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L’istituzione della Direzione Generale di polizia (1819-1822)

La Direzione Generale di Polizia di Palermo e la lotta contro la Carboneria siciliana

III.1. L’istituzione della Direzione Generale di polizia (1819-1822)

Il riformismo borbonico in Sicilia si concretizzava anche in materia di ordine pubblico e polizia nel 1819 con l’introduzione di un nuovo ordinamento, posto in essere sulla base del modello francese. Anche nell’isola, dunque, si introduceva quello che Mario Sbriccoli ha definito «un modello di polizia centralizzata ma diffusa sul territorio»345. La necessità di esercitare la propria giurisdizione entro i confini dello Stato, mediante il controllo dell’ordine pubblico, della morale e della condotta politica dei sudditi si attuava attraverso un costante rapporto centro-periferia, fondato sulla necessità primaria di prevenire, più che di intervenire. Evitare il conflitto, sociale e

344 Nel comune di Palma veniva affisso durante la notte del 10 novembre 1823 un cartello con queste

parole. Così riportato da V.LABATE, Un decennio…, cit., p. 3. Per altri cartelli simili affissi in varie parti del Regno delle Due Sicilie si veda E.GIN, Sanfedisti, carbonari e magistrati del Re, Libreria Dante & Descartes, Napoli, 2011.

345 M.SBRICCOLI, «Polizia», in ID., Saggi di storia del diritto penale e della polizia: scritti editi e inediti,

v. I, Giuffrè, Milano, 2009, pp. 373-391, già in Enciclopedia del Diritto, Milano, Giuffrè, 1985, vol. XXXIV, pp. 111-120.

politico, dunque, era un obiettivo che si esplicava attraverso una capillare raccolta di informazioni riguardanti sia i singoli che un più generale “spirito pubblico” inteso come «stato sull’umore delle popolazioni»346. Una fitta rete di relazioni umane e professionali

coinvolgeva il personale “ufficiale”, addetto a questa istituzione, stipendiato e regolarmente e collettivamente riconosciuto come tale, e “ufficioso”, quest’ultimo costituito da spie, informatori e delatori al soldo della polizia stessa. Anche la stampa veniva rigorosamente controllata, così come gli spettacoli pubblici e ogni manifestazione di opinione347. La regola di fondo era che, per il corretto funzionamento della macchina statale, la polizia costituiva un’arma da utilizzare per garantire il consenso, anche, se necessario, attraverso la più rigida repressione. Negli Stati italiani preunitari erano presenti ovunque dei corpi “non ufficiali”, espressione della «necessità di combattere il “contagio morale” del settarismo con le sue stesse armi», cioè mediante l’utilizzo del “segreto” e della “segretezza”348.

Nell’ordinamento borbonico, questa istituzione si distingueva a seconda della finalità specifica perseguita. Nelle Istruzioni sulla polizia del 1817 e, introdotte in Sicilia, però, nel 1819, dal luogotenente generale Principe di Cutò349, venivano

individuati tre differenti ambiti di polizia: ordinaria, giudiziaria ed amministrativa. La prima era responsabile della “conservazione della tranquillità e dell’ordine pubblico” attraverso la vigilanza (che nel caso delle riunioni settarie prendeva il nome di Alta polizia); la seconda era “parte della giustizia penale”, volta cioè a scoprire i reati e perseguirli; la terza comprendeva la polizia urbana e rurale, con lo scopo di “prevenire le calamità pubbliche”350.

346 A.CAPUANO, «Spirito pubblico e propaganda in Sicilia nel decennio preunitario» in F. Biondi (a cura

di), Pensiero politico e istituzioni nella transizione dal Regno Borbonico all’unità d’Italia, Bonanno, Catania, 2011, p. 270.

347 SBRICCOLI, «Polizia», in ID., Saggi di storia del diritto…, cit., pp. 373-391.

348 C. CASTELLANO, Spazi pubblici, discorsi segreti. Istituzioni e settarismo nel Risorgimento italiano,

Tangram Edizioni Scientifiche, Trento, 2013, pp. 79-82.

349 F. FIORITO, «”Oggetti e ministri dei Governi dispotici”. Capitani di Giustizia, Inquisitori di Alta

polizia e Direzione generale di polizia di Palermo (1799-1822)», in Polo Sud. Semestrale di Studi Storici, Editpress, Palermo, 2(2013), pp. 41-62.

350 Sul punto si veda P. PELLERITI, «Guardie rurali nella Sicilia dell’Ottocento. Aspetti normativi», in Extra moenia. Il controllo del territorio nelle campagne e nei piccoli centri, Rubbettino, Soveria

Soprattutto nelle città, secondo quanto osservato da Luigi Blanch, la polizia aveva il compito di «prevenire il male, o arrestarlo nei suoi primi sviluppi, o impadronirsi degli elementi che diano la speranza all’impunità»351.

Nel 1819, dopo l’introduzione di quella di Napoli del 1817352, anche in Sicilia si istituiva la direzione generale di polizia con sede a Palermo.

La nuova normativa “di qua del Faro” confermava l’abolizione del ministero di polizia generale e della prefettura353, sostituendoli con la direzione generale di Napoli posta sotto il controllo di due ministeri differenti: interni e giustizia354. Quella decisione era stata presa dal Governo per ridimensionare il potere posto al vertice del sistema in materia di polizia. Quel settore dell’amministrazione, di rilevanza strategica, era stato utilizzato dal principe di Canosa nel 1816 per armare i sanfedisti, e confliggeva con la politica dell’amalgama perseguita dal ministro Luigi de’ Medici. Dopo il Nonimestre la scelta di abolire il ministero di polizia generale era causa di forti critiche al Governo, accusato di avere permesso la rivoluzione del 1820-21355.

In Sicilia, invece, l’effetto che questa riforma produceva era di modernizzare e centralizzare il sistema statuale, introducendo i principi amministrativi francesi. Inoltre, si tentava «di scardinare antichi equilibri cittadini», sottraendo il potere alle

351 L. BLANCH, Scritti storici…, vol. II, cit., p.54.

352 La legge organica numero 596, del 10 gennaio 1817, avente come oggetto l’organizzazione di tutte le

Segreterie di Stato e i Ministeri del Regno delle Due Sicilie stabiliva all’articolo 11 che il direttore generale di polizia per i Reali Dominj di qua del Faro avrebbe avuto competenza diretta sulla città e sulla provincia di Napoli, corrispondendo per le province con gli intendenti e le altre autorità locali. Così G. LANDI, Istituzioni di diritto pubblico del Regno delle Due Sicilie, Giuffrè, Milano, 1977, tomo II, p. 388. Cfr. N.CORTESE, Il mezzogiorno nel Risorgimento…, pp. 344-345.

353 Così l’art. 11 della legge n. 596, del 10 gennaio 1817: «Il Ministero di polizia generale

provvisoriamente conservato col nostro editto de' 4 di giugno 1815, resterà abolito. Vi sarà in vece un Direttore generale di polizia, che avrà tutte le incombenze di polizia che riguardano [sic!] i nostri reali dominj al di quà del Faro, agendo da per se stesso per quanto concerne la città e la provincia di Napoli, e per mezzo degli Intendenti e delle altre autorità locali per tutte le altre provincie. Il mentovato Direttore generale di polizia avrà l'accesso presso la nostra reale persona: e la sua corrispondenza regolare in iscritto con Noi sarà per mezzo di quel nostro Segretario di Stato Ministro, cui giudicheremo più proprio di darne la commessione» .

354 L’articolo 4 del r.d. n. 1762, del 20 novembre 1819: «La direzione generale di polizia instituita [sic!]

nello articolo precedente sarà dipendente dalla nostra Segreteria o Ministero di Stato di grazia e giustizia, meno che per quella parte di polizia amministrativa per la quale l’abolita prefettura dipendeva dal Ministero degli affari interni; volendo che per questa parte anche la direzione generale dipenda da esso Ministero in quello stesso modo che n’è [sic!] sinora stata dipendente l’abolita prefettura di polizia».

355 Cfr. LANDI, Istituzioni di diritto pubblico…, cit., p. 389; P.COLLETTA, Storia del Reame di Napoli dal 1734 al 1835, Baudry, Parigi, 1835, vol. II, p. 192; BLANCH, «Il Regno di Napoli dalla restaurazione borbonica all’avvento di re Ferdinando II (1815-1830)», in Scritti storici, vol. II, cit., p. 52-54.

corporazioni che fino a quel momento avevano esercitato un controllo sull’ordine pubblico356.

Al vertice della polizia si poneva un direttore generale, che avrebbe “coordinato” l’operato dei funzionari preposti all’incarico, tranne che nella città e valle di Palermo su cui avrebbe avuto diretta autorità357. Secondo quanto disposto nel regio decreto del 1819, per quanto riguardava il resto del territorio isolano, avrebbe “corrisposto” con gli intendenti e con i procuratori generali delle Gran Corti criminali358. L’attribuzione della polizia agli intendenti era stata introdotta a Napoli già nel 1816, in contrasto con la normativa di stampo francese che la attribuiva ai comandanti delle divisioni militari359.

Il direttore di polizia sarebbe stato posto alle dipendenze del luogotenente generale360 e avrebbe avuto «lo stesso rango de’ direttori generali delle pubbliche amministrazioni stabilite in quella parte de’ nostri dominj»361. In seguito si stabiliva che

la carica sarebbe stata equiparata a quella degli intendenti di prima classe, consentendo al direttore generale di indossare la medesima uniforme362.

Quasi contestualmente al decreto istitutivo veniva promulgato a Napoli il “decreto organico della direzione generale di polizia ne’ dominj oltre il Faro”363. In esso si

definiva l’organico attribuito a tale istituzione come composto da «un segretario generale, cinque uffiziali di prima classe, cinque uffiziali di seconda classe ed un numero determinato di alunni»364, e si elencavano le funzioni del personale. Tra questi, in particolare, uno degli ufficiali di prima classe avrebbe dovuto «mantenere la corrispondenza co’ funzionari dipendenti dalla direzione, col Ministero di Stato presso

356 F.FIORITO, «“Oggetti e ministri dei Governi dispotici”…», cit., pp. 41-62.

357 Probabilmente per tale ragione la Direzione Generale di Polizia, catalogata come inventario 13 presso

l’Archivio di Stato di Palermo risulta essere definita su ogni faldone tra parentesi “Prefettura”: per questa specifica competenza sul territorio di Palermo. In realtà, questa sarebbe stata istituita solo nel 1838.

358 Art. 11, R. D. 19 novembre 1819, in Collezione delle Leggi e dei decreti…, cit.

359 Decreto 5 settembre 1815, citato da TOMEUCCI, Breve storia dell’accentramento amministrativo…, p.

14.

360 Quest’ultimo, in materia di polizia, avrebbe ricevuto direttive, secondo lo stesso schema previsto per la

direzione generale di polizia di Napoli, dalla Segreteria di Stato di Grazia e Giustizia, per quanto connesso alla polizia ordinaria, mentre, per ciò che concerneva la polizia amministrativa, restava vincolato al Ministero degli affari interni.

361 Art. 12, r. d. 20 novembre 1819, in Collezione delle Leggi…, cit. 362 Cfr. LANDI, Istituzioni di diritto pubblico…, vol. II, p. 622-623. 363 R. d. 21 novembre 1819, in Collezione delle Leggi…, cit.

364 Da quanto si evince dalla storiografia, gli alunni erano impiegati che normalmente avevano conseguito

la “cedola di belle lettere” e potevano produrre documenti che ne attestassero la buona morale. Cfr. LANDI, Istituzioni di diritto pubblico…, vol. II, p. 627.

il Luogotenente generale e con tutti coloro co’ quali sarà necessario». Mentre i restanti si sarebbero occupati ciascuno di un cosiddetto “carico”: uno per la valle di Palermo, un altro per le valli di Messina e Siracusa, un altro per quelle di Catania e Caltanissetta, l’ultimo per le valli di Girgenti e Trapani365. Il decreto enumerava il personale

subordinato a questi ufficiali366 e determinava gli stipendi367.

Sul territorio dell’isola la direzione generale si serviva, come accennato, degli Intendenti, dei procuratori generali presso le Gran Corti criminali, dei giudici di circondario e degli altri agenti di polizia.

In servizio a Palermo ci sarebbero stati quattro “commessari”, uno per ogni circondario interno, ai quali sarebbero stati aggregati quelli esterni e delle campagne368. Si stabiliva altresì uno stipendio annuale – il “soldo” – e si indicava che essi sarebbero stati scelti «dalla classe de’ cavalieri, de’ legali, de’ così detti causidici e di altri onesti gentiluomini». Per ogni circondario sarebbero inoltre stati assegnati un ispettore di prima classe e uno di seconda369. A diretta disposizione del direttore generale di polizia

sarebbero rimasti un ispettore di prima e uno di seconda classe «per tutte le particolari incombenze di cui la medesima direzione generale giudicherà d’incaricarli»370, mentre

altri due della medesima classe sarebbero stati destinati «in quei luoghi della valle di Palermo, dove per gravi avvenimenti, si giudicherà necessaria la loro personale assistenza»371.

Per quanto riguardava la vigilanza notturna di Palermo si prevedeva la presenza di quattordici ispettori soprannumerari da scegliersi «della classe de’ notaj, de contadori e de’ mercanti di riconosciuta probità»372. Nell’ambito dei giochi d’azzardo venivano

previsti un ispettore di prima e uno di seconda classe che però sarebbero stati pagati dall’appalto dei giuochi.

Il decreto elencava anche il personale di polizia che avrebbe mantenuto la corrispondenza con la direzione generale anche se attraverso l’intermediazione

365 Art. 2, r. d. 21 novembre 1819 n. 1770, in Collezione delle leggi…, cit., p.628. 366 Art. 3, r. d. 21 novembre 1819 n. 1770, in Collezione delle leggi…, cit., p. 628. 367 Art. 4, r. d. 21 novembre 1819, n. 1770, in Collezione delle leggi…, cit. p. 628-629. 368 Art. 6, r. d. 21 novembre 1819, n. 1770, in Collezioni delle leggi…, cit., p.629. 369 Art. 8, r. d. 21 novembre 1819, n. 1770, in Collezione delle leggi…, cit., pp. 629-630. 370 Art. 9, r. d. 21 novembre 1819, n. 1770, in Collezione delle leggi…, cit., p. 630. 371 Art. 10, r. d. 21 novembre 1819, n. 1770, in Collezione delle leggi…, cit., p. 630. 372 Art. 12, r. d. 21 novembre 1819, n. 1770, in Collezione delle leggi…, cit., p. 630.

dell’intendente373. A Messina, la responsabilità di ciò sarebbe stata del “commessario”

di polizia di stanza nella città. A Catania, avrebbe esercitato le stesse funzioni l’ispettore di prima classe.

Un successivo decreto del 15 maggio 1820 aumentava il numero dei funzionari della direzione generale di polizia di Palermo allo scopo di «maggiormente assicurare questo importante ramo di pubblico servizio e dare agli affari un andamento più facile e più spedito»374. Venivano destinati degli ufficiali “soprannumerarj”, assegnati alle città di Messina e Palermo375, e si aggiungeva nuovo personale della polizia portuale. Inoltre, si definiva il personale amministrativo addetto alle “commessarie” che sarebbe stato costituito da: un cancelliere, un vicecancelliere ed un “commessario” di cancelleria376.

Visti questi decreti il Direttore Generale di Polizia Ugo Pietro marchese delle Favare, nominato direttore generale l’anno precedente, emanava una circolare il 18 maggio del 1820 dal titolo “Sulle attribuzioni degli uffiziali di polizia, e sul modo da osservarsi nella loro corrispondenza”377. Lo scopo di questo provvedimento era:

fissare alcuni principi perché le autorità chiamate dalla legge a travagliare con me, possano, ne' rapporti della loro gerarchia, aver norma sicura, relativa agli oggetti principali delle loro cure, ed alla corrispondenza tra esse e la Direzione generale, come centro dell' amministrazione.

La circolare in realtà “ricapitolava” la normativa già presente nell’ordinamento. Il direttore precisava le scadenze delle corrispondenze obbligatorie fra i vari funzionari378,

in particolare, stabiliva una corrispondenza giornaliera tra alcuni di essi: fra i commissari di Palermo e il direttore generale, fra il commessario di Messina e l’ispettore di prima classe di Catania con funzioni di commessario e i loro rispettivi intendenti; fra i giudici di circondario delle capitali delle Valli e gli Intendenti, fra i giudici di circondario dei capoluoghi di distretto con i sottointendenti; fra i sindaci e i giudici di circondario. Settimanalmente, invece, avrebbero dovuto comunicare tra loro il

373 Art. 15, r. d. 21 novembre 1819, n. 1770, in Collezione delle leggi…, cit., p. 631.

374 Così indicato nel preambolo del r.d. 15 maggio 1820 n. 1970, Collezione delle Leggi e dei Reali decreti, anno 1820, sem. I.

375 Artt. 3-4. 376 Art. 5.

377 Tale circolare è riportata da R.VENTIMIGLIA, Collezione delle leggi dei reali decreti sovrani rescritti regolamenti e delle ministeriali risguardanti la Sicilia dal 1817 al 1838: ordinata in ordine cronologico con note ed osservazioni, Vol. I, Stamperia del Leone, Catania, 1839, pp. 526-530.

direttore generale e gli intendenti, e questi ultimi con i sottointendenti379. Sempre ogni sette giorni, i giudici di circondario dei distretti appartenenti alle capitali delle valli e gli intendenti e gli altri giudici e gli intendenti avrebbero trasmesso le informazioni.

Il marchese delle Favare proponeva, inoltre, un prospetto chiaro delle autorità di polizia in Sicilia: «La serie quindi delle autorità di polizia comincia ordinariamente da' Sindaci, progredisce a' Giudici di Circondario, a' sottointendenti, agl' Intendenti, e finisce nel Direttore generale».

Dopo la parentesi del Nonimestre costituzionale, il legislatore interveniva nuovamente sul tema della polizia nel 1822380. A Napoli veniva reintrodotti il ministero della Polizia generale e la prefettura, mentre a Palermo la direzione generale veniva riorganizzata.

Il decreto del 1822 riordinava l’intero organigramma della polizia oltre il Faro. Venivano elencati dettagliatamente i funzionari da assegnare alla polizia ordinaria su tutto il territorio e ad ogni livello di amministrazione. Si indicava, inoltre, il personale da assegnare ad ogni valle e, con maggiore accuratezza, quello assegnato alla valle di Palermo381 ed era incluso anche l’elenco completo dei funzionari alle dipendenze degli

intendenti382 nelle città capoluogo di valle e, quelli al comando dei sottointendenti dei distretti383.

Nel decreto, inoltre, erano previste speciali disposizioni per la polizia palermitana. In particolare, essa avrebbe avuto due soli commessari, mentre direttamente alle dipendenze del direttore generale vi sarebbero stati «per qualunque servizio» che potesse «straordinariamente occorrere tanto per la città che fuori di essa, e per le valli» un “commessario”, un ispettore di prima classe, un ispettore di seconda classe, un cancelliere e un vicecancelliere384.

379 Il direttore generale, inoltre, contestualmente fissava i criteri per la spedizione delle missive nelle

relazioni fra lui e gli intendenti e fra questi e i sottointendenti stabilendo che in casi urgenti sarebbe stato necessario l’uso di corrieri, nei restanti il doppio corso della posta.

380 R. d. n. 418 del 3 ottobre 1822, in Collezione delle Leggi e dei decreti del Regno delle Due Sicilie, a.

1822, sem. II, pp. 141-151.

381 Artt. 4-6, r. d. 3 ottobre 1822, cit. 382 Artt. 16-17, r. d. 3 ottobre 1822, cit. 383 Art. 18, r.d. 3 ottobre 1822, cit.

384 «Saranno destinati in oltre alla irrunediaziona del direttor generale per qualunque servizio che potrà

straordinariamente occorrere , tanto per la città, che fuori di essa, e per le valli , un commessario; un ispettore di prima classe; un ispettore di seconda classe; un cancelliere; un vicecancelliere». Art. 4, r. d. 3 ottobre 1822, cit.

Il direttore generale di polizia poteva proporre la nomina dei funzionari di Polizia oltre il Faro al Luogotenente Generale, da sottoporre in ultima istanza al Re385. Il capo della polizia aveva, inoltre, la facoltà di sollevare dall’incarico gli ispettori di seconda classe e i vicecancellieri nel caso in cui non avessero svolto correttamente le loro funzioni.

Nel terzo titolo del decreto venivano indicate tutte le retribuzioni annuali degli ufficiali di polizia386 e si prevedeva che il personale rimasto escluso «avendo servito bene» avrebbero potuto essere «a preferenza nominati per ufiziali di polizia in tutte le altre piazze»387.

Alla luce di questo decreto il personale addetto ad ogni commissariato sarebbe stato composto da un ispettore di prima classe, due ispettori di seconda classe, un cancelliere, un vicecancelliere, con l’aggiunta di due ispettori di seconda classe, un vicecancelliere, un commesso, una lancia con quattro marinai e un capo lanciere nei commissariati che avrebbero avuto sotto la loro giurisdizione un porto388.

III. 2. Un’istituzione complessa per un’isola difficile: le competenze e le