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Il contributo della polizia alle Giunte di Scrutinio per l’epurazione dei carbonar

La reazione borbonica: la persecuzione e le condanne dei carbonar

IV. 1. Il contributo della polizia alle Giunte di Scrutinio per l’epurazione dei carbonar

«Non già come inibiti ad uno esilio contro loro decretato, ma per dirigersi per genio di viaggiare in qualunque parte loro aggrada fuori da’ R. Domini»422.

IV. 1. Il contributo della polizia alle Giunte di Scrutinio per l’epurazione dei carbonari

Il governo provvisorio, installato il 28 marzo 1821, come primo atto ripristinava la legge dell’agosto del 1816 che proibiva le società segrete. Con un altro decreto del 9 aprile 1821, istituiva le Corti Marziali straordinarie contro i settari e prescriveva che, chiunque fosse diventato carbonaro a partire da quella data sarebbe incorso in gravi pene. Sottolineava, inoltre, che la mancata denuncia dei settari avrebbe comportato una pena detentiva da tre a dieci anni, e che, in caso di arresto, se il carbonaro avesse confessato avrebbe goduto dell’impunità423.

422 Archivio di Stato di Napoli, Ministero Della Polizia Generale. Prima Numerazione (1792-1819) Affari

Di Sicilia, vol. 348, “Eliminati dai Reali Domini con R. Rescritto de 30 ottobre 1822, volume 1°”.

Gli ordini arrivati da Napoli indicavano la chiara volontà del governo di operare anche in Sicilia una forte repressione della carboneria, ma anche e soprattutto un più vigile controllo sullo spirito pubblico dell’isola. Si provvedeva in seguito a costituire anche in Sicilia delle Giunte di Scrutinio che avrebbero dovuto esaminare, attraverso un questionario ad hoc, la condotta tenuta dai funzionari pubblici, dal clero e dagli insegnanti, durante il Nonimestre e segnalare gli appartenenti alle società segrete. Di conseguenza, coloro che venivano indicati come carbonari sarebbero stati esonerati dal loro incarico.

L’operato di queste giunte in Sicilia era segnato da notevoli ritardi, per la difficoltà con cui venivano raccolte le prove contro i settari. In particolare, le difformità nella raccolta e nella trasmissione dei dati al Governo, specialmente per quanto riguardava la città di Palermo, erano state più volte segnalate dal direttore generale di polizia, il marchese delle Favare, attraverso numerose lettere424.

Era stato fornito, pertanto, a tutte le commissioni di Scrutinio un questionario articolato diversamente a seconda del contesto locale. Quello preparato per la città di Napoli, composto da dieci domande, era così formulato:

1. In quale epoca sia stato impiegato e se nel Decennio abbia ottenuto promozione;

2. se sia (stato) iscritto alla Carboneria o a qualunque altra setta; 3. per quale oggetto egli l’abbia fatto;

4. in quale epoca vi si sia iscritto; 5. a quale vendita egli sia appartenuto; 6. se vi sia mai intervenuto;

7. se abbia stabilito vendite carbonarie o unioni di altre sette o abbia procurato di stabilirne;

8. quale sia stata la di lui condotta dal dì 2 di luglio 1820 fino al 23 marzo corrente anno 1821;

9. se sia stato autore o complice di proclami, giornali, libelli e altre opere; specialmente di qualunque stampa irreligiosa o rivoluzionaria che attacchi la religione, il Governo, o la sacra persona del Re N. S.;

10. se si sia volontariamente offerto di prendere le armi contro il legittimo potere o se abbia consigliato altri a seguirlo425.

424 ASN, Ministero di Grazia e Giustizia, Affari di Sicilia, b. n. 6124.

425 A.SCIROCCO, «La reazione a Napoli nel 1821 e la riabilitazione dei compromessi», in A.MANGO (a

cura di), L’età della restaurazione e i moti del 1821, Atti del Convegno Internazionale di studi, Bra, 12-15 novembre 1991, Edizioni L’Artistica, Savignano, 1992, pp. 225-235. Il questionario è alla pagina 228. Il professore Scirocco ha sostenuto che in Sicilia non si è verificata una repressione intensa come nella parte continentale del Regno attraverso le commissioni di scrutinio. Tale epurazione avvenne, come confermato da LABATE, ma anche da DE FRANCESCO. In particolare, quest’ultimo ha sostenuto che gli esclusi dalla

Il questionario preparato per la città di Palermo era il seguente:

1. in quale epoca sia stato impiegato, o se abbia ottenuto pensione; 2. se sia ascritto alla Carboneria, o a qualunque altra Sétta;

3. per quale oggetto egli l’abbia fatto; 4. in quale epoca vi si sia scritto; 5. a quale vendita sia egli appartenuto; 6. se sia mai intervenuto;

7. se abbia stabilito vendite carbonarie, o unioni d’altre sétte, o abbia procurato di stabilirne;

8. quale sia stata la di lui condotta tenuta dal dì 14 luglio 1820 sino a tutto marzo del corrente anno 1821;

9. se sia stato autore o complice di proclami, giornali, libelli ed altre opere; specialmente di qualunque stampa irreligiosa o rivoluzionaria, che attacchi la Religione, il Governo o la sacra persona del Re N. S.

10. se si sia volontariamente offerto di prender le armi contro il legittimo potere, o se abbia consigliato altri a seguirlo;

11. se abbia avuto parte a’ disordini commessi da’ tumultuosi, o agli attentati del ribelle Rosaroll426.

Osservando i due testi, è possibile evidenziare alcune differenze. In primo luogo, nel questionario napoletano si faceva cenno alle possibili cariche ricoperte dal soggetto scrutinato durante il decennio, come se questo fosse importante per l’individuazione dei carbonari, elemento che non compariva in quello palermitano, nel quale non era nemmeno presente un riferimento agli anni inglesi, malgrado comunque spesso si ritrovavano indicazioni in tal senso nei rapporti di polizia. In secondo luogo, l’ambito cronologico degli eventi rivoluzionari era diverso, compatibile con le date di insurrezione. Nel caso palermitano, tuttavia, il pericolo era associato a due epoche diverse del Nonimestre, sia prima che dopo la Convenzione di Termini. In ultimo, si può notare che il questionario palermitano constava di undici domande, invece di dieci: l’ultima riguardava evidentemente il tentativo di resistenza agli Austriaci ordito del generale Rosaroll nel marzo del 1821.

Gli elenchi redatti dalle varie commissioni di scrutinio tenevano, dunque, in considerazione i criteri indicati dal legislatore nel momento della loro istituzione. Tali

gestione della cosa pubblica in seguito al Nonimestre che avevano ruoli all’interno dell’amministrazione borbonica non vennero più reintegrati. Cfr. DE FRANCESCO, La guerra di Sicilia…, cit.; LABATE, Un

decennio di carboneria…, vol. I, cit.

426 Il questionario, riportato fedelmente da Valentino Labate, è conservato presso l’ASP, Segreteria di

Stato presso il Luogotenente Generale Polizia, f. 7. In LABATE, Un decennio di carboneria…, vol. I, cit., pp. 118-119. I questionari compilati dai funzionari siciliani sono conservati presso l’ASN, Ministero di Polizia generale, I numerazione, vol. 6126-6127.

condizioni stabilite sarebbero state usate in quasi tutti i rapporti di polizia, proprio perché sarebbe stata quest’ultima a dover fornire le prove necessarie alle giunte per potere individuare un soggetto come carbonaro.

Una richiesta del Marchese delle Favare, in particolare, veniva respinta dal Re durante il Consiglio di Stato del 31 gennaio 1822, vale a dire concedere «un perdono per quietarsi gli animi troppo agitati, ed impedire ogni nuovo tentativo contro la pubblica tranquillità»427. L’indicazione che arrivava era, invece, di procedere secondo le leggi del Regno contro i settari e, più in generale, di ricondurre la Sicilia all’ordine.

Da tale segnalazione si evincono una serie di interessanti risultati, inerenti al ramo dell’amministrazione pubblica. In essa, infatti, vengono elencati ben 842 impiegati statali appartenenti alla carboneria e provenienti rispettivamente a sei delle sette valli siciliane: Valle di Messina (264), Valle di Catania (141)428, Valle di Caltanissetta (84), Valle di Girgenti (49), Valle di Siracusa (83), Valle di Trapani (221).

427 ASP, I Ministero e Real Segreteria di Stato per gli affari di Sicilia presso S. M. – Interno (rep. 120),

vol. 16, f. 32, a. 1822. Questo fondo, in precedenza conservato presso l’Archivio di Stato di Napoli è stato in seguito trasferito alla sede “Gancia” di quello di Palermo.

428 Per il Valle di Catania Antonino De Francesco riporta un altro documento da cui ha attinto le

informazioni sugli impiegati. Il documento “Stato degli impiegati amministrativi del valle di Catania”, conservato presso l’Archivio di Stato di Palermo, Ministero e Segreteria di Stato presso il luogotenente generale Interni, b. 61, indica delle cifre diverse, perché include diverse categorie di impiegati, includendo i giudici e quindi non solo gli impiegati dell’amministrazione in generale, riporta 116 individui totali iscritti alla carboneria ed è datato 7 maggio 1821. Risale a sei mesi prima del documento trasmesso a Napoli dal marchese Delle Favare. Dei 116 impiegati indicati, vi sono 13 giudici, 9 commessi, 6 cancellieri, 2 segretari, 13 uscieri, mentre tra il personale dell’Intendenza sono elencati 2 consiglieri, 4 capi ufficio, 4 sostituti e 27 ufficiali (di prima e seconda classe). Le vendite alle quali risultano appartenere sono 13. In DE FRANCESCO, La guerra di Sicilia…, cit., p. 286, nota n. 66 e p. 313.

Per quanto riguarda i religiosi accusati di essere affiliati alla setta la “Giunta di scrutinio per il settore ecclesiastico” sottoponeva a controllo ottomila soggetti, di cui 380 risultavano essere carbonari. Pochissimi erano coloro che si autodenunciavano. Le destituzioni erano solamente 42, e generalmente la condanna minima da espiare consisteva nel praticare gli esercizi spirituali, imposti d’autorità dal vescovo competente429.

429 I dati utilizzati per la redazione dei grafici sono stati ricavati da LABATE, Un decennio di carboneria…,

Emergeva, dunque, una scarsissima adesione nella Sicilia occidentale, ed in particolar modo a Palermo. In realtà i religiosi compromessi nella sola città di Palermo erano 37, ben più dei due individuati da Valentino Labate430.

Un dato mancante nei “Notamenti” redatti dalla polizia era molto spesso l’età dei soggetti. Questi documenti raccoglievano delle annotazioni su alcuni individui, informazioni spesso incomplete e prive di indicazioni chiare che portavano a frequenti scambi di persona che la polizia non riusciva ad evitare e che allungavano i tempi della corrispondenza fra i vari ufficiali preposti431. In tal senso, per poter fornire un quadro complessivo più agevole sull’insurrezione del 1820 e la successiva repressione, si è scelto di aggregare i dati che emergevano dai processi, istruiti presso le corti di riferimento, tra il 1821 e il 1823432. Il risultato è un’età media dei soggetti coinvolti di 32 anni, ma soprattutto una distribuzione per età che si può evincere dal seguente grafico:

430 ROTA, «Società, politica e rivoluzione…», cit., p. 242.

431 Ne è un esempio il caso della richiesta di informazioni su un certo Nutto Odò. La polizia non riusciva

ad identificare il soggetto e offriva delle possibili interpretazioni del nome, come se i funzionari fossero abituati anche ad errori di trascrizione. Probabilmente le informazioni riguardavano padre Vincenzo Oddo, colui che era stato fra i primi carbonari a Messina (si veda sul punto il cap. II). La ricerca di “Nutto Odò” andava avanti per mesi, si veda sul punto ASP, Direzione Generale di Polizia, vol I, fasc. 32, inc. 5.

432 I dati sono stati elaborati sulla base delle sentenze emesse dalle Corti marziali e dalle commissioni

militari già pubblicate da Valentino Labate e Vincenzo Guardione:Sentenza della corte marziale straordinaria di Palermo (18 settembre 1821), Sentenza della Corte Marziale di Palermo (29 gennaio 1822), Sentenza della Commissione Militare di Palermo (11 aprile 1823), Stato nominativo degl'imputati di misfatto contro lo Stato e Real Corona esclusi dall'Amnistia del 28 settembre 1822.

Non solo, dall’analisi dei carbonari processati nella fase più acuta della repressione, risulterebbe ancora più chiaramente come l’età sia un fattore determinante per individuare coloro che avrebbero riutilizzato le idee apprese nella setta nelle nuove formazioni segrete che si sarebbero diffuse negli anni successivi. Una generazione di rivoluzionari che chiedeva maggiore partecipazione. Per questo, si noti come le due fasce di età che racchiudono il campione compreso fra 21 e 40 anni costituisca il 77%. Molti di loro, dunque, sarebbero stati nelle condizioni di continuare l’attività cospirativa, qualora avessero potuto e voluto, giungendo anche a partecipare al ’48.

IV. 2. I carbonari palermitani e il Nonimestre nelle indagini della Direzione