapporto lavorativo quando se ne ha bisogno come nel caso del rinnovo del permesso di soggiorno. Qualsiasi soggetto si può trasformare in datore di lavoro e questo serve a risolvere il problema del lavoratore. A quest’ultimo l'onere di pagare le spese ogni trimestre a copertura dei contributi Inps, unica cosa obbligatoria di questo lavoro. È una vessazione che pesa sugli immigrati che trovano questa strada come l'unica percorribile e si ritrovano a sborsare dei soldi a fronte, magari, di una situazione già precaria a livello economico.

“(..)Abitavamo già insieme in una casa in affitto e quindi problemi di alloggio non ne abbiamo avuto. Il mio problema è stato reperire il reddito necessario da dimostrare per fare la pratica. Mi ha aiutato mio cugino, che ha un'impresa edile e mi ha assunto come sua collaboratrice familiare. Non era vero come rapporto di lavoro ma mi serviva per arrotondare e raggiungere il reddito necessario. Erano solo 2 ore la settimana, non ricevevo in realtà lo stipendio ma pagavo solo i contributi dell'Inps. (..)” Hayat

“(..)Sono riuscita a fare il ricongiungimento solo nel 2009 perché ho avuto problemi a reperire il reddito necessario(..) io lavoravo per una cooperativa 25 ore la settimana ma il reddito non era sufficiente per mantenere mio marito e i miei due figli. La fortuna è che un mio amico italiano mi ha fatto il piacere di farmi un contratto di lavoro come collaboratrice domestica. Come capita in queste cose non ricevevo da lui uno stipendio ma mi pagavo i contributi Inps che è l’unica cosa obbligatoria da fare. Con questo trucchetto sono riuscita a raggiungere sufficiente reddito da dimostrare per fare il ricongiungimento di mio marito e poter mantenere tutta la famiglia qui in Italia.(..)” Souad

Anche in questi casi la discriminazione è forte: magari queste donne stanno lavorando per poche ore la settimana con un regolare contratto di lavoro e il resto delle ore non sono regolarmente comprese, quindi, non possono essere conteggiate ai fini del reddito da dimostrare. Sono molto frequenti le situazioni in cui il rapporto di lavoro domestico non conteggia tutte le ore che effettivamente la lavoratrice è impiegata ma, una parte è non regolare. Questo sistema è utilizzato per avere meno spese per il datore di lavoro che, così facendo, paga meno contributi all'Inps.

Quello del lavoro domestico è un ambito in cui è difficile attuare un vero controllo sulle condizioni di lavoro. In questi tipi di relazioni la parte debole, e maggiormente ricattabile, sono le lavoratrici straniere che, pur di lavorare e di avere uno stipendio per vivere, accettano qualsiasi situazione anche se molto ingiusta. Capita spesso che delle lavoratrici che, non sono assunte con tutte le ore effettivamente impiegate, siano costrette a inventarsi, per raggiungere il limite richiesto, dei contratti di lavoro fittizi. Non riescono a farsi valere presso il datore di lavoro, non possono chiedere a lui la piena regolarizzazione del contratto e ne subiscono le conseguenze: ricercare personalmente un finto datore di lavoro e pagare la quota di contributi Inps. Questo sistema è utilizzato ogni qualvolta c'è bisogno di dimostrare un reddito o un contratto di lavoro e quindi lo si ritrova nelle domande di sanatoria, di decreto flussi, di rinnovo del permesso di soggiorno o nella domanda di ricongiungimento familiare. A volte sono conoscenti italiani che si prestano come datori di lavoro, altre volte sono connazionali e addirittura, possono essere, dei parenti.

Dall'analisi di queste interviste si può ben vedere che, seppur la legge pone dei confini ben precisi, tali da condizionare in maniera importante la vita dei richiedenti e dei propri familiari, queste esperienze raccolte, dimostrano come ci sono dei modi per non sottostare a questi obblighi. Che la legge può essere rispettata ma con creatività si possono trovare

le vie per superare gli ostacoli che essa pone.

Queste donne con consapevolezza hanno conosciuto e approfondito la legislazione in materia, quelle leggi specifiche che riguardavano il loro bisogno e il loro diritto all'unità familiare. Hanno conosciuto in profondità la normativa e escogitando una soluzione ai problemi che poneva. Non si sono demoralizzate, non hanno accettato passivamente o hanno atteso i tempi necessari. Non sono state presenze attive che hanno esplorato e trovato modalità nuove e diverse per arrivare al limite di reddito richiesto, per reperire un alloggio adeguato alla domanda di ricongiungimento.

Sono diventati dei soggetti attivi, promotori di percorsi migratori di altri. Mi piace sottolineare il ruolo attivo che hanno assunto queste donne, per non vederle sempre e solo come migranti passive al seguito di un marito che decide per loro e che determina la loro esistenza. Qui il quadro e le modalità di vivere il proprio progetto migratorio si ribalta ed emergono queste figure femminili attive e promotrici di altre partenze. Con molta forza e caparbietà affermano un loro diritto e si impegnano in prima persona per farlo rispettare. Decidono che per loro, per la loro vita è importante compiere determinate scelte, con consapevolezza e determinazione concretizzano tutti i passi necessari per la loro realizzazione. Sono poco disponibili ad essere soggiogate dai limiti della legge, ad esempio, cercano la maniera per forzare il tempo che devono aspettare per maturare i requisiti da dimostrare per la richiesta del ricongiungimento. Per loro è importante che il coniuge arrivi presto, accanto a loro per far nascere e costruire la loro famiglia, per poter vedere realizzato il desiderio di essere mogli e madri. Questo è un diritto che nessuna legge può negare, è un diritto inalienabile di ogni persona umana: vivere con vicino i propri affetti e le proprie relazioni familiari.