• Non ci sono risultati.

Con il termine famiglia si intendono aggregati diversi di persone che vivono insieme e sono accomunate da dei legami per cui formano un nucleo distinto; si rivela uno dei luoghi principe di costruzione sociale della realtà a partire dagli eventi e dai rapporti interni1.

Gli studi di sociologia e di storia sociale hanno voluto approfondire la varietà di esperienze familiari nel passato perché le differenti forme di famiglia hanno rappresentato un passaggio significativo per la comprensione di come una società e un gruppo attribuiscono significati all'esistenza nel mondo, alla propria presenza nel tempo, nello spazio e nelle dinamiche sociali2.

1 Saraceno C., Naldini M., Sociologia della famiglia, Manuali Il Mulino, Bologna, 2013. 2 Saraceno C., Naldini M., Sociologia della famiglia, Manuali Il Mulino, Bologna, 2013.

La famiglia è uno degli attori sociali che contribuisce a definire i modi e i sensi del mutamento sociale, diversifica anche l'esperienza di chi ne fa parte in base al genere e all'età.

Il nucleo familiare diventa anche lo spazio dove matura una determinata divisione dei ruoli, del lavoro, dei valori e dei destini personali di uomini e donne.

La famiglia è sensibile ai processi sociali e muta nel tempo, da un luogo ad un altro, cambia all'interno dei vari ceti sociali, si modifica con il passare del tempo e nello svolgersi dei cicli di vita3.

Questo è valido sia per il passato che per il presente: nascite, morti e matrimoni producono continui cambiamenti nel tipo di legami tra i familiari, mentre la crescita e l'invecchiamento mutano le competenze, l'attribuzione del potere e dell'autorità4.

Questo si diversifica molto nelle costruzioni sociali dei vari paesi, infatti, l'influenza culturale sul modo di considerare l'unità famiglia è determinante. Ad esempio ci sono parenti, come ad esempio nonni e zii, che possono essere pensati come legami significativi e quindi inclusi nel termine “famiglia”, così importanti da non poterli escludere nella considerazione del nucleo familiare.

Anche nelle intervistate si è visto questa diversità di valutazione e di considerazione.

Ad esempio, chi è stata ricongiunta dal padre quando era una ragazza, nelle risposte all'intervista ha fatto una netta distinzione tra “la mia famiglia” composta dai genitori e da fratelli e sorelle. Quindi considerando un vincolo molto stretto.

E ha considerato famiglia allargata e non in senso stretto, quasi fossero degli estranei, zii e zie, cugini e nonni. Pensati come dei parenti lontani, con un debole legame con la stessa persona e con i suoi familiari più vicini. Un modo quasi per giustificare la separazione

3 Saraceno C., Naldini M., Sociologia della famiglia, Manuali Il Mulino, Bologna, 2013.

4 Berkner L.K., La famiglia-ceppo e il ciclo di sviluppo della famiglia contadina, in Barbagli M. (a cura di),

fisica che l'ha portata a stare in terra straniera, a non avere forti contatti e rapporti con il resto della famiglia che è rimasta in Marocco. La distinzione si percepisce netta tra il “noi” e “loro”, il distacco è quasi una recisione.

Sembra che queste donne provino un senso di colpa per aver abbandonato la terra d'origine e che operino per provare che la loro emigrazione non è tradimento né un atto individualista ma, al contrario, è “un sacrificio compiuto per la causa e per l'interesse del gruppo”5.

“(..)Qui in Italia siamo tutta la nostra famiglia in senso stretto. C’è mia mamma, mio padre, mia sorella più piccola e la mia gemella. Vivono ancora in casa insieme. Io invece da 2 anni vivo con mio marito e con la mia famiglia.

Siamo arrivate tutte con il ricongiungimento familiare che ha fatto mio papà per tutte noi. In Marocco abbiamo solo zii e cugini, i miei nonni sono morti da tanto tempo.(..)” Saida

Chi, invece, è arrivata qui da adulta parla un po' diversamente dei rapporti di parentela. Non appare nelle interviste la profonda distinzione tra “la mia famiglia” in senso stretto composta da genitori e fratelli, e loro, il resto dei parenti dall'altra parte in Marocco.

I racconti sono nettamente diversi perché evidenziano il vincolo con il familiare che è stato “figura di ponte” per il loro arrivo in Italia, sottolineano questa relazione particolare con la sorella o il fratello che le ha permesso di lasciare il Marocco e di sistemarsi qui. In alcuni casi le parole usate sono quelle della gratitudine, in altri casi percepiscono il parente come un controllore, una figura che ha potere decisionale sulle proprie scelte e preferiscono allontanarsene. Quest'ultimo atteggiamento è più frequente nel caso il parente di riferimento è un uomo come può esserlo un fratello maggiore o uno zio.

5 Sayad A., La doppia assenza. Dalle illusioni dell'emigrato alla sofferenza dell'immigrato, Cortina Raffaello, Milano, 2002.

“(..) mia sorella, quella più vicina a me e lei continuava a dire: “Ah se ci fosse mia sorella qui, ha se ci fosse mia sorella qui.”. Alla fine mio cognato le ha fatto una sorpresa. Ha fatto tipo la lettera di invito per me, (..) Non pensavo che mi davano il visto così facile, poi un giorno mi sono decisa, sono andata in ambasciata italiana. (..) Alla fine ho preso il visto e sono arrivata in Italia come turista. (..)” Nadia

“(..)Non potevo più della situazione. Sono resistita per un anno e 3 mesi e poi una mia amica che abitava in provincia di Venezia ma ha detto di andare da lei che avrei potuto più facilmente trovare un posto di lavoro.

Così mi sono trasferita e la mia vita è migliorata perché il lavoro era diventato troppo duro e con mio zio e la sua famiglia non stavo più bene.(..)” Saadia

Dai racconti delle donne arrivate da sole, per lavoro e non ricongiunte da piccole, si nota un diverso modo di riferirsi ai parenti rimasti in Marocco. Sono più attente e sensibili, ad esempio, alle condizioni di salute dei genitori rimasti al paese d'origine, forse perché sono già anziani e hanno bisogno di maggiori cure e loro si sentono responsabili della loro vita perché hanno avuto il tempo e il modo di vivere insieme e di approfondire la relazione affettiva.

Tanto che, per esempio, Zorah ricongiunge la madre anziana prima per non sentirsi così sola ed essere più tranquilla, ma è una reciproca esigenza, e in secondo luogo per darle la possibilità di curarsi qui in Italia, dove il sistema sanitario non è così costoso come in Marocco.

“(..)Voleva essere tranquilla, non con una vita così caotica e mi ha chiesto di venire qui con me. Anche perché io ero in Italia sola e mi avrebbe fatto compagnia.(..) ha un grosso problema alle ginocchia, le ho fatto fare tutte le analisi necessarie e ora che le ho prenotato addirittura l'appuntamento per l'intervento chirurgico non ne vuole sapere di venire qui.

In Italia c'è la possibilità di avere l'assistenza sanitaria tramite l'iscrizione al sistema sanitario ma in Marocco non è così.(..)” Zorah