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La carboneria nel Regno delle Due Sicilie è stata un fenomeno dirompente di associazionismo segreto che, con la forza di numerosissime adesioni, avrebbe influenzato la situazione politica e la composizione dei gruppi dirigenti prima, durante e dopo la rivoluzione del 1820159. In particolare, un anno importante per la sua evoluzione era il 1817, sia nel Regno di Napoli, con i primi progetti di insurrezione elaborati dai settari, sia nella Sicilia Ultra Pharum, dove avrebbe iniziato a diffondersi160.

154 Art. XI: «Tutti gli impieghi saranno elettivi e temporanei» in MARCOLONGO, Le origini della Carboneria…, cit., p. 14.

155 MARCOLONGO, Le origini della carboneria…, cit., p. 18-20. 156 DITO, Massoneria, carboneria…, cit., p. 277-301.

157 Tale documento fu lungamente cercato dagli austriaci, che lo rinvenivano infine nella tomba della

famiglia Oroboni, in seguito alla scoperta di una vendita a Fratta Polesine. Si veda sul punto: E.MICHEL, «Costituzione latina» in M.ROSI (direttore), Dizionario del Risorgimento nazionale. Dalle origini a Roma

capitale, I fatti, vol. I, Vallardi, Milano, 1931, p. 281..

158 Cfr. A.LEPRE, La rivoluzione napoletana del 1820-1821, Editori Riuniti, Roma, 1967, p. 39; G.SPINI, Mito e realtà della Spagna nelle rivoluzioni italiane del 1820-21, Perrella, Roma, 1950. Sull’incontro

segreto a Pompei nel mese di maggio del 1817 si veda P.PIERI, Le società segrete ed i moti degli anni

1820-21 e 1830-31, Vallardi, Milano, 1931, p. 99. La rivoluzione fu per ben tre volte rinviata (settembre

1817, febbraio 1818, 29-30 maggio 1820).

159 Cfr. DE FRANCESCO, La guerra di Sicilia…, cit., p. 347.

160 Themelly riporta la “storia popolare” diffusa durante l’Ottimestre: alcuni carbonari si sarebbero

La carboneria nel napoletano aveva già operato in funzione antifrancese per contrastare Murat, con il sostegno anglo-borbonico. Le prime tracce potrebbero risalire, come accennato in precedenza, al 1807 o al 1812161. Il sodalizio tra la società segreta e la famiglia reale potrebbe essere sorto alla luce della promessa regia del mantenimento e dell’estensione della costituzione siciliana del 1812162, stando a quanto riportato da

Pietro Colletta163. Durante la Restaurazione, tuttavia, la carboneria assumeva un atteggiamento critico nei confronti del Governo e della Corona, avendo come principale aspirazione la costituzione di Spagna. Non era l’unica setta presente nel Regno in quegli anni; gli studi di Emilio Gin hanno permesso di comprendere le spaccature politiche presenti nel Regno, anche attraverso l’individuazione di una setta di matrice reazionaria che traeva le sue origini dal sanfedismo, manifestatosi già durante la marcia del cardinale Ruffo che aveva sterminato i patrioti napoletani nel 1799. I “calderari”, oppositori dei carbonari, spesso avevano militato tra i buoni cugini nelle prime fasi di diffusione della setta. Erano, dunque, controrivoluzionari legati alla tradizione legittimista che solo per un breve periodo, in chiave antifrancese, avevano militato tra le fila della carboneria. Il principe di Canosa era accusato di avere fondato questa setta e di avere armato nelle province i suoi adepti. Per tale ragione veniva allontanato una prima volta dal ministero di polizia generale, perché il suo operato non permetteva il dispiegarsi della politica dell’amalgama voluta da Luigi de’ Medici164.

attuarlo. THEMELLY, “Introduzione”, cit., pp. XXIX. Sulle prime vendite in Sicilia si veda LABATE, Un

decennio di carboneria in Sicilia, cit., pp. 2.

161 Cfr. VALENTE, Gioacchino Murat…, cit.; N. CORTESE, «Il Murat e la carboneria napoletana nella

prima metà del 1814» in Studi storici in onore di G. Volpe, vol. I, Sansoni, Firenze, 1958;GABRIELI,

Massoneria e Carboneria…, cit. La polemica tra Angela Valente e Nino Cortese sulla veridicità dei

documenti ritrovati dalla storica presso l’Archivio di Stato di Napoli fa riferimento alle due date sopra riportate.

162 Sulla costituzione siciliana del 1812 si veda l’“Introduzione” di A.ROMANO, Costituzione del Regno di Sicilia stabilita dal Parlamento dell’anno 1812, rist. anast., Accademia Peloritana dei Pericolanti,

Messina, 1996. Si veda, inoltre, D.NOVARESE, «Tra Francia e Inghilterra. Riflessioni siciliane sulla carta costituzionale del 1812», pp. 771-812; R.FEOLA, «Le premesse della costituzione del 1812», pp. 813-872 entrambi in A. ROMANO (a cura di), Il modello costituzionale inglese e la sua recezione nell’area

mediterranea tra la fine del 700 e la prima metà dell’800, Giuffré, Milano, 1998. Si veda anche P.

PELLERITI, La Sicilia fra due Costituzioni (1812-1848), Giuffré, Milano, 2000, pp. IX-LVI.

163«Il governo di Sicilia, ad esempio dei governi alemanni, e lord Bentick, per proprio ingegno, ordirono

segrete corrispondenze coi settari di Napoli, mandarono i libri delle nuove leggi siciliane, esaltavano la mutata politica del re, confronto vergognoso a Gioacchino, che aveva impedito per fino il vano statuto di Baiona. E perciò, scoperti i maneggi tra i Carbonari e il nemico, il governo napoletano doppiò la vigilanza e rigori, proscrisse la setta fece decreti minaccevoli di asprissime punizioni». In COLLETTA,Storia del Reame di Napoli, cit., p. 436-437.

La stima del numero dei carbonari nel Regno potrebbe chiarire la forza dell’organizzazione. Pietro Colletta sosteneva che gli adepti sarebbero stati seicentoquarantaduemila165. Un rapporto austriaco indicava, invece, ottocentomila membri già nel 1815166. Secondo Luigi Minichini nel luglio del 1820, poco prima dello scoppio della rivoluzione, gli affiliati sarebbero stati, nella sola parte continentale del Regno, ben un milione e settecentomila, tutti di età non superiore ai venti anni. Il computo più basso è quello fornito dal generale Carrascosa che faceva riferimento a duecentocinquantamila carbonari167. Lo stesso numero è indicato da Guglielmo Pepe, però con il riferimento a settari inquadrati militarmente in milizie, guardie di sicurezza e legioni168. Come osservato da Piero Pieri, anche se queste stime fossero inesatte, nel Regno delle Due Sicilie la carboneria avrebbe raggiunto un grado di infiltrazione nella società «superiore a quello di ogni altra parte d’Italia, così che ormai permeava su di sé tutta la vita del paese, ed era segreta solo per modo di dire»169.

Secondo Bianca Marcolongo l’aspirazione che nel Regno delle Due Sicilie racchiudeva tutte le anime del movimento carbonaro era la richiesta della costituzione170. Questo obiettivo era necessario per completare il percorso riformista

avviato dalla politica dell’amalgama171, introducendo forme di autogoverno locale172. La costituzione che veniva preferita dai carbonari era quella promulgata a Cadice nel 1812173. Di essa circolavano diverse traduzioni nella penisola, si pensi tra le tante, alle

165 BARTHOLDY, Memorie sulle società segrete…, cit., p. 85: il dato sarebbe stato indicato nel primo

numero de “L’Amico della costituzione”.

166 MARCOLONGO, Le origini della carboneria…, cit., p. 48.

167 L. MINICHINI, Luglio 1820. Cronaca di una rivoluzione, Bulzoni, Roma, 1979, pp. 68-71. L’autore

indica che i carbonari sarebbero stati «più della quarta parte» della popolazione, quantificandola poi in un milione e settecentomila.

168 G.PEPE, Memorie del generale Guglielmo Pepe intorno alla sua vita e ai recenti casi d’Italia scritte da lui medesimo, vol. II, Tipografia della Svizzera Italiana, 1847, pp. 114-115.

169 PIERI, Le società segrete…, cit., p. 98.

170MARCOLONGO, Le origini della carboneria…, cit., p. 30-31. 171CORTESE, La prima rivoluzione…, cit., pp. 46.

172 Si veda sul punto il “Nuovo Statuto Organico della Repubblica Lucana Occidentale”, capitolo III,

“Della forma di governo”, in BARTHOLDY, Memorie sulle società segrete…, cit., p. 102.

173 Andrea Romano ha sottolineato come la costituzione di Cadice avesse, come la costituzione di

Palermo dello stesso anno, «un impianto storicistico, ovvero che si legittima e alimenta facendo ricorso alla tradizione». In A. ROMANO, «Cadice come modello costituzionale per l’Europa liberale e antinapoleonica. Nota introduttiva» nel volume ID., Costituzione politica della monarchia spagnuola, ristampa anastatica dell’edizione di Messina, presso Giovanni Nobolo, 1813, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2003, pp. XII-LXXV (la citazione è alla pagina XVIII). Si vedano, inoltre, i contrinuti di M.S. CORCIULO, «La costituzione di Cadice e le rivoluzioni del 1820-21» in Le carte e la storia, 2000(2), pp. 18- 29, ora anche in ID., Una Rivoluzione per la Costituzione. Agli Albori del Risorgimento Meridionale

edizioni di Messina del 1813 e di Milano del 1814174. Era considerata dai contemporanei un modello, anche a causa della guerra di liberazione sostenuta dagli spagnoli contro gli invasori francesi. Esisteva nell’immaginario collettivo «un mito spagnolo, una corrente cioè di entusiasmo per la Spagna, come terra di grandi e generose imprese, che formava, per così dire, la premessa psicologica dei rinnovati entusiasmi del 1820-21»175.

Per i rivoluzionari italiani, e napoletani soprattutto, il testo costituzionale gaditano era il più moderno e liberale176, in quanto monocamerale e limitante il potere regio. Come spiegato a Francesco, reggente a Napoli nei concitati primi giorni di luglio del 1820, da un consesso di «pochi generali, alcuni antichi consiglieri di Stato, i ministri nuovi»

coloro che più altamente richiedono la costituzione di Spagna, non intendono il senso politico di questo atto; è un dogma per essi: ogni altra costituzione, ancorché più adatta, ancorché più libera, spiacerebbe177.

(1820-21), ESA, Pescara, 2010. J.J.RUIZ RUIZ, «Manuale repubblicano per una nazione monarchica», in ID.(a cura di), Costituzione di Cadice, Liberlibri, Macerata, 2009, pp. IX-LXXXI; F.TOMÁS Y VALIENTE,

Genesis de la Constitución de 1812. De muchas leyes fundamentales a una sola constitución, prólogo de

Marta Lorente Sariñena, Urgoiti Editores, Pamplona, 2012; P.DE SALVO, «Civil and political liberties: the debate on nineteenth century Sicilian press» in: M. H. da Cruz Coelho/M. M. Tavares Ribeiro (a cura di), Parlamentos: a Lei, a Prática e as Representações. Da Idade Média à Actualidade/ Parliaments: the

Law, the Practice and the Representations. From the Middle Ages to the Present Day, Lisbon 2010, pp.

455-460.

174Costituzione politica della monarchia spagnuola, ristampa anastatica dell’edizione di Messina a cura di

Andrea Romano, presso Giovanni Nobolo, 1813, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2003; Costituzione

politica della monarchia spagnuola promulgata in Cadice il 19 marzo 1812, Tip. Sonzogno e C., Milano,

1814; Costituzione politica della monarchia spagnuola promulgata in Cadice il 19 marzo 1812, dai tipi d'Ignazio Orcesi, Piacenza, 1814; Costituzione politica della monarchia spagnola promulgata in Cadice

nel marzo del 1812 preceduta da tre lettere preliminari colle quali gli estensori di essa la diressero alle corti, stamp. di L. Perego Salviani, Roma, 1814; le edizioni si moltiplicarono ancora negli anni 1820-21.

Sugli echi della costituzione di Cadice in Sicilia si veda P.DE SALVO, Sicilia inglesa…, cit., pp. 251-276.

175 SPINI, Mito e realtà…, cit., p. 6. Ecco cosa afferma ancora l’autore sulla guerra di Spagna contro

Napoleone: «non è soltanto modello di guerra nazionale di indipendenza, ma altresì modello di guerra rivoluzionaria, guerra della libertà contro il dispotismo, guerra di formazioni irregolari, scaturenti romanticamente dalle viscere del popolo, contro gli eserciti regolari dell’imperatore. La guerra di Spagna cioè, non è soltanto il prototipo della guerra che gli italiani dovrebbero fare all’Austria per la propria indipendenza, ma il prototipo della guerra dei popoli contro gli eserciti regi, la conferma storica della bontà del metodo insurrezionale propugnato dall’ala sinistra del moto risorgimentale italiano, il modello tecnico di quella guerra per bande, che continuerà per tanto tempo ad essere sognata e tentata dai nostri rivoluzionari».

176 PIERI, Le società segrete…, cit., p. 115-116.

177 L’affermazione, alla domanda del vicario Fracesco sul perché fosse proprio la costituzione di Spagna

quella richiesta, viene riportata da Colletta senza indicare chi l’avesse pronunciata. Si veda P. COLLETTA,

Il problema, infatti, sarebbe stato, durante il Nonimestre, proprio la forza ideale della costituzione di Cadice nell’immaginario dell’epoca178. Fino all’ultimo, perfino

durante i lavori del congresso di Lubiana, nel Regno le piazze si riempivano di carbonari al grido di “Costituzione spagnola o morte”. I tentativi di chi, come i Francesi, tentavano di contrastare le posizioni interventiste austriache attraverso un’opera mediatrice che permettesse di modificare drasticamente il contenuto della carta concessa dal re Ferdinando, anche in favore del testo francese del 1814, cadevano nel vuoto179. Tuttavia, non va trascurato quanto affermato da Paolo Verrengia, secondo cui, nel momento dell’introduzione del testo gaditano, esso veniva temperato dalle forze che avevano partecipato al periodo murattiano, assumendo «un carattere originale e nazionale», adeguando il testo spagnolo all’organizzazione amministrativa meridionale di stampo franco-illuministico180.

Della diffusione della carboneria nel meridione si è già fatto cenno. I valori e gli ideali più noti venivano intesi, almeno in parte, dai ceti più bassi della società, anche attraverso l’opera del basso clero, facilmente coinvolto tra le fila dei settari181. Molti

catechismi venivano tradotti in dialetto napoletano182 e la costituzione si annoverava tra

le richieste popolari, unitamente a quelle di fermare le “imposte arbitrarie” e gli “arresti capricciosi”183.

In tal senso, la propaganda carbonara tra le classi più umili era sostenuta da opuscoli per «far comprendere che cosa fosse una Costituzione e che vantaggi

178 Sul significato del lemma “costituzione” per i patrioti risorgimentali si veda L. MANNORI,

«Costituzione», in BANTI –CHIAVISTELLI –MANNORI –MERIGGI, Atlante culturale del risorgimento…, cit., ed. digitale.

179 PIERI, Le società segrete…, cit., pp. 154-157.

180 P.VERRENGIA, «Le istituzioni a Napoli e la rivoluzione del 1820-21» in A.MASSAFRA (a cura di), Il Mezzogiorno preunitario. Economia, società e istituzioni, edizioni Dedalo, Bari, 1988, pp. 549-564. 181 CORCIULO, «La costituzione di Cadice…», cit., p. 20. Cfr. PIERI, Le società segrete…, cit., p. 157. 182MARCOLONGO, Le origini della carboneria…, cit., p. 99-107. L’autrice riporta uno dei catechismi in

dialetto napoletano dal titolo “L’ignoranza illuminata – dialogo tra un carbonaro e un contadino – Il B…C…C… Giovanni M.”. Il testo è del 1820, ed è interessante l’affermazione secondo cui «la carboneria tende alla felicitazione dell’uomo, con renderlo libero, mentre all’inizio fu così da Dio creata per cui ogni carbonaro è tenuto a costo del proprio sangue difendere e sostenere i suoi diritti con abbattere calpestare le oppressioni e il dispotismo».

183 Berti riporta il pensiero di tre dei protagonisti della rivoluzione del 1820: i generali Carrascosa,

Colletta e Pepe. In particolare, è Pepe a sostenere che il popolo comprendeva la parola “costituzione”. BERTI, I democratici…, cit., pp. 172-175. Cfr. G. PEPE, Memorie del generale Guglielmo Pepe…, cit., pp. 25.

apportasse»184. Già nel 1817 in Puglia e nella provincia di Avellino erano stati affissi manifesti, alcuni dei quali manoscritti, forse redatti dal sottintendente di Bovino, Gaetano Rodinò, catanzarese e murattiano, nei quali si chiedeva una «costituzione liberale» facendo appello ai «diritti della Nazione»185. Secondo Giuseppe Berti le “masse” contadine avrebbero appoggiato qualunque «forza che s’adoperasse al momentaneo sollievo della propria miseria»186. Questo tentativo di coinvolgere il popolo nel moto rivoluzionario, obiettivo perseguito dai carbonari, contrasta con la tradizionale idea secondo cui la rivoluzione del 1820 sarebbe stata «la insurrezione della borghesia provinciale - e agraria187 - affiliata alla carboneria ed attraverso questa in contatto con elementi della bassa ufficialità dell’esercito, che si impone con il suo colpo di mano sulle forze dello stato e della capitale»188. Il coinvolgimento del popolo minuto, era risultato determinante sia a Palermo che a Napoli, anche se con richieste in parte differenti.

I buoni cugini venivano spinti da quello che è stato definito un “processo di secessione”, vale a dire il distacco di un gruppo dalla società di cui fa parte che «non riesce più a collocarsi, [e che] costituisce una nuova comunità ed elabora un modello alternativo di convivenza della quale il gruppo stesso – nella sua struttura – offre la prefigurazione»189. La setta diveniva uno strumento attraverso il quale “insegnare” la democrazia e amministrare la giustizia fra i suoi adepti190.

In un determinato territorio del Regno, si era costituita una struttura gerarchica specifica, formata da regioni (Lucania Occidentale, Lucania Orientale, Irpinia, Amiternana, Marrucina, Sannitico Occidentale) al vertice delle quali si collocava una

184 MARCOLONGO, Le origini della carboneria…, cit., p. 108.

185 PIERI, Le società segrete ed i moti degli anni 1820-21 e 1830-31, Vallardi, Milano, 1931 cit., p. 99. Il

testo di uno dei volantini era il seguente: «Da tutti gli angoli del Regno sono state indirizzate a S. M. delle domande ragionate per una Costituzione liberale, che assicurava in un tempo il Re sul trono e la felicità della Nazione; quando S. M. non è pieghevole a questo invito, è autorizzato ed invitato ciascuno a sostenere i suoi diritti, incominciando dal sospendere ogni contribuzione, perché non dovuta ad un Governo, che non riconosce i diritti della Nazione, e continuando sino allo spargimento del sangue. Guai a chi ardisce a muovere il presente».

186 BERTI, I democratici…, cit., p. 152.

187 Si veda sul punto P. PIERI, Le società segrete ed i moti degli anni 1820-21 e 1830-31, Vallardi,

Milano, 1931, pp. 91-94.

188 G.SPINI, Mito e realtà…, cit., p. 27.

189 M.THEMELLY, «Introduzione» a MINICHINI, Luglio 1820..., cit., pp. XVI-XVII. 190 Ibidem, p. XXIX.

Gran Dieta e una Magistratura, che avevano rispettivamente funzioni legislative ed esecutive191.

A capo di questo sistema ci sarebbe stata l’Alta Vendita di Salerno. Un’organizzazione peculiare, che produceva nel Regno forme sperimentali di politicizzazione e di autoregolamentazione della società, un vero e proprio banco di prova per le forze riunite sotto gli stemmi carbonari, che ambivano al sovvertimento dello stato (con il già menzionato scopo dell’abbattimento dei tiranni).

Spesso si è cercato di distinguere tra carbonari “ultra” e “moderati”, ritenendo che le idee più avanzate fossero quelle dei carbonari provenienti principalmente proprio dall’ordone di Salerno e dalla Lucania192. Nel variegato mondo settario delle Due

Sicilie, una tale distinzione territoriale non sarebbe sufficiente a spiegare i distinguo all’interno del movimento. Un altro aspetto che chiarisce in parte le dinamiche interne alla setta potrebbe essere legato alla data di affiliazione dei suoi membri, cioè prima o durante il 1820193. I carbonari della prima ora avrebbero avuto posizioni più estreme,

anche a causa dei pericoli legati all’organizzazione di una rivoluzione194. La carboneria

nel corso del Nonimestre si era divisa, includendo un numero considerevole di moderati «a scapito della sua combattività»195.

Secondo Orazio De Attellis i rapporti con altri paesi e altri gruppi carbonari, o settari in genere, in particolar modo spagnoli, erano stati essenziali per l’organizzazione della battaglia in patria196 e fondamentali per garantire la fuga di molti rivoluzionari napoletani dopo la fine del Nonimestre. Specialmente le forme di lotta utilizzate e il

pronunciamiento militare che richiamavano le vicende spagnole del 1820 e che davano

fiducia al movimento carbonaro, venivano ad essere punti di riferimento indispensabili. In Spagna, infatti, le truppe radunate a Cadice - la città che già aveva dato i natali alla

191 MARCOLONGO, Le origini della carboneria…, cit., p. 77. La corrispondenza con le regioni era la

seguente: regione Lucana occidentale – Principato Citra (Salerno); r. Lucana Orientale (Basilicata) – Potenza; Irpinia – Avellino; Amiternana – L’Aquila; Marrucina – Chieti; Sannitico- occidentale – Isernia.

192 BARTHOLDY, Memorie sulle società segrete…, cit., pp. 154: i carbonari vengono definiti

“costituzionali” e “ultra”. I primi consideravano conclusa la loro missione con la concessione della costituzione di Cadice, i secondi avrebbero voluto promuovere una rivoluzione sul modello di quella francese.

193 BERTI, I democratici…, cit., pp. 176-179. 194 LEPRE, La rivoluzione…, cit., pp. 39. 195 LEPRE, La rivoluzione…, cit., pp. 58.

196 DE ATTELLIS, L’Ottimestre costitituzionale…, cit., così riportato da Themelly, «Introduzione», cit., p.

Pepa nel 1812 - per essere inviate nelle Americhe, si ribellavano il 1 gennaio 1820,

guidati dai colonnelli Rafael Del Riego y Nuñez (membro dei comuneros) e Antonio Quiroga197.

Anche la Sicilia, vedeva in quegli anni lo sviluppo della setta carbonara. Esisteva «un terreno comune di coltura […] di cui costituivano parte integrante la Calabria e la cuspide messinese della Sicilia» e che aveva sempre rappresentato fin dalla diffusione della massoneria «uno spazio culturale unitario»198.

La reale esplosione del fenomeno settario si sviluppava, in realtà, durante la rivoluzione del 1820, quando le vendite manifestavano la loro esistenza199: «entrare nella carboneria diveniva un mezzo per avere un posticino, per dar sfogo, o almeno per sperare di dar sfogo, alle inimicizie private»200. Le vendite siciliane venivano coinvolte nelle questioni legate alla sollevazione palermitana del luglio 1820, e, esattamente come sul continente, non mostravano uniformità negli obiettivi l’una con l’altra. Emblematico il caso dell’ordone di Palermo, ove la setta aveva più vendite e a seconda dei membri di ciascuna mostrava idee e perseguiva fini distinti201. Le città di Messina, Siracusa,

Catania e Caltanissetta, essendo rimaste fedeli alla corona e alla rivoluzione napoletana, mostravano una situazione differente. Certamente, la carboneria della Sicilia occidentale subiva il condizionamento di un tessuto sociale meno progredito, e più legato alle relazioni di patronage, tipizzate in particolar modo nella città di Palermo.

La rilevanza della carboneria e delle sette neo-carboniche non sarebbe finita con il fallimento del moto costituzionale del 1820-21; specialmente nel sud d’Italia questo modello di aggregazione sarebbe sopravvissuto, affiancando le nuove compagini della

197 CANDELORO, Storia d’Italia, vol. II, cit., p 75. Sulla situazione spagnola si veda B.R.HAMNETT, La política española en una época revolucionaria (1790-1820), Fondo de cultura económica, México, 2011

(2. Ed.); J. Fontana, La época del liberalismo, vol. 6, Marcial Pons, Barcelona, 2011 (3. Ed.)

198 G.GIARRIZZO -V.D’ALESSANDRO, La Sicilia dal Vespro all’Unità, vol. XVI, Storia d’Italia, Utet,