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Controlli difensivi

Circa i controlli difensivi dobbiamo capire se, all’esito delle modifiche dello Statuto introdotte dall’art. 23, d.lgs. n. 151/2015, esista una categoria di controlli a distanza che, in quanto difensivi, può essere legittimamente effettuata in deroga alle previsioni dell’art. 4 st. lav., il quale ripropone il riferimento alla “attività dei lavoratori” e che

135 I controlli devono rispettare il principio di necessità sancito dall’art. 3 Codice

Privacy che impone al datore di lavoro ristrutturare la propria organizzazione in modo da minimizzare il trattamento dei dati personali.

nonostante la recente depenalizzazione dei reati sanzionati con pena pecuniaria, continua ad essere una fattispecie penalmente rilevante in caso di mancato rispetto dell’autorizzazione prevista dal primo comma, per l’installazione di un impianto di controllo a distanza.

L’attuale primo comma ha aggiunto, tra le finalità che consentono l’utilizzo di strumenti di controllo, quella della tutela del “patrimonio aziendale”136, categoria all’interno della quale, deve essere compreso

qualsiasi bene, di proprietà dell’azienda, necessario alla produzione, sia esso materiale, sia esso immateriale137; ricomprendendovi quindi anche

la tutela della “immagine esterna” dell’impresa, “così come accreditata presso il pubblico”138, per cui anche il suo posizionamento sul mercato.

Se annoverassimo questi controlli all’interno della categoria di quelli involontari139 implicherebbe la necessità di procedere all’adempimento

delle preventive procedure autorizzative, determinando un irrigidimento delle condizioni di legittimazione del potere di controllo140.

Purtroppo spesso, l’esigenza che il datore di lavoro intende soddisfare azionando un controllo difensivo può risultare inconciliabile

136 La giurisprudenza pre riforma riteneva il patrimonio aziendale un bene estraneo al

rapporto di riferimento, la cui tutela comportava il fuoriuscire del controllo dall’ambito di applicazione dell’art. 4 St. lav. In merito cfr. Cass. 27 Maggio 2015, n.10955 e anche Cass. 12 Ottobre 2015, n. 20440.

137 Come sostenuto ad esmepio dalla Cassazione nella sentenza 23 Febbraio 2012,

n.2722 e da Alvino, L’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori alla prova di internet e della posta elettronica, in Dir. rel. ind., 2014 n. 4, pp. 1015-1016.

138 Ovvero dobbiamo considerare l’immagine come riflesso del patrimonio v. Cass. 23

febbraio 2012, n. 2722 e Cass. 13 maggio 2016, n. 9904.

139 Si tratta dei c.d controlli preterintenzionali.

140 E. Balletti, I poteri del datore di lavoro tra legge e contratto,cit., p. 40 in cui si dice

che di conseguenza ci sia stata “una restrizione dell’area di esercizio del potere di controllo” in “controtendenza rispetto al generale ampliamento della discrezionalità di esercizio delle prerogative datoriali”.

con l’adempimento delle condizioni procedurali dell’art. 4 st. lav. In questi casi la necessità di difesa per effetto dell’urgenza, si trasforma in una ”insopprimibile esigenza di evitare condotte illecite”141 , portando al

superamento dei confini della mera prevenzione entro cui la dottrina vorrebbe ricondurre ogni controllo difensivo142. Non è pensabile imporre le condizioni procedurali del previo accordo sindacale o del nulla osta amministrativo, poiché i tempi di negoziazione sono davvero eccessivamente lunghi143, dunque dovrebbero restare estranei al campo

di applicazione delle preventive autorizzazioni, eventuali condotte che attentino all’integrità del patrimonio o all’incolumità delle persone, quindi quella generale categoria degli “atti di aggressione contro l’altrui diritto”144, se da queste discende un’esigenza di difesa non dilazionabile

nel tempo e non fronteggiabile con le modalità individuate dall’art. 4 st. lav., ammettendo che si possa trattare sia di illeciti extracontrattuali che di inadempimento contrattuali. Non si tratta di riesumare la vecchia esperienza giurisprudenziale dei controlli difensivi145 ma di ricondurre

l’impiego eccezionale degli strumenti di controllo per fronteggiare le specifiche condotte in questione, all’interno di quella che avrebbe dovuto essere la naturale collocazione di diritto comune, ovvero nell’ambito

141 Cass. 23 febbraio 2010, n. 437517.

142 E. Balletti, I poteri del datore di lavoro tra legge e contratto, cit., pp. 39-40. 143 V. Maio, La nuova disciplina dei controlli a distanza sull’attività dei lavoratori e

la modernità post panottica, cit., pp. 1193-1203.

144 V.R. Scoglimaiglio, Illecito (diritto vigente), in Noviss. Dig. It., VIII, 1968 ora in

ID., Responsabilità civile e danno, Utet, Torino, 2010, spec. p. 17, pp. 21-23 ss.

145 Critico in tal senso R. Del Punta, La nuova disciplina dei controlli a distanza sul

lavoro (art. 23, d.lgs. n. 151/2015), cit., p. 105 che esclude eventuali margini di manovra per la giurisprudenza sulla base di ciò che la norma si è espressa in modo chiaro “sul profilo dell’utilizzabilità delle informazioni”.

della nozione civilistica di legittima difesa, che offre uno strumento di autotutela che l’ordinamento non può non riconoscere. Si deve sempre permettere di respingere un attacco altrui anche predisponendo “uomini e strumenti onde evitare che il pericolo preventivato dell’altrui aggressione possa realizzarsi”146.

Pertanto il datore di lavoro potrà non applicare le procedure indicate dal primo comma dell’art. 4 st. lav., qualora dimostri di aver impiegato uno strumento di controllo per fronteggiare un comportamento lesivo in atto o una concreta situazione di pericolo; quindi dia prova della “necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta”147.

Perché il controllo sia legittimo, il datore di lavoro ha dunque l’onere di provare148 che il controllo difensivo era essenziale per

fronteggiare un’ingiusta aggressione149, che non aveva la possibilità di

ricorrere ad una mediazione sindacale o amministrativa e la proporzionalità tra difesa ed offesa150.

146 R. Scogliamiglio, Illecito (diritto vigente), cit., pp. 85-87; C. Salvi, La

responsabilità civile,in G. Iudica, P. Zatti (a cura di), Tratt. dir. priv., Giuffrè, Milano, 2005, II ed., p. 90.

147 Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 2000, n. 2091; Cass. civ., sez. III, 25 febbraio 2009,

n. 4492.

148 In merito al riparto della prova in caso di legittima difesa civilistica: Cass. civ., sez.

III, 25 febbraio 2009, n. 4492.

149 Cfr. Cass. 5 ottobre 2016, n. 19922 che ha ritenuto non riconducibile alla categoria

del controllo difensivo l’installazione da parte del datore di lavoro di un sistema GPS “e ben prima che si potessero avere sospetti su un’eventuale violazione da parte del lavoratore”. Come noto l’art. 2044 cc, a differenza dell’art. 2045 cc, non richiede il profilarsi di un’aggressione necessariamente alla persona. In dottrina, per l’applicazione a difesa sia del patrimonio che della persona, F. Galgano, Trattato di diritto civile, vol. II, Cedam, Padova, 2009, p. 952.

150 Su cui Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 2000, n. 2091 e Cass. civ., sez. III, 25

Se certe condizioni non dovessero essere rispettate, i dati rilevati non potrebbero mai essere utilizzati per provare l’inadempimento contrattuale dei lavoratori, come ci viene confermato in molte pronunce di merito151.

Se non si permettesse questo e ci si limitasse a ragionare per massimi sistemi e con il cosiddetto “senno di poi”, si finirebbe con l’onerare il datore di lavoro dell’obbligo, a contenuto generico, di richiedere un’infinità di nullaosta volti a prevenire ed anticipare ogni tipo di condotta lesiva solo eventuale ma questo è contrario al desiderio di semplificazione della riforma se non addirittura impossibile, perché potrà sempre emergere la necessità di fronteggiare una situazione in concreto non preventivabile e non è ammissibile che l’art. 4 st. lav. venga utilizzato per garantire l’impunità disciplinare a qualcuno152.

Il legislatore con il nuovo art. 4 st. lav. ha quindi tipizzato espressamente la finalità della tutela del patrimonio aziendale, consentendo l’impiego di strumenti di controllo a distanza per accertare eventuali illeciti ed il corretto svolgimento della prestazione di lavoro purché nel rispetto della normativa sulla privacy.

Questa liberalizzazione non è esente da problematiche, la dottrina si è subito divisa, soprattutto a seguito del primo intervento ministeriale che prospetta una distinzione tra “funzione prestazionale” e “funzione di controllo”, sostenendo che nel momento in cui lo strumento venga

151 Cass. 1 ottobre 2012, n. 16622, in Foro it., 2012, I, c. 3328, par. 4.4; Cass. 13

maggio 2016, n. 9904, in Foro it., 2016, 7-8, I, c. 2421.

modificato per controllare il lavoratore, si fuoriesce dall’ambito della disposizione.

La casistica in concreto è assai varia, l’eventuale persistenza della categoria dei controlli difensivi, potrebbe in astratto legittimare il datore di lavoro a utilizzare i dati acquisiti, anche ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro tramite: un’apparecchiatura di controllo di cui all’art. 4 co. 1, st. lav. come un sistema di video registrazione, non preventivamente autorizzata; un’apparecchiatura di controllo a distanza di cui all’art. 4 co. 1, st. lav. preventivamente autorizzata con espressa esclusione di trattamento dei dati per finalità disciplinari153; un’apparecchiatura di controllo a distanza di cui all’art. 4, co. 1 st. lav., preventivamente autorizzata senza limitazioni disciplinari , ma in assenza di informativa ai sensi dell’art. 4, co. 3 st. lav.; sistemi di rilevazione dati, di cui all’art. 4, co. 2, st. lav. in assenza di informativa154, ovvero in

presenza di informativa che escluda l’utilizzo dei dati ai fini disciplinari. Esiste una parte di dottrina che invece esclude la legittimazione dei controlli difensivi, ritenendo risolvente il riferimento letterale alle esigenze di tutela del patrimonio aziendale, idoneo ad assorbire ogni forma di controllo difensivo a prescindere dal comportamento del lavoratore oggetto del controllo. Con la conseguenza che qualunque tipo di illecito potrebbe essere validamente tracciato a distanza dal sistema di video sorveglianza o da altra apparecchiatura tecnologica, previa

153 Ad esempio l’impianto di video registrazione o di registrazione delle telefonate

autorizzato dall’accordo sindacale con esplicita esclusione di utilizzo dei dati ai fini del rapporto di lavoro.

154 Ad esempio un sistema di rilevazione accessi per il quale il datore di lavoro non

autorizzazione o comunque nel rispetto delle condizioni sancite dall’art. 4 st. lav.

La giurisprudenza però resta fedele al proprio orientamento che legge l’espressione “attività dei lavoratori” come riferita alla “attività lavorativa”155, legittimando così i controlli difensivi sui comportamenti

illeciti dei lavoratori.

In tal senso si è espressa la giurisprudenza penale, per la quale l’art. 4 st. lav. mira al divieto di controllo della corretta esecuzione della ordinaria prestazione del lavoratore subordinato ma non impedisce i controlli destinati alla difesa dell’impresa rispetto a specifiche condotte illecite del lavoratore o a tutela del patrimonio aziendale. Inoltre qualora emergessero sospetti di infedeltà, i controlli attivati dal datore di lavoro risulterebbero legittimi. Tale indirizzo è stato seguito anche in ambito civilistico, dove si è affermato che devono ritenersi fuori dall’ambito della norma i controlli diretti ad accertare condotte illecite del lavoratore.

E’ una soluzione comunque non esente da criticità, dato che il controllo sull’attività illecita comporta il più delle volte un controllo sulla “attività dei lavoratori”156.

Un primo punto critico, è che si finisce con l’assumere la totale irrilevanza della qualificazione giuridica della condotta oggetto del controllo, ritenendo superflua la distinzione tracciata dalla

155 Espressione utilizzata dal legislatore per indicare i controlli in presenza effettuati

dalle guardie giurate e dal personale di vigilanza.

156 In merito alla sua definizione v. M.T. Carinci, Il controllo a distanza dell’attività

dei lavoratori dopo il “Jobs Act” (art. 23 D. lgs. 151/2015): spunti per un dibattito, cit., in cui si dice che vi si deve ricomprendere “l’attività di lavoro, ma anche l’attività posta in essere nelle pause (il pasto o la “pausa caffè”)”; P. Lambertucci, op. cit., che vi fa rientrare “tutti i comportamenti di questi ultimi”.

giurisprudenza tra illecito del lavoratore di tipo contrattuale157 o

extracontrattuale158. In secondo luogo, si arriva così ad affermare l’esistenza di un unico modello di contemperamento degli interessi insuscettibili di una gradazione, pur in presenza di comportamenti del lavoratore che si connotano per una particolare antigiuridicità.

Con la novella del 2015 l’autorizzazione è sempre richiesta per l’installazione dell’impianto ma senza la specificazione di un requisito legittimante. Al fine di armonizzare lo Statuto dei lavoratori con il Codice della Privacy, l’autorizzazione resta un profilo autonomo rispetto a quello delle finalità di utilizzo dell’impianto. La nuova formulazione dell’art. 4 st. lav. può essere interpretata in una prospettiva diversa, nel senso che la norma statutaria assorbe il principio giurisprudenziale della finalità di controllo per esigenze di tutela del patrimonio aziendale, lasciando all’interprete il compito di decidere se l’autorizzazione all’installazione sia necessaria anche quando l’impianto serve ad accertare un comportamento illecito del lavoratore, ed è pertanto utilizzato in una prospettiva difensiva159.

157 Cass. n. 4746/2002 nella quale i controlli difensivi devono considerarsi leciti

quando non hanno ad oggetto l’attività lavorativa ma solo condotte illecite del lavoratore.

158 A sostegno dell’esclusione dell’applicabilità dell’art. 4 st. lav. in caso di

accertamento di illeciti v. Cass. 17 luglio 2007, n. 15892, in Riv. giur. lav., 2008, 2, II, p. 358 ss. con nota di A. Bellavista, Controlli a distanza e necessità del rispetto della procedura di cui al co. 2 dell’art. 4 Stat. lav., in Riv. it. dir. lav., 2008, II, p. 794 ss., con nota di M.I. Vallauri, E’ davvero incontenibile la vis espansiva dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori?, ivi, p. 718 ss.

159 La nuova formulazione dell’art. 4 st. lav. sembra confermare la giurisprudenza sui

controlli difensivi, proprio nella parte in cui riconosce rilievo giuridico alla tutela del patrimonio aziendale, F. Santoni, Controlli difensivi e tutela della privacy dei lavoratori, in Giur. it., 2016, 1, p. 144.

Un altro orientamento dottrinale porta a definire in modo più puntuale e restrittivo, la categoria ancora persistente dei controlli difensivi consentiti in deroga alla disciplina statutaria.

Secondo una prima linea di pensiero, i controlli sarebbero in senso stretto difensivi solo se mirati selettivamente ad accertare un comportamento illecito che si presume in corso di svolgimento, a prescindere dall’esigenza di tutelare il patrimonio aziendale. Quindi l’illecito non dovrebbe essere individuato con un impianto che consenta in via ordinaria la rilevazione di comportamenti che attengono lo svolgimento della prestazione lavorativa160. Potrà essere disciplinarmente contestato solo se quell’impianto è stato utilizzato esclusivamente e quindi selettivamente, per la rilevazione dell’illecito.

Altra linea di pensiero, invece ritiene che il controllo difensivo estraneo al campo di applicazione dell’art. 4 st. lav. sia una manifestazione di legittima difesa del datore di lavoro e quindi legittimo, se non esperibili misure alternative, nei confronti di un atteggiamento qualificato come illecito volto all’aggressione del patrimonio altrui161.

Così ad esempio l’installazione di una telecamera all’interno di un bar per verificare la sottrazione di denaro da parte di una cassiera, pur essendo preordinata all’accertamento di un illecito penale,

160 A. Maresca, Controlli tecnologici e tutele del lavoratore nel nuovo art. 4 dello

Statuto dei lavoratori, in Riv. it. dir. lav., 2016, I, p. 513 ss.

161 V. Maio, La nuova disciplina dei controlli a distanza sull’attività dei lavoratori e

inevitabilmente consente anche un controllo sull’esecuzione della prestazione lavorativa162.

A tale proposito ricordiamo anche un’ulteriore sentenza163 che in

linea con la corte territoriale che per prima si è pronunciata, ha ritenuto che la modalità e gli strumenti di controllo utilizzati dalla società datrice, ovvero l’installazione di una telecamera, sono da considerarsi finalizzati alla “verifica dell’attività lavorativa, piuttosto che alla salvaguardia del patrimonio aziendale” pertanto, quanto acquisito non è utilizzabile a fini probatori. Nonostante ciò la Cassazione ha suggerito una possibile soluzione che avrebbe permesso al datore di lavoro di verificare l’illecito, evitando un monitoraggio costante, ricorrendo a controlli a campione attraverso la simulazione di acquisti da parte di personale investigativo che presentandosi alla cassa in veste di cliente, avrebbe potuto verificare se al mancato rilascio dello scontrino corrispondesse il trattenimento del relativo prezzo incassato.

Inoltre solo ex post si potrà verificare se l’illecito per cui sono stati effettuati determinati controlli sia realmente sussistito164.

Per arginare una possibile strumentalizzazione dei controlli difensivi, la giurisprudenza è ricorsa a soluzioni non convincenti. Si è detto che l’esigenza di evitare la commissione di illeciti non può sopprimere ogni forma di garanzia della dignità e riservatezza del lavoratore e consente quindi di espungere dalla fattispecie astratta i casi

162 Cass. pen., sez. V, 1 giugno 2010, n. 20722 si pronuncia ritenendo legittimo questo

controllo.

163 Cass. 24 maggio 2017, n. 13019.

164 L. Nogler, Sulle contraddizioni logiche della Cassazione in tema di diritto alla

dei controlli difensivi quando riguardano l’adempimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro e non la tutela dei beni estranei al rapporto stesso, ove la sorveglianza venga attuata mediante strumenti che presentano quei requisiti strutturali e quelle potenzialità lesive la cui utilizzazione è subordinata al previo accordo con il sindacato o all’intervento dell’Ispettorato del lavoro. Ci sono stati dei casi in cui i controlli sono stati ritenuti legittimi alla luce dei risultati ex post ma di certo è innegabile che per giungere all’accertamento dell’illecito si sia controllata anche la prestazione lavorativa165.

Al datore di lavoro deve restare preclusa la possibilità di controllare l’adempimento della prestazione lavorativa mediante strumenti tecnologici ed informatici. La tutela dei diritti della dignità e della riservatezza dei lavoratori continuano ad assumere indubbia preminenza, rispetto alle seppur legittime esigenze del datore di lavoro, riconosciute anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo166. Parte della

giurisprudenza ha però sostenuto che il diritto alla privacy non possa trasformarsi in una tutela dell’abuso, destinata ad impedire i controlli. Attualmente la disciplina mira a salvaguardare l’interesse del datore di lavoro al corretto adempimento della prestazione, non tanto mediante il riconoscimento di un esteso potere di controllo ma sollecitando

165 Si fa strada il principio già affermato in alcune pronunce di merito, quali: App.

Milano 30 settembre 2005; Trib. Roma, 4 giugno 2005; Trib. Milano, 11 aprile 2005; Trib. Milano, 31 marzo 2004.

166 La Corte europea dei diritti dell’uomo nel respingere il ricorso di un lavoratore

rumeno che lamentava l’illegittimità dei controlli effettuati sulla navigazione internet e sulla posta elettronica , da cui era emerso un uso illegittimo di tali strumenti per fini personali ha affermato che “the Court finds that it is not unreasonable for an employer to want to verify that the employees are completino their professional tasks during working hours” CEDU, Barbulescu v. Romania, 12 gennaio 2016.

l’adozione di misure di prevenzione di possibili abusi e inadempimenti dei lavoratori.

Il controllo a distanza anche quando non è esclusivo ma concorrente con finalità organizzative, di sicurezza del lavoro o di tutela del patrimonio, richiede comunque l’accordo sindacale o l’autorizzazione amministrativa167, di conseguenza si potrebbe configurare l’utilizzo di

strumenti che per rispondere ad una o più delle predette finalità comportino “solo” e non “anche” il controllo dell’attività lavorativa. Questi aspetti sono trascurati però dal legislatore ancora legato ad un’idea di esercizio di potere di controllo preordinato all’esercizio del potere disciplinare, senza considerare le molteplici finalità che lo stesso può soddisfare. Questa impostazione di fondo si riflette anche sui controlli difensivi, ora ricondotti all’alveo di operatività dell’art. 4 st. lav.. Al datore di lavoro viene consentito di operare, rimanendo assoggettato all’accordo collettivo o all’autorizzazione amministrativa, ogni indagine che coinvolga l’attività lavorativa, anche qualora risponda ad esigenze difensive.

Per “comportamento illecito” suscettibile di controllo difensivo cosa si deve intendere? Se l’idea è quella di tornare alla distinzione tra illecito contrattuale ed extracontrattuale, il rischio che ne consegue è di offrire una nozione di controllo difensivo inappagante, per l’impossibilità di qualificare come illecito extracontrattuale un comportamento del

167 Quando i controlli presentano determinati requisiti strutturali e potenzialità lesive è

sempre previsto l’accordo con il sindacato o l’intervento dell’Ispettorato del lavoro. Come ci dicono diverse pronunce di merito: Cass. 17 luglio 2007, n. 15892; Cass. 23 febbraio 2010, n. 4375; Cass. 28 gennaio 2011, n. 2117; Cass. 23 febbraio 2012, n. 2722; App. Roma, 23 maggio 2015.

lavoratore che nell’ambiente di lavoro è sempre anche un illecito contrattuale. E’ più convincente nell’ottica di un bilanciamento degli interessi, che deve essere sempre perseguito, affermare che il controllo difensivo è tale esclusivamente, nel caso in cui riguardi comportamenti del lavoratore, che pur posti in essere al fine della realizzazione della prestazione di lavoro, possano acquisire una rilevanza giuridica del tutto autonoma rispetto agli obblighi connessi al rapporto di lavoro e che, come tali, non siano qualificabili come attività del lavoratore ai sensi dell’art. 4 st. lav. Ciò accade quando la condotta del lavoratore si qualifica per la sussistenza di elementi oggettivi e soggettivi che l’ordinamento considera a prescindere dall’avvenuta stipulazione di un contratto di lavoro, per cui estranei al concetto di attività dei lavoratori.