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La carboneria in Sicilia: dignitari, gradi e catechism

I “buoni cugini” in Sicilia: le alterne vicende di una battaglia non solo per l’indipendenza

II. 2. La carboneria in Sicilia: dignitari, gradi e catechism

L’organizzazione della carboneria in Sicilia, soprattutto nella prima fase della sua diffusione, emergeva dalle indagini condotte dal giudice Franco a Caltagirone; in particolare, per ciò che riguardava i gradi ed il loro significato:

Questa setta, come qualunque altra, che di mistero si cuopre, ha de’ gradi, il primo de quali dicesi Apprendente, il secondo di Maestro, Il terzo è chiamato Primo Simbolico, il quarto Alta Luce e così progressivamente233.

Antonio Franco affermava che «delle persone da me processate, che sono al di là di cinquanta, per tre sole ho la prova che sieno giunte al di là del quarto grado»234.

Confrontando i gradi con quelli rinvenuti in altri documenti prodotti dalla carboneria nel napoletano e nei territori papali235, quelli riportati nel rapporto del giudice Franco non coincidevano, ma sembravano solo una parziale ricostruzione. Egli scriveva, inoltre, che il numero di adepti per «costituire un’associazione regolare, deve essere almeno di sette individui»236, affermazione che non coincideva con gli analoghi documenti napoletani, per cui i “dignitari” necessari per formare una “perfetta famiglia carbonica” erano ventuno237, anche se l’articolo 3 degli “Statuti della carboneria” riportati nel volume di Alessandro Luzio “Il processo Pellico-Maroncelli”, prescriveva che

In qualunque paese dove esistono dieci buoni cugini Carbonari alla meno potrà istallarsi una vendita regolare238.

Quanto affermato dal giudice Franco trovava corrispondenza negli Statuti, poiché si disponeva che per la creazione di una “vendita formale” (art. 74) fossero indispensabili sette dignitari. Chi fossero questi dignitari lo chiariva l’articolo 9 degli Statuti:

233 LABATE, Un decennio di carboneria…, vol. I, p. 8. 234 LABATE, Un decennio di carboneria…, cit., p. 10. 235 Vedi I capitolo, paragrafo II.

236 LABATE, Un decennio di carboneria…, cit., p. 14. 237 DITO, Massoneria, carboneria…, cit., p. 399.

238 “Statuti della Carboneria”, Appendice IV in A. LUZIO, Il processo Pellico- Maroncelli, Tipografia

Ogni vendita di qualunque grado avrà indispensabilmente sette dignitarj, cioè gran maestro, primo assistente, secondo assistente, oratore, segretario, tesoriere, archivista. Possono avere degli ufficiali […]. I tre primi dignitarj si chiamano Luci239.

Anche nella “Costituzione del popolo carbonaro della Repubblica Lucana Orientale” veniva indicato all’articolo 20 un’analoga disposizione:

Sette maestri carbonari regolari possono tra loro unirsi, e fondare una Vendita in ciascun ordone, ove non ne esista un’altra240.

Tale disposizione, parrebbe derivare direttamente dalle sette Luci necessarie per formare una loggia massonica241. L’affermazione del giudice Franco si rivelava, dunque, esatta e questa, visti gli Statuti di matrice napoletana, potrebbe essere fondamentale non solo per la comprensione della conoscenza coeva da parte dei persecutori della setta, ma anche per il prosieguo dell’analisi sulla carboneria isolana. Certamente durante il Nonimestre con la grande partecipazione alla carboneria dei siciliani il percorso latomico avrebbe permesso di raggiungere gradi più elevati. Anche il funzionamento delle vendite, dunque, sarebbe stato più articolato.

Un altro “strumento” per capire e studiare la carboneria, oltre agli Statuti, possono essere i catechismi. Tali fonti sono permeate di un forte simbolismo cristiano, ma lasciano intravedere le vere finalità della Setta. Spesso, sono sottili quanto labili differenze tra vari catechismi a testimoniare gli obiettivi di singoli nuclei carbonari. La presenza di questi testi in Sicilia è stata confermata dagli studi compiuti da Giuseppe Berti e da Valentino Labate. Di altri due catechismi è stata recentemente segnalata la presenza da Vito Dicara242.

Il primo catechismo ad essere ritrovato era quello della Setta “Repubblica”, tra gli atti di un processo penale del 1827, relativo alle cosiddette sette “neocarboniche”243. Il

239 LUZIO, Il processo…, cit., p. 232.

240 T.DI DOMENICO, La carboneria meridionale, Laveglia Editore, Salerno, 1980, p. 73.

241 Già nel mito della costruzione del Tempio di Salomone erano necessari sette Maestri per la sua

edificazione. A. A. MOLA, Storia della massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, Bompiani, Milano, ed. 2013, p.35.

242 Il professor Vito Dicara aveva pubblicato una foto del frontespizio di un catechismo manoscritto di

secondo grado in un suo libro. Ci ha fornito gentilmente la fotoriproduzione di quel testo e di un altro di primo grado, entrambi conservati presso la Biblioteca Comunale di Caltagirone perché potessimo prenderli in esame.

243 Cfr. BERTI, I democratici e l’iniziativa meridionale…, p. 182; V. LABATE, Un decennio di carboneria…, vol. I, pp. 302-304.

secondo, dal titolo Il carbonaro istruito nel primo grado244, veniva studiato da Giuseppe Berti, nel volume “I democratici e l’iniziativa meridionale nel Risorgimento”. Quest’ultimo sarebbe stato redatto prima del 1820, contrariamente a quello preso in esame dal Labate. In particolare, veniva indicato come fine ultimo della carboneria il ritorno alla libertà dell’uomo, anche a costo della vita:

La Natura nel formar l’uomo lo volle libero: sacrosanti esercizi di questa libertà verso lo stesso, verso i suoi simili, e verso la patria debbono far corrispondere l’uomo al fine che ebbe la Natura in formarlo. Qui è a proposito di far comprendere al novello ricevuto che tutti gli uomini sono nati liberi e che liberi devono mantenersi sino alla morte, anche a costo del sangue245.

Queste parole non paiono indicare una sostanziale differenza con i temi ricorrenti nei documenti prodotti dalla setta nel napoletano, ma certamente si potrebbe evidenziare un dato: questo è un catechismo per il primo grado246, ovvero quello di apprendista (o apprendente). Lo scopo di questo grado, secondo il documento “Origine, sublimità,

santità e dommi in ristretto della venerabile società mas. e carbonaria 1810”247 era di obbedire e di rispettare il segreto, ma nel passo del catechismo riportato da Berti, si andava oltre questo obiettivo, che potrebbe essere definito “minimo”. Le parole “tutti gli uomini sono nati liberi e che liberi devono mantenersi sino alla morte, anche a costo del sangue” parrebbero preludio di una conoscenza dello scopo della carboneria, sin dal primo grado. È necessario, tuttavia, esporre un dubbio, che potrebbe sorgere dalla lettura del materiale prodotto dalla società segreta: se il primo grado è quello dell’apprendente, allora un testo a lui destinato in preparazione al passaggio allo status di maestro di carboneria, potrebbe includere certamente riferimenti necessari alla sua “educazione” e, quindi, anche agli scopi della società. L’apprendista, infatti, era già stato “ricevuto in vendita”, quindi è fondamentale prestare una minuziosa attenzione al contenuto dei documenti per potere comprendere quale fosse la reale conoscenza degli scopi della setta. Se, invece, il catechismo era stato stampato dopo il Nonimestre, probabilmente lo scopo della setta sarebbe stato ormai noto, poiché quelle che venivano

244 BERTI, I democratici e l’iniziativa meridionale…, cit, pp. 182- 186. 245 BERTI, I democratici e l’iniziativa meridionale…., cit., p. 183.

246 G.GABRIELI, Massoneria e Carboneria nel Regno di Napoli, Atanòr, Roma, 1982. Cfr. O. DITO, Massoneria, carboneria e altre società segrete nella storia del Risorgimento italiano, Società tipografico-

Editrice Nazionale, Torino – Roma, 1905.

definite dai contemporanei “passate vicende”, erano state caratterizzate dall’attività pubblica della carboneria. Un altro passaggio del testo pare richiamare i motivi “cristiani” tipici di questa società segreta:

Figlio della Natura, mortale desideroso di avvicinarsi al principio dell’ordine, alla sorgente di ogni felicità, al campo di esercizio di tutte le virtù: i tuoi fratelli che già da tempo ti aspettano e ti aprono le braccia, e ti ricevono fra di loro. Fino a questo momento tu hai amato l’uomo e la tua patria per l’impulso del cuore e per la semplice forza dell’obbligo sociale. Una nuova segreta invincibile possanza ti conferma in quelle tue felici abitudini e ti rende perfetto nella carità verso il tuo simile e nell’affezione eroica al luogo dove nascesti; o che hai scelto per patria. L’ordine al quale tu sei addetto non mira che a questi due grandi importantissimi oggetti, l’ultimo suo scopo è la felicità del genere umano. La sua forza è più nell’unione che nel numero dei suoi membri e la purità delle sue intenzioni richiamerà alla memoria i tuoi più santi e delicati doveri. Comincia dal tacerti ed osservare: spiega, quindi, e diffondi liberamente all’intorno di te i sentimenti del tuo cuore e le vedute del tuo spirito. I tuoi B.B. C. C. ascolteranno da te con piacere la voce della libertà e i dettami di un civico patriottismo. Così tu farai presto parte di un tutto glorioso, e coglierai il frutto che merita la virtù.248

Giuseppe Berti, sempre riguardo al catechismo rinvenuto a Sciacca, ha sostenuto che la dicitura “Edito dalle foreste Eretee (o Oretee) e impresso nella stamperia del Segreto” indicasse che l’edizione fosse stata realizzata a Palermo. Informazioni su questo catechismo, forse non della medesima copia, venivano date dal giudice istruttore di Sciacca al direttore generale di polizia di Palermo il 31 marzo 1826249.

Non avendo trovato ulteriori tracce del catechismo, non è possibile stabilire se la copia fosse la stessa, oppure se si trattasse di copie distinte, poiché il catechismo menzionato da Berti aveva avuto una storia differente, essendo stato rinvenuto durante dei lavori di ristrutturazione di un edificio saccense nel 1925250. In ogni caso il testo ritrovato nel 1826 recava la dicitura “Dalle foreste oretee”, mentre quello menzionato da Giuseppe Berti “Nelle foreste eretee”. Si avanza l’ipotesi, che la forma corretta fosse la

248 In BERTI, I democratici e l’iniziativa…, cit., p. 183.

249 «un individuo, il cui nome resta occulto sulla parola di onore portandosi a diporto con un giovine per

nome Giuseppe Gagliano, giunto vicino al fondo denominato la Perrera volendo salire le mura di detto fondo cadde una pietra che copriva un buco, ed ivi vi trovò un involto di tela ordinaria con dentro tre librettini quasi nuovi in stampa intitolati Il carbonaro istruito nel primo grado= Dalle Foreste oretee= Nella stamperia del Segreto249; inoltre una fettuccia ricolorata; quali oggetti erano ancora involti in due

carte scritte e contenente una lettera scritta da Catania, e diretta in Palermo da Orazio Festa a D. Alfio Seminara». Una delle due lettere era datata 1806, quindi ben nove anni prima delle prime testimonianze della presenza della carboneria in Sicilia, mentre il “fazzoletto ricolorato” era nero, rosso e azzurro, i colori della setta. ASP, Direzione Generale di Polizia, inv. 13, vol. 109, fasc. 550, inc. 16, a. 1826.

prima, poiché era tipico, per lo meno della massoneria di rito scozzese, considerare fondamentale il primo fiume legato alla fondazione di una città: a Palermo tale definizione potrebbe essere attribuita al fiume Oreto251. Il carbonaro istruito nel primo

grado potrebbe, dunque, essere stato effettivamente stampato a Palermo.

Lo storico napoletano ha evidenziato, inoltre, che il testo parrebbe richiamare anche un altro da lui preso in esame, dal titolo “Catechismo per gli apprendenti C. C.

ricavati dalle istruzioni del B…C… Lanzellotti Gran Maestro della Vendita La Fortezza Salentina”, stampato a Napoli nel 1820 nella tipografia di Vincenzo Faggiani252. Proprio i due elementi, vale a dire la data e l’edizione, potrebbero far sorgere ulteriori dubbi sulla datazione proposta del catechismo ritrovato a Sciacca. La stampa del testo napoletano era avvenuta durante la fase pubblica della società segreta, vale a dire durante il Nonimestre costituzionale. Il documento rinvenuto a Sciacca, invece, era stato “impresso nella stamperia del segreto”, cioè durante una delle due fasi latomiche della setta, dunque o prima o dopo il periodo rivoluzionario.

È certo che a Palermo siano stati stampati catechismi e diplomi di carboneria, come si può evincere da un documento, conservato presso l’Archivio di Stato di Napoli, già studiato in precedenza da Giuseppe Rota253, all’interno del quale si trovano riferimento precisi ad alcuni “stampatori” di “statuti lucanici” e loro subalterni, indicati come carbonari, sia dal “Notamento de Gran Maestri, e maestri carbonari, associati nelle vendite di Palermo, scelti i più accaniti nell’ordine”. Il Notamento riportava la descrizione di Salvatore Garofalo che lavorava presso la stamperia Abbate:

torcoliere nella stamperia di Abbate (…) dopo aver fatto diversi servizi per darsi alla Luce tanto li catechismi carbonici, che li Statuti Lucanici, fu passato prima del

251 Esisteva a Palermo nel Settecento una “Accademia degli Agricoltori Oretei”, che potrebbe essere stata

molto vicina alle logge in quel momento esistenti, poiché «rientra, infatti, nella consuetudine massonica, in particolare di quella scozzese, richiamare i luoghi e le persone dal nome del fiume, sede del primo insediamento cittadino. L’Oreto è […] l’antico corso d’acqua che attraversa la pianura della Conca d’Oro e sfocia nel mar Tirreno alla periferia di Palermo» DI CASTIGLIONE, La Massoneria nelle Due Sicilie…, vol. 5, cit., p. 19.

252 Il catechismo in questione viene indicato come conservato presso l’Archivio di Stato di Salerno, ma

non viene indicato altro, se non la data e il luogo di pubblicazione (Napoli, 1820) BERTI, I democratici e

l’iniziativa…, cit., p. 182, nota n. 93.

253Cfr. G.ROTA, «Società, politica e rivoluzione nel Mezzogiorno: la carboneria palermitana (1820-22)»,

dovuto tempo maestro dispensandoglisi il pagamento della corrispondente medaglia254.

Lo stesso Domenico Abbate, proprietario della stamperia veniva indicato come uno dei più ferventi carbonari palermitani:

Questo soggetto fù ricevuto nella Vendita de’Liberi Figli di Oreto, battendo l’accetta da Gran Maestro Don Filippo Zacchi Napolitano; in essa prestandosi per allora gratuitamente per la stampa de’Catechismi, ed’altro per mezzo dell’amicizia di un suo fidato Stampatore, fù passato, immediatamente Maestro; indi poi delli sopradetti Catechismi, ne fece gran smaltimento di unità ai Diplomi, a guisa di negozio, e ne ritrasse bastanti somme255.

La stamperia Abbate aveva promosso la pubblicazione di varie opere che la polizia avrebbe potuto considerare “proibite”, tra le quali, già nel 1812, si evidenziava il “Compendio della costituzione d’Inghilterra e dell’origine delle sue leggi”. Nel 1821, inoltre, aveva pubblicato le “Considerazioni sul decreto del parlamento di Napoli che dichiarò nulla la convenzione di Palermo”256.

L’orientamento politico di molti di coloro che erano accusati di stampare catechismi e altri “libri proibiti”, parrebbe essere abbastanza chiaro osservando l’edizione del 1821 de “I discorsi sulla storia di Sicilia” dell’abate Rosario Di Gregorio. Il volume I, dedicato a Ruggero Settimo, veniva introdotto da una nota scritta dai librai Pedone e Muratori e la veste tipografica del volume era curata da Lorenzo Dato. I tre soggetti appena menzionati erano tutti presenti nel “Notamento” e accusati di essere carbonari. La stamperia, secondo la polizia era uno dei luoghi di adunanza dei buoni cugini257. Sita ai civici 211 e 213 dell’antica via Toledo diveniva in quel periodo uno

254 Salvatore Garofalo è il carbonaro n. 638 del Notamento, risulta essere solo uno degli “stampatori”,

“compositori di caratteri” o “librai” menzionati. In particolare, coloro che lavoravano nel settore sono in tutto sedici, di cui solo di alcuni è indicata la vendita di appartenenza. Essi sono: Antonio Muratori (n. 72), Giovanni Pedone (n. 126), Lorenzo Dato (n. 228), Francesco Cipri (n. 323), Francesco Paolo Savaglior (n. 467), Filippo Solli (n. 493), Domenico Abbate (n. 511), Stefano Tommasino (n. 637), Salvatore Garofalo (n. 638), Michele Gambino (n. 656), Salvatore Fazzello (n. 773), Pietro Morvillo (n. 897), Giuseppe Milone (n. 923), Giuseppe Assenso (n. 924), Gaspare Marino (n. 1070), Salvatore Barcellona (n. 1074), Natale Vegosi (n. 1147), Antonino Bonura (n. 1174). Allo stesso modo, venivano indicati molti orefici responsabili della realizzazione di medaglie e decorazioni carbonare.

255 Notamento, n. 511. Il titolare di gran parte delle pubblicazioni, tuttavia, risultava essere già suo figlio

Francesco.

256 Per le pubblicazioni della stamperia Abbate si veda CLIO. Catalogo dei libri italiani dell’Ottocento,

vol. 7: Editori, Editrice Bibliografica, Torino-Milano, 1991, pp. 4936-4938.

257 Nel “Notamento” si diceva che la libreria Dato fosse il luogo «dove concorrono non pochi carbonari, e

si martellano delle notizie estere ed interne, non lasciandosi di sparlare a carico del Governo». In Appendice, descrizione del carbonaro D. Filippo La Porta (n. 712), indicato come uno dei frequentatori di

dei centri di aggregazione della carboneria. Lorenzo Dato, era individuato come uno dei maestri della vendita del Cav. Cassetta, denominata “I figli di Empedocle”.

Non solo “stampatori”: importante pare anche il riferimento nel rapporto sull’Abate basiliano don Benedetto Chiavetta258, di cui si dice che fosse:

Uomo di natura libero, ed intrigante, e sebbene non abbia fondato vendite carboniche, pure ne girò varie facendosi vedere colla decorazione di Gran Maestro Onorario, additando quegli autori, dai quali i carbonari ne potevano adottare le dovute leggi carboniche, e statuti detti Lucanici259.

Quest’ultimo era stato anche uno dei redattori della “Gazzetta Britannica”, pubblicata a Messina fra il 1808 e il 1814260.

Un altro cenno alla stampa dei catechismi è quello menzionato nella descrizione dell’abate Ignazio Li Donni, già parlamentare nel 1812, “scolapio con cattedra nei reali studi dell’Università”261.

Egli viene denunciato per M. C. da vari individui giusta i rapporti degli Esploratori. Si dice aversi ricevuto nella v. di Epaminonda, ed affiliato in altre vendite come quella di Muzio Scevola. Egli viene dato per uno che fe’ stampare i catechismi262.

Per quanto riguarda, invece, il catechismo individuato da Valentino Labate, questo era il testo di riferimento della setta “Repubblica”, che era stata scoperta nelle carceri di Messina. Il simbolismo carbonico veniva sovrapposto alla nomenclatura dell’antica Roma. I non adepti alla setta potevano essere “schiavi totali”, “semischiavi”

quel luogo. Sulle altre pubblicazioni di Lorenzo Dato, in particolare nel 1821, erano stati stampati due testi sull’indipendenza della Sicilia: il primo, anonimo si intitolava “Problema di politica sulla indipendenza della Sicilia, il secondo di Mauro Torrisi “Poche osservazioni sulla Minerva napoletana per l’indipendenza della Sicilia”, si veda CLIO, vol. 8: Editori, cit., pp. 6334-6338.

258 Benedetto Chiavetta (morto nel 1834) era stato autore tra le altre cose di alcuni volumi. Si veda su di

lui G. SPINI, «A proposito di “circolazione delle idee”nel Risorgimento: la “Gazzetta Britannica” di

Messina» , in Miscellanea in onore di Roberto Cessi, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 1958, vol. III, pp. 17-34.

259 L’abate Benedetto Chiavetta è il carbonaro n. 22 dell’elenco. Non è indicata la vendita di

appartenenza.

260 La ”Gazzetta Britannica” è ora integralmente disponibile online grazie al paziente e accurato lavoro di

Patrizia De Salvo, http://www.ars.sicilia.it/biblioteca/gazzetta/gazzetta.jsp. Sul punto si veda DE SALVO,

Sicilia inglesa..., cit., pp. 25-86.

261 Era il rappresentante dell’Università di Palermo, cfr. F. VERGARA CAFFARELLI (a cura di), La Costituzione del 1812 e il decennio inglese in Sicilia (1806-1815), Regione siciliana, Dipartimento dei

beni culturali e dell’identità siciliana, 2012, p. 31; tesi di dottorato di F. FRISONE, Fra dettato

costituzionale e prime esperienze elettorali: La formazione del Parlamento siciliano (1812-1815). 262 “Notamento”, cit., n. 553.

o “schiavi liberi”. Gli schiavi involontari potevano divenire adepti, e sarebbero divenuti così cittadini. Era necessario del tempo perché gli schiavi potessero liberarsi dalla «tirannide di un usurpatore superbo dell’altrui ragione» poiché avrebbero dovuto «abbandonare il sozzo fango, in cui da tanto tempo» erano circondati263. La libertà dell’uomo era considerata una qualità naturale ed innata, perciò era necessario combattere contro il potere assoluto. Rimaneva il riferimento al cristianesimo, infatti, il giuramento sarebbe avvenuto davanti ad una croce. Il simbolismo, però, era stravolto rispetto alla carboneria delle origini, probabilmente perché mutando la sovrastruttura era più facile tentare di cospirare senza essere individuati dalla polizia.

Abbiamo avuto notizia di altri due catechismi manoscritti, conservati presso la biblioteca comunale di Caltagirone, uno di primo e l’altro di secondo grado. Questi due testi, mostrano senza ombra di dubbio quanto alcuni tratti “tipici” della carboneria vengano stravolti in singoli testi di matrice carbonara. Il primo elemento che abbiamo rilevato è stata l’assenza di ogni riferimento ai tiranni nel catechismo di secondo grado, e la sua presenza in quello di primo.

Il catechismo di primo grado, ripropone in forma abbreviata le formule tipiche della prima ricezione in vendita di un apprendente, sul modello di molti testi diffusi in Italia durante la Restaurazione. Il dialogo fra il buon cugino e il maestro che lo accoglieva in vendita era il seguente:

D. Chi siete voi? R. Sono un B. C. C. D. Da dove venite? R. Dalla Foresta. D. Cosa ci portate?

R. Foglie e Terra per [illeggibile] … e felicità a tutti li BB. CC. CC. sparsi sulla [illeggibile] superficie della Terra.

D. Prima di essere ammesso al nostro rispettabile ordine cosa eravate? R. Era un Pagano.

D. Dove avete ricevuto la luce? R. In una camera d’onore. D. Chi ve la diede? R. Sette BB. CC. CC.

D. Perché avete domandato la Luce?

R. Per essere istruito nella verità, per essere libero e per essere utile ai miei simili. D. Nello stato di paganesimo cosa eravate?

R. Era un cieco, uno schiavo pieno di pregiudizi.