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Coordinare per reprimere: l’azione della direzione generale contro la carboneria

La Direzione Generale di Polizia di Palermo e la lotta contro la Carboneria siciliana

III. 3. Coordinare per reprimere: l’azione della direzione generale contro la carboneria

La repressione della carboneria e delle sette segrete in generale era stata fin dalla nascita del Regno delle Due Sicilie un problema per il governo. I numerosi tentativi di legiferare in materia erano, probabilmente, il sintomo principale di una condizione di precarietà del paese, attraversato come detto da varie anime, con una situazione politica variegata e mutevole.

La Direzione Generale di Polizia di Palermo era alle dipendenze, nei primi anni dalla sua fondazione, fatta eccezione per il periodo rivoluzionario del Nonimestre, del marchese Pietro Ugo delle Favare.

Il 17 agosto 1819, qualche mese prima dell’introduzione nell’ordinamento del Regno delle Due Sicilie della “direzione generale di polizia” (una per Napoli, l’altra per Palermo), veniva promulgato a Napoli un decreto riguardante la soppressione nei domini al di là del Faro degli “ufizj di polizia”. L’ex capitano giustiziere Marchese Ugo delle Favare399, che esercitava tutte le funzioni delle autorità di Polizia, coadiuvato dall’ex inquisitore e dall’ex procuratore fiscale400, e che dal 1824, durante il suo

vietate: polizze di cambj, verificazione di pesi e misure: vigilanza sul marchio di oggetti di oro e di argento, mercati e circolazione libera della sussistenza: posti fissi e volanti di venditori di ogni genere: cibi e bevande malsane: vigilanza sulle farmacie, su’ medici e cerusici, e sulle levatrici: pubblica salute, per la parte che riguarda la polizia, fosse, veterinaria, luoghi immondi: ramo meretricio: ospedale delle donne infette».

398L’articolo 3 delle Istruzioni sulla polizia approvate da S. M. il 22 gennaio 1817 prevedeva: «La polizia

ordinaria ha per oggetto la prevenzione de' reati: ed è sotto questo aspetto la coadiutrice della giustizia penale. Il suo carattere principale è la vigilanza».

399 Si veda in proposito F.DE SPUCCHES-M.GREGORIO, Storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia dalla loro origine ai nostri giorni, rist. anast., vol. III, pp. 214-215, quadro n. 349 “Barone delle Favare o

di Menelao”. Inoltre, sull’incarico di capo della polizia di Palermo prima già nel 1819 al marchese Delle Favare si rimanda a G.BIANCO, La rivoluzione siciliana del 1820, Seeber, Firenze, 1905, p. 16.

400 Art. 2, R. D. n. 197 del 17 agosto 1819 in Collezione delle leggi e dei reali decreti del Regno delle Due Sicilie, anno 1819, semestre II, p. 133.

mandato di Luogotenente Generale in Sicilia era stato disprezzato dai suoi contemporanei401.

L’operato del Delle Favare veniva posto in discussione dai suoi detrattori sin dal luglio del 1820. Già in maggio la direzione generale iniziava a ricevere richieste di informazioni su individui provenienti da tutta l’isola, perché il fenomeno carbonaro, era stato, malgrado un avvio incerto, un evento esplosivo. Secondo il marchese di Raddusa, l’insurrezione palermitana sarebbe stata causata

dall’inefficienza del marchese Delle Favare, che sarebbe fuggito allo scoppio dei primi tumulti, non vigilando sull’ordine pubblico402.

401 F.BRACCI, Memorie storiche intorno al governo della Sicilia dal 1815 sino al cominciamento della dittatura del generale Garibaldi, Pedone Lauriel, Palermo, 1870, p. 50.

402 F.PATERNÒ CASTELLO, Saggio storico e politico sulla Sicilia dal cominciamento del secolo XIX al 1830, Edizioni della Regione Siciliana, p. 146.

Figura 2: Il marchese Pietro Ugo delle Favare durante la sua Luogotenenza in Sicilia. Fonte: Museo Centrale del Risorgimento

A Palermo, il principale esponente del ramo segreto della polizia era un certo Giovanni (De) Gregorio403. Le informazioni che avevano condotto alla scoperta dei piani dei carbonari guidati da Ferdinando Amari e Salvatore Meccio era state raccolte proprio dal Gregorio, che infiltrando una spia in una vendita era riuscito ad impedire il piano dei cospiratori. Uno dei procedimenti fondamentali attraverso i quali risalire ai settari era, appunto, quello di organizzare delle reti di delatori, o ottenere le confessioni da parte di coloro che venivano accusati, anche attraverso torture.

La direzione generale di polizia di Palermo, aveva, come detto, competenze maggiori sulla città e sul valle dove esercitava la propria azione diretta, mentre sul resto dell’isola controllava il territorio attraverso gli intendenti e dei sottointendenti. Concretamente, si potrebbe sottolineare come il ruolo della direzione generale di polizia era quello di fornire alla luogotenenza, e dunque attraverso questa al re, ed al Governo, i rapporti periodici ricostruiti in base a quelli provenienti da tutta l’isola.

Al momento della nomina, il 30 maggio 1820, poche settimane prima dello scoppio dei moti, il nuovo luogotenente generale in Sicilia, il generale Diego Naselli, riceveva le Istruzioni Segrete, che prevedevano particolari provvedimenti da assumere in condizioni eccezionali. In particolare, l’articolo 9 definiva l’importanza della vigilanza sull’ordine pubblico:

Potendo la tranquillità pubblica in particolare essere compromessa per l’opera de’ malintenzionati e di quegli uomini che, professori di massime perniciose ed ardenti di desiderio di novità, lusingansi di migliorar la condizione e di trovar vantaggio nella sovversione dell’ordine pubblico, è per tanto indispensabile di tener su quella classe di uomini un occhio vigilante e indagatore, ove di render inutile ogni opera loro nel primo suo nascere, prevenirla ancora potendo, ed arrestarne il corso ove già fosse avviata. Le leggi penali dall’art. 303 al 312 provvedono il conveniente a carico di coloro che appartengono a sette o segrete riunioni ma spesso giova di occorrere al riparo di ogni disordine in tal ramo con celeri ed opportuni

provvedimenti amministrativi di polizia. Userete perciò su questo articolo massima vigilanza ed accorgimento: farete che tutti gli agenti di polizia veglino anch’essi diligentemente, e con segretezza raccolgano gli elementi di prova contro coloro che possano aver formato delle sette o segrete riunioni: e di tutto informando ce ne

403 In un documento anonimo dell’ Archivio Borbone, dal titolo “Cenni su un sistema di polizia generale”,

si teorizzava la necessità di istituire un ramo segreto che avesse come fine «conoscere prevenire e colpire tutto ciò che interessi sotto qualunque rapporto, la sicurezza della Sacra Persona di S. M., della Sua Famiglia. Del suo Trono e de’ suoi Stati, non che il pieno e libero esercizio dell’Autorità sovrana e governativa». Composto da otto rami, uno per ogni ambito necessario al corretto funzionamento della società, avrebbe dovuto coesistere con il “corpo pubblico” della polizia, che, tuttavia, non avrebbe saputo dell’esistenza di tale ordine, se non nei suoi massimi esponenti. ASN, Archivio Borbone, fasc. 278.

darete distintissimo conto per aspettare le nostre determinazioni. Darete però ne’ casi urgenti tutte le disposizioni che stimerete opportune404.

La necessità di controllare e prevenire, prima ancora che reprimere, e di raccogliere elementi in materia di sette segrete, si rafforzava nel momento in cui, in casi “urgenti” veniva attribuita al luogotenente generale la facoltà di potere prendere decisioni senza prima avere ricevuto istruzioni dettagliate da Napoli. Questa disposizione, in via quasi residuale, in realtà attribuiva un generico potere molto incisivo al titolare della luogotenenza, e non casualmente veniva scelto un tenente colonnello della Real Marina a sovrintendere sulla Sicilia dopo la partenza del principe ereditario.

Dopo la sollevazione palermitana, il principe di Cutò, veniva nominato luogotenente generale in sostituzione di Diego Naselli e, il 5 luglio 1821, riceveva nuove istruzioni segrete. Queste contenevano precise indicazioni rispetto alla collaborazione con la Direzione Generale di Polizia. In particolare, si faceva riferimento alla «tranquillità pubblica» che poteva essere «compromessa per l’opera di malintenzionati, e di quegli uomini, che professori di massime perniciose, ed ardenti di desiderio di novità» che avrebbero potuto creare nuovi disordini ed operare contro lo Stato. Per questo veniva ribadito quale avrebbe dovuto essere il comportamento del luogotenente generale circa i settari, per i quali era necessaria la «massima vigilanza ed accorgimento». In questi casi, egli avrebbe dovuto incentivare l’azione del direttore generale di polizia affinché

vegli, e curi, che tutti gli agenti di Polizia veglino anch’essi diligentemente, e con segretezza raccolgano gli elementi di prova contro coloro che possano averne formato. Costoro saranno immediatamente sottoposti alle pene stabilite nell’ultimo Decreto da noi emanato in data de’ 5 luglio 1821 che farete pubblicare, e rendere esecutorio in Sicilia405.

Veniva ribadito, inoltre, che il luogotenente generale avrebbe dovuto avere una «ordinaria e regolare corrispondenza» con il Direttore Generale, che avrebbe fornito «preziosi rapporti sullo stato della pubblica tranquillità in tutta l’Isola, sull’andamento

404 ASN, Archivio Borbone, vol. 984, “Istruzioni pel generale Naselli”.

405 Il decreto a cui si fa riferimento nel testo è, forse, quello del 6 luglio 1821 inerente alla proibizione di

«pubblicare scritti riguardanti le loro politiche relazioni» rivolto sia ai siciliani che ai napoletani.

Collezione delle leggi e dei decreti…, cit., 1821, II semestre, pp. 15-16. «Istruzioni segrete date al

dello spirito pubblico, e sopra tutt’altro, che in affare di Polizia dev’esser portato alla vostra superiore attenzione»406, passando attraverso la direzione di Grazia e Giustizia, secondo le nuove attribuzioni stabilite il 5 luglio 1821. Si poneva in evidenza, però, che alcuni casi urgenti e «di somma segretezza» avrebbero richiesto misure straordinarie. Per questo, non solo il luogotenente generale avrebbe potuto incontrare personalmente il direttore, avendo così una consegna diretta dei rapporti di polizia, ma avrebbe anche potuto riceverlo durante il Consiglio di Sicilia, generalmente composto, oltre che dal luogotenente, anche dai direttori delle finanze, di giustizia e dell’interno407. Il marchese

Delle Favare proponeva al Luogotenente il 22 gennaio 1822 di abolire le giunte di scrutinio e di concedere un “perdono generale” a tutti i carbonari coinvolti nella congiura ordita da Salvatore Meccio che non fossero stati condannati dalla Corte Marziale408.

In seguito, nel 1824 un elenco ancora più dettagliato di disposizioni segrete, era fornito al marchese Delle Favare, che contestualmente veniva nominato luogotenente generale in Sicilia, mentre alla direzione generale di polizia veniva assegnato Mariano Cannizzaro409. Un unico corposo articolo riguardava complessivamente le consuete

istruzioni inerenti al fatto che il luogotenente avrebbe dovuto attendere le “sovrane risoluzioni” prima di potere agire, tuttavia, in merito ai reati riguardanti l’ordine pubblico, veniva concesso un potere eccezionale in via residuale, in caso di emergenza, che si riporta di seguito:

Nei casi insolentissimi di tumulto, o d’insurrezione contro la nostra Autorità, o la pubblica amministrazione, e negli atti prossimi a tumulto, oltre alle facoltà amplissime, che vi da la carica importantissima, di cui vi abbiamo rivestito, vi concediamo il pieno esercizio dei diritti di Sovranità al modo stesso, che Noi ne useremmo se fossimo sopra luogo. In conseguenza farete dei casi anzidetti tre classi: l’una di quei misfatti, che si possono con saggio antevedimento, e senza

406 «Istruzioni segrete date al luogotenente generale Nicola Filangieri, Principe di Cutò», in ASN,

Archivio Borbone, vol. 984.

407 Il decreto “con cui vengono stabilite le nuove basi del Governo pe’ reali domini di qua e di là del faro”

veniva promulgato il 26 maggio 1821, prevedendo all’articolo 3 la composizione del Consiglio di Sicilia. In R. VENTIMIGLIA, Collezione delle leggi, dei reali decreti, sovrani rescritti, regolamenti e delle

ministeriali riguardanti la Sicilia dal 1817 al 1838, Stamperia all’insegna del Leone, Catania, 1839, vol.

1, pp 548-549. Così anche L. BIANCHINI, Della storica economico civile di Sicilia, Stamperia di Francesco Lao, Palermo, 1841, vol. 2, p. 66.

408 LABATE, Un decennio di carboneria…, vol. I, cit., p. 133, nota n. 2; p. 147, nota n. 1; p. 193, nota n. 2. 409 Mariano Cannizzaro (1774 ca. – 1836), in seguito sarebbe stato presidente della Gran Corte dei Conti

compromissione del Governo abbandonare al corso ordinario dei giudizj: la seconda di quei casi, per i quali sia necessaria una pronta punizione non scompagnata da forme straordinarie di procedura, la terza di quei casi, che imperiosamente richiedono l’esercizio di una suprema Dittatura, e nei quali la salvezza dello Stato esigge che il male sia spento nel suo nascimento e che in conseguenza la osservanza di qualunque specie di forme qualsivogliano straordinarie non condurrebbe alla pronta restituzione dell’ordine pubblico. Oggetto primario del governo di ogni società.

I misfatti compresi nella prima classe saranno puniti dalle Autorità competenti, vegliando voi, che sia fatta pronta giustizia, chiamandone responsabili per la parte che li riguarda i rispettivi nostri Procuratori Generali.

Per quelli della seconda classe vi autorizziamo a formare commissioni speciali di magistrati, o a convocare straordinariamente Commessioni militari, alle quali abbandonerete il giudizio degl’imputati: e darete le disposizioni per la pronta esecuzione delle decisioni: salvo il caso soltanto, che voi crederete per giuste vedute di giustizia, o di prudenza di sospenderne la esecuzione, raccomandando i condannati alla nostra clemenza: o manifestando a Noi le ragioni per le quali, per prudenza di Governo, non si convenga le condanne eseguire.

Per quelli poi della terza classe, vi autorizziamo dopo una sommaria verifica del fatto con processi verbali, di ordinare la pronta fucilazione dei colpevoli, la di loro deportazione nelle isole di ambo i Dominj, o il loro invio nelle prigioni di questa parte dei nostri dominij, per essere da Noi provveduto secondo le circostanze. Tutte le disposizioni governative, secondo si è detto sopra, che sarete per dare, non saranno mai imputabili, come quelle, che in ogni tempo dovranno essere considerate come date, ed ordinate da Noi stessi410.

Anche in materia di associazionismo latomico, venivano indicate competenze esatte da attribuirsi al luogotenente in Sicilia:

Curerete attentamente la repressione di ogni specie di segreta società: ed essendo voi rivestito della suprema facoltà di polizia amministrativa, vi autorizziamo a dare tutte le disposizioni, che crederete convenienti.

Siccome però l’esperienza fa vedere, che per questa specie di misfatti l’esilio dai nostri dominj sia la pena più adatta, vi autorizziamo a disporla per via di polizia, senza farne rapporto a Noi, quando nol permetta l’urgenza del caso.

Queste riservate Istruzioni faranno parte delle pubbliche, e perciò le abbiamo sottoscritte di nostra mano, le abbiamo munite del suggello delle nostre armi, e la nostra sottoscrizione sarà certificata dal nostro Consigliere Ministro di Stato Presidente del Consiglio dei Ministri411.

Si rileva che il testo fornito al principe di Cutò nel 1822 facesse particolare riferimento alla direzione generale, stabilendo analiticamente le modalità di comunicazione fra la luogotenenza e la polizia, utili a mantenere il controllo sull’isola. Nelle indicazioni date a Delle Favare, invece, non veniva menzionata la polizia. Si

410 “Istruzioni riservate pel marchese delle Favare”, in ASN, Archivio Borbone, vol. 984. 411 “Istruzioni riservate pel marchese delle Favare”, in ASN, Archivio Borbone, vol. 984.

sottolinea questo dato perché la prima suggestione che ne potrebbe derivare è che il marchese non avrebbe avuto necessità di avere un’ulteriore sollecitazione a vigilare sul corretto operato della direzione, alla luce del suo precedente incarico. Egli aveva svolto le indagini sulla congiura Meccio ed i suoi successi erano stati evidentemente premiati con la nuova nomina. Aveva anzi, contribuito con efficienza, a rendere noto il suo attivismo, tra le altre cose con la pubblicazione delle Carte diverse e ammanite dalla

polizia412 sul tentativo insurrezionale fallito nel 1822, che raccoglievano soltanto i documenti consegnati alla Corte Marziale che avrebbe dovuto giudicare gli imputati. In questo caso, come in quello della setta “I novelli templari” scoperta a Catania nello stesso anno, il direttore generale provvedeva direttamente all’interrogatorio degli imputati. Aveva cercato di prendere personalmente contatto con i delatori anche nel 1821 appena rientrato nella sua carica dopo il Nonimestre413.

Per questo, non desta stupore che uno dei primi provvedimenti presi dal nuovo capo della polizia Mariano Cannizzaro, persona indicata nel “Notamento dei settari” tra coloro che venivano personalmente salvate da Delle Favare con la dicitura “non è vero”414, riguardasse la questione delle denunce anonime, già oggetto di una fitta

corrispondenza con Napoli nei giorni della repressione della carboneria in Sicilia. Per questo il Cannizzaro procedeva a comunicare che, su preciso impulso del Luogotenente Generale, procedeva ad informare le autorità competenti della decisione di quest’ultimo:

Come sarà severo nel mantenere negl’impiegati la integrità e la esattezza, lo sarà del pari in garentire il decoro di essi dalle false, e calunniose imputazioni, e soprattutto da quelle vaghe, ed indeterminate asserzioni che unicamente tendono ad offuscarlo415.

L’attivismo del Marchese delle Favare continuava ad essere esercitato ancora nelle questioni di polizia, ma forse, la suggestione proposta dal marchese Raddusa, che era anch’egli carbonaro, almeno secondo il “Notamento dei settari palermitani”416,

412 Considerato da Amelia Crisantino, una sorta di “instant book”, si veda sul punto

A. CRISANTINO,

Introduzione agli «Studii su la storia di Sicilia dalla metà del XVIII secolo al 1820», Quaderni –

Mediterranea. Ricerche storiche, Associazione Mediterranea, Palermo, 2010.

413 Lettera del Direttore Generale di Polizia al sig. Antonio Mastropaolo direttore della Real Segreteria di

Stato per gli Affari di Sicilia in Napoli del 6 gennaio 1822, in ASN, Ministero di Grazia e Giustizia, b. 6124.

414 Vedi supra, cap. II, par. 2.

415 “Sulle suppliche anonime” in R.VENTIMIGLIA, Collezione delle leggi…, vol. II, cit. p. 102.

potrebbe essere stato vera, visto lo sforzo compiuto nei due ruoli ricoperti per “ammorbidire” la posizione dei condannati.

La direzione generale riceveva, dunque, centinaia di richieste di informazioni da tutti i comparti dell’amministrazione, relativamente ai giudici, ai professori, ai sacerdoti, ai monaci secolari. Solo in data 9 maggio 1820, venivano sollecitate informazioni dal luogotenente generale sulla condotta di ben 80 individui (la maggior parte dei quali giudici) e si sarebbe continuato a raccogliere informazioni anche negli anni successivi, non solo per reprimere la carboneria, ma anche per garantire che ai compromessi non venissero affidati incarichi pubblici, o, come nel caso dei religiosi, che non ricevessero l’idoneitá per divenire maestri417.

Dopo i primi mesi, tuttavia, dal ripristino dello status quo ante, emergevano criteri arbitrari di definizione dei soggetti sui quali venivano richieste informazioni, con l’alleggerimento delle posizioni soltanto di alcuni418. Questo aspetto si manifestava

chiaramente in un rapporto, proveniente dall’Intendenza di Caltanissetta, dal titolo “Stato nominativo di individui colla classificazione di tutte le circostanze di condotta morale, ed altro sul di loro conto richiesto dalla direzione generale”419. In esso si

esemplificava tutta la complessità del giudizio su ciascun individuo. Si passava dalla definizione “è dubbio se appartenne”420, a ricostruzioni più elaborate come «per voce

pubblica quasi tutti in Aidone facevano parte della carboneria. Non costa però che i coscritti vi avessero appartenuto»421.

417Sui religiosi che non erano idonei a divenire maestri esistono numerosi incartamenti nella Direzione

Generale di Polizia, che si limitava a raccogliere le informazioni da intendenti, sottintendenti e ufficiali di polizia siciliane e trasmettere le notizie alla Real Segreteria di Stato – Ecclesiastico. Spesso le informazioni fornite erano incomplete e venivano sollecitati approfondimenti.

418«Sebbene fu carbonaro pure è il più alto e buono per qualunque impiego, perché la sua carboneria fu

per timore, e per salvarsi la vita, e intervenne a forza in vendita una o due volte» in ASP, Direzione Generale di Polizia, vol. 3, anno 1823, fascicolo 36, inc. 4.

419 ASP, Direzione generale di polizia, vol. 3, anno 1823-24, fasc. 36, inc. 6. Cfr. DE FRANCESCO, La guerra di Sicilia…, cit.

420 Tommaso Giarrizzo, (n. 38).

Capitolo IV

La reazione borbonica: la persecuzione e le condanne dei